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Cessazione materia contendere: il caso della confusione

Un contenzioso per il pagamento di servizi tra due enti giunge in Cassazione. Durante il processo, la società creditrice viene assorbita dall’ente debitore, determinando una “confusione” giuridica. Le parti, divenute un unico soggetto, rinunciano al ricorso. La Corte Suprema dichiara l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere, senza provvedere sulle spese e escludendo il pagamento del doppio contributo unificato.

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Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Cessazione materia del contendere: il caso della “confusione” in Cassazione

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come eventi esterni al processo possano determinarne la fine anticipata. In particolare, analizziamo un caso di cessazione della materia del contendere dovuta alla “confusione”, un istituto giuridico che si verifica quando creditore e debitore diventano la stessa persona. Questa situazione, come vedremo, ha importanti conseguenze procedurali, anche in tema di spese legali e contributo unificato.

I Fatti del Processo: dal Tribunale alla Cassazione

La vicenda giudiziaria ha origine dalla richiesta di pagamento avanzata da una società di servizi di emergenza nei confronti di un Comitato regionale di un Ente Strumentale. Il Tribunale di primo grado accoglieva parzialmente la domanda, condannando il Comitato al pagamento di una cospicua somma.

La sentenza veniva appellata da entrambe le parti. Durante il giudizio di appello, l’Ente Strumentale veniva posto in liquidazione coatta amministrativa, causando un’interruzione e successiva riassunzione del processo. La Corte d’Appello, riformando parzialmente la prima decisione, dichiarava la nullità di alcuni rapporti contrattuali tra le parti.

Avverso la sentenza di secondo grado, l’Ente Strumentale proponeva ricorso per cassazione, al quale la società di servizi rispondeva con un controricorso e un ricorso incidentale.

La Sopravvenuta Confusione e la Cessazione Materia del Contendere

Il colpo di scena si verifica durante il giudizio di legittimità. Per effetto di una specifica norma di legge (art. 7 del d.l. 75/2023), la società di servizi di emergenza viene dichiarata estinta e cancellata dal registro delle imprese. La stessa norma dispone il trasferimento di tutte le sue attività, passività e, soprattutto, dei giudizi pendenti proprio all’Ente Strumentale, suo avversario in causa.

Questo trasferimento ha due effetti determinanti:
1. Confusione: Le posizioni di debitore e creditore si fondono nello stesso soggetto giuridico, l’Ente Strumentale. L’obbligazione originaria, oggetto del contendere, si estingue automaticamente.
2. Cessazione della materia del contendere: Venendo meno l’obbligazione e il conflitto di interessi, scompare il motivo stesso per cui il processo era stato avviato. Non c’è più nulla su cui decidere nel merito.

Di fronte a questa situazione, l’Ente Strumentale, ormai unico soggetto legittimato a rappresentare entrambe le posizioni originarie, presenta un’istanza formale di rinuncia sia al ricorso principale sia a quello incidentale, chiedendo alla Corte di dichiarare l’estinzione del procedimento.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte accoglie l’istanza e dichiara estinto il giudizio. Le motivazioni si basano su due pilastri fondamentali.

In primo luogo, la Corte prende atto della rituale rinuncia al ricorso e al ricorso incidentale, formulata dall’unico soggetto rimasto legittimato (l’Ente Strumentale) e comunque sottoscritta dai difensori di entrambe le parti originarie, muniti dei necessari poteri. La fusione delle parti in un’unica entità ha reso inevitabile la fine della lite.

In secondo luogo, la Corte affronta la questione delle spese processuali. Ai sensi dell’art. 391 c.p.c., la Corte ha un potere discrezionale in materia. In questo caso specifico, si decide di non provvedere sulle spese. La scelta è giustificata non solo dalla rinuncia reciprocamente accettata, ma soprattutto dalle “peculiari ragioni sopravvenute” che hanno causato la cessazione della materia del contendere, ovvero la confusione tra creditore e debitore. È un’applicazione del principio secondo cui eventi eccezionali e non dipendenti dalla volontà processuale delle parti possono giustificare la non regolamentazione delle spese.

Infine, la Corte chiarisce un importante aspetto relativo al cosiddetto “doppio contributo unificato”. Si tratta di un ulteriore versamento a carico della parte soccombente, previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 115/2002. La Cassazione ribadisce che questa norma, avendo natura sanzionatoria, si applica solo nei casi tassativi di rigetto, inammissibilità o improcedibilità del ricorso. Non trova, invece, applicazione in caso di rinuncia al ricorso, come nel caso di specie. Pertanto, la Corte dà atto che non sussistono i presupposti per tale versamento.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione

Questa ordinanza illustra in modo efficace come un evento sostanziale, quale l’estinzione di una società con trasferimento del suo patrimonio a un’altra entità, possa avere un impatto dirimente su un processo in corso. La decisione conferma che l’istituto della confusione provoca la cessazione della materia del contendere, portando all’estinzione del giudizio. Inoltre, fornisce due importanti principi pratici: la rinuncia al ricorso in Cassazione a seguito di tali eventi eccezionali porta tendenzialmente a non avere una pronuncia sulle spese e, soprattutto, esclude con certezza l’applicazione della sanzione del doppio contributo unificato.

Cosa succede a un processo se il debitore e il creditore diventano la stessa persona giuridica?
Il processo si estingue per cessazione della materia del contendere. La riunione delle qualità di debitore e creditore nello stesso soggetto (confusione) estingue l’obbligazione, facendo venire meno l’oggetto stesso della lite.

In caso di estinzione del processo per rinuncia, la Corte di Cassazione decide sulle spese legali?
Non necessariamente. L’art. 391 c.p.c. attribuisce alla Corte un potere discrezionale. Nel caso specifico, data la rinuncia reciproca e le ragioni eccezionali (la confusione) che hanno portato alla fine della lite, la Corte ha deciso di non provvedere sulle spese.

Se si rinuncia al ricorso per cassazione, si deve pagare il doppio del contributo unificato?
No. La Corte ha chiarito che l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato si applica solo nei casi di rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione. La rinuncia al ricorso non rientra in questi casi e, pertanto, non fa scattare l’obbligo di pagamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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