Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 15295 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 15295 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 11614-2023 proposto da:
COMUNE DI COGNOME, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv.to NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME rappresentata e difesa dall’avv.to NOME COGNOME
– resistente-
e
INPS, in persona del legale rappresentante pro tempore ;
– intimato-
e
MINISTERO del LAVORO e delle POLITICHE SOCIALI, in persona del Ministro pro tempore ;
– resistente con mandato-
Oggetto
Cessazione
della
materia
del contendere
–
Inammissibilità del ricorso.
R.G.N. 11614/2023
COGNOME
Rep.
Ud. 05/06/2025
CC
REGIONE LAZIO, in persona del Presidente pro tempore ;
– intimata- avverso la sentenza n. 4079/2022 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 16.11.2022 R.G.N. 4039/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La lavoratrice socialmente utile (LSU), NOME COGNOME, deducendo di aver lavorato alle dipendenze del Comune di Poggio Bustone, nell’arco temporale e con le mansioni specificamente indicate nel ricorso ex art. 414 c.p.c., lamentando la violazione delle norme sul lavoro socialmente utile, chiedeva l’applicazione dell’art. 2126 c.c. , dunque l’accertamento della sussistenza tra le parti di un rapporto subordinato di fatto ex art. 2126 c.c., a far data dal 15.7.1996, con conseguente condanna al pagamento delle differenze stipendiali tra quanto percepito come LSU ed il trattamento economico previsto per i dipendenti del Comune, nonché il diritto alla regolarizzazione contributiva o, in subordine, alla costituzione di una rendita vitalizia presso l’Inps.
1.1. La Corte di Appello di Roma, in riforma della sentenza di primo grado resa dal Tribunale di Rieti, in parziale accoglimento dell’appello e in riforma della sentenza impugnata , così provvedeva:
‘ -dichiara che tra NOME COGNOME e il Comune di Poggio Bustone si è instaurato un rapporto di lavoro di fatto ai sensi dell’art. 2126 c.c. riconducibile alla categoria A del c.c.n.l. per i dipendenti degli enti locali dal 15 luglio 1996 al 31 dicembre 2011 e alla categoria B/1 dal luglio 2014 al 5 agosto 2016;
condanna il Comune di Poggio Bustone al pagamento in favore di NOME COGNOME della somma di € 34.847,50 oltre accessori a titolo di differenze tra il trattamento percepito quale lavoratrice socialmente utile e quello spettante ai lavoratori inquadrati ai sensi del c.c.n.l. per i dipendenti degli enti locali e della somma di € 8.826,41 oltre accessori a titolo di t.f.s.;
condanna il Comune di Poggio Bustone al versamento presso l’I.N.P.S. dei corrispondenti contributi previdenziali limitatamente al periodo non prescritto dall’agosto 2011 all’agosto 2016;
condanna il Comune di Poggio Bustone alla costituzione presso l’I.N.P.S. della rendita vitalizia ai sensi dell’art. 13 della legge n. 1338/1962 riferita al rapporto intercorso con NOME COGNOME dal 15 luglio 1996 al 30 luglio 2011 ‘ .
Propone ricorso per cassazione articolato in cinque motivi il Comune di Poggio Bustone.
Resiste con controricorso NOME COGNOME.
Restano intimati INPS e REGIONE LAZIO.
Resiste con mandato, al solo fine della partecipazione all’udienza pubblica il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è dedotta la violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4 c.p.c. e dell’art. 111 della Costituzione, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.
La parte ricorrente in cassazione sostiene che la motivazione della sentenza impugnata è apparente .
Con la seconda doglianza è lamentata la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 13 della l. n. 1338 del 1962 , in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.
Il Comune di Poggio Bustone deduce l’ erroneità della condanna alla costituzione della rendita vitalizia reversibile.
Con il terzo mezzo è denunziata la violazione dell’art. 2948, n. 4 e 5 c.c., in relazione all’art. 360 n.3 c.p.c. , per aver la sentenza impugnata rigettato l’eccezione di prescrizione dei crediti retributivi.
Con il quarto motivo è censurata la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.
Parte ricorrente, invocando la violazione della norma di cui innanzi, lamenta l’ omessa pronuncia sulla sollevata eccezione di prescrizione del diritto alla costituzione di una rendita vitalizia, ex art. 2346 c.c.
Con il residuo censorio, in via subordinata, viene dedotta la violazione dell’art. 2946 c.c.
Il Comune di Poggio Bustine argomenta che è erroneo il rigetto della eccezione di prescrizione del diritto alla costituzione di una rendita vitalizia.
In via preliminare va valutata l’istanza di cessazione della materia del contendere depositata congiuntamente dagli avvocati del Comune di Poggio Bustone e di NOME COGNOME in data 26.5.2025.
