Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23646 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23646 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 21/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 27047-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
Oggetto
Distacco transnazionale
Certificati E101
R.G.N.27047/2019
COGNOME
Rep.
Ud.25/02/2025
CC
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 235/2019 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 11/07/2019 R.G.N. 470/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/02/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1.La Corte d’appello di Genova ha accolto parzialmente il gravame proposto da INPS e, in riforma della pronuncia di primo grado, ha determinato in euro 8.213,00 gli importi dovuti dalla RAGIONE_SOCIALE a titolo di contributi sulle somme erogate per trasferte, così riducendo l’originaria pretesa riportata in avviso di addebito per un maggior obbligo contributivo accertato in relazione a dipendenti di società straniere, impiegati in distacco presso la stessa società cooperativa, considerati a tutti gli effetti come suoi dipendenti.
In primo grado la società ricorrente, subappaltatrice di una società impegnata in attività di riparazione, manutenzione e pulizia dei mezzi di proprietà di altra società (NOME RAGIONE_SOCIALE) operante presso il terminal del porto di Genova, ed esercente in ATI con altre imprese italiane e rumene, aveva invocato l’inesigibilità della pretesa stante il mancato previo annullamento dei modelli E101 e/o A1 in possesso dei lavoratori distaccati, nonché la decadenza dell’INPS dalla relativa azione per violazione del principio di ragionevolezza della durata degli accertamenti ispettivi; nel merito lamentava che INPS non aveva provato la non genuinità del distacco transnazionale, ferma restando la qualificazione del rapporto di lavoro con un lavoratore rumeno (Voicu COGNOME) e la prescrizione quinquennale.
Il giudice di primo grado aveva respinto il ricorso della CRAGIONE_SOCIALE confermando i rilievi ispettivi circa l’illegittima corresponsione dell’indennità di trasferta e l’intermediazione fittizia di manodopera attraverso l’irregolare ricorso al distacco di numerosi lavoratori rumeni; in particolare, era stata ritenuta la natura retributiva dell’indennità di trasferta, non avendo la società esibito alcuna documentazione che ne comprovasse l’effettività ed essendo risultata la stabile adibizione dei lavorat ori ai cantieri dell’appaltante. Il Tribunale aveva anche evidenziato che, pur vigendo una presunzione di regolarità contributiva -ai sensi del regolamento CEE n.987/2009- dei dipendenti in distacco transnazionale in possesso di certificati E101 o A1, tali certificati non erano comunque stati depositati né in sede amministrativa né in sede giudiziale, e ciò determinava la vigenza dell’obbligo contributivo nei confronti di INPS per l’attività prestata dai lavoratori rumeni in Italia. Ad ogni modo, l’accertamento ispettivo aveva rilevato l’assenza di legami effettivi tra i lavoratori distaccati ed il soggetto distaccante, né vi era la prova che le imprese rumene partecipanti in ATI avessero avuto interesse all’esecuzione della prestazione in Italia dei propri dipendenti o che avessero conseguito un risultato utile derivante dall’attività di subappalto.
La Corte territoriale, respinti i motivi di gravame n.1, 3, 5, 6, 7 proposti dalla società sulla durata degli accertamenti ispettivi, sul riparto dell’onere probatorio circa l’effettività della trasferta, sulla prova del distacco in ragione del legame con l’unico lavoratore dichiaratosi responsabile in Italia dell’appalto con le ditte straniere, sulla prescrizione invocata per l’anno 2010 e sulla mancata pronuncia in ordine all’applicabilità delle sanzioni per l’evasione contributiva, ha invece accolto i mo tivi di appello n.2 e 4 sulla ritenuta esistenza dei modelli TARGA_VEICOLO che l’appellante
non avrebbe potuto dimostrare, trattandosi di documenti nella disponibilità di terzi e che soltanto il datore distaccante avrebbe potuto chiedere presso il proprio Istituto di previdenza, avendo, invece, l’INPS nel proprio verbale lasciato intendere di ave rne verificato l’esistenza; ha altresì accolto il motivo afferente alla necessità che il modello E101 venisse rimosso, ossia dichiarato non valido, dallo Stato membro che lo aveva emesso.
