Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23484 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23484 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27848/2020 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore e domiciliata ope legis in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che la rappresenta e difende
-ricorrente –
contro
COGNOME , elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME
-controricorrente –
nonché contro
NOME COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME
Oggetto:
Declaratoria
cessazione
materia
del
contendere
–
Presupposti
Transazione
R.G.N. 27848/2020
Ud. 27/06/2025 CC
COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME
-controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE, RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE, RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE, RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE, RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE IN FALLIMENTO, RAGIONE_SOCIALE NOMERAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE, RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE
-intimati – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO DI ROMA n. 4534/2020 depositata il 30/09/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 27/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
RAGIONE_SOCIALE ricorre avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 4534/2020, pubblicata in data 30 settembre 2020, la quale, decidendo sul reclamo ex artt. 814 e 825 c.p.c. avverso l’ordinanza del Presidente del Tribunale di Roma
524/2015 del 25 marzo 2015, ha dichiarato la cessazione della materia del contendere per intervenuta transazione, dichiarando il giudizio estinto e compensando integralmente tra le parti le spese dell’intero procedimento.
NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME avevano presentato ricorso ex art. 814 c.p.c., chiedendo al Presidente del Tribunale di Roma di liquidare il compenso loro dovuto quali componenti il collegio arbitrale che aveva emesso il lodo depositato in data 12 maggio 2012.
Il Presidente del Tribunale di Roma aveva provveduto, determinando in € 173.291,37 oltre IVA e CPA il compenso complessivamente spettante agli arbitri ed in € 15.000,00 le spese di segreteria.
I ricorrenti avevano quindi proposto reclamo innanzi alla Corte d’appello.
Si erano costituiti l’odierna ricorrente AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI nonché le reclamate: 1) RAGIONE_SOCIALE (società incorporante RAGIONE_SOCIALE; RAGIONE_SOCIALE; RAGIONE_SOCIALE; RAGIONE_SOCIALE; RAGIONE_SOCIALE); 2) RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE; 3) RAGIONE_SOCIALE; 3) RAGIONE_SOCIALE; 4) RAGIONE_SOCIALE; 5) RAGIONE_SOCIALE; 6) RAGIONE_SOCIALE; 7) RAGIONE_SOCIALE; 8) RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE; 9) RAGIONE_SOCIALE; 10) RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE; 11) RAGIONE_SOCIALE; 12) RAGIONE_SOCIALE; 13) RAGIONE_SOCIALE; 14) RAGIONE_SOCIALE mentre non si erano costituite le altre reclamate: 1) RAGIONE_SOCIALE; 2) RAGIONE_SOCIALE; 3) RAGIONE_SOCIALE; 4) RAGIONE_SOCIALE; 5) RAGIONE_SOCIALE; 6) RAGIONE_SOCIALE; 7) RAGIONE_SOCIALE; 8) RAGIONE_SOCIALE; 9) RAGIONE_SOCIALE; 10) RAGIONE_SOCIALE
La Corte d’appello di Roma ha così, testualmente, motivato:
‘ All’udienza del 14. 2. 2020 l’Avv. COGNOME presente l’Avvocatura Generale dello Stato che nulla ha osservato, ha rappresentato alla Corte che tra le parti del presente procedimento era stata definita una transazione per regolare le reciproche pretese, producendo copia della predetta transazione, chiedendo di dichiarare la cessazione della materia del contendere con spese compensate tra le parti.
Deve conseguentemente rilevarsi che essendo cessata la materia del contendere tra le parti deve essere dichiarata l’estinzione del presente giudizio.
Come da accordo tra le parti le spese di giudizio, ivi comprese quelle della precedente fase, devono essere integralmente compensate tra le parti. ‘ .
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Roma ricorre RAGIONE_SOCIALE.
Resistono con controricorso NOME COGNOME e NOME COGNOME
Sono rimasti intimati: 1) NOME COGNOME; 2) RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE incorporante anche di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE ); 3) RAGIONE_SOCIALE IN RAGIONE_SOCIALE; 4) RAGIONE_SOCIALE; 5) RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE); 6) RAGIONE_SOCIALE IN RAGIONE_SOCIALE; 7) RAGIONE_SOCIALE; 8) RAGIONE_SOCIALE IN RAGIONE_SOCIALE; 9) RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE; 10) RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE; 11) RAGIONE_SOCIALE; 12) RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE; 13) RAGIONE_SOCIALE; 14) RAGIONE_SOCIALE; 15) RAGIONE_SOCIALE; 16) RAGIONE_SOCIALE; 17) RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE; 18) RAGIONE_SOCIALE; 19)
FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE; 20) RAGIONE_SOCIALE; 21) FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE; 22) RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE; 23) RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE; 24) i soci della società RAGIONE_SOCIALE cancellata a seguito di chiusura del fallimento .
