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Cessazione materia del contendere: il caso in Cassazione

Una società immobiliare ha presentato ricorso in Cassazione contro la sentenza che ne dichiarava l’apertura della liquidazione giudiziale. Tuttavia, nelle more del giudizio, la stessa sentenza è stata revocata e tale revoca è divenuta definitiva. La Suprema Corte ha quindi dichiarato il ricorso inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse, applicando il principio della cessazione materia del contendere, poiché la società aveva già ottenuto il risultato desiderato.

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Cessazione Materia del Contendere: Quando il Ricorso in Cassazione Perde Oggetto

L’ordinamento giuridico prevede che l’interesse ad agire in giudizio debba persistere per tutta la durata del processo. Ma cosa succede se, durante un ricorso in Cassazione, l’obiettivo del ricorrente viene raggiunto attraverso un’altra via? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, offre una chiara applicazione del principio di cessazione materia del contendere, dichiarando inammissibile un ricorso divenuto ormai privo di scopo.

I Fatti di Causa: Dalla Liquidazione Giudiziale al Ricorso

La vicenda trae origine dalla richiesta di apertura della liquidazione giudiziale (procedura che sostituisce il fallimento) presentata da un creditore nei confronti di una società immobiliare. Il Tribunale di Monza accoglieva l’istanza e la Corte d’Appello di Milano confermava tale decisione.

La società immobiliare, ritenendo ingiusta la sentenza, proponeva ricorso per Cassazione, contestando la legittimazione del creditore ad agire. Alla base della controversia vi era un accordo transattivo, un cosiddetto “accollo liberatorio”, in cui una terza società si era impegnata a saldare il debito residuo, liberando di fatto la società immobiliare da ogni obbligo.

Il Colpo di Scena: La Revocazione della Sentenza d’Appello

Mentre il ricorso era pendente dinanzi alla Suprema Corte, la società immobiliare attivava un altro strumento processuale: un ricorso per revocazione davanti alla stessa Corte d’Appello di Milano. Questo mezzo di impugnazione straordinario mirava a far annullare la sentenza che aveva confermato l’apertura della liquidazione.

Con una nuova pronuncia, la Corte d’Appello accoglieva la richiesta di revocazione e, di conseguenza, annullava la propria precedente sentenza, revocando la dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale. Questa nuova decisione, a seguito del rigetto di un ulteriore ricorso del creditore, diventava definitiva e inoppugnabile.

La Decisione della Cassazione e la Cessazione Materia del Contendere

Quando la Corte di Cassazione si è trovata a decidere sul ricorso originario della società immobiliare, ha preso atto di questa evoluzione. L’obiettivo principale del ricorso era eliminare la declaratoria di liquidazione giudiziale. Poiché questo risultato era già stato ottenuto grazie alla sentenza di revocazione, divenuta definitiva, il ricorso in Cassazione aveva perso il suo oggetto.

L’Interesse ad Agire come Presupposto Processuale

I giudici hanno ribadito un principio cardine del diritto processuale: l’interesse ad agire (e a impugnare) deve esistere non solo nel momento in cui si avvia l’azione legale, ma deve persistere fino al momento della decisione finale. Se questo interesse viene meno, il processo non può proseguire.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha motivato la sua decisione evidenziando che il “bene della vita” richiesto dalla società ricorrente, ovvero la rimozione della decisione di liquidazione giudiziale, era già stato conseguito. La sentenza di revoca, passata in giudicato, aveva determinato il venir meno dell’oggetto del contendere nel giudizio di Cassazione. Continuare a esaminare il ricorso sarebbe stato un atto processualmente inutile, poiché qualsiasi decisione non avrebbe potuto produrre effetti concreti per la ricorrente, che aveva già visto soddisfatta la sua pretesa. La Suprema Corte ha quindi dichiarato il ricorso inammissibile per “sopravvenuta carenza di interesse”.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza sottolinea l’importanza di una visione strategica complessiva delle azioni legali. L’esito di un procedimento può influenzare in modo decisivo un altro giudizio pendente, fino a renderlo superfluo. La declaratoria di inammissibilità per cessazione della materia del contendere non è una pronuncia sul merito dei motivi del ricorso, ma una presa d’atto che la lite si è estinta per fatti accaduti al di fuori di quel specifico processo. Un’ultima nota riguarda le spese legali: la Corte le ha compensate tra le parti, considerando che, al momento della presentazione del ricorso, la sentenza di revoca non era ancora intervenuta e quindi l’interesse della società a ricorrere era pienamente sussistente.

Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Perché una successiva sentenza di revocazione, divenuta definitiva, aveva già annullato la decisione impugnata. Questo ha causato una “cessazione della materia del contendere”, in quanto la società ricorrente aveva già ottenuto il risultato desiderato e non aveva più interesse a proseguire il giudizio.

Cosa significa ‘cessazione della materia del contendere’ in questo contesto?
Significa che l’oggetto della controversia è venuto a mancare durante il processo. In questo caso, la revoca della sentenza che apriva la liquidazione giudiziale ha reso inutile una pronuncia della Cassazione sul ricorso originario, poiché non c’era più nulla su cui decidere.

Cosa succede quando l’interesse ad agire viene meno durante un processo?
Se l’interesse a ottenere una decisione favorevole viene a mancare prima della sentenza finale, il ricorso viene dichiarato inammissibile. La Corte ha ribadito che l’interesse ad agire deve sussistere non solo al momento della proposizione dell’impugnazione, ma anche al momento della decisione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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