Cessazione Materia del Contendere: Quando l’Appello Perde il Suo Scopo
L’ordinanza in esame offre un’importante lezione sulla dinamica processuale e su un principio fondamentale: l’interesse ad agire. Quando un evento esterno risolve la controversia, il processo si arresta. Questo caso analizza come la cessazione della materia del contendere, a seguito della revoca della sentenza impugnata, porti inevitabilmente all’inammissibilità del ricorso per Cassazione, dimostrando come il sistema giuridico eviti decisioni su questioni ormai superate dai fatti.
I Fatti di Causa
La vicenda trae origine dalla dichiarazione di fallimento di una società a responsabilità limitata, emessa dal Tribunale a seguito dell’istanza di una società creditrice. Il liquidatore della società fallita impugnava tale decisione dinanzi alla Corte d’Appello, ma il suo reclamo veniva respinto.
Non arrendendosi, il liquidatore proponeva ricorso per Cassazione, contestando la legittimità della sentenza d’appello che confermava il fallimento. La società creditrice si costituiva in giudizio presentando un controricorso per difendere la decisione a lei favorevole.
L’Evento Decisivo: La Revoca della Sentenza Impugnata
Il colpo di scena si verifica mentre il ricorso è pendente in Cassazione. Le parti informano la Corte che, nel frattempo, la stessa Corte d’Appello, attraverso un separato procedimento di revocazione (attivato ai sensi dell’art. 395, comma 4, c.p.c.), aveva emesso una nuova sentenza. Questo secondo provvedimento revocava integralmente la precedente sentenza di fallimento, ovvero proprio quella che era oggetto del ricorso in Cassazione.
A seguito di questo evento, il ricorrente ha chiesto alla Suprema Corte di dichiarare la cessazione della materia del contendere, richiesta alla quale ha aderito anche la società controricorrente.
Le Motivazioni della Cassazione: L’Interesse ad Agire
La Corte di Cassazione accoglie la richiesta delle parti e dichiara il ricorso inammissibile. La motivazione si fonda su un principio cardine del diritto processuale: l’interesse ad agire e ad impugnare. Questo interesse non deve esistere solo al momento in cui si avvia l’azione legale, ma deve persistere fino al momento della decisione finale.
La Suprema Corte spiega che la revoca della sentenza di fallimento ha fatto venir meno l’oggetto stesso del contendere. Il ricorrente aveva impugnato quella sentenza per ottenerne l’annullamento; dal momento che la stessa Corte d’Appello l’ha revocata, il suo interesse a ottenere una pronuncia dalla Cassazione è svanito. Continuare il giudizio sarebbe stato inutile, poiché non c’era più una decisione pregiudizievole da rimuovere.
Citando un proprio precedente (Cass. 3449/2024), la Corte ribadisce che la carenza di interesse del ricorrente a coltivare il ricorso è attuale e concreta. Non rileva la possibilità che la nuova sentenza di revocazione possa, a sua volta, essere impugnata. Quella è una mera eventualità futura, mentre la mancanza di interesse nel presente giudizio è un fatto certo.
Le Conclusioni
La decisione chiarisce un importante meccanismo processuale: un ricorso per Cassazione diventa inammissibile per sopravvenuto difetto di interesse quando la sentenza impugnata viene revocata. Questo principio di economia processuale evita che i giudici si pronuncino su questioni che i fatti hanno già risolto.
Per le parti in causa, ciò significa che un evento occorso durante il processo può renderlo superfluo, estinguendo la controversia. In questo caso, la cessazione della materia del contendere ha portato alla dichiarazione di inammissibilità e, dato il carattere sopravvenuto della causa di estinzione, la Corte ha disposto la compensazione delle spese legali tra le parti, senza applicare il cd. raddoppio del contributo unificato.
Cosa succede a un ricorso in Cassazione se la sentenza impugnata viene revocata nel frattempo?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. La revoca della sentenza fa venir meno l’oggetto della controversia e, di conseguenza, l’interesse del ricorrente a ottenere una decisione dalla Corte di Cassazione.
Perché la revoca di una sentenza determina la cessazione della materia del contendere?
Perché rimuove la decisione pregiudizievole che il ricorrente voleva eliminare con l’impugnazione. Se la sentenza non esiste più, non c’è più nulla su cui la Corte Suprema possa decidere, e la lite si estingue per mancanza di oggetto.
Cosa si intende per ‘interesse ad agire’ e perché deve sussistere fino alla fine del processo?
L’interesse ad agire è la necessità di ottenere una tutela giurisdizionale per proteggere un proprio diritto. Deve esistere non solo all’inizio ma per tutta la durata del processo, perché se l’interesse viene meno (come in questo caso, con la revoca della sentenza), il giudizio perde la sua utilità e non può proseguire.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 7870 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 7870 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6875/2024 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME Bianchi NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende,
-controricorrente-
nonchè contro
Fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione
-intimata-
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 1333/2024 depositata il 26/02/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 La Corte d’Appello di Roma con l’impugnata sentenza rigettava il reclamo ex art. 18 l.fall. proposto da COGNOME NOME, avverso la sentenza del Tribunale di Tivoli del 9/12/2022 che, in accoglimento dell’istanza proposta da RAGIONE_SOCIALE aveva dichiarato il fallimento di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione.
2 COGNOME NOME, in proprio e nella qualità di liquidatore della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, ha proposto ricorso per Cassazione affidato a cinque motivi; RAGIONE_SOCIALE ha svolto difese mediante controricorso; il Fallimento è rimasto intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 Con atto depositato in data 28/11/2024 il ricorrente ha chiesto che fosse pronunciata la dichiarazione di cessazione della materia del contendere, cui ha aderito con la memoria ex art. 378 c.p.c. la controricorrente, in quanto nelle more del presente giudizio era stata emessa la sentenza della Corte d’Appello di Roma che, in accoglimento del ricorso per revocazione, ex art. 395 comma 4 c.p.c., della stessa sentenza della Corte d’Appello impugnata anche con l’odierno ricorso, ha revocato il fallimento della soc. RAGIONE_SOCIALE in liquidazione.
2 Secondo la giurisprudenza di questa Corte la revoca della sentenza d’appello impugnata con ricorso per cassazione determina la cessazione della materia del contendere, che dà luogo all’inammissibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse,
in quanto l’interesse ad agire, e quindi anche l’interesse ad impugnare, deve sussistere non solo nel momento in cui è proposta l’azione (o l’impugnazione), ma anche al momento della decisione, perché è in relazione a quest’ultimo -e alla domanda originariamente formulata – che l’interesse va valutato, a nulla rilevando che la sentenza di revocazione possa essere a sua volta impugnata per cassazione, giacché la suddetta revocazione costituisce una mera possibilità, mentre la carenza di interesse del ricorrente a coltivare il ricorso è attuale, per essere venuta meno la pronuncia che ne costituiva l’oggetto (Cass. 3449/2024).
Le spese del presente giudizio vanno compensate in considerazione del fatto sopravvenuto, senza statuizione altresì sul cd. raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta cessazione della materia del contendere.
Compensa le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 12/02/2025.