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Cessione crediti in blocco: prova e oneri

Una società ha contestato la titolarità di un credito in capo a una società di cartolarizzazione, ritenendo insufficiente la prova della cessione crediti in blocco. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che la pubblicazione dell’avviso in Gazzetta Ufficiale, se indica chiaramente le categorie di crediti ceduti, costituisce prova sufficiente. Inoltre, ha sottolineato che la contestazione del debitore deve essere specifica e non generica, sanzionando la società ricorrente per abuso del processo.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Cessione crediti in blocco: come si prova e quali sono gli oneri del debitore?

La cessione crediti in blocco rappresenta una prassi consolidata nel settore bancario, ma solleva spesso questioni cruciali in sede giudiziaria, in particolare riguardo alla prova della titolarità del credito in capo al cessionario. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 16191/2024) offre chiarimenti fondamentali, delineando i confini tra prova sufficiente, onere di contestazione del debitore e abuso del processo. Analizziamo la vicenda per comprendere le implicazioni pratiche di questa importante decisione.

I Fatti di Causa: Dal Tribunale alla Corte di Cassazione

La controversia ha origine da un’azione legale intentata da una società (che chiameremo Società Alfa S.r.l.) contro un istituto di credito (Istituto Bancario Gamma S.p.A.) per la ripetizione di somme indebitamente addebitate su due conti correnti. L’istituto bancario, in risposta, ha presentato una domanda riconvenzionale, ottenendo dal Tribunale una condanna per la Società Alfa al pagamento di oltre 1,2 milioni di euro.

Durante il giudizio di appello, è intervenuta una società di cartolarizzazione (Società di Cartolarizzazione Beta S.r.l.), affermando di essere diventata la nuova titolare del credito a seguito di una cessione crediti in blocco. La Società Alfa ha contestato la legittimazione della nuova arrivata, sostenendo che la prova della cessione, basata sulla sola pubblicazione dell’avviso in Gazzetta Ufficiale, fosse insufficiente.

La Corte d’Appello ha respinto il gravame, ritenendo l’avviso di cessione adeguato a identificare i crediti trasferiti e, soprattutto, ha qualificato come ‘eccessivamente generica’ l’eccezione sollevata dalla Società Alfa. Insoddisfatta, quest’ultima ha proposto ricorso per cassazione.

La questione della prova nella cessione crediti in blocco

Il fulcro della questione giuridica ruota attorno a come il cessionario di un portafoglio di crediti possa dimostrare di essere l’effettivo titolare del singolo credito azionato nei confronti del debitore ceduto.

La pubblicazione in Gazzetta Ufficiale è sufficiente?

La Corte di Cassazione, confermando un orientamento ormai consolidato, ha ribadito che ai sensi dell’art. 58 del Testo Unico Bancario, la pubblicazione dell’avviso di cessione sulla Gazzetta Ufficiale è uno strumento di pubblicità notizia che, se ben formulato, può costituire piena prova della cessione. Non è necessaria un’elencazione specifica di ogni singolo rapporto, a condizione che l’avviso indichi con chiarezza le categorie di crediti inclusi nella cessione, attraverso criteri oggettivi che non lascino margini di incertezza. Nel caso di specie, l’avviso specificava che i crediti ceduti erano quelli sorti prima di una certa data e passati a sofferenza entro un’altra data, criteri che permettevano di includere senza dubbio il credito vantato nei confronti della Società Alfa.

L’onere di contestazione specifica del debitore

Un punto cruciale evidenziato dalla Corte è il comportamento processuale del debitore. La Corte d’Appello aveva già sottolineato che l’eccezione della Società Alfa era ‘generica’, in quanto si limitava a contestare l’efficacia probatoria della pubblicazione senza entrare nel merito dei criteri di individuazione descritti nell’avviso stesso. La Cassazione valorizza questo aspetto, affermando che la questione della titolarità del diritto è una questione di merito. Di conseguenza, il debitore che intende contestarla non può limitarsi a una negazione generica, ma ha l’onere di sollevare obiezioni specifiche e circostanziate che mettano in dubbio l’appartenenza del proprio debito al perimetro della cessione crediti in blocco.

La decisione della Corte di Cassazione e le sue implicazioni

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso della Società Alfa inammissibile, con conseguenze significative per la ricorrente.

Inammissibilità e abuso del processo

Il ricorso è stato ritenuto inammissibile per diverse ragioni. In primo luogo, non censurava adeguatamente una delle ratio decidendi della sentenza d’appello, ovvero la genericità dell’eccezione. In secondo luogo, la valutazione della documentazione prodotta (l’avviso di cessione) costituisce un accertamento di fatto, non sindacabile in sede di legittimità. Infine, la decisione si è conformata a un principio di diritto consolidato, rendendo il ricorso palesemente infondato.

Proprio questa palese infondatezza e il mancato accoglimento della proposta di definizione accelerata hanno indotto la Corte a ravvisare un abuso del processo. Insistere in un’impugnazione senza reali prospettive di accoglimento è stato interpretato come un uso distorto dello strumento processuale, meritevole di una sanzione.

le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su una chiara distinzione tra legitimatio ad processum (questione procedurale) e titolarità del diritto (questione di merito). La prova della titolarità del credito in capo al cessionario rientra in questa seconda categoria e deve essere valutata dal giudice di merito. La Cassazione ha ritenuto che la Corte d’Appello avesse correttamente esercitato questo potere, basando la propria decisione su prove documentali sufficienti (l’avviso in Gazzetta) e sulla debolezza della contestazione avversaria. Il principio affermato è che, a fronte di un avviso di cessione sufficientemente dettagliato, l’onere di una contestazione specifica si sposta sul debitore. La mancanza di tale specificità rende l’eccezione inefficace e consente al giudice di ritenere provata la titolarità del credito.

le conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un importante principio in materia di cessione crediti in blocco: la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale è un mezzo di prova idoneo se i criteri di identificazione dei crediti ceduti sono chiari e non equivoci. Per il debitore, ciò significa che una semplice contestazione formale non è sufficiente. È necessario articolare una difesa nel merito, spiegando perché il proprio debito non rientrerebbe nelle categorie descritte nell’avviso. Infine, la severa condanna per abuso del processo funge da monito: i ricorsi per cassazione devono basarsi su motivi solidi e non su argomentazioni palesemente infondate o già respinte dalla giurisprudenza costante, pena l’applicazione di sanzioni economiche aggiuntive.

Come può una società cessionaria provare di essere la titolare di un credito derivante da una cessione in blocco?
È sufficiente produrre l’avviso di cessione pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, a condizione che questo contenga l’indicazione di categorie di rapporti e criteri oggettivi (es. data di origine dei crediti, classificazione a sofferenza) che permettano di individuare senza incertezze i crediti inclusi nell’operazione.

È sufficiente per il debitore contestare genericamente la prova della cessione fornita dalla controparte?
No. Secondo la Corte, una contestazione puramente generica, che si limita a negare l’efficacia probatoria della pubblicazione senza prendere specifica posizione sui criteri di individuazione dei crediti, è inefficace. Il debitore ha l’onere di sollevare una contestazione specifica e motivata.

Cosa rischia chi insiste in un ricorso per cassazione palesemente inammissibile?
Oltre alla condanna al pagamento delle spese legali, rischia una condanna per responsabilità aggravata (abuso del processo) ai sensi dell’art. 96 c.p.c. Questa comporta il pagamento di una somma equitativamente determinata in favore della controparte e di un’ulteriore somma in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per l’uso distorto dello strumento processuale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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