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Cessazione materia del contendere: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha dichiarato la cessazione della materia del contendere in una controversia su un accordo di sovraindebitamento. Inizialmente, il voto di un creditore era stato considerato favorevole per il principio del silenzio-assenso. Tuttavia, durante il giudizio in Cassazione, le parti hanno raggiunto un nuovo accordo per la liquidazione del patrimonio, facendo venir meno l’interesse a una decisione. La Corte ha quindi terminato il giudizio, chiarendo che in questi casi non si applica il raddoppio del contributo unificato.

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Cessazione materia del contendere: la Cassazione chiarisce quando il processo si ferma

La cessazione materia del contendere è un istituto giuridico che pone fine a un processo quando scompare l’interesse delle parti a una decisione del giudice. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un esempio pratico di questa dinamica, in un caso complesso nato da una procedura di sovraindebitamento, fornendo anche importanti chiarimenti sulle conseguenze economiche per le parti coinvolte.

I Fatti di Causa: un voto contestato e il silenzio-assenso

La vicenda ha origine dalla proposta di un accordo di ristrutturazione dei debiti presentata da due soggetti in stato di sovraindebitamento. Una società creditrice, cessionaria del credito originariamente vantato da un istituto bancario, non esprimeva né il proprio consenso né il proprio dissenso entro il termine di dieci giorni prima dell’udienza fissata, come previsto dalla legge.

In applicazione del meccanismo del “silenzio-assenso”, il suo voto veniva considerato favorevole. Di conseguenza, il Tribunale omologava l’accordo. La società creditrice contestava la decisione, sostenendo di aver espresso il proprio voto contrario in un momento successivo, seppur tardivo, a causa delle difficoltà operative legate all’emergenza Covid-19 e al lockdown. Il Tribunale rigettava il reclamo, affermando che la sospensione dei termini processuali prevista dalla normativa emergenziale non era applicabile e che il voto avrebbe potuto essere inviato tramite posta elettronica certificata (PEC).

Il ricorso in Cassazione e la Cessazione materia del contendere

Di fronte al rigetto, la società creditrice proponeva ricorso in Cassazione, lamentando la violazione delle norme sulla natura del termine per esprimere il voto e sull’applicabilità della sospensione emergenziale. Tuttavia, durante lo svolgimento del giudizio di legittimità, si verificava un fatto nuovo e decisivo.

A seguito di una segnalazione del Gestore della Crisi, che evidenziava l’impossibilità di dare esecuzione all’accordo, i debitori aderivano alla richiesta della creditrice di aprire una procedura di liquidazione del patrimonio. Questo nuovo accordo tra le parti faceva venir meno qualsiasi interesse della società creditrice a ottenere una pronuncia della Corte sull’originaria questione del voto. La stessa ricorrente, quindi, depositava un’istanza per far dichiarare la cessazione materia del contendere.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto la richiesta, dichiarando estinto il giudizio. La motivazione è semplice e diretta: l’accordo successivo raggiunto tra le parti, volto alla liquidazione del patrimonio dei debitori, ha completamente superato la controversia iniziale sull’omologazione del piano di ristrutturazione. Non essendoci più un conflitto di interessi da risolvere, il processo non aveva più ragione di proseguire.

La Corte ha inoltre colto l’occasione per formulare un’importante precisazione di carattere procedurale ed economico. Ha stabilito che il meccanismo sanzionatorio del raddoppio del contributo unificato, previsto quando un ricorso viene respinto o dichiarato inammissibile, non si applica nell’ipotesi di declaratoria di cessazione della materia del contendere. Questo principio, già affermato dalle Sezioni Unite, tutela la parte che, pur avendo promosso il giudizio, vede le sue ragioni soddisfatte in via extragiudiziale prima della decisione finale.

Le conclusioni e le implicazioni pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: il processo è uno strumento per risolvere conflitti reali e attuali. Quando le parti trovano una soluzione alternativa che soddisfa i loro interessi, il giudizio si arresta. La decisione ha un’implicazione pratica rilevante: incentiva la ricerca di soluzioni concordate anche a giudizio pendente, garantendo che la parte che ha agito in giudizio non subisca conseguenze economiche negative (come il raddoppio del contributo) se la controversia si risolve bonariamente. In sostanza, la giustizia riconosce e premia la capacità delle parti di superare il conflitto, anche dopo averlo portato in un’aula di tribunale.

Cosa significa “cessazione della materia del contendere”?
Significa che il processo si estingue perché è venuto meno l’interesse delle parti a ottenere una decisione dal giudice, solitamente perché hanno trovato un accordo o perché i fatti hanno superato la controversia iniziale.

Cosa accade se un creditore non esprime il proprio voto su un accordo di sovraindebitamento entro i termini?
In base al principio del “silenzio-assenso” menzionato nel caso, la mancata espressione del voto entro il termine stabilito dalla legge viene considerata come un voto favorevole all’accordo proposto.

In caso di cessazione della materia del contendere in Cassazione, si deve pagare il doppio del contributo unificato?
No. La Corte di Cassazione ha specificato che l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato non si applica quando il procedimento si conclude con una dichiarazione di cessazione della materia del contendere.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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