Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 15230 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 15230 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24830/2021 R.G. proposto da : COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA alla INDIRIZZO presso lo studio dell ‘ avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, che lo rappresenta e difende, domiciliato digitalmente per legge
– ricorrente –
contro
NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio dell ‘ avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, che lo rappresenta e difende, domiciliata digitalmente per legge
– ricorrente incidentale –
nonché contro
NOME COGNOME, NOME COGNOME QUALI EREDI DI NOME COGNOME, NOME COGNOME,
– intimati – avverso la SENTENZA della CORTE D ‘ APPELLO di REGGIO CALABRIA n. 389/2021 depositata il 29/03/2021;
udita la relazione svolta, nella camera di consiglio del 2/04/2025, dal Consigliere relatore NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 71/1999, il Tribunale di Reggio Calabria condannò il Condominio di INDIRIZZO a pagare a Consolato COGNOME la somma di Lire 92.640.080.
Consolato COGNOME cedette il credito portato da questa sentenza al proprio coniuge, NOME COGNOME la quale iniziò una procedura esecutiva nei confronti di tre condomini: NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Nel processo esecutivo si costituì NOME COGNOME il quale vantava un credito nei confronti dei coniugi COGNOME–COGNOME e per i quali aveva ottenuto nei loro confronti un decreto ingiuntivo sulla scorta di una serie di cambiali scadute e protestate da loro sottoscritte.
NOME COGNOME surrogandosi nel diritto dei propri debitori verso i tre esecutati, ottenne l ‘ assegnazione delle somme di sua spettanza, dopo che essi le avevano versate.
Con sentenza n. 50/2006, la Corte d ‘ appello di Reggio Calabria, investita del gravame proposto dal Condominio avverso la sentenza n. 71/1999 del Tribunale della stessa sede, lo accolse, rigettando, per l ‘ effetto, la domanda risarcitoria proposta da Consolato COGNOME e riformando quindi il titolo posto a base della cessione del credito e della procedura esecutiva, su questa basata, al cui esito lo COGNOME aveva conseguito l’assegnazione delle somme .
Sulla base di questa sentenza, essendo stata accertata l ‘ insussistenza della loro obbligazione, gli esecutati COGNOME, COGNOME e COGNOME chiesero e ottennero dallo stesso Tribunale distinti decreti ingiuntivi nei confronti di NOME COGNOME aventi ad oggetto la restituzione delle somme da lui incamerate previa surrogazione nel (poi rivelatosi insussistente in forza di sentenza di appello, però ancora sub iudice ) diritto di credito di NOME COGNOME.
Avverso questi decreti ingiuntivi NOME COGNOME propose distinte opposizioni con atti di citazione del 14/12/2006.
Le opposizioni, separatamente proposte ma successivamente riunite, furono dichiarate improcedibili dal Tribunale di Reggio Calabria con sentenza n. 477 del 2012.
Contro questa decisione NOME COGNOME propose appello dinanzi alla Corte d ‘ appello di Reggio Calabria, cui resistettero gli appellati COGNOME, COGNOME e COGNOME.
In sede di scritti conclusionali, l ‘ appellante fece presente che la sentenza n. 50 del 2006 era stata cassata con rinvio dalla Corte di cassazione con sentenza n. 8191 del 2013 e che la nuova sentenza di merito emessa all ‘ esito del rinvio (sentenza n. 275 del 2017 della stessa Corte territoriale in diversa composizione) aveva rigettato l ‘ appello avverso la sentenza di primo grado n. 71 del 1999, che era stata quindi confermata; il ricorso per cassazione avverso questa sentenza era stato dichiarato improcedibile dalla Corte di cassazione con ordinanza n. 6438 del 2019; pertanto il titolo giudiziale (la sentenza n. 50 del 2006, che aveva riformato la sentenza n. 71 del 1999) posto a fondamento dei decreti ingiuntivi azionati dai tre appellati era ormai stato caducato.
Con sentenza 23/06/2021, n. 389, la Corte d ‘ appello di Reggio Calabria, preso atto della sopravvenienza di tali provvedimenti giudiziali, ha dichiarato la cessazione della materia del contendere con implicita revoca dei decreti ingiuntivi, condannando gli appellati NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME (già parti ingiungenti-opposte) a rimborsare ad NOME COGNOMEgià parte ingiunta-opponente) le spese dei due gradi di giudizio.
