Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21937 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 21937 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/07/2025
S E N T E N Z A
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE con sede in Torino, in persona del legale rappresentante sig.ra NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’Avvocat o NOME COGNOME
Ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE con sede in Avezzano, in persona del legale rappresentante dott. NOME COGNOME rappresentata e difesa da ll’Avvocato NOME COGNOME.
Controricorrente
e
RAGIONE_SOCIALE con sede in Roma, in persona del legale rappresentante dott. NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’Avvocato NOME COGNOME.
avverso la sentenza n. 769/2020 della Corte di appello di L’Aquila , depositata il 3.6.2020.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27.6.2025 dal consigliere NOME COGNOME
Udite le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. ssa NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Udite le difese svolte dall’Avvocato NOME COGNOME per la società ricorrente e dall’Avvocato NOME COGNOME per la società controricorrente RAGIONE_SOCIALE
Fatti di causa
Con sentenza n. 769 del 3.6.2020 la Corte di appello di L ‘Aquila confermò la decisione di primo grado che aveva rigettato la domanda proposta da RAGIONE_SOCIALE di risoluzione del contratto di compravendita sottoscritto, in data 29.12.2006, con la RAGIONE_SOCIALE e di risarcimento dei danni per il tardivo rila scio del certificato di agibilità dell’immobile acquistato.
La Corte di appello, dato atto che l’appellante Immobiliare COGNOME aveva abbandonato la domanda di accertamento della nullità della compravendita per irregolarità urbanistica del l’immobile , atteso che nel corso del giudizio di secondo grado erano intervenuti sia il provvedimento di sanatoria dell’abuso che il certificato di agibilità, motivò il rigetto della domanda di risoluzione affermando che: dalla lettura del contratto risultava che la parte acquirente era consapevole che, al momento del suo acquisto, non era stato ancora rilasciato il provvedimento in sanatoria, necessario ai fini del certificato di agibilità, e che la venditrice, assicurando che l’immobile aveva tutti i requisiti per ottenerlo, si era obbligata a procurare il suo rilascio nei tempi di legge; il ritardo maturato per ottenere il certificato di agibilità, condizionato dalla conclusione della pratica di condono edilizia, non era addebitabile alla società venditrice ma all’ autorità amministrativa, tenuto conto che i requisiti per il suo rilascio erano sussistenti al momento della stipula; non era ravvisabile, pertanto, alcun inadempimento da parte della società venditrice; la domanda di risarcimento del danno per non avere la proprietaria, nel periodo in cui l’immobile era rimasto privo del predetto certificato, potuto locare il bene, andava disattesa, per mancanza della prova del pregiudizio subito e del nesso causale; la richiesta della società appellante di cessazione della materia del contendere per la sopravvenienza del
provvedimento di condono e del certificato di agibilità, con compensazione delle spese di giudizio, era improponibile in quanto formulata in via subordinata; la domanda di manleva avanzata dalla società convenuta RAGIONE_SOCIALE nel confronti della terza chiamata RAGIONE_SOCIALE sua dante causa, era assorbita.
Per la cassazione di questa sentenza ha proposto ricorso RAGIONE_SOCIALE, affidato a dieci motivi.
RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE, quale società incorporante RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE hanno notificato distinti controricorsi.
Il P.M., la società ricorrente e la controricorrente RAGIONE_SOCIALE hanno depositato memoria.
Ragioni della decisione
1.Il primo motivo di ricorso denuncia violazione degli artt.1476 n. 1, 1477 e 2697 c.c., per avere la Corte di appello ricondotto la questione controversa alla sussistenza dei requisiti sostanziali dell’immobile per la sua agibilità, ponendo la prova della loro mancanza a carico della parte acquirente, trascurando di considerare l’importanza e la gravità dell’inadempimento della controparte rispetto al suo obbligo di consegnare i titoli ed i documenti relativi alla proprietà del bene trasferito, tenuto conto che il certificato di agibilità era stato rilasciato a distanza di 12 anni dalla vendita.
Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione degli artt. 1477, 1183, 1175 e 1375 c.c. nonché degli artt. 24, comma 1, e 25, comma 1 lett. b), del d.p.r. n. 380 del 2001, lamentando che non sia stato valutato l’inadempimento della società venditrice per la mancata consegna dei titoli e dei documenti relativi alla proprietà, anche con riferimento alla regolarità edilizia e urbanistica del bene trasferito, limitando l’obbligazione della controparte al solo rilascio del certificato di agibilità, senza con siderare che quest’ultimo richiede la regolarità urbanistica dell’immobile. Si assume l’erroneità della conclusione fatta propria dalla Corte di appello, fondata sul rilievo che, nel contratto, le parti avevano deciso di vendere e di acquistare un immobile privo di tale documentazione, atteso che essa non poteva essere spinta fino al punto di ritenere che l ‘ acquirente avesse inteso addivenire alla stipula con rischio a proprio carico e
rinunciare ad alcuna garanzia. Avrebbe pertanto dovuto essere valutata la gravità del ritardo con cui la controparte aveva consegnato la documentazione. Il terzo motivo di ricorso denuncia violazione dell’art. 14 81 c.c. ( recte dell’art. 1491 c.c.), censurando la sentenza per avere escluso la responsabilità della venditrice per la ritardata consegna della documentazione relativa alla proprietà dell’immobile sulla base del rilievo che l’ acquirente era a conoscenza, al momento dell’acquisto, che era in corso la pratica di condono edilizio.
