Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 8323 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 8323 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18625/2021 R.G. proposto da :
NOME COGNOME elettivamente domiciliato in TRINITAPOLI INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE attraverso RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BARI n. 90/2021 depositata il 19/01/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
– Il ricorso riguarda la sentenza con cui la Corte d’Appello di Bari ha confermato la decisione del Tribunale di Trani che ha respinto l’opposizione proposta da NOME COGNOME al precetto con il quale RAGIONE_SOCIALE quale mandataria di RAGIONE_SOCIALE aveva intimato a lui ed a NOME COGNOME quali fideiussori di RAGIONE_SOCIALE -il pagamento della somma di euro 266.818,68, credito rinveniente dal finanziamento concesso da Interbanca s.p.a. alla predetta società e successivamente ceduto a RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE L’opponente aveva dedotto diverse ragioni di opposizione, delle quali qui interessa solo quella concernete il difetto di prova del fatto che RAGIONE_SOCIALE avesse acquistato il credito oggetto di intimazione.
2.Sul punto il Tribunale di Trani ha rilevato che dalla produzione di parte opposta si evinceva che la cessione del credito contestato rientrava nel più ampio blocco dei crediti ceduti da Interbanca ad Elipso Finance (ai sensi degli artt. 1 e 4 l. n. 130/1999 e 58 del d.p.r n. 385/93, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 20 Dicembre 2007, cessione richiamata nell’atto di precetto notificato, e la Corte d’appello di Bari ha respinto il gravame in proposito proposto – con cui l’appellante aveva dedotto che la pubblicazione della cessione non costituiva prova che quello in questione rientrasse tra i crediti ceduti- ritenendo che il creditore avesse provato l’avvenuta cessione del credito in questione in suo favore.
– Avverso la sentenza ha presentato ricorso affidandolo ad un unico motivo NOME COGNOME che ha depositato anche memoria. Ha resistito RAGIONE_SOCIALE attraverso la mandataria RAGIONE_SOCIALE
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso il ricorrente deduce violazione o falsa applicazione dell’articolo 58 d.lgs. n. 385/1993 in relazione all’articolo 360 comma 1 n. 3 c.p.c. in quanto la Corte d’appello non avrebbe potuto sottrarsi al compito di verificare se, avuto riguardo alle caratteristiche del credito, la pretesa azionata rientrasse tra quelle trasferite alla cessionaria, e quindi se, conformemente alle Istruzioni di vigilanza della Banca d’Italia, potesse essere ricondotto al blocco di cui all’atto di cessione indicato nell’avviso di pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale; invero l’eccezione dell’opponente era volta da affermare che il mero fatto (incontroverso) della cessione di crediti in blocco non era sufficiente ad attestare che proprio e anche il credito oggetto di causa fosse compreso tra quelli che erano stati oggetto della stessa, chiamando la creditrice a provare la titolarità del credito.
Nella memoria il ricorrente deduce che la questione sottoposta alla Corte è incentrata sulla prova della cessione del credito e della legittimazione attiva dell’odierna controricorrente, e, dopo aver richiamato la giurisprudenza sul punto di questa Corte – che distingue tra la questione dell’esistenza della cessione come vicenda traslativa in sé e la questione della prova dell’inclusione di due determinato credito nel novero di quelli oggetto di un’operazione di cessione – ha concluso affermando che « il caso che ci occupa, a fronte della mancata produzione del contratto di cessione e della generica allegazione a sostegno della posizione debitoria ceduta, va esclusa dalla legittimazione della controricorrente ».
2.- Il motivo è inammissibile.