La Corte territoriale ha deciso sulla base dei seguenti rilievi:
I- dalle documentate sopravvenienze era emerso che «il credito di ‘ripetizione’ azionato in monitorio dalle odierne parti appellate -nascente dal titolo giudiziale ‘provvisorio’ ad esse favorevole di cui s ‘ è detto in narrativa (la sentenza emessa al n. 71 dell ‘ anno 1999
dal Tribunale di Reggio Calabria tra il Condominio di INDIRIZZO ed il De COGNOME: ) – è stato riconosciuto, con effetto a far tempo dall ‘ 11/05/2017, insussistente (in esito alla riforma della citata sentenza … statuita con effetto nel merito ad esse sfavorevole) dalla sentenza di questa Corte emessa nel procedimento iscritto al n. 402 dell ‘ anno 2013 RGAC al n. 275 in data 8-11/05/2017»;
II- l ‘ accertamento dell ‘ insussistenza del credito monitoriamente azionato comportava che nulla ostasse alla «deliberazione di cessazione della materia del contendere avanzata in atti (seppur solo in via subordinata, dall ‘ appellante, e sostanzialmente aderita dagli appellati in sede di conclusionale)» (p. 9 della sentenza impugnata);
III- tale deliberazione non escludeva che la Corte dovesse comunque svolgere una delibazione di merito in funzione della «identificazione, secondo il principio della cd. soccombenza virtuale, delle parti tenute alla rifusione delle spese di giudizio in favore di quella vittoriosa», nonché della «verifica del fondamento o meno della spiegata domanda di condanna ex art. 96 c.p.c. (invocata dallo Ielo contro i suoi resistenti)»;
IV- in proposito, mentre doveva escludersi la sussistenza delle ragioni di improcedibilità delle opposizioni, ‘erroneamente’ ritenute dal primo giudice (p. 16, in fine), doveva però riconoscersi il carattere egualmente «precario» tanto del «titolo giudiziale azionato in monitorio» quanto di quello «conseguito antea dal COGNOME, id est il dante causa della COGNOME, debitrice cui lo COGNOME s ‘ è surrogato in executivis conseguendo l ‘ assegnazione a sé delle somme dagli odierni appellati dovute al De NOME e per esso alla sua cessionaria COGNOME» (p. 17); pertanto, era sussistita «l ‘ identica alea per le odierne parti in lite sui possibili epiloghi della vertenza giudiziaria che avrebbe riverberato i propri effetti sulle rispettive sfere giuridiche»,
profilandosi, da un lato, per NOME COGNOME, il rischio «di dover rifondere le somme che avesse incassato, ove non vi avesse avuto diritto la sua debitrice COGNOME (e per essa, il suo cedente COGNOME)»; dall ‘ altro lato, per NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, l ‘ opposto rischio «di dover rinunciare alle somme loro riconosciute in monitorio (ovvero, di restituirle ove incassate) nel caso in cui, come poi avvenuto, fossero stati infine riconosciuti debitori del COGNOME e per esso della Panzera»;
V- peraltro, sul piano oggettivo, all ‘ esito della vicenda giudiziaria, mentre i condòmini COGNOME, COGNOME e COGNOME erano risultati soccombenti «per aver agito in monitorio sine titulo », invece NOME COGNOME doveva considerarsi vittorioso, «in quanto definitivamente risultato effettivo creditore della COGNOME e, per essa, del COGNOME (suo cedente)» (p. 17 della sentenza impugnata).
Avverso la sentenza n. 389 del 23/06/2021 della Corte d ‘ appello di Reggio Calabria propone ricorso per cassazione NOME COGNOME sulla base di sette motivi.
Risponde con controricorso NOME COGNOME proponendo anche ricorso incidentale sorretto da due motivi.
Questa Corte, con ordinanza interlocutoria n. 20471 del 23/07/2024, rilevata la non scindibilità delle posizioni di NOME COGNOME e NOME COGNOME rispetto a quella del ricorrente NOME COGNOME e con riferimento ad alcune delle censure da questi prospettate, segnatamente con riferimento ai motivi concernenti la liquidazione delle spese di lite, ha disposto il rinvio della causa a nuovo ruolo, ordinando la notifica del ricorso a NOME COGNOME e NOME COGNOME nel termine di sessanta giorni dal deposito dell ‘ ordinanza.
Prestata rituale ottemperanza a tale ordine, la causa è stata, quindi, chiamata all ‘ adunanza camerale del 2/04/2025, per la quale il Procuratore generale non ha presentato conclusioni ed entrambe le parti hanno depositato memoria; ed al cui esito il Collegio si è riservato il deposito nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La copia della sentenza in atti è priva del numero e della data di pubblicazione, usualmente scritti automaticamente dal sistema informatico in alto a destra di ciascuna pagina.
