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Cessazione materia del contendere: la morte estingue

Un amministratore di un istituto di credito, sanzionato dall’Autorità di vigilanza del mercato finanziario, ha proposto ricorso in Cassazione. A seguito del suo decesso durante il giudizio, la Corte ha dichiarato la cessazione materia del contendere, affermando che la responsabilità per sanzioni amministrative è personale e non si trasmette agli eredi, estinguendo così l’obbligo di pagamento e l’intero contenzioso.

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Cessazione Materia del Contendere: Morte dell’Incolpato e Intrasmissibilità della Sanzione Amministrativa

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale in materia di sanzioni amministrative: la responsabilità è strettamente personale e non si trasferisce agli eredi. Questo principio porta a una conseguenza processuale precisa, la cessazione materia del contendere, nel caso in cui l’autore della violazione deceda nel corso del giudizio. Analizziamo questa importante decisione per comprenderne i dettagli e le implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da una sanzione pecuniaria irrogata dall’Autorità di vigilanza del mercato finanziario a un amministratore di un noto istituto di credito. L’addebito riguardava l’omissione di informazioni rilevanti nei prospetti informativi relativi a due aumenti di capitale deliberati dalla banca. L’amministratore, ritenendo ingiusta la sanzione, aveva proposto opposizione davanti alla Corte d’Appello, la quale aveva però respinto la sua domanda.

Non arrendendosi, l’amministratore ha presentato ricorso per cassazione. Tuttavia, durante lo svolgimento del giudizio di legittimità, è sopraggiunto il suo decesso, un evento che ha cambiato radicalmente le sorti del processo.

La Decisione della Corte: La Cessazione della Materia del Contendere

La Corte di Cassazione, preso atto del decesso del ricorrente, ha dichiarato la cessazione della materia del contendere. La motivazione di questa decisione si fonda su un pilastro del diritto sanzionatorio amministrativo, sancito dall’art. 7 della legge n. 689 del 1981.

Secondo tale norma, l’obbligazione di pagare una sanzione amministrativa pecuniaria ha natura personale. Ciò significa che essa è legata indissolubilmente alla persona che ha commesso la violazione. Di conseguenza, in caso di morte dell’autore dell’illecito, l’obbligazione si estingue e non può essere trasmessa agli eredi. Gli eredi succedono nel processo, ma non nel lato passivo del rapporto sanzionatorio, che cessa di esistere.

Questa estinzione del rapporto sostanziale determina inevitabilmente la fine del processo che lo aveva ad oggetto, con la caducazione di tutte le pronunce emesse nei precedenti gradi di giudizio.

Le Implicazioni sulle Spese Legali

Una delle questioni più interessanti affrontate dalla Corte riguarda le spese legali. Di norma, le spese seguono la soccombenza, ovvero vengono addebitate alla parte che perde la causa. In casi di estinzione del giudizio, si ricorre talvolta al principio della “soccombenza virtuale”, valutando chi avrebbe avuto torto nel merito.

Tuttavia, la Cassazione ha chiarito che in questa specifica fattispecie tale principio non può trovare applicazione. Poiché gli eredi non subentrano nel debito sanzionatorio, non possono essere considerati “soccombenti”. Pertanto, il carico delle spese resta regolato dall’art. 8, comma 1, del d.P.R. n. 115 del 2002, secondo cui ciascuna parte anticipa e sostiene le proprie spese.

Nessun Raddoppio del Contributo Unificato

Infine, la Corte ha specificato che non opera il meccanismo sanzionatorio del raddoppio del contributo unificato. Tale sanzione processuale scatta quando un ricorso viene integralmente respinto, dichiarato inammissibile o improcedibile. Nel caso di specie, il processo non si è concluso con una di queste statuizioni, ma con una declaratoria di cessazione della materia del contendere. Di conseguenza, manca il presupposto normativo per l’applicazione di tale sanzione.

le motivazioni

Le motivazioni della Suprema Corte si concentrano sulla natura strettamente personale della responsabilità amministrativa, come delineata dall’articolo 7 della legge 689/1981. Questo principio cardine stabilisce che l’obbligo di pagare una sanzione pecuniaria non si trasmette agli eredi, poiché è legato inscindibilmente alla persona fisica che ha commesso l’illecito. Il decesso dell’autore della violazione, pertanto, non è un mero evento interruttivo del processo, ma un fatto estintivo del rapporto giuridico sanzionatorio stesso. Questa estinzione sostanziale si riflette inevitabilmente sul piano processuale, privando il giudizio del suo oggetto e imponendo la declaratoria di cessazione della materia del contendere. Di conseguenza, vengono meno anche i presupposti per una pronuncia sulle spese basata sulla soccombenza e per l’applicazione di sanzioni processuali come il raddoppio del contributo unificato, poiché il giudizio non si conclude con una decisione sul merito dell’impugnazione.

le conclusioni

In conclusione, questa ordinanza della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sulle conseguenze processuali della morte dell’autore di un illecito amministrativo. La decisione riafferma con forza l’intrasmissibilità agli eredi delle sanzioni pecuniarie, confermando che la cessazione della materia del contendere è l’esito corretto in tali circostanze. La pronuncia fornisce inoltre una guida precisa sulla gestione delle spese legali e sull’inapplicabilità del raddoppio del contributo unificato, garantendo certezza giuridica e tutelando gli eredi da pretese economiche derivanti da responsabilità personali del defunto.

Cosa succede a una sanzione amministrativa se la persona sanzionata muore durante il processo?
La sanzione si estingue. La Corte di Cassazione ha stabilito che la responsabilità amministrativa è personale e, ai sensi dell’art. 7 della L. 689/1981, l’obbligo di pagare la sanzione non si trasmette agli eredi, determinando la cessazione della materia del contendere.

Se il processo si estingue per morte del ricorrente, chi paga le spese legali?
Ciascuna parte sostiene le proprie spese. La Corte ha chiarito che non si applica il principio della soccombenza (neanche quella “virtuale”), poiché gli eredi non subentrano nel rapporto sanzionatorio. Le spese sono regolate dall’art. 8, comma 1, del d.P.R. 115/2002.

In caso di cessazione della materia del contendere per decesso, si applica il raddoppio del contributo unificato?
No. Il raddoppio del contributo unificato non si applica perché il procedimento non si è concluso con una conferma della decisione impugnata o con una dichiarazione di inammissibilità, ma con la cessazione della materia del contendere, che annulla le pronunce dei gradi precedenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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