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Cessazione materia del contendere: no al doppio contributo

La Corte di Cassazione ha dichiarato la cessazione della materia del contendere in un caso relativo alla mobilità di un’insegnante. Avendo la ricorrente ottenuto il trasferimento desiderato durante il processo, è venuto meno il suo interesse a proseguire. La Corte ha stabilito che, in caso di accordo tra le parti sull’estinzione del giudizio, non è dovuto il versamento del doppio contributo unificato, sanzione prevista solo per i ricorsi respinti, inammissibili o improcedibili.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Cessazione Materia del Contendere: Quando si Evita il Doppio Contributo in Cassazione

L’istituto della cessazione della materia del contendere rappresenta una modalità di estinzione del processo che si verifica quando viene meno l’interesse delle parti a ottenere una pronuncia giudiziale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito importanti chiarimenti su un aspetto pratico di grande rilevanza: il pagamento del doppio contributo unificato in questi casi. Analizziamo la decisione per comprendere la portata dei principi affermati.

I Fatti di Causa

Una docente aveva avviato un contenzioso per ottenere il riconoscimento del diritto di precedenza nelle operazioni di mobilità interprovinciale, ai sensi della Legge 104/1992, per l’anno scolastico 2018/2019. Dopo una decisione a lei sfavorevole in Corte d’Appello, la docente aveva proposto ricorso per cassazione.

Tuttavia, durante la pendenza del giudizio di legittimità, la stessa otteneva il trasferimento desiderato a seguito di una successiva procedura di mobilità per l’anno scolastico 2022/2023. Essendo stata soddisfatta la sua pretesa, era venuto meno il suo interesse a proseguire il giudizio in Cassazione.

La Rinuncia al Ricorso e la Cessazione della Materia del Contendere

Di fronte a questo mutamento, la ricorrente ha depositato un atto di “rinuncia agli atti del giudizio” e un’istanza di cessazione della materia del contendere. Con tale atto, ha formalizzato la sopravvenuta carenza di interesse alla decisione, chiedendo la declaratoria di estinzione del giudizio con compensazione integrale delle spese legali per tutti i gradi di giudizio.

Le controparti, ovvero le amministrazioni scolastiche, hanno dichiarato di prendere atto della rinuncia e hanno aderito alla richiesta di compensazione delle spese. Questo accordo tra le parti è stato l’elemento decisivo per la successiva pronuncia della Corte.

La Decisione della Corte sul Contributo Unificato

La Suprema Corte ha preso atto dell’accordo intervenuto e ha dichiarato ufficialmente la cessazione della materia del contendere. La questione più interessante, tuttavia, riguarda la gestione delle spese e, in particolare, l’applicazione della sanzione del cosiddetto “doppio contributo unificato”.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha chiarito che il regolamento delle spese di lite, in questo scenario, è governato dall’accordo raggiunto tra le parti, che avevano concordato per la compensazione integrale.

Sul punto del doppio contributo unificato, previsto dall’art. 13, comma 1-quater del D.P.R. 115/2002, i giudici hanno specificato che tale sanzione non è applicabile. Il meccanismo sanzionatorio, infatti, scatta solo quando il giudizio di cassazione si conclude con un rigetto dell’impugnazione, una dichiarazione di inammissibilità o di improcedibilità. In altre parole, la sanzione presuppone un esito negativo del ricorso nel merito o in rito, che confermi integralmente la sentenza impugnata.

Una pronuncia di cessazione della materia del contendere, invece, non rientra in queste categorie. Essa non valuta la fondatezza del ricorso, ma si limita a prendere atto del venir meno dell’efficacia della sentenza impugnata a seguito di un accordo o di un fatto sopravvenuto che ha eliminato l’oggetto della lite. La Corte ha richiamato precedenti giurisprudenziali (tra cui Cass. S.U. n. 8980/2018) per sottolineare come questa pronuncia derivi da un accordo negoziale che priva le parti di interesse a una decisione.

Le conclusioni

La decisione offre un’importante indicazione pratica: quando un giudizio in Cassazione si estingue per cessazione della materia del contendere a seguito di un accordo tra le parti, la parte ricorrente non è tenuta al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato. Questo principio incentiva la risoluzione concordata delle liti anche nella fase di legittimità, evitando l’aggravio di costi processuali per le parti che trovano una soluzione extragiudiziale alla controversia.

Cosa significa “cessazione della materia del contendere”?
Significa che il processo si estingue perché è venuto meno l’interesse delle parti a ottenere una decisione dal giudice. Questo può accadere, come nel caso esaminato, perché la richiesta iniziale del ricorrente è stata soddisfatta in altro modo durante il corso della causa.

In caso di cessazione della materia del contendere, chi paga le spese legali?
Secondo l’ordinanza, se le parti raggiungono un accordo sulla ripartizione delle spese (in questo caso, la compensazione totale), la Corte si attiene a tale intesa. L’accordo tra le parti prevale.

Il ricorrente deve pagare il doppio del contributo unificato se il giudizio si chiude per cessazione della materia del contendere?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato si applica solo in caso di rigetto, inammissibilità o improcedibilità del ricorso, non quando il processo si estingue per un accordo che determina la cessazione della materia del contendere.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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