La detta mancanza non ha, però e in doveroso ossequio alla sopravvenuta giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 12971 del 13/05/2024), alcun effetto invalidante, atteso che non vi è alcuna contestazione tra le parti costituite, le quali hanno prodotto, digitalmente, copie identiche, sul cui margine destro vi è la firma digitale del presidente ed estensore del provvedimento e entrambe concordano negli atti difensivi nell ‘ identificare la detta sentenza con il n. 389/2021 pubblicata il 24/06/2021.
D’altra parte, i l ricorrente COGNOME ha ritualmente depositato la copia notificatagli, in data 24/06/2021, della sentenza.
Il ricorso per cassazione del COGNOME è stato notificato allo Ielo il 23/09/2021 e dunque nel rispetto del termine di sessanta giorni, di cui all ‘ art. 325 comma secondo, c.p.c., tenuto conto della sospensione feriale dei termini. Questa, invero, nella specie si applica, poiché non si tratta di causa esentata dalla sospensione, ai sensi dell ‘ art. 3 della legge n. 742 del 7/10/1969, che a sua volta rinvia all ‘ art. 92 ord. giud., ossia al r.d. n. 12 del 30/01/1941. Infatti, pur trattando della ripetizione di somme conseguite in esito ad esecuzione forzata , la controversia ha ad oggetto un’ordinaria azione di ripetizione di indebito e non una opposizione esecutiva od altro giudizio ad essa equiparabile.
La questione di improcedibilità del ricorso, per mancanza di valida procura alle liti o, meglio, di mancata asseverazione della stessa, prospettata dalla difesa dello COGNOME nel controricorso, è infondata.
La procura alle liti risulta essere stata ritualmente conferita da NOME COGNOME in favore dell ‘ avvocato NOME COGNOME ed è allegata in formato cartaceo e, perciò, ritualmente: infatti, la procura alle liti risulta esse stata notificata in via telematica in una con il
ricorso, come ammesso dalla stessa difesa del controricorrente e sulla relata di notifica, firmata digitalmente dall ‘ avvocato NOME COGNOME vi è l ‘ attestazione della conformità all ‘ originale analogico, tanto risultante coerente con la giurisprudenza di questa Corte (Sez. U n. 2077 del 19/01/2024 Rv. 669830 – 01, specie in motivazione, alle pagg. 11 e seguenti, ove riferimenti alla giurisprudenza, anche sovranazionale, che limita la soluzione delle controversie sulla base di un ‘ applicazione formalistica della disciplina processuale).
L ‘ ordine di integrazione del contraddittorio risulta, sulla base della documentazione depositata dal difensore del COGNOME, essere stato ritualmente eseguito nei confronti di NOME COGNOME e di NOME COGNOME e NOME COGNOME quali eredi di NOME COGNOME deceduto il 23/11/2020, i quali, tutti, sono rimasti intimati.
I motivi del ricorso principale sono i seguenti.
I) violazione di legge e falsa applicazione dell ‘ art. 100 c.p.c. e dei principi giurisprudenziali in materia, in relazione all ‘ art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, per avere la sentenza impugnata dichiarato cessata la materia del contendere nonostante la mancanza d ‘ una comune istanza in tal senso delle parti, nonostante l ‘ odierno ricorrente avesse espressamente contestato la caducazione del proprio titolo restitutorio (avendo sostenuto, in contrario, che la sentenza della Corte di cassazione che aveva posto nel nulla la pronuncia della Corte d ‘ a ppello fondante il credito ‘in ripetizione’ azionato in via monitoria dal ricorrente, non avrebbe avuto l ‘ effetto di far rivivere la sentenza del Tribunale di Reggio Calabria n. 71 del 1999 e, dunque, l ‘ effetto di caducare l ‘ effetto restitutorio) e avesse, in ogni caso, opposto il passaggio in giudicato del provvedimento monitorio per insussistenza delle condizioni fondanti l ‘ azione ex art. 650 c.p.c. promossa dalla controparte.
II) violazione o falsa applicazione degli artt. 100 c.p.c. in relazione all ‘ art. 360, primo comma. nn. 3 e 4 c.p.c., per avere la sen-
tenza impugnata dichiarato cessata la materia del contendere nonostante la mancanza del presupposto idoneo a fondare detta pronuncia, in quanto la sentenza della Corte di cassazione n. 8191 del 2013, che aveva posto nel nulla la pronuncia della Corte d ‘ appello n. 50 del 23/02/2006 fondante il credito ‘in ripetizione’ azionato in via monitoria dal ricorrente, non ha l ‘ effetto di far rivivere la sentenza del Tribunale di Reggio Calabria n. 71 del 1999 e, dunque, l ‘ effetto di caducare detto diritto restitutorio.