2.1I l fatto dell’avvenuta cessione in blocco nella specie non è mai stata contestata, ed, anzi, come detto poco sopra, la stessa parte ricorrente l’ha definita incontroversa, avendo questa contestato solo che il credito azionato fosse compreso in detta cessione, sicchè appare inammissibile la censura che la parte
ricorrente svolge nella memoria autorizzata ex articolo 380 bis-1 c.p.c. laddove contesta questo fatto – ovvero l’esistenza della cessione come vicenda traslativa in sé -che, invece, nel ricorso esplicitamente dichiara essere «incontroverso» (v. pag. 9) e che, comunque, non risulta mai essere stata contestata in giudizio: va, quindi, data continuità al principio per cui le memorie di cui agli artt. 380-bis e 380-bis.1 cod. proc. civ., nei rispettivi testi anteriori alle modificazioni apportategli dal d.lgs. n. 149 del 2022, non potevano contenere nuove censure e/o eccezioni, ma solo illustrare quelle già proposte (cfr ., e multis , Cass. n. 30878 del 2023; Cass. n. 17893 del 2020; Cass. n. 24007 del 2017; Cass. n. 26332 del 2016; Cass., SU, n. 11097 del 2006), conclusione riproponibile, in linea generale, anche con riferimento alla memoria di cui all’art. 380-bis.1, comma 1, c.p.c come modificato dal d.lgs. n. 149 del 2022.
Quanto al fatto che il credito fosse ricompreso tra quelli ceduto in blocco, premesso che la prova della cessione di un credito non è, di regola, soggetta a particolari vincoli di forma e che, quindi, la sua esistenza è dimostrabile con qualunque mezzo di prova, anche indiziario, e il relativo accertamento è soggetto alla libera valutazione del giudice del merito, non sindacabile in sede di legittimità, e che « l’indicazione delle caratteristiche dei crediti ceduti, contenuta nell’avviso della cessione pubblicato dalla società cessionaria nella Gazzetta Ufficiale, può ben costituire adeguata prova dell’avvenuta cessione dello specifico credito oggetto di contestazione, laddove tali indicazioni siano sufficientemente precise e consentano, quindi, di ricondurlo con certezza tra quelli compresi nell’operazione di trasferimento in blocco, in base alle sue caratteristiche concrete »(v. Cass. n. 31118/2017, Cass. n. 15884/2019; Cass. n. 4277/2023), nella sentenza gravata (v. pag.6) la Corte distrettuale nel respingere il primo motivo d’appello, osserva che « la cessione del credito risulta dalla nota del
14 Marzo 2013 di Interbanca spa in cui fu precisato che il credito nei confronti del calzaturificio RAGIONE_SOCIALE (individuato con il numero ‘NDG 55036’ era stato ceduto alla RAGIONE_SOCIALE il 14 dicembre 2007 unitamente a crediti individuabili in blocco e ai sensi della legge 30 aprile 1999 n. 130 e dell’art. 58 del testo unico bancario. Della cessione era stata data notizia mediante pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del 20.12.2007. Dalla copia della Gazzetta Ufficiale -foglio delle inserzioni n. 147 – risulta effettivamente l’avvenuta cessione da RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE, fra l’altro, del credito individuato con il numero 55036 ».
Risulta, quindi, che la Corte d’Appello ha accertato che il credito in questione era compreso nella cessione in blocco predetta con una ricognizione in fatto riservato al giudice di merito, cui la parte ricorrente non muove una censura pertinente, giacché la ratio decidendi sul punto non si fonda sulla mera pubblicazione della cessione, bensì sul fatto che dall’avviso di pubblicazione il credito risultava contemplato; e questa ratio non è aggredita dal motivo di ricorso (laddove l’unica censura ammissibile al ragionamento ricognitivo della prova poteva essere mossa solo con riguardo alla motivazione e nei soli ristretti limiti in cui ciò è consentito ovvero ove questa non rispetti il requisito minimo costituzionale di una motivazione esistente, non contraddittoria e non perplessa, come notoriamente insegna Cass. Sez. Un. n.8053/2014).
– In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come nel dispositivo, ai sensi del D.M. 12 luglio 2012, n. 140. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore di parte controricorrente liquidate nell’importo di euro 5.200,00 di cui euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% sul
compenso ed agli accessori come per legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dalla I. 24 dicembre 2012, n. 228, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis .
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1° Sezione