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Cessione crediti: come provare la titolarità del credito

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 29807/2025, si è pronunciata sulla prova della titolarità in una cessione crediti in blocco. Nel caso esaminato, un debitore e il suo garante contestavano l’esistenza stessa del contratto di cessione. La Corte ha stabilito che, in tale ipotesi, la sola pubblicazione in Gazzetta Ufficiale non è sufficiente, ma può costituire un valido elemento di prova se unita ad altri documenti, come una dichiarazione scritta dalla banca cedente. La valutazione di tali prove spetta al giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile e i ricorrenti sono stati condannati per abuso del processo.

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Pubblicato il 23 novembre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Cessione crediti: come provare la titolarità del credito?

La cessione crediti è un’operazione sempre più frequente nel panorama economico, ma solleva questioni complesse sulla prova della titolarità del credito da parte del nuovo acquirente. Con l’ordinanza n. 29807 del 2025, la Corte di Cassazione è tornata a fare chiarezza su quali documenti siano necessari per dimostrare di essere il legittimo creditore, specialmente quando il debitore contesta non solo l’inclusione del suo debito nell’operazione, ma l’esistenza stessa del contratto di cessione. La decisione ribadisce principi fondamentali sulla ripartizione dell’onere della prova e sui limiti del giudizio di legittimità.

I Fatti del Caso: Debito, Fideiussione e Cessione Crediti

La vicenda nasce da un decreto ingiuntivo emesso da un istituto di credito nei confronti di una società e del suo garante per il mancato pagamento di un finanziamento. Inizialmente, il Tribunale aveva revocato il decreto nei confronti del garante, ritenendo nulle alcune clausole della fideiussione perché contrarie alla normativa antitrust. La Corte d’Appello, tuttavia, aveva riformato la decisione, accogliendo le ragioni della società cessionaria del credito, subentrata nel frattempo alla banca originaria.

Davanti ai giudici di secondo grado, il garante aveva sollevato due questioni principali:
1. La nullità della fideiussione per violazione della normativa antitrust.
2. La carenza di legittimazione attiva della società cessionaria, contestando che avesse fornito prova adeguata della cessione crediti.

La Corte d’Appello aveva respinto entrambe le eccezioni, ritenendo che la società acquirente avesse sufficientemente provato la propria titolarità attraverso la produzione di una dichiarazione della banca cedente e dell’avviso di cessione pubblicato in Gazzetta Ufficiale.

La Questione della Prova nella Cessione Crediti

Il caso è quindi approdato in Corte di Cassazione, dove i ricorrenti (società debitrice e garante) hanno concentrato le loro difese su un unico motivo: la violazione di legge per aver ritenuto provata la titolarità del credito in assenza del deposito del contratto di cessione. Secondo la tesi dei ricorrenti, la giurisprudenza distingue nettamente due ipotesi:
* La contestazione sull’inclusione di un singolo credito in una cessione in blocco.
* La contestazione sull’esistenza stessa del contratto di cessione.

Nel secondo caso, a loro dire, la semplice pubblicazione in Gazzetta Ufficiale non sarebbe sufficiente, rendendosi necessaria la produzione dell’atto negoziale. Poiché essi contestavano proprio l’esistenza del contratto, la decisione della Corte d’Appello sarebbe stata errata.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo importanti chiarimenti sul tema della prova nella cessione crediti. Gli Ermellini hanno ribadito i seguenti principi:

1. Distinzione della Prova: Una cosa è l’avviso di cessione, necessario per l’efficacia verso il debitore, un’altra è la prova dell’esistenza del contratto di cessione. La pubblicazione in Gazzetta Ufficiale esonera dalla notifica individuale ma non prova, di per sé, che il contratto sia stato effettivamente stipulato.

2. Libertà dei Mezzi di Prova: La prova dell’esistenza di un contratto di cessione non è soggetta a vincoli di forma e può essere dimostrata con qualsiasi mezzo, anche indiziario. Ciò include documenti come le dichiarazioni della parte cedente, che, unitamente ad altri elementi come la pubblicazione in Gazzetta, possono formare un quadro probatorio sufficiente.

3. Insindacabilità del Giudizio di Merito: L’accertamento sull’esistenza e sulla validità della prova è un compito che spetta esclusivamente al giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello). La Corte di Cassazione non può riesaminare le prove e sostituire la propria valutazione a quella dei giudici precedenti. Può intervenire solo se la motivazione è palesemente illogica, contraddittoria o inesistente, cosa che non è avvenuta in questo caso.

In sostanza, la Corte d’Appello aveva correttamente valutato gli elementi a sua disposizione (dichiarazione della banca e avviso in Gazzetta), giungendo alla conclusione, con una motivazione logica e plausibile, che la cessione fosse stata provata. Il tentativo dei ricorrenti di mascherare una richiesta di riesame del merito come una violazione di legge è stato quindi respinto.

La Sanzione per Abuso del Processo

Poiché il ricorso è stato definito in conformità a una proposta di trattazione accelerata e ritenuto manifestamente infondato, la Corte ha condannato i ricorrenti per responsabilità aggravata ai sensi dell’art. 96 c.p.c. Questa norma sanziona l’abuso del processo, ovvero l’aver intentato un’azione legale pur sapendo, o dovendo sapere, che fosse priva di fondamento. I ricorrenti sono stati quindi condannati al pagamento di una somma equitativa in favore della controparte e di un’ulteriore somma alla Cassa delle ammende.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale cruciale per il contenzioso bancario legato alla cessione crediti. Le implicazioni pratiche sono significative:
* Per i cessionari di crediti: Sebbene non sia sempre obbligatorio depositare il contratto di cessione, è fondamentale costruire un solido impianto probatorio. La combinazione di una dichiarazione di avvenuta cessione da parte del cedente e della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale rappresenta un forte elemento a proprio favore.
* Per i debitori: Contestare genericamente la titolarità del credito non è sufficiente. Se si nega l’esistenza stessa del contratto di cessione, bisogna essere pronti a smontare le prove documentali fornite dalla controparte. Tentare di portare la discussione sulla valutazione delle prove in Cassazione si rivela una strategia perdente e rischiosa, che può portare a pesanti sanzioni economiche per abuso del processo.

Quando avviene una cessione crediti, la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale è sempre sufficiente a provare la titolarità del credito?
No. Secondo la Corte, la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale da sola non prova l’esistenza del contratto di cessione se questa viene specificamente contestata dal debitore. Tuttavia, può costituire un valido elemento di prova se valutata insieme ad altri documenti, come una dichiarazione scritta del creditore originario (cedente).

Cosa può fare il debitore se contesta l’esistenza stessa del contratto di cessione crediti?
Il debitore può sollevare un’eccezione specifica, costringendo il cessionario a fornire prove concrete dell’avvenuto trasferimento del credito. Tuttavia, la prova non è limitata al solo contratto, ma può essere fornita con ogni mezzo, anche documentale o indiziario. La valutazione di tale prova è rimessa al giudice di merito.

Quali sono le conseguenze se si propone un ricorso in Cassazione ritenuto un abuso del processo?
Se la Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile o manifestamente infondato, specialmente in conformità a una proposta di definizione anticipata, può condannare il ricorrente per responsabilità aggravata (abuso del processo) ai sensi dell’art. 96 del codice di procedura civile. Ciò comporta il pagamento di una somma di denaro alla controparte e di un’ulteriore somma alla Cassa delle ammende, oltre alle spese legali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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