III) violazione dell ‘ art. 276, secondo comma, e 650 c.p.c., nonché 132, comma primo, n. 4 in relazione all ‘ art. 360, comma primo, nn. 3 e 4 c.p.c., per avere la Corte di appello, senza alcuna motivazione, ritenuta assorbita dalla declaratoria di cessazione della materia del contendere la questione, preliminare, della inammissibilità dell ‘ opposizione ex art. 650 c.p.c., per mancanza dei relativi presupposti di legge, che risultava manifestamente fondata.
IV) violazione dell ‘ art. 276, comma secondo e dell ‘ art. 342 c.p.c. nonché dell ‘ art. 132, comma primo, n. 3 e 4 in relazione all ‘ art. 360, comma primo, n. 4 c.p.c., per avere la Corte di appello, senza alcuna motivazione, ritenuta assorbita dalla declaratoria di cessazione della materia del contendere, la eccezione preliminare di inammissibilità dell ‘ appello per mancanza dei requisiti di cui all ‘ art. 342 c.p.c. ed in particolare per mancanza di specificità dei motivi di censura avverso la sentenza di primo grado.
V) violazione e falsa applicazione degli artt. 91, 92, 112 in relazione all ‘ art. 360, comma primo, nn 3 e 4 c.p.c., poiché la Corte territoriale ha condannato il COGNOME alla rifusione delle spese di entrambi i gradi di giudizio, omettendo di verificare la soccombenza virtuale in base all ‘ intera vicenda processuale, e, in particolare, obliterando tutte le difese argomentate dal COGNOME sin dall ‘ origine ed in relazione al giudizio di gravame (in particolare in punto di inammissibilità dell ‘ opposizione tardiva, per mancanza dei presupposti ex
art. 650 c.p.c.; di inammissibilità del gravame per mancanza di specificità dei motivi; di sussistenza del credito restitutorio).
VI) violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. e dell ‘ art. 132, comma secondo, n. 4 in violazione all ‘ art. 360, comma primo, n. 4, nella parte in cui, con manifesto travisamento delle risultanze probatorie, ha individuato la parte soccombente nel COGNOME in ragione del fatto che «allo COGNOME – in quanto definitivamente risultato effettivo creditore della COGNOME e per essa al COGNOME – va pertanto riconosciuto il diritto alla integrale rifusione delle spese di lite del doppio grado di giudizio».
VII) violazione del d.m. (Ministero della Giustizia) n. 55 del 10/03/2014 e segnatamente dell ‘ art. 4 in relazione all ‘ art. 360, primo comma, c.p.c., per avere il Tribunale liquidato in favore dei difensori della controparte, in relazione al giudizio di prime cure, tanti onorari per quanti erano le parti degli originari singoli giudizi di opposizione, nonostante (sin da subito) detti giudizi siano stati riuniti con identità di difese fra gli opposti, tutti assistiti dal medesimo difensore.
I motivi del ricorso incidentale sono i seguenti.
I) violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 99 c.p.c. e 96 c.p.c., in relazione all ‘ art. 360, primo comma, nn. 4 e 5 cod. proc. civ., per omessa pronuncia sulla domanda di condanna al risarcimento dei danni, richiesta ai sensi e per gli effetti dell ‘ art. 96 cod. proc. civ., formulata da NOME COGNOME nel secondo grado di giudizio in sede di precisazione delle conclusioni.
II) proposto in via subordinata rispetto al primo, violazione e falsa applicazione degli art. 112, 99, 132, secondo comma, n. 4, c.p.c. e dell ‘ art. 96 c.p.c., in relazione all ‘ art. 360 nn. 3 e 4 c.p.c., per omessa motivazione del rigetto della domanda ex art. 96 c.p.c.