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
Le parti hanno depositato memorie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Preliminarmente, deve essere dichiarata la inammissibilità dello intervento effettuato tramite l’atto -intitolato ‘memoria ex art. 380 bis c.p.c. con costituzione di nuovi difensori’ -depositato in data 14 giugno 2025 nell’interesse di NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME nella dichiarata veste di eredi dell’originario controricorrente NOME COGNOME
Questa Corte, infatti, ha reiteratamente enunciato il principio per cui nel giudizio di cassazione, poiché l’applicazione della disciplina di cui all’art. 110 c.p.c. non è espressamente esclusa per il processo di legittimità, né appare incompatibile con le forme proprie dello stesso, il soggetto che ivi intenda proseguire il procedimento, quale successore a titolo universale di una delle parti già costituite, deve allegare e documentare, tramite le produzioni consentite dall’art. 372 c.p.c., tale sua qualità, attraverso un atto che, assumendo la natura sostanziale di un intervento, sia partecipato alla controparte – per assicurarle il contraddittorio sulla sopravvenuta innovazione soggettiva consistente nella sostituzione della legittimazione della parte originaria – mediante notificazione, non essendo, invece, sufficiente il semplice deposito delle
memorie illustrative previste dall’art. 378 c.p.c. (e ora 380 bis c.p.c.), poiché l’attività illustrativa che si compie con queste ultime è priva di carattere innovativo (Cass. Sez. U, Sentenza n. 9692 del 22/04/2013; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 8973 del 15/05/2020).
Nel caso ora in esame, i presupposti individuati da questa Corte per l’intervento nel giudizio di legittimità degli eredi della parte già costituita risultano invece radicalmente non rispettati.
Infatti, l’atto oggetto di deposito non solo non è accompagnato da un’adeguata documentazione della veste di eredi dei soggetti indicati in intestazione -tale non potendosi considerare la produzione del mero certificato di morte di NOME COGNOMEma anche si sostanzia in una memoria ex art. 380bis .1 c.p.c. che non risulta essere stata notificata alle altre parti del giudizio, non essendo il deposito telematico accompagnato dalla prova della notifica della memoria medesima.
L’intervento deve quindi essere dichiarato inammissibile.
Il ricorso è affidato a cinque motivi.
2.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1372 e 1965 c.c.
Deduce la ricorrente che, dal momento che la transazione sulla cui base è stata dichiarata la cessazione della materia del contendere non annoverava la ricorrente medesima tra i sottoscrittori, la Corte territoriale avrebbe errato a dichiarare cessata la materia del contendere anche nei confronti della medesima ricorrente, non essendo stata posta fine alla lite tra la stessa e gli arbitri.
2.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., omesso esame di un fatto decisivo del giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, consistente nel fatto che la
Corte territoriale non avrebbe rilevato che tra i soggetti che avevano concluso la transazione non vi era l’odierna ricorrente.
2.3. Con il terzo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza o del procedimento per violazione degli artt. 100 e 112 c.p.c.
Argomenta, in particolare, il ricorso che la decisione impugnata avrebbe violato l’art. 100 c.p.c., dichiarando la cessazione della materia del contendere e l’estinzione del giudizio, nonostante la transazione non fosse efficace nei confronti della ricorrente medesima.
Evidenzia, ulteriormente, che unicamente uno degli avvocati avrebbe dichiarato che la transazione privava la parte dell’interesse a proseguire il giudizio, mentre gli altri difensori nulla avrebbero dichiarato.
Deduce, ulteriormente, che la statuizione della Corte d’appello avrebbe violato l’art. 112 c.p.c., in quanto la Corte non avrebbe statuito sulle conclusioni rassegnate dalla ricorrente.
Evidenzia il proprio persistente interesse ad una pronuncia di merito, in quanto l’estinzione del giudizio comporta il rischio del venir meno della pronuncia di primo grado più favorevole alla ricorrente rispetto alla transazione, oltre ad esporre la ricorrente medesima alla riproposizione della domanda degli arbitri nei propri confronti.
2.4. Con il quarto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1304; 1350, n. 13); 1965 c.c.; nonché 16 e 17, r.d. n. 2440/1923.
