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Cessione crediti in blocco: come provarla in giudizio

Un garante si opponeva a un pagamento, sostenendo che la società creditrice non avesse dimostrato che il suo debito fosse incluso in una cessione crediti in blocco. La Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, specificando che la prova può essere fornita con qualsiasi mezzo, inclusa la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale unita ad altre evidenze documentali, come una nota della banca cedente, la cui valutazione spetta al giudice di merito.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Cessione Crediti in Blocco: La Prova della Titolarità del Credito

La cessione crediti in blocco è un’operazione sempre più frequente nel panorama finanziario, ma solleva spesso dubbi sulla prova della titolarità del singolo credito. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata sul tema, chiarendo quali mezzi di prova siano sufficienti per il creditore cessionario per dimostrare la propria legittimazione ad agire contro il debitore. Analizziamo insieme il caso e i principi affermati dai giudici.

I Fatti del Caso

La vicenda nasce dall’opposizione di un garante (fideiussore) a un atto di precetto notificatogli da una società finanziaria. Tale società affermava di essere la nuova titolare di un credito, originariamente concesso da una banca a un’azienda di calzature, per cui il soggetto si era fatto garante. Il credito era stato trasferito nell’ambito di una più ampia operazione di cessione crediti in blocco.

Il garante, opponendosi al pagamento, sosteneva una tesi precisa: la società finanziaria non aveva fornito una prova sufficiente del fatto che proprio quel specifico credito fosse stato incluso nell’operazione di cessione. A suo avviso, la mera pubblicazione dell’avviso di cessione sulla Gazzetta Ufficiale non era abbastanza per dimostrare la titolarità del credito.

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano respinto la sua opposizione, ritenendo che la prova della cessione fosse stata adeguatamente fornita. Il garante ha quindi deciso di ricorrere in Cassazione.

La Prova nella Cessione Crediti in Blocco secondo la Cassazione

Il motivo principale del ricorso si basava sulla presunta violazione dell’art. 58 del Testo Unico Bancario. Secondo il ricorrente, la Corte d’Appello avrebbe errato nel non verificare con sufficiente rigore se il credito in questione rientrasse effettivamente tra quelli trasferiti, limitandosi a considerare la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.

La Corte di Cassazione, nel dichiarare il ricorso inammissibile, ha colto l’occasione per ribadire alcuni importanti principi sulla prova nella cessione crediti in blocco:

1. Libertà dei Mezzi di Prova: La prova dell’inclusione di un credito in una cessione in blocco non è soggetta a vincoli di forma specifici. Può essere dimostrata con qualsiasi mezzo, anche indiziario.
2. Valore della Gazzetta Ufficiale: La pubblicazione dell’avviso di cessione sulla Gazzetta Ufficiale può costituire di per sé una prova adeguata, a condizione che le caratteristiche dei crediti ceduti siano descritte in modo sufficientemente preciso da permettere di identificare con certezza quali posizioni vi rientrino.
3. Accertamento di Fatto: La valutazione circa l’adeguatezza della prova fornita dal creditore è un accertamento di fatto, riservato al giudice del merito (Tribunale e Corte d’Appello) e non può essere riesaminato in sede di legittimità, se non per vizi di motivazione gravi e specifici.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

Nel caso specifico, la Corte di Cassazione ha evidenziato come la decisione della Corte d’Appello non si fondasse unicamente sulla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. I giudici di secondo grado avevano infatti valorizzato un altro documento decisivo: una nota della banca cedente che precisava esplicitamente che il credito nei confronti dell’azienda debitrice, identificato con un codice specifico, era stato ceduto alla società finanziaria acquirente in una data precisa.

La ratio decidendi della corte di merito, quindi, non era la mera pubblicazione, ma l’insieme delle prove documentali prodotte, che complessivamente dimostravano senza ombra di dubbio il trasferimento di quel credito. La censura del ricorrente è stata giudicata non pertinente perché attaccava un principio generale (l’insufficienza della sola pubblicazione) senza confrontarsi con la reale motivazione della sentenza impugnata, basata su prove concrete e specifiche.

La Corte ha inoltre dichiarato inammissibili le nuove argomentazioni introdotte dal ricorrente in una memoria successiva, ribadendo che le memorie servono a illustrare i motivi già esposti nel ricorso, non a introdurne di nuovi.

Conclusioni

Questa ordinanza conferma un orientamento consolidato: nella cessione crediti in blocco, il creditore cessionario ha l’onere di provare la propria titolarità, ma può farlo con ogni mezzo. La pubblicazione in Gazzetta Ufficiale è uno strumento fondamentale previsto dalla legge, ma per superare le contestazioni del debitore è prudente che il creditore si doti di prove documentali aggiuntive e specifiche, come dichiarazioni di cessione provenienti dal cedente che identifichino chiaramente i crediti trasferiti. Per il debitore, invece, non è sufficiente una contestazione generica, ma è necessario contestare in modo specifico gli elementi di prova portati dalla controparte per dimostrare la sua legittimazione.

La sola pubblicazione in Gazzetta Ufficiale è sufficiente a provare che un credito specifico rientra in una cessione di crediti in blocco?
La pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, se contiene indicazioni sufficientemente precise sulle caratteristiche dei crediti ceduti, può costituire prova adeguata. Tuttavia, la prova della titolarità del credito è libera e può essere fornita con qualsiasi mezzo, anche indiziario, come una dichiarazione specifica della banca cedente.

Cosa può fare il debitore per contestare la titolarità del credito in capo alla società cessionaria?
Il debitore non può limitarsi a negare genericamente la titolarità del credito. Deve contestare specificamente le prove prodotte dal creditore. Nel caso di specie, il ricorrente non ha mosso una censura pertinente contro la prova specifica (la nota della banca) su cui si fondava la decisione della Corte d’Appello.

È possibile presentare nuove eccezioni o contestazioni in una memoria depositata presso la Corte di Cassazione?
No. Le memorie depositate in Cassazione, ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c., hanno la sola funzione di illustrare le censure e le eccezioni già proposte nel ricorso principale, non di introdurne di nuove.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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