Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 15300 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 15300 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 13471-2023 proposto da:
COMUNE DI COGNOME, rappresentato e difeso dall’avv.to NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME rappresentata e difesa dall’avv.to NOME COGNOME
– resistente-
e
INPS, in persona del legale rappresentante pro tempore ; – intimato-
e
MINISTERO del LAVORO e delle POLITICHE SOCIALI, in persona del Ministro pro tempore ;
Oggetto
Cessazione
della
materia
del contendere
–
Sopravvenuta
carenza
di
interesse.
R.G.N. 13471/2023
COGNOME
Rep.
Ud. 05/06/2025
CC
REGIONE LAZIO, in persona del Presidente pro tempore ; – intimata-
avverso la sentenza n. 4026/2022 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 6.12.2022 R.G.N. 4006/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La lavoratrice socialmente utile (LSU), NOME COGNOME deducendo di aver lavorato alle dipendenze del Comune di Poggio Bustone, nell’arco temporale e con le mansioni specificamente indicate nel ricorso ex art. 414 c.p.c., lamentando la violazione delle norme sul lavoro socialmente utile, chiedeva l’applicazione dell’art. 2126 c.c. , dunque l’accertamento della sussistenza tra le parti di un rapporto subordinato di fatto ex art. 2126 c.c., a far data dal 12.6.1997 fino al 5.8.2016 (data del deposito del ricorso ex art. 414 c.p.c.), con conseguente condanna al pagamento delle differenze stipendiali tra quanto percepito come LSU ed il trattamento economico previsto per i dipendenti del Comune, nonché il diritto alla regolarizzazione contributiva o, in subordine, alla costituzione di una rendita vitalizi a presso l’Inps.
1.1. La Corte di Appello di Roma, in riforma della sentenza di primo grado resa dal Tribunale di Rieti, in parziale accoglimento dell’appello e in riforma della sentenza impugnata , per quanto ancora di interesse, così provvedeva:
‘ a) accoglie parzialmente l’appello e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, dichiara che da luglio 1998 a luglio 2016 fra l’appellante ed il Comune di Poggio Bustone è intercorso un rapporto di lavoro subordinato di fatto, con diritto all’inqu adramento nella categoria A) del contratto collettivo del comparto regioni e autonomie locali;
condanna il Comune di Poggio Bustone a pagare all’appellante le somme di euro 35.180,77 a titolo di differenze retributive e di euro 8.279,38 a titolo di trattamento di fine servizio, oltre la maggior somma fra gli interessi e la rivalutazione monetaria secondo indici ISTAT (famiglie di operai e impiegati), con decorrenza dalla maturazione di ciascun credito fino all’effettivo soddisfo;
condanna il Comune di Poggio Bustone a versare all’INPS i corrispondenti contributi previdenziali limitatamente al periodo non prescritto da luglio 2011 a luglio 2016;
condanna il Comune di Poggio Bustone a costituire presso l’INPS, in favore dell’appellante, la rendita vitalizia di cui all’art. 13 L. n. 1338/1962 relativamente al periodo dall’01/07/2001 al 30/06/2011; (…)’ .
Propone ricorso per cassazione articolato in otto motivi il Comune di Poggio Bustone.
Resiste con controricorso NOME COGNOME.
Restano intimate tutte le altre parti indicate in epigrafe.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è denunziata la violazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., de gli artt. 112 e 345 c.p.c., per aver pronunziato la Corte territoriale ultrapetita.
Con il secondo mezzo è lamentata la violazione dell’art. 2 697 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e 4, c.p.c. , stante l’erronea applicazione dei principi in tema di onere della prova.
Con la terza doglianza è denunziata la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 10 del d.lgs. n. 468 del 1997 e 5, 6 e 7 del d.lgs. n. 81 del 2000, nonché dell’art. 2126 c.c., in relazione al n. 3 del comma 1 dell’art. 360 c.p.c.
Con la quarta censura è dedotta la violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4 c.p.c. e dell’art. 111 della Costituzione, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. La parte ricorrente in cassazione sostiene che la motivazione della sentenza impugnata è apparente .
Con il quinto motivo si denunzia ancora, sotto altro profilo, la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 10 d.lgs. n. 468 del 1997, nonché degli artt. 5, 6 e 7 d.lgs. n. 81 del 2000 e 2126 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.
Con la sesta doglianza è allegata la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. , in ragione dell’omessa pronunzia sulla sollevata eccezione di prescrizione ex art. 2348 c.c. quanto alle differenze retributive anteriori al 3.10.2011.
