Cessata Materia del Contendere: Quando un Accordo Pone Fine alla Causa
Nel complesso mondo del diritto, non tutte le controversie si concludono con una sentenza che stabilisce un vincitore e un vinto. Esistono meccanismi procedurali che permettono di chiudere un contenzioso in modo alternativo. Uno dei più rilevanti è la cessata materia del contendere, una formula che sancisce la fine del processo quando le parti risolvono autonomamente la loro disputa. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio di come questo istituto funzioni nella pratica, in un complesso caso di diritto del lavoro.
Il Contesto: Una Controversia sull’Interposizione di Manodopera
La vicenda trae origine da una lunga battaglia legale intrapresa da un gruppo di lavoratori contro un importante istituto di credito. I lavoratori sostenevano di essere stati impiegati dalla banca attraverso società terze in un presunto schema di interposizione fittizia di manodopera. Essi rivendicavano il diritto a ricevere lo stesso trattamento economico e normativo dei dipendenti diretti della banca.
La Corte d’Appello, in sede di rinvio da una precedente pronuncia della Cassazione, aveva dato ragione ai lavoratori, condannando l’istituto bancario al pagamento di significative differenze retributive. Insoddisfatta della decisione, la società aveva presentato ricorso in Cassazione, portando la questione al giudizio di ultima istanza.
La Svolta: L’Accordo e la Cessata Materia del Contendere
Prima che la Suprema Corte potesse esaminare il merito del ricorso, è intervenuto un fatto nuovo e decisivo: le parti hanno raggiunto una conciliazione. Attraverso un accordo transattivo, la banca e i lavoratori hanno definito la loro controversia, ponendo fine alla lite in via stragiudiziale.
I difensori della società hanno quindi depositato in Cassazione un’istanza formale, chiedendo alla Corte di prendere atto dell’avvenuta conciliazione e di dichiarare la cessata materia del contendere. Questa richiesta si basava sul fatto che, con l’accordo, era venuto meno l’interesse delle parti a ottenere una pronuncia giudiziale, poiché avevano già trovato una soluzione condivisa.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha accolto l’istanza, basando la sua decisione su principi chiari e consolidati. In primo luogo, i giudici hanno verificato che la documentazione prodotta attestava l’effettiva conciliazione tra tutte le parti coinvolte. Questo accordo, intervenuto dopo la proposizione del ricorso, ha di fatto sostituito la regolamentazione del rapporto precedentemente data dalla sentenza impugnata.
Il nuovo assetto pattizio, voluto dalle parti, prevale sulla decisione del giudice d’appello. La Corte ha inoltre osservato che nei verbali di conciliazione le parti avevano regolato anche il tema delle spese legali. Questo ha permesso di dichiarare la cessata materia del contendere anche su questo aspetto, che altrimenti sarebbe rimasto da decidere.
Infine, un’importante conseguenza procedurale: la Corte ha stabilito che non sussistevano i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato. Tale sanzione si applica infatti solo in caso di rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione, non quando il processo si estingue per un accordo tra le parti.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza evidenzia il valore e l’efficacia degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie, anche nelle fasi più avanzate del giudizio. La dichiarazione di cessata materia del contendere rappresenta una via d’uscita efficiente dal processo, che consente alle parti di definire i propri rapporti secondo i loro interessi, risparmiando tempo e risorse.
Per le aziende e i lavoratori, la possibilità di raggiungere un accordo anche pendente il giudizio in Cassazione è una strategia da considerare attentamente. Permette non solo di evitare l’incertezza di una decisione finale, ma anche di strutturare una soluzione su misura che può essere più vantaggiosa per tutti rispetto a una sentenza imposta dall’alto. Inoltre, come dimostra il caso, può portare a un risparmio sui costi processuali, evitando il pagamento del doppio contributo unificato.
Cosa significa ‘cessata materia del contendere’?
Significa che il processo si chiude perché la ragione stessa del contendere è venuta meno. In questo caso, ciò è avvenuto perché le parti hanno raggiunto un accordo privato (conciliazione) che ha risolto la loro disputa, rendendo inutile una decisione del giudice.
Se le parti si accordano, chi paga le spese legali del processo?
Come specificato nell’ordinanza, se l’accordo tra le parti regola anche la questione delle spese legali, la Corte prende atto di tale accordo e dichiara cessata la materia del contendere anche per questo aspetto. In sostanza, sono le parti a decidere come ripartirsele.
In caso di cessata materia del contendere, si deve pagare il contributo unificato raddoppiato?
No. L’ordinanza chiarisce che non sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, poiché tale obbligo sorge solo quando il ricorso viene respinto, dichiarato inammissibile o improcedibile, non quando la lite si estingue per un accordo.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 2078 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 2078 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso 1384-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
NOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOMECOGNOME DE COGNOME; NOME, nella qualità di erede di NOME COGNOME; NOME COGNOME nella qualità di erede di NOME COGNOMERAGIONE_SOCIALE;
intimati –
avverso la sentenza n. 2711/2022 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 15/07/2022 R.G.N. 1796/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
03/12/2024 dal Consigliere Dott. COGNOME
Oggetto
Interposizione di
manodopera
R.G.N. 1384/2023
COGNOME
Rep.
Ud. 03/12/2024
CC
RILEVATO CHE
la Corte di Appello di Napoli, con sentenza n. 2711/2022, pronunciata in sede di rinvio da questa Corte con ordinanza n. 12551/2020, ha condannato Intesa Sanpaolo al pagamento delle differenze retributive maturate da NOME COGNOME e altri litisconsorti quali differenze tra il trattamento economico applicato dalle società fittiziamente interposte e quello previsto per i dipendenti Intesa Sanpaolo a parità di inquadramento e mansioni da giugno 1999 alla data del deposito del ricorso di primo grado, oltre accessori;
per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la società con tre motivi; non si sono costituiti gli intimati;
in prossimità dell’adunanza i difensori della società hanno depositato istanza per la dichiarazione di cessata materia del contendere per conciliazione della lite, nonché i relativi verbali;
CONSIDERATO CHE
dalla documentazione prodotta in giudizio risulta che le parti hanno conciliato la lite; la definizione della lite intervenuta successivamente alla proposizione del ricorso per cassazione comporta la sostituzione del nuovo assetto pattizio voluto dalle parti del rapporto controverso alla regolamentazione datane dalla sentenza impugnata;
nei verbali di conciliazione depositati le parti hanno regolato le spese, per cui anche per tale aspetto può ritenersi cessata la materia del contendere;
non sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso;
P.Q.M.
La Corte dichiara cessata la materia del contendere, anche per le spese.
Così deciso in Roma, nell’ Adunanza camerale del 3 dicembre