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Cessazione materia del contendere: il ruolo dell’accordo

Un istituto di credito aveva proposto ricorso per la revocazione di un’ordinanza della Corte di Cassazione. Tuttavia, prima della decisione, le parti hanno raggiunto un accordo transattivo, depositandolo in giudizio. La Suprema Corte, preso atto della conciliazione, ha dichiarato la cessazione della materia del contendere, ponendo fine al processo. La decisione chiarisce che, in questi casi, non si applica il raddoppio sanzionatorio del contributo unificato.

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Cessazione Materia del Contendere: Quando l’Accordo in Cassazione Annulla il Processo

L’accordo tra le parti può porre fine a un giudizio anche quando questo è giunto al suo grado più alto, ovvero davanti alla Corte di Cassazione. Un’ordinanza recente ha chiarito le conseguenze di tale evento, in particolare riguardo alla cessazione materia del contendere e alle spese processuali. Questo istituto giuridico si rivela fondamentale per comprendere come la volontà delle parti possa prevalere sulla continuazione di una lite, portando a una risoluzione extragiudiziale del conflitto.

Il Contesto: Un Ricorso per Revocazione

Il caso in esame ha origine da una complessa vicenda giudiziaria. Una lavoratrice aveva ottenuto una pronuncia favorevole dalla Corte di Cassazione, che aveva cassato una sentenza della Corte d’Appello. Contro questa decisione, l’istituto di credito datore di lavoro aveva proposto un ricorso per revocazione, un mezzo di impugnazione straordinario.

La controversia, quindi, era tornata davanti ai giudici di legittimità per un’ulteriore valutazione. Tuttavia, prima che la Corte potesse pronunciarsi, è intervenuto un fatto nuovo e decisivo.

L’Intervento Decisivo: l’Accordo di Conciliazione

Le parti coinvolte, assistite dai rispettivi legali, hanno scelto la via della diplomazia, sottoscrivendo un verbale di conciliazione presso una Commissione di certificazione in sede sindacale. Con questo atto, hanno formalmente risolto ogni loro pendenza, inclusa quella oggetto del giudizio in Cassazione.

Successivamente, hanno depositato un’istanza congiunta chiedendo alla Corte di dichiarare l’estinzione del giudizio. Questo passaggio è cruciale: manifesta la volontà inequivocabile di non voler più proseguire il contenzioso, avendo trovato una soluzione soddisfacente al di fuori delle aule di tribunale.

La Decisione della Corte sulla cessazione materia del contendere

La Corte di Cassazione, esaminato il verbale di conciliazione, ha accolto la richiesta delle parti. I giudici hanno ritenuto che l’accordo fosse pienamente idoneo a dimostrare la cessazione della materia del contendere. Di conseguenza, è stato dichiarato estinto il processo.

La Corte ha inoltre stabilito che non vi era luogo a provvedere sulle spese processuali, poiché la parte intimata (la lavoratrice) non aveva svolto alcuna attività difensiva nel giudizio di revocazione.

Le motivazioni della Suprema Corte

La motivazione alla base della decisione risiede nel principio del sopravvenuto difetto di interesse. Quando le parti risolvono la loro controversia tramite un accordo, viene meno la ragione stessa per cui il processo era stato avviato. Non ha più senso chiedere al giudice una pronuncia sul merito della questione, perché le parti hanno già autonomamente regolato i loro rapporti. Il verbale di conciliazione, prodotto in giudizio, è la prova tangibile di questo mutato scenario, che impone al giudice di prendere semplicemente atto della fine della lite.

Le conclusioni: Implicazioni Pratiche e Niente Raddoppio del Contributo Unificato

La conclusione più rilevante di questa ordinanza riguarda il contributo unificato. La legge prevede un raddoppio di tale contributo a titolo sanzionatorio quando un’impugnazione viene rigettata, dichiarata inammissibile o improcedibile. La Corte, richiamando precedenti pronunce anche delle Sezioni Unite, ha specificato che questa sanzione non si applica in caso di cessazione della materia del contendere. La declaratoria di estinzione per accordo tra le parti, infatti, non equivale a una pronuncia negativa per l’impugnante, ma è semplicemente la presa d’atto che la lite non esiste più. Questo principio incentiva le soluzioni conciliative, garantendo che chi sceglie la via dell’accordo non subisca conseguenze economiche negative.

Cosa succede a un processo in Cassazione se le parti raggiungono un accordo?
Se le parti raggiungono un accordo e lo presentano al giudice, la Corte dichiara la “cessazione della materia del contendere”. Questo significa che il processo si estingue perché non c’è più una controversia da risolvere.

In caso di cessazione della materia del contendere per accordo, si deve pagare il doppio del contributo unificato?
No, la Corte ha chiarito che il raddoppio del contributo unificato, previsto come sanzione, non si applica. Questa sanzione scatta solo in caso di rigetto, inammissibilità o improcedibilità del ricorso, non quando il processo termina per un accordo tra le parti.

Chi paga le spese legali quando il processo si estingue per un accordo?
Nel caso specifico, la Corte non ha emesso una decisione sulle spese poiché la parte intimata non aveva svolto attività difensiva. Generalmente, la gestione delle spese è parte integrante dell’accordo stesso stipulato tra le parti, che spesso ne prevedono la compensazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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