Il primo e il secondo motivo del ricorso principale, congiuntamente scrutinati, in quanto strettamente connessi, sono infondati, alla stregua dell ‘ orientamento della giurisprudenza nomofilattica
(Sez U n. 25478 del 21/09/2021 Rv. 662368 – 01), secondo la quale nel caso sia stata intrapresa l ‘ esecuzione forzata sulla base di un titolo giudiziale non definitivo, la sopravvenuta caducazione del titolo per effetto di una pronuncia del giudice della cognizione importa che il giudizio di opposizione all ‘ esecuzione per altri motivi proposto vada definito con una pronuncia di cessazione della materia del contendere, e non già di accoglimento dell ‘ opposizione, e le spese processuali regolate, per conseguenza, secondo il criterio della soccombenza virtuale, da valutare unicamente in relazione agli originari motivi di opposizione. La detta giurisprudenza va, nel caso all ‘ esame, ribadita, in quanto la caducazione del titolo originariamente azionato, ossia la sentenza n. 50 del 1996 della Corte d ‘ appello di Reggio Calabria, non è posta in discussione da alcuna delle parti e, quindi, è venuto meno l ‘ oggetto stesso della contesa.
Il quarto motivo del ricorso principale, che va esaminato con priorità rispetto agli altri per l’evidente suo carattere preliminare, è inammissibile, alla stregua della oramai consolidata giurisprudenza di questa Corte (Sez. U n. 27199 del 16/11/2017 Rv. 645991 – 01), essendo evidente il rispetto dei parametri da questa fissati per la specificità dell ‘ appello e, comunque, restando fattuale – e, in quanto tale e siccome scevra da evidenti vizi logici e giuridici, qui incensurabile – la relativa valutazione del giudice di secondo grado, che ha reso sul punto ampia, logica e coerente motivazione.
Il terzo motivo del ricorso principale è, invece, fondato, non risultando alcuna – tanto meno adeguata – motivazione in ordine alla scelta della Corte territoriale, di non seguire l ‘ ordine delle questioni di cui all ‘ art. 276, secondo comma, c.p.c., che avrebbe implicato la necessità di decidere sulla questione di improcedibilità dell ‘ opposizione (tardiva) ai decreti ingiuntivi proposta dallo Ielo. Eppure, tale questione avrebbe avuto carattere dirimente e non si appalesava manifestamente infondata, prima di addivenire alla decisione di cessazione della materia del contendere: in quanto per il rilievo del venir
meno dell ‘ oggetto della contesa era necessario dapprima verificare, dinanzi all ‘ accesa contestazione tra le parti, se la contesa, ossia il giudizio di opposizione al monitorio, era stata ritualmente introdotta e poteva dirsi ritualmente pendente.
La decisione secondo il criterio della cessazione della materia del contendere è stata, inoltre, argomentata dalla Corte d ‘ appello in forza di un ‘ interpretazione dei comportamenti processuali delle parti (si veda la sentenza impugnata, alla pag. 9), che avevano escluso di potere addivenire a una richiesta in detto senso congiunta e che avevano comunque ribadito le loro conclusioni di merito, pur avendo fatto riferimento, in un certo momento processuale, alla possibilità di comporre la lite. Sul punto investito dalla censura non rileva la precarietà dei singoli crediti azionati in via monitoria, ma il giudice del merito era tenuto a verificare, con un giudizio di prognosi postuma, la fondatezza o meno delle ragioni delle parti al momento della proposizione del ricorso monitorio e non in relazione alle vicende successive, cosicché la soccombenza riferita al giudizio risarcitorio contro i condomini doveva restare irrilevante.
Il quinto, il sesto e il settimo motivo del ricorso principale, vertenti tutti sulla regolazione delle spese di lite, che sono state poste a carico del COGNOME sono, pertanto, assorbiti dall ‘ accoglimento del terzo motivo, in quanto la necessità di procedere a nuovo esame della questione dell ‘ improcedibilità dell ‘ opposizione tardiva comporta la necessità di una decisione sul riparto delle spese di lite in base a ll’esito finale della lite, quale verrà determinato pure a seconda della risoluzione di quella questione.
L ‘ accoglimento in parte del ricorso principale – con la conseguente necessità di rivalutare lo sviluppo dell ‘ opposizione tardiva e, con esso, dell ‘ esito complessivo della lite – comporta l ‘ assorbimento della mancata pronuncia sulla domanda di condanna ai sensi dell ‘ art. 96 comma terzo, c.p.c. proposta dallo Ielo e, quindi, del ricorso incidentale nel suo complesso.
La sentenza impugnata è, in conclusione, cassata e la causa è rinviata, per essere necessari accertamenti in fatto, alla Corte d ‘ appello di Reggio Calabria, in diversa composizione, alla quale è demandato di provvedere anche sulle spese di questo giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il quarto motivo del ricorso principale, ne rigetta il primo e il secondo, ne accoglie il terzo, assorbiti il quinto, il sesto, il settimo e il ricorso incidentale; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia la causa alla Corte di appello di Reggio Calabria, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassa-