Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21209 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 21209 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/07/2025
S E N T E N Z A
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE con sede in Gavardo (BS), in persona legale rappresentante sig.ra NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’Avvocat o NOME COGNOME
Ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE con sede in Milano, in persona dele legale rappresentante dott. NOME COGNOME rappresentata e difesa da ll’Avvocato NOME COGNOME.
Controricorrente
avverso la sentenza n. 73/2021 della Corte di appello di Brescia, depositata il 28.1.2021.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 3.7.2025 dal consigliere NOME COGNOME.
Udite le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Udite le difese svolte dall’Avvocato NOME COGNOME per la società ricorrente e dall’Avvocato NOME COGNOME per delega dell’Avvocato NOME COGNOME per la società controricorrente.
Fatti di causa
Con sentenza n. 73 del 28.1.2021 la Corte di appello di Brescia, in riforma della decisione di primo grado, accolse in parte l’opposizione proposta da RAGIONE_SOCIALE avverso il decreto ingiuntivo che le intimava di pagare a RAGIONE_SOCIALE in concordato preventivo, la somma di euro 81.600,00, a titolo di saldo di lavori eseguiti presso il suo stabilimento di Odolo, aventi ad oggetto, tra l’altro, il rifacimento delle coperture e lo smaltimento dei materiali contenenti amianto. La Corte motivò la revoca del decreto ingiuntivo ritenendo fondata l’eccezione con cui la società opponente aveva contestat o l’inadempim ento della controparte, per non averle mai consegnato la certificazione di avvenuto smaltimento dei rifiuti di amianto. Premesso che la prestazione assunta in contratto dalla società RAGIONE_SOCIALE stipulato dalle parti in data 13.8.2013, aveva ad oggetto ‘ la bonifica di tutto il manto di copertura in cemento-amianto; il confezionamento su pallet e accatastamento provvisorio in area di cantiere prestabilita; il successivo conferimento presso discariche autorizzate con il rilascio del certificato di messa a dimora definitiva del rifiuto pericoloso ‘ e che tale obbligazione comprendeva il rilascio del certificato attestante l’avvenuto smaltimento dei rifiuti pericolosi, la Corte distrettuale affermò che, pur avendo l ‘ opposta eseguito i lavori, incaricando in subappalto del trasporto e dello smaltimento dell’amianto la RAGIONE_SOCIALE COGNOME, tuttavia essa non aveva procurato alla committente il suddetto certificato, non avendo la società COGNOME a fronte del mancato pagamento del compenso richiesto, provveduto al rilascio della quarta copia in originale del formulario controfirmato di cui a ll’art. 193 del d.lgs. n. 152 del 2006 e della relativa certificazione di avvenuto smaltimento dei rifiuti; che l’inadempimento consumato dalla RAGIONE_SOCIALE era grave, in quanto l’art. 188 del d.lgs. n. 152 del 2006 , nella versione all’epoca in vigore, stabiliva che ‘ il produttore iniziale o altro detentore conserva la responsabilità per l’inter a catena di trattamento ‘, sicché la prestazione assunta dalla opposta
comprendeva senz’altro la consegna del suddetto certificato, al fine di liberare la committente da qualsivoglia responsabilità; aggiunse che tale inadempienza investiva e coinvolgeva la complessiva prestazione assunta dalla RAGIONE_SOCIALE riguardante la bonifica del manto di copertura, per il quale era stato previsto il corrispettivo di euro 19.801,00, consistendo essa in operazioni tra loro strettamente collegate dal punto di vista funzionale. Revocò pertanto il decreto ingiuntivo opposto e condannò la COGNOME RAGIONE_SOCIALE al pagamento del minor importo di euro 61.798,72.
Per la cassazione di questa sentenza ha proposto ricorso la RAGIONE_SOCIALE affidato a tre motivi.
La sRAGIONE_SOCIALE. COGNOME ha notificato controricorso.
Il P.M. e le parti hanno depositato memoria.
