Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 2446 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L   Num. 2446  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 25/01/2024
Oggetto
CESSAZIONE
MATERIA DEL
CONTENDERE
–
PRESUPPOSTI –
LIMITI
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 09/11/2023
CC
ORDINANZA
sul ricorso 17501-2021 proposto da: COGNOME, COGNOME NOME, domiciliati in INDIRIZZO  presso  LA  CANCELLERIA  DELLA CORTE  SUPREMA  DI  CASSAZIONE,  rappresentati  e difesi dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE;
– intimata –
avverso  la  sentenza  n.  3874/2020  della  CORTE D’APPELLO  di  NAPOLI,  depositata  il  17/12/2020 R.G.N. 2319/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/11/2023 dal AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
la Corte d’Appello di Napoli, con sentenza n. 3874/2020, dichiarava cessata la materia del contendere relativamente alla domanda proposta da NOME COGNOME e NOME nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, volta a conseguire la condanna al pagamento della cd. indennità di vacanza contrattuale relativa al contratto collettivo RAGIONE_SOCIALE, per il periodo 1/1/200631/8/2010, così riformando la sentenza del Tribunale n. 1821/2017 che aveva respinto detta domanda; in particolare, la Corte di Napoli rilevava che era intervenuto verbale di conciliazione sindacale in data 8/4/2019, depositato in atti, con riconoscimento del diritto rivendicato;
avverso la predetta sentenza i lavoratori propongono ricorso per cassazione con unico articolato motivo, illustrato  da  memoria;  non  si  è  costituita  la  società intimata; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza;
CONSIDERATO CHE
i ricorrenti deducono (art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione  e  falsa  applicazione  degli  artt.  100  c.p.c.,  39 Cost., 1371 e 1372  c.c., 8 legge n. 148/2011, e dell’Accordo interconfederale 10/1/2014, parte I e parte III in  relazione  anche  agli  artt.  1362  ss.  c.c.;  sostengono
l’erroneità della sentenza gravata nel ritenere che il verbale abbia determinato la cessazione della materia del contendere, poiché si trattava di accordo, stipulato tra alcune OO.SS. e l’RAGIONE_SOCIALE non munito di efficacia erga omnes , né esigibile nei confronti dei lavoratori ricorrenti, iscritti ad organizzazione sindacale dei lavoratori (diversa da quelle firmatarie dell’accordo ) che espressamente non aveva inteso sottoscrivere tale accordo, pur avendo partecipato alle trattative, in assenza di consultazione preventiva tra tutti i dipendenti, nonché peggiorativo in termini economici rispetto alla quantificazione rivendicata in sede giudiziale, con conseguente efficacia limitata alle parti stipulanti e ai lavoratori dalle stesse rappresentati;
il ricorso è fondato;
la Corte territoriale, dopo avere ricostruito la nozione di cessazione della materia del contendere in conformità con la consolidata giurisprudenza di legittimità, ne ha fatto, tuttavia,  applicazione  in  una  fattispecie  concreta  non inquadrabile nella suddetta nozione;
invero, la pronuncia di cessazione della materia del contendere costituisce, nel rito contenzioso ordinario davanti al giudice civile (privo, al riguardo, di qualsivoglia, espressa previsione normativa, a differenza del rito amministrativo e di quello tributario), una fattispecie di estinzione del processo, creata dalla prassi giurisprudenziale e contenuta in una sentenza dichiarativa della impossibilità di procedere alla definizione del giudizio, per il venir meno dell’interesse delle parti alla naturale conclusione del giudizio stesso, tutte le volte in cui non risulti possibile una declaratoria di rinuncia agli atti o di rinuncia alla pretesa sostanziale; ne consegue l’inidoneità della sentenza di cessazione della materia del contendere
ad acquistare efficacia di giudicato sostanziale sulla pretesa fatta valere, potendo la suddetta sentenza acquisire tale efficacia di giudicato sul solo aspetto del venir meno dell’interesse alla prosecuzione del processo, sempreché la relativa pronuncia non sia impugnata con i mezzi propri del grado in cui risulta emessa; quale fattispecie di estinzione del processo nel rito contenzioso davanti al giudice civile, essa deve essere dichiarata dal giudice anche d’ufficio, e si verifica quando sopravvenga una situazione che elimini la ragione del contendere delle parti, facendo venir meno l’interesse ad agire e a contraddire, da accertare avendo riguardo all’azione proposta e alle difese svolte dal convenuto (cfr., tra le molte, Cass. n. 9332/2001, n. 3122/2003, n. 4714/2006, n. 12887/2009, n. 24147/2017, n. 4167/2020);
5. nel caso in esame non risultano elementi abdicativi della  pretesa  da  parte  dei  ricorrenti  o  di  riconoscimento della stessa o di accordo tra le parti, sicché la pronuncia di cessazione  della  materia  del  contendere,  adottata,  nella pronuncia impugnata, in accoglimento dell’appello, risulta incongrua in rapporto alla fattispecie concreta;
6. come illustrato nel ricorso, si è trattato di sottoscrizione di verbale di conciliazione tra parti collettive e non tra le parti del giudizio, e da parte di sindacati diversi da quello di appartenenza dei ricorrenti, che, invece, aveva adottato una posizione espressamente di disaccordo;
7. pertanto,  a  monte  della  fondatezza  o  meno  della pretesa (sulla quale si è formata una giurisprudenza anche di legittimità nota a parte ricorrente, come da memoria in atti), la pronuncia estintiva risulta priva dei suoi presupposti processuali e non corrispondente al contenuto dell’appello  rispetto  al  quale  si  auto-qualifica  come  di accoglimento; né è applicabile il disposto di cui all’art. 384,
comma  4,  c.p.c.,  in  difetto  di  dispositivo  coerente  con l’accoglimento o il rigetto della domanda o con gli effettivi sviluppi processuali;
8. la sentenza impugnata deve pertanto essere cassata, con rinvio alla Corte d’Appello di Napoli in diversa composizione, per valutare la domanda nel merito, nonché per provvedere sulle spese del presente giudizio;
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Napoli in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio. Così deciso in Roma,  nell’Adunanza  camerale  del 9