La Corte territoriale ha quindi affermato che la presenza dei modelli E101 non certifichi la genuinità dei distacchi ma soltanto l’esistenza di un versamento contributivo nel Paese di stabilimento, il che dimostrerebbe l’esistenza dei modelli E101 o A1 e, comunque, che fosse dirimente non l’inesistenza dei modelli bensì l’irrilevanza ai fini dell’accertamento della genuinità del distacco. Ha richiamato la sentenza della CGUE C359/2016 secondo la quale il modello E101 crea una presunzione di regolarità di iscrizione del lavoratore interessato al regime previdenziale dello Stato membro, ed è vincolante per l’Istituzione competente dello Stato in cui il lavoratore svolge attività lavorativa, per cui spetta allo Stato emittente l’obbligo di riconsiderare la correttezza del rilascio del certificato E101 e di revocarlo qualora l’Istituzione competente dello Stato ove il lavoratore svolge l’attività manifesti riserve in ordine all’esattezza dei fatti che sono alla base di detto certificato. Nel caso di specie non r isultava che l’INPS avesse chiesto alla Istituzione emittente il riesame e la revoca dei certificati E101, per cui, rimanendone il valore vincolante, non si poteva accertare la non genuinità dell’appalto; per tale ragione riformava la sentenza di primo grado nella parte relativa ai contributi richiesti con riferimento ai lavoratori rumeni in distacco e, stante l’onere a carico dell’appellante di fornire la prova dell’effettività delle trasferte, ha confermato per la
residua parte l’obbligo contributivo richiesto per l’indebita erogazione di somme a tale titolo.
Ricorre per cassazione l’INPS deducendo due motivi a cui la società RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso, illustrato da memorie.
Nell’Adunanza camerale del 25 febbraio 2025 il ricorso è stato trattato e deciso.
CONSIDERATO CHE
1. Con il primo motivo di ricorso l’Istituto di previdenza deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c., il vizio di motivazione per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto l’esistenza dei modelli E101, laddove essi non erano mai stati prodotti dalla Cooperativa resistente, non erano stati allegati al giudizio, e, ove pure fossero considerati esistenti, non sarebbero stati comunque sufficienti a dimostrare la genuinità dei distacchi; la Corte territoriale avrebbe infatti omesso qualunque m otivazione sulle precise contestazioni dell’Istituto in ordine all’esistenza dei modelli.
Con il secondo motivo deduce, in relazione all’art 360 comma 1 n. 3 c.p.c., la violazione e la falsa applicazione dell’art. 12, par. I, del Regolamento UE n. 833/2004, così come modificato dal Regolamento n.465/2012, dell’art. 29 D.lgs. 276/2003, dell’art. 4 del D.lgs. n. 136/2016, attuativo della Direttiva n. 2014/67/UE. La Corte territoriale non avrebbe considerato che, secondo la disposizione dell’art. 12 del citato regolamento UE, in tema di distacco transnazionale il lavoratore distaccato conserva il regime previdenziale dello Stato membro dell’impresa distaccante a condizione che la durata prevedibile del lavoro svolto nello stato estero non superi i 24 mesi; ciò a
dimostrazione della persistenza di un legame effettivo tra il lavoratore distaccato e la ditta distaccante nel cui interesse questi espleti la sua attività lavorativa, come peraltro confermato dall’art. 1 del D.lgs. n.136/2016, attuativo della Direttiva 2014/67/UE che, in tema di cooperazione nel mercato interno, prevede il distacco dei lavoratori a condizione che continui ad esistere il rapporto di lavoro con il lavoratore distaccato. Nel caso di specie, il verbale di accertamento del 30/11/2015, posto a b ase dell’avviso di addebito, aveva verificato l’utilizzo di 12 lavoratori di nazionalità rumena nel periodo dall’1/10/2010 al 10/09/2015, superiore al limite dei 24 mesi, e che tutti i lavoratori interessati avevano affermato in sede ispettiva di non conoscere sede, uffici, responsabili delle ditte rumene distaccanti, di non avere mai lavorato in Romania, di avere sempre lavorato in Italia presso i cantieri del terminal portuale, formalmente alle dipendenze di ditte rumene facenti parte di una ATI e poi, dal gennaio 2015, alle dipendente della società RAGIONE_SOCIALE ricevendo notizie sul rapporto di lavoro per il tramite di un unico lavoratore formalmente dipendente delle ditte rumene (Voicu Petru) e poi assunto dal legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, prestando tutti attività lavorativa al fianco dei dipendenti della RAGIONE_SOCIALE, espletando le medesime lavorazioni, usando le stesse attrezzature, e restando assoggettati al potere direttivo dei responsabili della Cooperativa. In definitiva, la presunta esistenza dei modelli TARGA_VEICOLO non può legittimare un distacco transnazionale palesemente fittizio sulla scorta delle enunciate circostanze mai contestate dalla controparte.