Ragioni della decisione
1.Il primo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 183 e 188, comma 3 lett. b) del d.lgs. n. 152 del 2006, censurando la sentenza per avere ritenuto l’inadempimento della società appaltatrice a causa del mancato rilascio del certificato di smaltimento dei rifiuti, reputando tale documento condizione necessaria al fine di liberare la committente, quale detentrice del materiale pericoloso, da ogni responsabilità in ordine al suo smaltimento. Assume al riguardo la ricorrente che tale responsabilità in realtà non era configurabile, in quanto la società RAGIONE_SOCIALE aveva dismesso la qualità di detentore quando la società COGNOME, incaricata dalla odierna esponente, aveva prelevato i rifiuti e quindi rilasciato i formulari richiesti dalla legge. In ogni caso tale effetto liberatorio doveva ritenersi realizzato a seguito della comunicazione alle province di Bergamo e di Brescia della mancata restituzione, da parte della società COGNOME, della quarta copia del formulario, ai sensi dell’art. 188, comma 3 lett. b) del d.lgs. n. 152 del 200, nella versione all’epoca in vigore, in forza della quale il materiale doveva considerarsi a tutti gli effetti smaltito. La suddetta norma prevede, infatti, che ‘ la responsabilità del produttore o del detentore per il recupero o smaltimento dei rifiuti è esclusa nei seguenti casi: … b) conferimento di rifiuti a soggetti autorizzati alle attività di recupero o di smaltimento a condizione che il detentore abbia ricevuto il formulario di cui
all’art. 193 controfirmato e datato in arrivo dal destinatario entro tre mesi dalla data di conferimento dei rifiuti ovvero che alla scadenza di detto termine il produttore o il detentore abbia provveduto a dare comunicazione alle autorità competenti della mancata ricezione del formulario ‘. Ne consegue, sostiene la ricorrente, che a seguito della comunicazione diretta agli enti competenti di mancata ricezione del formulario, la società RAGIONE_SOCIALE si era liberata da ogni responsabilità in ordine allo smaltimento dell’amianto e che, pertanto, essa non aveva interesse al rilascio del certificato suddetto, che non appariva, ai suoi fini, più rilevante. Da tale mancanza la Corte di appello non avrebbe quindi potuto far conseguire alcun inadempimento a carico della sRAGIONE_SOCIALE negandole il diritto al corrispettivo pattuito.
2. Il motivo è infondato.
La Corte di appello ha affermato che la mancata consegna della quarta copia in originale del formulario controfirmat o di identificazione dei rifiuti, di cui all’art. 193 d.lgs. n. 152 del 2006, e della certificazione di avvenuto smaltimento costituisse una grave inadempimento della società RAGIONE_SOCIALE che si era assunta l’obbligo della bonifica dell’area, atteso che la disciplina in materia configura, in questa ipotesi, la responsabilità del detentore dei rifiuti in ordine al loro trattamento. La motivazio ne trova conferma nell’art. 188 del decreto legislativo citato, richiamato in sentenza, laddove stabilisce che ‘ il produttore iniziale o altro detentore conserva la responsabilità per l’intera catena di trattamento, restando inteso che qualora il produttore iniziale o il detentore trasferisca i rifiuti per il trattamento preliminare a uno dei soggetti consegnatari di cui al presente comma, tale responsabilità, di regola, comunque sussiste ‘.
L’interpretazione e conseguente applicazione della citata disposizione da parte della Corte bresciana è corretta, discendendo dal chiaro tenore della norma che, mantenendo la responsabilità del detentore dei rifiuti per tutte le fasi del trattamento, evidenzia il suo interesse ad uno smaltimento regolare e ad ottenere il relativo certificato da parte del soggetto incaricato di provvedervi. L’argomento speso dalla ricorrente, secondo cui la società RAGIONE_SOCIALE si sarebbe liberata da ogni responsabilità nel momento in cui i rifiuti erano stati prelevati e
trasportati dalla società Valli, incaricata dello smaltimento dalla opposta, non ha pertanto consistenza giuridica.
Né merita accoglimento la tesi secondo cui analogo effetto liberatorio sarebbe da ricollegare alla comunicazione fatta alle province di Bergamo e di Brescia di mancato ricevimento, da parte della stessa Valli, del formulario prescritto.
Va in proposito richiamata la disposizione di cui all’art. 188, comma 3 lett. b), d.lgs. n. 152 del 2006, nella versione in vigore all’epoca dei fatti e quindi ratione temporis applicabile, la quale stabiliva che: ‘ Al di fuori dei casi di concorso di persone nel fatto illecito e di quanto previsto dal regolamento (CE) n.1013/2006, la responsabilità dei soggetti non iscritti al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’art. 188 -bis, comma 2, lett. a), che, ai sensi del l’art. 21 2, comma 8, raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi è esclusa: .. b) a seguito del conferimento dei rifiuti a soggetti autorizzati alle attività di recupero e di smaltimento, a condizione che il pro duttore sia in possesso del formulario di cui all’art. 193 controfirmato e datato in arrivo dal destinatario entro tre mesi dalla data di conferimento dei rifiuti al trasportatore, ovvero alla scadenza del predetto termine abbia provveduto a dare comunicazione alla provincia della mancata ricezione del formulario ‘.