Richiamati sia il carattere solidale dell’obbligazione di corrispondere gli onorari e il rimborso delle spese arbitrali sia il disposto di cui all’art. 1304 c.c., la ricorrente evidenzia l’impossibilità di ipotizzare nella specie una dichiarazione ex art. 1304 c.c. esclusivamente per fatti conclu-
denti, in virtù dell’operatività nei propri confronti degli artt. 16 e 17, r.d. n. 2440/1923, e quindi del vincolo di rispetto della forma scritta.
2.5. Con il quinto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza o del procedimento per violazione dell’art. 92, terzo comma, c.p.c.
La ricorrente impugna altresì la statuizione di integrale compensazione delle spese di lite in quanto assunta sulla base delle previsioni della transazione alla quale, tuttavia, la ricorrente medesima non aveva aderito.
I primi quattro motivi di ricorso debbono essere esaminati congiuntamente, stante la correlazione che li caratterizza, e sono fondati.
3.1. Preliminarmente, deve essere disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dai controricorrenti,
Il ricorso, infatti, risulta in primo luogo rispettare i criteri di specificità e completezza, procedendo alla riproduzione delle parti degli atti di causa che assumono rilevanza nel presente giudizio, ed argomentando in modo compiuto ed univoco il contenuto dei motivi, i quali vengono convenientemente ancorati al contenuto del provvedimento impugnato ed alla vicenda processuale.
La ricorrente, infine, ha adeguatamente -e fondatamente, come ci si appresta a vedere – illustrato il proprio interesse ex art. 100 c.p.c., diversamente da quanto opinato dal controricorrente COGNOME
Infatti, non era onere della ricorrente procedere ad un’analisi dettagliata degli effetti della transazione sul giudizio in corso, sufficiente essendo la deduzione dell’interesse ad impugnare la declaratoria di cessazione della materia del contendere adottata dalla Corte d’appello.
Per contro, quella valutazione analitica dei riflessi della transazione sulla posizione dell’odierna ricorrente, che secondo il controricorso sarebbe stata imprescindibile ai fini dell’ammissibilità del ricorso, avrebbe
costituito, semmai, compito proprio della decisione impugnata nella presente sede.
3.2. Passando, allora, all’esame del merito dei quattro motivi, non può che richiamarsi il costante orientamento di questa Corte, a mente del quale la cessazione della materia del contendere presuppone che le parti si diano reciprocamente atto del sopravvenuto mutamento della situazione sostanziale dedotta in giudizio e sottopongano conclusioni conformi in tal senso al giudice, potendo al più residuare un contrasto solo sulle spese di lite, che il giudice con la pronuncia deve risolvere secondo il criterio della cosiddetta soccombenza virtuale; per contro, allorché la sopravvenienza di un fatto che si assume suscettibile di determinare la cessazione della materia del contendere sia allegato da una sola parte senza adesione dell’altra parte a tale prospettazione, l’apprezzamento della circostanza sopravvenuta -previa dimostrazione della stessa -non può concretarsi in una pronuncia di cessazione della materia del contendere, bensì: a) ove abbia determinato il soddisfacimento del diritto azionato con la domanda dell’attore, in una valutazione dell’interesse ad agire, con la conseguenza che il suo rilievo potrà dare luogo ad una pronuncia dichiarativa dell’esistenza del diritto azionato (e, quindi, per tale aspetto di accoglimento della domanda) e di sopravvenuto difetto di interesse ad agire dell’attore in ordine ai profili non soddisfatti da tale dichiarazione, in ragione dell’avvenuto soddisfacimento della sua pretesa per i profili ulteriori rispetto alla tutela dichiarativa (salva la valutazione sulle spese giudiziali); b) ove, invece, si sia sostanziato nel riconoscimento da parte dell’attore della infondatezza del diritto da lui azionato, in una pronuncia da parte del giudice sul merito dell’azione, nel senso della declaratoria della sua infondatezza, con il relativo potere di statuizione sulle spese, secondo le normali regole (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 11962 del 08/06/2005; Cass.
Sez. 3, Sentenza n. 11931 del 22/05/2006; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 16150 del 08/07/2010; Cass. Sez. L, Sentenza n. 2063 del 30/01/ 2014; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 21757 del 29/07/2021).
Ebbene, come emerge dal provvedimento impugnato, la Corte d’appello di Roma ha adottato una statuizione di cessazione della materia del contendere in evidente assenza della presentazione di conclusioni congiunte ad opera di tutte le parti del giudizio, ed in particolare in assenza dell’adesione dell’odierna ricorrente, non potendosi in alcun modo ritenere che il contegno processuale tenuto dall’Avvocatura dello Stato ( ‘nulla osserva’ ) fosse da intendersi quale adesione dell’odierna ricorrente alla domanda di declaratoria di cessazione della materia del contendere.
