Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 3472 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L   Num. 3472  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 11/02/2025
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
Presidente
–
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
AVV_NOTAIO –
AVV_NOTAIO  NOME COGNOME
AVV_NOTAIO rel. –
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
AVV_NOTAIO –
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
AVV_NOTAIO –
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22755/2021 R.G. proposto da:
NOME COGNOME, domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO NOME, con diritto di ricevere le comunicazioni all’indirizzo pec dei Registri;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE,  in  persona  del  legale rappresentante pro  tempore ,  domiciliato  in  ROMA  INDIRIZZO presso  LA  CANCELLERIA  DELLA  CORTE  SUPREMA  DI  CASSAZIONE,
Oggetto:
Settore nullità
contratti
a
conversione – artistico
termine
–
–
rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, con diritto di ricevere le comunicazioni all’indirizzo pec dei Registri;
– controricorrente –
avverso  la  sentenza  n.  631/2021  della  CORTE  D ‘ APPELLO  di  RAGIONE_SOCIALE, depositata il 04/03/2021 R.G.N. 3117/2017;
udita  la  relazione  della  causa  svolta  nella  camera  di  consiglio  del 04/12/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
L’odierno ricorrente aveva lavorato presso la RAGIONE_SOCIALE in virtù di plurimi contratti a temine, analiticamente indicati per durata ed oggetto, per un periodo compreso tra il 2.9.2005 ed il 1.8.2014 , e quindi di gran lunga superiore a 36 mesi, in qualità di ‘Tersicoreo’ di fila con obbligo di solista, inquadrato nel VI livello del CCNL di categoria, svolgendo in alcune produzioni le mansioni di ballerino con obbligo di solista riconducibili nel III livello, aveva agito dinanzi al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE deducendo, sotto vari profili, la illegittimità della apposizione del termine ai contratti sottoscritti, chiedendo l’accertamento della esistenza di un rapporto a tempo indeterminato e la condanna di parte convenuta al pagamento delle differenze di retribuzione, anche per il pagamento dell’integrazione retributiva di cui all’art. 87, ed al risarcimento del danno.
In particolare, aveva dedotto l’assenza di specificità, temporaneità e vincolo di necessità diretta, quanto al periodo di vigenza della legge 230/1962, come modificato dall’art.  266/1977; l ‘assenza  di  ragioni  ‘di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo’, puntualmente specificate come richiesto dall ‘ art. 1 d.lgs. n. 368/2001, per i contratti successivi alla sua entrata in vigore.
Il Tribunale riteneva l’intervenuta decadenza ex l’art. 32 della l. n. 183/2010 quanto ai contratti stipulati fino al 27.3.2014 (ancorché per ragioni  differenti  afferenti  al  ritardo  nella  impugnativa  stragiudiziale ovvero giudiziale).
Limitatamente all’ultimo contratto indicato in ricorso con scadenza 25.6.2014 e prorogato fino al 1.8.2014 (l’unico impugnato tempestivamente)  riteneva  che  lo  stesso  rispettasse  tutti  i  requisiti richiesti  dalla  disciplina  vigente  al  momento  della  stipula, risultando intervenuto e prorogato utilizzando la forma scritta.
Evidenziava che il ricorrente era stato assunto per poco più di un mese  (dal  20.5.2014  al  1.8.2014)  e  tanto  era  già  sufficiente,  nella vigenza  della  nuova  disciplina,  a  far  ritenere  legittimo  il  contratto intervenuto e prorogato.
In ogni caso tale contratto risultava stipulato per attività artistiche espressamente programmate nell’ambito della stagione teatrale (lirica e balletto 2013/2014) e per spettacoli analiticamente individuati (Requiem per il contratto originario e NOME il Greco per la proroga) e ciò rendeva evidente la ragione obiettiva del contratto, escludendo ogni abuso.
 La  Corte  d’appello  di  RAGIONE_SOCIALE  respingeva  l’impugnazione  del lavoratore.
Preliminarmente rilevava che parte appellante aveva  limitato l’appello  alla  declaratoria  di  nullità  della  clausola  temporale  apposta  ai contratti a termine siglati dal 26/11/2013 al 5/1/2014 e dal 16/2/2014 al  27/3/2014  e  dal  20/5/2014  al  25/6/2014  con  proroga  fino  al 01/8/2014.
Riteneva fondata la censura afferente l’affermata decadenza quanto ai contratti stipulati dal 26/11/2013 richiamando la pronuncia di questa Corte n. 8026/2019 (‘In tema di impugnativa del licenziamento individuale ex art. 6 della I. n. 604 del 1966, come modificato dall’art. 32, comma 1, della I. n. 183 del 2010, ove alla richiesta, effettuata dal lavoratore, di tentativo di conciliazione o arbitrato nel termine di 180 giorni dall’impugnazione stragiudiziale consegua il mancato accordo necessario al relativo espletamento, in quanto la controparte non depositi presso la commissione di conciliazione, entro 20 giorni dal ricevimento della copia della richiesta, la memoria prevista dall’art. 410,
comma  7,  c.p.c.,  dallo  scadere  di  detto  termine  di  20  giorni  decorre l’ulteriore  termine  di  60  giorni  entro  il  quale  il  lavoratore  medesimo  è tenuto  a  presentare,  ai  sensi  dell’ultima  parte  del  comma  2  del  citato art. 6, il ricorso al giudice a pena di decadenza’).