Come dedotto dalla controricorrente e dal Procuratore Generale, la norma si rivolge espressamente solo ai raccoglitori e ai trasportatori di propri rifiuti, non anche al detentore o produttore, la cui responsabilità viene ribadita dal comma precedente sopra richiamato. La norma in ogni caso si riferisce alla raccolta di rifiuti non pericolosi, tra cui non può annoverarsi il materiale oggetto di smaltimento, che consisteva in cemento-amianto.
In realtà la norma richiamata dalla società ricorrente esiste ed è contenuta nel comma 4 dell’art. 188 del d.lgs. citato, che amplia la precedente ipotesi anche al produttore e detentore. Solo che tale disposizione non è applicabile nel caso di specie, ess endo stata introdotta, successivamente, dall’art. 1, comma 15, del d.lgs. 3.9.2020, n. 116. Il rilievo svolto in memoria dalla ricorrente, secondo cui tale disposizione sarebbe comunque applicabile in quanto intervenuta prima della decisione della Corte di appello, non merita d’altra parte di essere seguita,
dovendo il giudizio sulla esattezza dell’adempimento essere condotto sulla base della situazione anche normativa esistente al momento in cui la prestazione deve essere eseguita, atteso che è con riferimento a tale momento che va valutato se l’interesse del creditore ad ottenere in via immediata o in un congruo e ragionevole lasso di tempo il risultato che intendeva realizzare è stato o meno soddisfatto.
Sotto altro e diverso profilo, merita aggiungere che la Corte di appello ha accertato la responsabilità per inadempimento della società appaltatrice richiamando a tal fine la clausola contrattuale con cui essa si era assunto l’obbligo del ‘rilascio del certificato di messa a dimora definitivo del rifiuto pericoloso ‘ (pag. 8), ravvisando così nella mancata consegna di tale documento l’omessa esecuzione di uno specifico obbligo contrattuale.
3. Il secondo motivo di ricorso denuncia vizio di omesso esame di fatto decisivo, costituito dalla circostanza che i lavori relativi al trasporto e messa a dimora dei rifiuti pericolosi, oggetto di subappalto alla società RAGIONE_SOCIALE, ammontavano all’importo di euro 5.873,64, che era solo una parte del compenso previsto per l’intera prestazione, consistente nella ‘ bonifica di tutto il manto di copertura in cemento-amianto. Confezionamento su pallet e accatastamento provvisorio in area di cantiere prestabilita ‘, che per il resto era stata regolarmente eseguita. La Corte di appello, pertanto, non avrebbe potuto negare il corrispettivo per l’intero importo previsto di euro 19.801,00, sul presupposto che l’inadempimento incideva sulla prestazione nel suo complesso. Questa valutazione è errata, atteso che la l’obbligazione assunta era composta da operazioni distinte e perfettamente scindibili, sicché il compenso avrebbe al più potuto essere escluso per il solo trasporto e smaltimento dei rifiuti. In tema di appalto, in fatti, l’inadempim ento in ordine alla esecuzione di taluni lavori ha incidenza sull’importo corrispondente e non esclude il compenso dell’appaltatore sui lavori eseguiti.
4. Il motivo è inammissibile.
La Corte di appello ha escluso in toto il diritto al corrispettivo della parte opposta, relativamente alla prestazione oggetto di contestazione, sulla base del rilievo che il mancato rilascio della certificazione di smaltimento dei rifiuti pericolosi
aveva negativamente inciso sulla complessiva attività di bonifica del sito (confezionamento su pallet e accatastamento provvisorio in area di cantiere prestabilita), ‘ trattandosi di operazioni funzionali le une rispetto alle altre ed il cui perfezionamento non può prescindere dal compimento di tutte le attività come sopra previste ‘. La Corte, in altre parole, ha ritenuto che l’inadempimento accertato, riguardando l’atto finale ed il risultato della intera prestazione, avesse altresì vanificato i lavori indicati nella richiamata clausola contrattuale
Tanto precisato, le censure sollevate con il motivo sono inammissibili perché generiche, non precisando specifiche ragioni per cui la conclusione accolta dalla Corte si porrebbe in contrasto con il programma contrattuale condiviso dalle parti, ed in quanto investono un apprezzamento di fatto di esclusiva competenza del giudice di merito, non censurabile, in quanto tale, nel giudizio di legittimità.
Il terzo motivo di ricorso assume che la Corte di appello avrebbe dovuto confermare la condanna inflitta alla opponente in primo grado di risarcimento del danno ai sensi dell’art. 96 c.p.c..
Il motivo, che è privo di autonomia, in quanto dipendente dall’accoglimento dei restanti motivi, si dichiara assorbito.
Il ricorso va pertanto respinto.
Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Deve darsi atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in euro 3.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.
Dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 3 luglio 2025.