Il quarto motivo di ricorso denuncia violazione degli artt. 1381 e 1491 c.c., per avere la Corte di appello attribuito il ritardo nel rilascio del certificato di agibilità alla lentezza del disbrigo della pratica edilizia, confondendo tra impossibilità della parte venditrice ad essere condannata ad un facere infungibile e adempimento della specifica obbligazione su di essa gravante ai sensi dell’art. 1477 c.c..
Il quinto motivo di ricorso denuncia violazione dell’art. 1456 c.c., per non avere la Corte di appello vagliato se il ritardo di dodici anni nella consegna della documentazione dell’immobile , nonostante le intimazioni a provvedere dalla stessa ricevute, costituisse grave inadempimento della venditrice. Analoga omissione, si assume, era già stata rilevata da questa Corte con l’arresto n. 20426 del 2018, che aveva cassato per tale ragione una precedente sentenza emessa dalla Corte di appello aquilana, in un caso in cui la certificazione era stata rilasciata con un ritardo di sette anni.
Il sesto motivo di ricorso denuncia violazione degli artt. 3, 4 e 42 Cost., dell’art. 17 della Car ta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e dell’art. 1 del Protocollo CEDU, assumendo che la decisione impugnata, nel ritenere legittimo il comportamento gravemente inadempiente della venditrice, appare in contrasto con le disposizioni costituzionali e convenzionali che tutelano il diritto di proprietà ed il risarcimento del danno in caso di sua violazione.
I primi sei motivi di ricorso, che vanno esaminati congiuntamente, sono inammissibili.
Occorre muovere dalla motivazione della sentenza impugnata. La Corte di appello ha rigettato la domanda di risoluzione del contratto di vendita proposta dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ritenendo che la ritardata consegna
del certificato di agibilità dell’immobile non integrasse un inadempimento dell’obbligo previsto dall’art. 1477 c.c. nei confronti della società venditrice. Ha a tal fine rilevato che all’art. 5 del contratto di compravendita le parti contraenti avevano dato atto che non era stato ancora rilasciato il provvedimento edilizio in sanatoria dell’immobile e che, pertanto, non era stato rilasciato nemmeno il certificato di agibilità, che presuppone la regolarità urbanistica del bene. Ha quindi osservato che la società venditrice aveva assicurato che l’immobile aveva tutti i requisiti per il suo rilascio e che essa si obbligava ad ottenerlo a sua cura e spese nei tempi di legge. Ha quindi aggiunto che il ritardo nell’emissione del certificato di agibilità era dipeso esclusivamente dai tempi in cui era stata esitata la pratica edilizia . Che l’immobile, al momento della vendita, possedesse i requisiti sostanziali, in termini di salubrità, stabilità e sicurezza, per ottenere il certificato in parola non era stato smentito da prova contraria e comunque risultava dal fatto che il documento, una volta adottato il provvedimento in sanatoria, era stato rilasciato.
La ratio della decisione poggia quindi sull’argomento che la società acquirente, essendo ben consapevole della pendenza della pratica di sanatoria edilizia e della necessità del suo completamento al fine del rilascio del certificato di agibilità, avesse acquistato il bene accettando il rischio di un suo possibile ritardo. Ha escluso pertanto l’inadempimento della società venditrice, non potendo ad essa imputare atti o omissioni cui ricollegare il suddetto ritardo, essendo esso addebitabile esclusivamente a lla lungaggine dell’esito della pratica di condono edilizio.
Tanto precisato, i motivi di ricorso sono inammissibili perché non attaccano con idonee argomentazioni l’impianto motivazionale delle decisione impugnata, limitandosi a sottolineare ripetutamente che la società venditrice non aveva assolto all’obbligo di consegnare alla acquirente la docum entazione relativa alla proprietà dell’immobile venduto, previsto dall’art. 1477 c.c., ma senza aggredire, come dedotto dal Procuratore Generale, l’interpretazione del contratto fatta propria dalla Corte territoriale, in particolare la conclusione che essa ne ha tratto laddove ha ritenuto che la RAGIONE_SOCIALE Dominici, essendo ben consapevole della pendenza della pratica edilizia di sanatoria che interessava
l’immobile, avesse accettato che la consegna del certificato di agibilità venisse differita al suo esito positivo. La fattispecie concreta appare pertanto affatto diversa da quella decisa da questa Corte con ordinanza n. 20426 del 2018, richiamata dalla ricorrente, ove la consegna del certificato di agibilità doveva avvenire, secondo la norma, in sede di stipula del contratto di vendita. La parte insiste nella doglianza che il suddetto certificato è stato consegnato a distanza di dodici anni dalla vendita, ma non formula alcun rilievo critico sul giudizio formulato dalla Corte di appello di non imputabilità di tale ritardo alla controparte, non deduce, nello specifico, quali iniziative essa avrebbe dovuto porre in essere e non ha intrapreso per ottenerlo in tempi più brevi, né che esso è dipeso dalla mancanza di requisiti sostanziali dell’immobile.