Esaminava nel merito detti contratti e l’ultimo stipulato il 20/5/2014  e  riteneva  che  tutti  resistessero  alle  eccezioni  di  nullità formulate dal lavoratore.
In particolare, riteneva che l’indicazione della durata, della Stagione Teatrale e del Balletto fossero causali giustificative sufficienti a giustificare  l’apposizione  del  termine,  essendo  il  Balletto  di  per  sé un’attività artistica stagionale.
Riteneva,  al  riguardo,  che  non  trovasse  applicazione  l’art.  1, comma 1, del d.lgs. n. 368/2001 quanto piuttosto l’art. 3, comma 6, del d.l.  n.  64/2010  conv.  in  l.  n.  100/2010,  norma  non  toccata  dalla pronuncia di incostituzionalità di cui a Corte cost. n. 260/2015.
Affermava  che,  stante  la  natura  pubblica  delle  RAGIONE_SOCIALE,  non  sussistesse  comunque  il  diritto  del  lavoratore  alla conversione dei contratti.
Escludeva l’abuso rilevando che, con riguardo ai contratti ancora in esame (dal 26/11/2013 al 5/1/2014 e dal 16/2/2014 al 27/3/2014 e dal 20/5/2014 al 25/6/2014 con proroga fino al 01/8/2014) il COGNOME non avesse lavorato complessivamente per un periodo superiore a 36 mesi.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME propone ricorso affidato a tre motivi.
Resiste ila RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
Il ricorrente  ha  depositato  memoria  con  allegato  atto  di conciliazione  sottoscritto  dinanzi  all’Ispettorato  territoriale  di  RAGIONE_SOCIALE  Commissione  provinciale  di  conciliazione  in  data  10  maggio  2022  e chiesto dichiararsi cessata la materia del contendere.
CONSIDERATO CHE
Il Collegio deve prendere atto dell ‘ intervenuta cessazione della materia del contendere, in conformità al principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui, qualora ‘nel corso del giudizio di legittimità le parti definiscano la controversia con un accordo convenzionale, la Corte deve dichiarare cessata la materia del contendere, con conseguente venir meno dell ‘ efficacia della sentenza impugnata, non essendo inquadrabile la situazione in una delle tipologie di decisione indicate dagli artt. 382, comma 3, 383 e 384 cod. proc. civ. e non potendosi configurare un disinteresse sopravvenuto delle parti per la decisione sul ricorso e, quindi, una inammissibilità sopravvenuta dello stesso’ (Cass., Sez. Un., 11 aprile 2018 n. 8980).
Con la richiamata decisione, alla cui motivazione si rinvia ex art. 118 disp. att. cod. proc. civ., si è precisato che quando le parti di una controversia danno atto di avere raggiunto la sua composizione con un accordo negoziale, ‘i cui termini esse possono individuare ed identificare ma anche non individuare ed identificare, limitandosi ad asserire concordemente che esso vi è stato ed ha definito la lite’, la congiunta prospettazione della definizione della lite pendente rende non più necessario l ‘ intervento della decisione del giudice investito della controversia, essendo venuto meno il bisogno di tutela giurisdizionale in ragione dell ‘ intervenuto accordo.
Nello specifico, in sede dell ‘ accordo conciliativo del 10 maggio 2022, versato in atti dal ricorrente, le parti hanno dato atto di ‘avere inteso definitivamente eliminare ogni possibile contenzioso esistente o potenziale, cosicché per il futuro nessuna parte abbia a pretendere alcunché dall ‘ altra per qualsiasi ragione o causa connessa o ricollegabile con i su indicati rapporti di lavoro a tempo determinato e loro risoluzione, nonché relativamente ai giudizi pendenti che le parti si impegnano ad abbandonare’.
 Ricorrono  nella  fattispecie  le  condizioni  per  la  pronuncia  di intervenuta  cessazione  della  materia  del  contendere  espressamente
richiesta  dal  ricorrente  COGNOME  ed  alla  quale  non  si  è  opposta  la controricorrente RAGIONE_SOCIALE.
Va infine disposta la compensazione delle spese in conformità con quanto stabilito dalle parti, proprio con riguardo al presente giudizio, con l ‘ atto di transazione.
Non sussistono le condizioni processuali richieste dall ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002, come modificato dalla L. 24.12.12 n. 228, per il raddoppio del contributo unificato. Infatti il meccanismo sanzionatorio è applicabile solo qualora il giudizio di cassazione si concluda con l ‘ integrale conferma dell ‘ efficacia della statuizione impugnata, cioè con il rigetto dell ‘ impugnazione nel merito ovvero con la dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità del ricorso, evenienza, questa, che non si realizza a fronte di una pronuncia di cessazione della materia del contendere che comporta il venir meno dell ‘ efficacia della sentenza impugnata in forza di intervenuto accordo negoziale fra le parti (Cass., Sez. Un., n. 8980/2018 cit.).
P.Q.M.
La  Corte  dichiara  cessata  la  materia  del  contendere.  Compensa  le spese.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater ,  del d.P .R. n. 115 del 2002 dà atto della non sussistenza dei presupposti processuali per il versamento  da  parte  del  ricorrente  dell’ulteriore  importo  a  titolo  di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nell ‘ Adunanza camerale del 4 dicembre 2024.