Questo il tenore dell’istanza: ‘ con ricorso del 15.05.2023, il Comune di Poggio Bustone proponeva impugnazione innanzi alla Suprema Corte di Cassazione avverso la sentenza n. 4079/2022 della Corte d’Appello di Roma, Sezione Lavoro (con cui era stata riformata la sentenza n. 182/2019 del Tribunale di Rieti);
il procedimento di legittimità veniva iscritto al N.R.G. 11614/2023, con udienza in camera di consiglio fissata per il 5.06.2025, ore 10,00;
la sig.ra NOME COGNOME dal canto suo, proponeva controricorso innanzi alla Suprema Corte;
le altre parti coinvolte nelle fasi di merito sono rimaste contumaci nel giudizio di Legittimità;
le parti costituite (Comune di Poggio Bustone –NOME COGNOME) hanno raggiunto un accordo, formalizzato, dapprima, in una scrittura privata di transazione e, successivamente, in un verbale di conciliazione sindacale sottoscritto in data 19.04.2024, con cui hanno posto fine alla controversia di cui trattasi, obbligandosi ad abbandonare, con dichiarazione della cessazione della materia del contendere, il giudizio di Legittimità promosso dal Comune di Poggio Bustone avverso la sentenza n. 4079/2022 della Corte d’Appello di Roma, con integrale compensazione delle spese di lite rinunciando, così, a qualsivoglia pretesa rispetto alla controversia di cui trattasi e rispetto a qualsiasi altro rapporto intercorso sino ad oggi tra le parti, dichiarando di non avere più nulla a pretendere reciprocamente.
l’accordo siglato dalle parti determina il venir meno di ogni interesse alla prosecuzione ed alla decisione del giudizio per cui si procede;
premesso quanto sopra, le parti, come sopra rappresentate, difese e domiciliate, per il tramite degli scriventi difensori chiedono congiuntamente all’ecce.ma Corte di Cassazione di voler dichiarare la cessazione della materia del contendere, con integrale compensazione delle spese di lite tra le parti, relativamente al procedimento di legittimità iscritto al N.R.G. 11614/2023, con udienza in camera di consiglio fissata per il 5.06.2025, ore 10,00, con rinuncia, da parte del Comune di Poggio Bustone, al ricorso del 15.05.2023 ed a tutte le domande
ivi articolate, e da parte della sig.ra NOME COGNOME al controricorso del 23.06.2023 ed a tutte le domande ivi articolate ‘ .
La mera lettura (e la lettera) dell ‘istanza contenuta nella memoria del 26.5.2025 rende chiaro ed univoco che tra la lavoratrice ed il Comune di Poggio Bustone è cessata la materia del contendere in ragione dell ‘intervenuta transazione .
La richiesta di declaratoria di cessazione della materia del contendere va considerata quale manifestazione della sopravvenuta carenza di interesse ad una pronunzia della S.C., che ridonda, com’è noto, nell’inammissibilità dello stess o ricorso per cassazione.
7.1. Né interesse alla definizione della lite hanno mostrato le altre parti del giudizio che o sono rimaste intimate, Inps e Regione Lazio, o si sono costituite tardivamente, Ministero del Lavoro, al solo fine di partecipare ad una eventuale udienza pubblica (nel caso di specie non fissata, venendo definito il presente giudizio con procedura camerale) -senza svolgere alcuna attività difensiva (resistente con mandato). Senza tacere che, in ogni caso, il Ministero del Lavoro difetta di un interesse alla decisione anche sulla base del tenore della decisione della Corte di Appello, come innanzi riportata.
Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile.
Quanto alle spese, il comportamento processuale del Comune di Poggio Bustone e della lavoratrice che hanno proceduto concordemente a richiedere la cessazione della materia del contendere (qui riqualificata come sopravvenuta carenza di interesse) anche con riguardo alle spese di lite, l’esito alternato dei giudizi di merito, il consolidamento della giurisprudenza di legittimità sulle questioni di diritto oggetto del presente ricorso solo in epoca successiva alla proposizione del ricorso per cassazione (cfr. Cass. n. 11622/2024, rv. 671038-
01, tra le massimate) sono elementi tutti che impongono la compensazione delle spese del giudizio di legittimità, fra le parti costituite; nulla per le spese per quelle rimaste intimate.
10. Non sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115 del 2002, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, perché la ratio della disposizione va individuata nella finalità di scoraggiare le impugnazioni dilatorie o pretestuose, sicché tale meccanismo sanzionatorio, che è di stretta interpretazione, non si applica all’inammissibilità del gravame (non originaria) ma derivata dalla sopravvenuta carenza di interesse (cfr. Cass. n. 17562/2020 che richiama, fra le tante, Cass. n. 16305/2016, Cass. n. 18528/2016, Cass. n. 3288/2018, Cass. n. 31732/2018; Cass. n. 14782/2018).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità fra le parti costituite. Nulla spese per le altre parti rimaste intimate.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della Corte Suprema di cassazione il 5 giugno 2025.
La PRESIDENTE NOME COGNOME