A tali rilievi, di per sé assorbenti, merita aggiungere che la conclusione cui è pervenuta la decisione impugnata costituisce uno sviluppo lineare e coerente delle premesse da essa accolte in ordine alla volontà espressa dalle parti nel contratto e che la valutazione del comportamento della società convenuta rispetto agli impegni da essa assunti in sede contrattuale si risolve in un apprezzamento di fatto, che si sottrae, in quanto tale, al controllo di legittimità affidato a questa Corte.
3. Il settimo motivo di ricorso denuncia violazione dell’art. 1226 c.c., per avere la Corte rigettato la domanda della odierna ricorrente di risarcimento del danno senza avvalersi della possibilità di liquidarlo in via equitativa, per cui disponeva di precisi elementi, quali la redditività del bene e la presenza dell’interesse della acquirente di alienarlo nel breve periodo.
L’ottavo motivo di ricorso denuncia violazione dell’art. 27 27, per non avere la Corte di appello acquisito come fatto notorio la difficoltà di commercializzare un bene sprovvisto di certificazione edilizia-urbanistica. Sotto altro profilo la sentenza è censurata per non avere dato seguito alla richiesta della odierna ricorrente di procedere a consulenza tecnica d’ufficio al fine di accertare la diminuzione di valore dell’immobile causata dalla mancanza della predetta documentazione.
Il nono motivo di ricorso denuncia violazione dell’art. 2697 c.c., per avere la Corte di appello respinto la domanda risarcitoria per mancata prova del danno,
senza dare ingresso alla consulenza tecnica richiesta a tal fine e tenere conto della prova testimoniale, che aveva confermato il fallimento delle trattative instaurate dalla RAGIONE_SOCIALE con terzi proprio a causa della mancanza del certificato di agibilità dell’immobile. Il motivo critica anche la s tatuizione che, pur in presenza delle condizioni richieste dalla legge, non ha accolto la richiesta della appellante di disporre la cessazione della materia del contendere.
4. Il settimo, ottavo e nono motivo di ricorso, da esaminarsi congiuntamente, vanno dichiarati assorbiti in ragione del rigetto dei precedenti motivi.
La ragione sta nel rilievo che, una volta esclusa la sussistenza di un inadempimento a carico della società venditrice, viene meno il titolo del diritto della acquirente a pretendere, a causa di esso, il risarcimento del danno.
Il rilievo, pur non espresso a chiare lettere dalla sentenza impugnata, appare fatto proprio del resto dalla Corte di appello, laddove appare indicare nella mancata prova del pregiudizio sofferto non la sola e unica ragione, ma un motivo ulteriore per motivare il rigetto della domanda risarcitoria (pag. 9).
5. Il decimo motivo di ricorso denuncia violazione degli artt. 100 e 92 c.p.c., lamentando che la Corte di appello non abbia valutato, ai fini della regolamentazione delle spese di giudizio, che il certificato di agibilità dell’immobile era intervenuto solo nel corso del giudizio di appello e che tale fatto sopravvenuto aveva soddisfatto l’interesse di tutte le parti in giudizio. L a Corte, pertanto, avrebbe dovuto dichiarare cessata la materia del contendere e, sulla base del criterio della soccombenza virtuale, porre le spese di lite a carico della società convenuta, in quanto inadempiente agli obblighi da essa assunti con il contratto di vendita.
6. Il motivo è infondato.
La statuizione della Corte di appello che ha respinto la richiesta della parte appellante di disporre, in ragione del sopravvenuto rilascio, in corso di causa, del certificato di agibilità dell’immobile, la cessazione della materia del contendere, è pienamente condivisibile, se solo si considera che la società appellante ha formulato tale richiesta in via subordinata. Il venir meno della materia del contendere dipende infatti da fatti sopravvenuti, la cui rilevanza in senso oggettivo non è lasciata alla disponibilità della parte. Merita evidenziare,
inoltre, la mera strumentalità, in quanto diretta allo scopo di sottrarsi alle conseguenze della infondatezza della domanda proposta in via principale, della richiesta della parte di dichiarazione della cessazione della materia del contendere formulata solo in via subordinata alla mancata adozione di una decisione a lei favorevole nel merito.
7. Il ricorso va pertanto respinto.
Le spese del giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in euro 7.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, in favore della società RAGIONE_SOCIALE ed in euro 5.800,00 di cui euro 200,00 per esborsi, in favore della RAGIONE_SOCIALE oltre spese generali ed accessori di legge, in favore di ciascuna parte controricorrente.
Dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27 giugno 2025.