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Cessazione materia del contendere: il caso in Cassazione

Un dipendente ottiene in appello il diritto a un’indennità per turni spezzati. L’azienda datrice di lavoro ricorre in Cassazione ma, durante il giudizio, le parti raggiungono un accordo transattivo. La Corte Suprema, preso atto dell’accordo, dichiara la cessazione materia del contendere, ponendo fine al processo e compensando integralmente le spese legali tra le parti.

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Cessazione Materia del Contendere: Quando l’Accordo tra le Parti Ferma il Processo

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come un processo possa concludersi prima di una sentenza di merito grazie a un accordo tra le parti, portando alla cosiddetta cessazione materia del contendere. Questo istituto processuale si rivela fondamentale quando, durante un giudizio, viene meno l’interesse delle parti a ottenere una pronuncia del giudice perché la controversia è stata risolta in altro modo. Analizziamo come la Corte di Cassazione ha applicato questo principio in una vertenza di diritto del lavoro.

La Vicenda Processuale: dalla Richiesta di Indennità al Giudizio di Legittimità

Il caso nasce dalla domanda di un dipendente, con mansioni di esattore, nei confronti di una grande società di gestione autostradale. Il lavoratore chiedeva il riconoscimento del proprio diritto all’indennità per turni spezzati, come previsto dal contratto collettivo nazionale di settore. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano dato ragione al dipendente, condannando la società al pagamento di una somma di circa 4.800 euro.

Insoddisfatta della decisione di secondo grado, la società ha proposto ricorso per Cassazione, portando la controversia dinanzi alla Suprema Corte. Il lavoratore si è costituito in giudizio per difendere le sentenze a lui favorevoli.

L’Accordo Raggiunto e la Conseguente Cessazione Materia del Contendere

Mentre il processo in Cassazione era in corso, le parti hanno trovato una soluzione stragiudiziale. Hanno infatti stipulato un accordo transattivo in sede sindacale, risolvendo bonariamente la loro disputa. Questo accordo è stato depositato in giudizio, cambiando radicalmente le sorti del processo.

La Corte, preso atto del verbale di conciliazione, ha riconosciuto che tale accordo era sufficiente a dimostrare l’avvenuta cessazione della materia del contendere. Le parti, avendo risolto la lite, non avevano più alcun interesse a proseguire il giudizio per ottenere una sentenza finale. Di conseguenza, la Corte ha emesso una declaratoria in tal senso, ponendo fine al procedimento.

Le motivazioni della Corte Suprema

La decisione della Cassazione si fonda su tre punti chiave:

1. Riconoscimento dell’accordo: Il verbale di accordo transattivo, regolarmente sottoscritto, è stato considerato prova idonea del raggiungimento di una soluzione definitiva della controversia tra le parti. Questo ha fatto venir meno la necessità di una pronuncia giurisdizionale sul merito del ricorso.

2. Compensazione delle spese: In virtù della complessiva conciliazione della controversia, la Corte ha ritenuto giusto compensare interamente le spese legali del giudizio. Ciò significa che ogni parte ha sostenuto i propri costi, senza che una dovesse rimborsare l’altra. Questa è una prassi comune quando un processo si chiude per accordo.

3. Esclusione del doppio contributo unificato: La Corte ha chiarito che non sussistevano i presupposti per condannare la società ricorrente al pagamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato. Come precisato dalla stessa giurisprudenza di legittimità (richiamando le sentenze Cass. n. 3688/2016 e n. 23175/2015), tale sanzione si applica solo in caso di rigetto o inammissibilità del ricorso, e non nelle ipotesi di estinzione del processo come la cessazione della materia del contendere.

Le conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del nostro ordinamento: l’autonomia delle parti nel risolvere le proprie controversie è sempre tutelata, anche quando un giudizio è già pendente davanti alla massima istanza giurisdizionale. La cessazione della materia del contendere rappresenta uno strumento efficiente che evita la prosecuzione di liti ormai prive di oggetto, con benefici in termini di tempo e costi per le parti e per il sistema giudiziario. La decisione sulle spese e sul contributo unificato conferma inoltre che l’esito conciliativo è visto con favore dal legislatore, che non applica le sanzioni previste per chi perde il processo nel merito.

Cosa succede a un processo in Cassazione se le parti trovano un accordo?
Il processo si conclude con una declaratoria di ‘cessazione della materia del contendere’. La Corte prende atto che la controversia è stata risolta privatamente e che non c’è più interesse a una decisione giudiziale, ponendo così fine al giudizio.

In caso di cessazione della materia del contendere, chi paga le spese legali?
Come avvenuto in questo caso, la Corte può decidere di compensare integralmente le spese. Questo significa che ciascuna parte si fa carico dei propri costi legali, senza che nessuna delle due debba rimborsare l’altra. La decisione dipende dalle circostanze specifiche della conciliazione.

La parte che ha fatto ricorso deve pagare il ‘doppio contributo unificato’ se il processo si chiude per accordo?
No. La Corte ha specificato che l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato sorge solo in caso di rigetto, inammissibilità o improcedibilità del ricorso, non quando il processo si estingue per cessazione della materia del contendere.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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