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Cessazione materia del contendere: le conseguenze

Un’azienda televisiva, dopo aver perso in primo e secondo grado una causa contro un Ente Regionale per la revoca di un finanziamento, ha presentato ricorso in Cassazione. Durante il giudizio, le parti hanno raggiunto un accordo transattivo. La Corte di Cassazione, applicando un orientamento consolidato, ha dichiarato il ricorso inammissibile per cessazione della materia del contendere, chiarendo che la transazione sostituisce la sentenza impugnata, impedendole di diventare definitiva.

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Pubblicato il 8 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Cessazione della Materia del Contendere: Cosa Accade al Processo in Cassazione?

Quando le parti di una causa decidono di risolvere la loro disputa con un accordo mentre il processo è ancora in corso, si verifica una cessazione della materia del contendere. Ma quali sono le esatte conseguenze procedurali, specialmente se il giudizio è arrivato fino alla Corte di Cassazione? Un’ordinanza recente offre chiarimenti fondamentali, ribadendo un principio consolidato che distingue tra l’interesse delle parti e l’economia dei giudizi.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da una controversia tra una società televisiva e un Ente Regionale. L’ente aveva revocato un finanziamento precedentemente concesso alla società, la quale ha agito in giudizio per far dichiarare l’illegittimità di tale revoca.

Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello hanno dato torto alla società. Non dandosi per vinta, l’azienda ha proposto ricorso per cassazione, portando la questione davanti al massimo organo della giustizia civile. Tuttavia, durante lo svolgimento del giudizio di legittimità, è intervenuto un fatto nuovo e decisivo: le parti hanno siglato un accordo transattivo, ponendo fine alla loro disputa.

L’Accordo Transattivo e la Cessazione della Materia del Contendere

Con la firma della transazione, le parti hanno volontariamente definito il loro rapporto, superando le ragioni del conflitto. Questo evento ha fatto venir meno l’interesse della società ricorrente a ottenere una pronuncia dalla Corte di Cassazione. In termini giuridici, si è verificata una cessazione della materia del contendere per sopravvenuta carenza di interesse. La Corte, a questo punto, non è più chiamata a decidere chi avesse ragione o torto nel merito della questione originaria, ma a prendere atto della nuova realtà creata dall’accordo delle parti.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un consolidato orientamento delle Sezioni Unite, secondo cui la transazione intervenuta nel corso del giudizio di cassazione determina l’inammissibilità del ricorso per il venir meno dell’interesse ad agire e a impugnare. Questo interesse, infatti, deve esistere non solo al momento della proposizione del ricorso, ma anche al momento della decisione.

Le Motivazioni

La Corte spiega che la formula dell’inammissibilità è la più funzionale a tutelare sia l’interesse privato delle parti che quello pubblico dell’economia processuale. La transazione, infatti, è un atto di disposizione del diritto controverso che esula dal semplice mandato difensivo dell’avvocato e che sostituisce integralmente la regolamentazione del rapporto che sarebbe scaturita dalla sentenza.

Di conseguenza, la sentenza impugnata (in questo caso, quella della Corte d’Appello) viene ‘travolta e caducata’ dall’accordo. Essa diventa inidonea a passare in giudicato, perché il nuovo assetto voluto dalle parti si sostituisce a quello che avrebbe potuto imporre il giudice. Il fenomeno è analogo a quello che si verifica per altri fatti che estinguono il contendere: venendo meno il thema decidendum (l’oggetto della decisione), non può formarsi un giudicato su una pronuncia non più richiesta né necessaria.

La Corte, pur dando atto di un orientamento più recente delle stesse Sezioni Unite (sent. n. 8980/2018) che propende per una declaratoria di ‘cessazione della materia del contendere’ con cassazione senza rinvio delle sentenze precedenti, ha scelto in questo caso di ribadire l’approccio più risalente, che porta all’inammissibilità.

Infine, la Corte ha stabilito che, non avendo le parti intimate svolto difese, non vi era luogo a provvedere sulle spese. Inoltre, ha chiarito un punto importante: nell’ipotesi di inammissibilità sopravvenuta, come in questo caso, non si applica la sanzione del ‘doppio contributo unificato’ a carico del ricorrente.

Le Conclusioni

Questa ordinanza conferma un principio cruciale: un accordo transattivo stipulato durante il giudizio di cassazione non porta a una pronuncia nel merito, ma chiude il processo con una declaratoria di inammissibilità per carenza di interesse. L’effetto pratico è che la volontà delle parti, cristallizzata nella transazione, prevale e sostituisce qualsiasi potenziale decisione giudiziaria. Le sentenze dei gradi precedenti perdono efficacia e non diventano definitive. Per le parti, ciò significa che la soluzione della controversia è quella contenuta nel loro accordo, e non quella che sarebbe potuta derivare dall’esito del processo.

Cosa succede se le parti di una causa raggiungono un accordo mentre il loro caso è in Cassazione?
Secondo l’ordinanza, il ricorso viene dichiarato inammissibile per cessazione della materia del contendere. L’accordo transattivo risolve la lite, facendo venir meno l’interesse delle parti a ottenere una decisione dalla Corte.

La sentenza della Corte d’Appello diventa definitiva se il ricorso in Cassazione è dichiarato inammissibile per un accordo?
No. La Corte chiarisce che l’accordo transattivo sostituisce la regolamentazione della sentenza impugnata, la quale viene ‘travolta e caducata’ e, di conseguenza, non può passare in giudicato (diventare definitiva).

In caso di inammissibilità sopravvenuta per accordo, il ricorrente deve pagare il ‘doppio contributo unificato’?
No. L’ordinanza specifica che, quando l’inammissibilità si verifica per un evento accaduto dopo la proposizione del ricorso (come la firma di una transazione), non sussistono i presupposti per imporre al ricorrente il pagamento di tale sanzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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