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Cessione credito in blocco: la prova della titolarità

La Corte di Appello di Ancona ha riformato una sentenza di primo grado, stabilendo che nella cessione del credito in blocco, la prova della titolarità del credito può essere fornita anche tramite una dichiarazione della banca cedente e dal comportamento del debitore che, contestando il merito del debito, riconosce implicitamente la cessione. La Corte ha inoltre confermato la validità di un contratto di mutuo con ammortamento alla francese, rigettando l’eccezione di nullità per indeterminatezza, in linea con una recente pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Cessione credito in blocco: come dimostrare la titolarità del credito?

La cessione credito in blocco è un’operazione sempre più frequente nel mercato finanziario, ma solleva importanti questioni sulla prova che la società acquirente deve fornire per dimostrare di essere la nuova creditrice. Una recente sentenza della Corte di Appello di Ancona offre chiarimenti decisivi, stabilendo che il riconoscimento implicito da parte del debitore e la dichiarazione della banca cedente possono essere sufficienti a provare la titolarità del credito.

I Fatti di Causa

Il caso nasce dall’opposizione di due debitori a un decreto ingiuntivo ottenuto da una società cessionaria per il recupero di un credito derivante da un saldo di conto corrente e da rate di mutuo non pagate. Il credito era stato originariamente concesso da una banca e successivamente trasferito alla società appellante nell’ambito di una cessione credito in blocco ai sensi dell’art. 58 del Testo Unico Bancario.

In primo grado, il Tribunale aveva accolto l’opposizione dei debitori, revocando il decreto ingiuntivo. La motivazione principale era la carenza di legittimazione ad agire della società cessionaria, la quale, secondo il giudice, non aveva provato tempestivamente di essere l’effettiva titolare del credito specifico oggetto della causa.

La Decisione della Corte d’Appello e la prova nella cessione credito in blocco

La Corte di Appello ha ribaltato la decisione di primo grado, accogliendo l’appello della società cessionaria. La sentenza si fonda su due pilastri argomentativi principali.

La Prova della Titolarità del Credito

Il primo motivo di appello criticava la sentenza per aver ritenuto tardiva e insufficiente la documentazione prodotta dalla cessionaria per dimostrare la propria titolarità. La Corte ha ritenuto fondata la doglianza, affermando un principio di grande rilevanza pratica. Sebbene la pubblicazione dell’avviso di cessione in Gazzetta Ufficiale sia il metodo legale di notifica, la prova dell’inclusione di un credito specifico nell’operazione di cessione credito in blocco può essere fornita anche con altri mezzi.

Nel caso di specie, la Corte ha valorizzato il comportamento dei debitori. Essi, pur contestando la legittimazione della cessionaria, avevano anche sollevato eccezioni nel merito del debito (es. illegittimità delle condizioni contrattuali), reiterando le stesse contestazioni già mosse alla banca originaria. Secondo la Corte, questo comportamento costituisce un riconoscimento implicito (ab implicito) dell’avvenuta cessione e della successione della nuova società nel rapporto contrattuale.

La Validità del Mutuo con Ammortamento ‘alla Francese’

La Corte ha anche affrontato le contestazioni relative al contratto di mutuo, in particolare l’eccezione di nullità per indeterminatezza del tasso di interesse a causa del piano di ammortamento ‘alla francese’. Richiamando una recentissima e fondamentale pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione (sentenza n. 15340 del 2024), i giudici d’appello hanno stabilito che la mancata esplicita indicazione nel contratto della modalità di ammortamento e del regime di capitalizzazione composta non comporta la nullità parziale del contratto per indeterminatezza dell’oggetto. Di conseguenza, il credito derivante dal mutuo è stato ritenuto valido e dovuto.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la propria decisione basandosi su un’interpretazione consolidata della giurisprudenza di legittimità. In materia di cessione credito in blocco, l’onere della prova della propria legittimazione sostanziale grava sulla società cessionaria. Tuttavia, questa prova non è rigida. Oltre alla produzione del contratto di cessione o alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (che spesso elenca i crediti solo per categorie), un criterio alternativo valido è il comportamento concludente del debitore. Quando il debitore ceduto non si limita a contestare la titolarità del cessionario, ma entra nel merito del rapporto, opponendo eccezioni che avrebbe potuto opporre al creditore originario, di fatto riconosce la validità della successione nel credito. Questo, secondo la Corte, è sufficiente a superare l’eccezione sulla carenza di legittimazione.

Per quanto riguarda il mutuo, la Corte si è allineata all’orientamento delle Sezioni Unite, che hanno risolto un lungo dibattito giurisprudenziale. Il piano di ammortamento ‘alla francese’, di per sé, non introduce un meccanismo di anatocismo vietato, né rende indeterminato l’oggetto del contratto, purché gli elementi essenziali (capitale, durata, tasso di interesse) siano chiaramente specificati. La sua adozione non viola quindi le norme sulla trasparenza bancaria.

Le Conclusioni

La sentenza in esame offre due importanti conclusioni pratiche:

1. Per le società che acquistano crediti in blocco, pur rimanendo fondamentale essere in grado di provare l’inclusione di ogni singolo credito, il comportamento processuale del debitore può diventare un elemento decisivo per superare le contestazioni sulla legittimazione ad agire.
2. Per i debitori, le possibilità di contestare la validità di un mutuo basandosi esclusivamente sulla struttura del piano di ammortamento ‘alla francese’ sono ormai drasticamente ridotte, alla luce del chiaro indirizzo fornito dalle Sezioni Unite della Cassazione.

In una cessione del credito in blocco, come può la società cessionaria provare di essere la nuova titolare del credito?
La prova può essere fornita tramite la pubblicazione dell’avviso in Gazzetta Ufficiale, la produzione del contratto di cessione o, come nel caso di specie, attraverso una dichiarazione della banca cedente e dal comportamento concludente del debitore che, contestando il merito del debito, riconosce implicitamente l’avvenuta cessione.

Un piano di ammortamento “alla francese” in un contratto di mutuo è nullo se non sono esplicitate le modalità di calcolo degli interessi composti?
No. Secondo la recente giurisprudenza delle Sezioni Unite della Cassazione, richiamata dalla Corte d’Appello, la mancata indicazione nel contratto della modalità di ammortamento ‘alla francese’ e del regime di capitalizzazione composta non causa la nullità parziale del contratto per indeterminatezza del suo oggetto.

Se un debitore contesta nel merito un credito, riconosce implicitamente la validità della cessione a una nuova società?
Sì. Secondo la Corte d’Appello, il fatto che il debitore reiteri nei confronti della società cessionaria le stesse contestazioni di merito già mosse alla banca cedente costituisce un riconoscimento implicito dell’esistenza del rapporto e della validità della cessione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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