Con la settima censura è denunziata la violazione dell’art. 2948, commi 4 e 5, c.c. ed il mancato accoglimento della sollevata eccezione di prescrizione dei crediti retributivi, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c .
Con l’ultimo mezzo è lamentata ancora la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 13 della l. n. 1338 del 1962 , in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., stante l’erronea condanna della parte datoriale alla costituzione della rendita vitalizia.
In via preliminare va valutata l’istanza di cessazione della materia del contendere depositata congiuntamente dagli
avvocati del Comune di Poggio Bustone e di NOME COGNOME in data 26.5.2025.
Questo il tenore dell’istanza: ‘ a) Con ricorso del 6.06.2023, il Comune di Poggio Bustone proponeva impugnazione innanzi alla Suprema Corte di Cassazione avverso la sentenza n. 4026/2022 della Corte d’Appello di Roma, Sezione Lavoro (con cui era stata riformata la sentenza n. 161/2019 del Tribunale di Rieti);
il procedimento di legittimità veniva iscritto al N.R.G. 13471/2023, con udienza in camera di consiglio fissata per il 5.06.2025, ore 10,00;
la sig.ra COGNOME dal canto suo, proponeva controricorso innanzi alla Suprema Corte;
le altre parti coinvolte nelle fasi di merito sono rimaste contumaci nel giudizio di Legittimità;
le parti costituite (Comune di Poggio Bustone –NOME COGNOME) hanno raggiunto un accordo, formalizzato, dapprima, in una scrittura privata di transazione e, successivamente, in un verbale di conciliazione sindacale sottoscritto in data 19.04.2024, con cui hanno posto fine alla controversia di cui trattasi, obbligandosi ad abbandonare, con dichiarazione della cessazione della materia del contendere, il giudizio di Legittimità promosso dal Comune di Poggio Bustone avverso la sentenza n. 4026/2022 della Co rte d’Appello di Roma, con integrale compensazione delle spese di lite rinunciando, così, a qualsivoglia pretesa rispetto alla controversia di cui trattasi e rispetto a qualsiasi altro rapporto intercorso sino ad oggi tra le parti, dichiarando di non avere più nulla a pretendere reciprocamente.
l’accordo siglato dalle parti determina il venir meno di ogni interesse alla prosecuzione ed alla decisione del giudizio per cui si procede;
premesso quanto sopra, le parti, come sopra rappresentate, difese e domiciliate, per il tramite degli scriventi difensori chiedono congiuntamente all’Ecc.ma Corte di cassazione di voler dichiarare la cessazione della materia del contendere, con integrale compensazione delle spese di lite tra le parti, relativamente al procedimento di legittimità iscritto al N.R.G. 13471/2023, con udienza in camera di consiglio fissata per il 5.06.2025, ore 10,00, con rinuncia, da parte del Comune di Poggio Bustone, al ricorso del 6.06.2023 ed a tutte le domande ivi articolate, e da parte della sig.ra NOME COGNOME al controricorso del 14.07.2023 ed a tutte le domande ivi articolate ‘ .
La lettera dell ‘istanza contenuta nella memoria del 26.5.2025 rende chiaro in modo univoco che tra la lavoratrice ed il Comune di Poggio Bustone è cessata la materia del contendere in ragione dell ‘intervenuta transazione .
Detta domanda di cessazione della materia del contendere va considerata quale manifestazione della sopravvenuta carenza di interesse ad una pronunzia della S.C., che ridonda, com’è noto, nell’inammissibilità dello stesso.
7.1. Né interesse alla definizione della lite hanno mostrato le altre parti del giudizio che o sono rimaste tutte intimate.
Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile.
Quanto alle spese del giudizio di legittimità esse restano compensate come da richiesta formulata congiuntamente nell’istanza di cessazione della materia del contendere tra il Comune e la lavoratrice; nulla per le spese quanto alle parti intimate.
Non sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115 del 2002, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, perché la ratio della disposizione va individuata nella finalità di scoraggiare le impugnazioni dilatorie
o pretestuose, sicché tale meccanismo sanzionatorio, che è di stretta interpretazione, non si applica all’inammissibilità del gravame (non originaria) ma derivata dalla sopravvenuta carenza di interesse (cfr. Cass. n. 17562/2020 che richiama, fra le tante, Cass. n. 16305/2016, Cass. n. 18528/2016, Cass. n. 3288/2018, Cass. n. 31732/2018; Cass. n. 14782/2018).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità fra le parti costituite. Nulla spese per le altre parti.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della Corte Suprema di cassazione il 5 giugno 2025.
La PRESIDENTE
NOME COGNOME