Prive di pregio appaiono le considerazioni svolte dai controricorrenti in ordine all’applicazione dell’art. 1304 c.c., sol che si consideri il principio, da questa Corte reiteratamente affermato, per cui l’art. 1304, c.c. – nel consentire, in deroga al principio secondo cui il contratto produce effetti solo tra le parti, che il condebitore in solido, pur non avendo partecipato alla stipulazione della transazione tra creditore e uno dei debitori solidali, se ne possa avvalere – si riferisce esclusivamente allo atto di transazione che abbia ad oggetto l’intero debito, mentre non include la transazione parziale che, in quanto tesa a determinare lo scioglimento della solidarietà passiva, riguarda unicamente il debitore che vi aderisce e non può coinvolgere gli altri condebitori, che non hanno alcun titolo per profittarne (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 7094 del 03/03/2022; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 13877 del 06/07/2020; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 16087 del 18/06/2018; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 23418 del 17/11/2016; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 15895 del 11/07/ 2014).
Neppure appare configurabile una tacita adesione dell’odierna ricorrente all’intesa transattiva: fermo il principio per cui l’adesione alla transazione costituisce un diritto potestativo di cui l’interessato può non avvalersi (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 17198 del 11/07/2013), vale in ogni caso l’ulteriore principio per cui la volontà di obbligarsi da parte della P.A. non può desumersi da atti o fatti concludenti e deve, per converso, manifestarsi attraverso la forma scritta anche con riferimento alle transazioni concluse dagli enti pubblici, le quali debbono, a pena di nullità, assumere forma scritta, in quanto prevale sulla regola generale di cui all’art. 1967 c.c. (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 638 del 14/01/2019; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 26047 del 29/11/2005).
Va del resto sottolineato che dell’estraneità dell’odierna ricorrente all’intesa transattiva -con le conseguenze che ne derivavano anche in ordine all’esito del giudizio -erano perfettamente consapevoli le stesse parti paciscenti, come emerge in modo univoco dall’art. 4 del testo della transazione, nel quale era previsto l’impegno delle parti a fare ‘quanto in proprio potere per far sì che la Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (…) aderisca, a spese compensate, alla presente transazione, alla conciliazione ed alla richiesta congiunta di declaratoria di cessazione della materia del contendere’ .
Priva di pregio, infine, risulta l’argomentazione dei controricorrenti basata sull’omessa corresponsione di alcuna somma da parte dell’odierna ricorrente, evidente essendo che tale atteggiamento appare agevolmente riconducibile alle contestazioni mosse con il presente ricorso.
Emerge, conseguentemente, l’interesse ex art. 100 c.p.c. dell’odierna ricorrente, atteso che la stessa, non aderendo alla transazione, ben poteva conservare interesse a che il reclamo proposto dagli arbitri innanzi alla Corte territoriale venisse definito nel merito, con statui-
zione per sé più favorevole rispetto al contenuto della transazione, atteso che quest’ultima ha riconosciuto somme superiori a quelle liquidate col provvedimento del Presidente del Tribunale.
In sintesi, quindi, l’atteggiamento processuale tenuto dall’odierna ricorrente non avrebbe in alcun modo consentito alla Corte d’appello l’adozione di un provvedimento di cessazione della materia del contendere, in quanto in alcun modo la stessa ricorrente poteva ritenersi aver fatto proprie simili conclusioni.
Per contro, la Corte territoriale avrebbe dovuto procedere alla specifica valutazione degli effetti che la conclusione della transazione poteva avere sul giudizio, secondo i principi poc’anzi richiamati, ed avrebbe dovuto, quindi, adottare le conseguenti statuizioni
Valutazione, questa, che è stata invece radicalmente omessa e che non può essere surrogata dal giudizio espresso dalla stessa Corte capitolina con la sentenza n. 2391/2021 prodotta dal controricorrente COGNOME dal momento che in quella sede la Corte d’appello era chiamata a valutare la sussistenza o meno di un errore revocatorio e che, escluso quest’ultimo (e quindi il profilo rescindente), ogni vaglio del merito della decisione impugnata risulta escluso.
L’accoglimento dei primi quattro motivi di ricorso determina l’assorbimento del quinto, dal momento che, in sede di rinvio, la Corte d’appello dovrà procedere nuovamente alla regolazione delle spese.
Il ricorso va pertanto accolto, in relazione ai primi quattro motivi, con assorbimento del quinto, e la decisione impugnata deve essere cassata con rinvio della causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, la quale provvederà altresì a regolare le spese anche del presente giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte accoglie i motivi di ricorso dal primo al quarto, assorbito il quinto, cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Roma, in diversa compo-