La società RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso deducendo l’inammissibilità del primo motivo, poiché dalla nuova formulazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c. non è
più configurabile il vizio dell’insufficiente e contradditoria motivazione della sentenza; il motivo di tradurrebbe comunque in un’istanza di rivalutazione delle prove raccolte e sarebbe finalizzato all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, senza tener conto che la società RAGIONE_SOCIALE non avrebbe potuto esibire modelli A1 dei lavoratori assunti da società straniere distaccati in Italia. Anche il secondo motivo sarebbe inammissibile per mancanza di specificità, ed infondato perché la Corte non aveva mai affermato la legittimità del distacco transnazionale basato sulla mera esistenza dei modelli A1. Nelle memorie difensive depositate in prossimità di udienza il difensore della società chiede la distrazione in suo favore in caso di condanna del ricorrente alle spese di giudizio.
3. Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo di ricorso non è articolato secondo il paradigma del n. 5 dell’art. 360, primo comma, c.p.c., nella formulazione vigente dopo la riforma introdotta con D.L. n. 83/2012. La motivazione della sentenza è strumentale alla ricostruzione dell’ iter logico seguito dal giudice, ma la sua eventuale insufficienza o contraddittorietà non rileva in sé bensì nei limiti in cui l’interpretazione e/o l’applicazione della legge risulti errata.
4.1 -Questa Corte ha precisato che, a seguito della riformulazione dell’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà ed insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del ‘minimo costituzionale’ richiesto dall’art. 111 comma 6 Cost., individuabile nelle ipotesi di mancanza di
motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale, di motivazione apparente, di manifesta ed irriducibile contraddittorietà e di motivazione perplessa od incomprensibile, al di fuori delle quale il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un fatto storico che abbia formato oggetto di discussione e che appaia decisivo ai fini di una diversa soluzione della controversia (cfr. Cass. sent. n.23940/2017, ord. n.2980/2023, ord. n.7090/2022). Il vizio di motivazione mancante, insufficiente o contraddittoria non è più previsto nell’art. 360 comma 1 n.5 c.p.c. che invece ha introdotto un diverso specifico vizio deducibile, ossia l’omesso esame circa un fatto decisivo e controverso.
4.2 Nel caso in esame, al di là del generico riferimento al ‘vizio di motivazione’, che -come prospettato in ricorso- concerne benvero il merito della causa, le questioni di fatto, e non già la legittimità, va evidenziato che l’impugnata sentenza ha esplicitamente precisato le ragioni per le quali sia stata ipotizzata l’affermazione, emergente dall’accertamento ispettivo, secondo la quale sia stata dimostrata l’esistenza dei modelli TARGA_VEICOLO o TARGA_VEICOLO (la Corte territoriale lo ha ritenuto a pagine 12-13, nonché a pagina 19, laddove ha argomentato sulla vincolatività dei certificati in questione ed ha constatato che non risulti che l’INPS ‘ abbia richiesto all’istituzione rumena che ha emesso i certificati il loro ritiro ‘, in tal modo ipotizzandone non già l’inesistenza ma l’omessa richiesta del loro riesame o revoca).
4.3 -Risulta, allora, svolto in sentenza il passaggio motivazionale sulla ritenuta esistenza dei certificati; e non si verte in un’ipotesi di vizio di assenza di motivazione che, come precisato in ord. n. 16611/2018, rientra nel paradigma dell’art.
360 co.1 n. 4 c.p.c., peraltro non ravvisabile per mancata deduzione di un eventuale contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili che rendano incomprensibili le ragioni della decisione.
Diversa questione involge, invece, la ritenuta insufficienza dell’accertata esistenza dei certificati al fine di verificare la genuinità dei distacchi. Sul punto l’argomento viene svolto nel secondo motivo di ricorso di seguito trattato.
5. Anche il secondo motivo è inammissibile.
5.1 – La censura non è specifica e non si confronta con la tesi della Corte d’appello che, nel richiamare la giurisprudenza eurounitaria ha rilevato che per evitare che un’impresa di uno Stato membro debba iscrivere i suoi dipendenti al regime previdenziale di un altro Stato membro nel quale siano inviati per svolgere lavori limitati nel tempo, l’art. 14 punto 1, lett.a, del Regolamento del Consiglio dell’Unione Europea n. 1408/71 consente all’impresa di mantenere i propri dipendenti iscritti al regime previdenziale del primo Stato membro. La normativa, emanata in applicazione dei regimi di sicurezza sociale, è finalizzata ad una perdurante tutela previdenziale in favore dei lavoratori che si spostano all’interno dell’Unione Europea, e fissa norme di coordinamento dei sistemi vigenti, garantendo che i cittadini europei che lavorano o risiedono in uno Stato membro diverso da quello di origine non perdano i loro diritti previdenziali.
5.2 – La norma regolamentare è destinata a disciplinare proprio il caso del distacco (‘ a) la persona che esercita un’attività subordinata nel territorio di uno Stato membro presso un’impresa dalla quale dipende normalmente ed è distaccata da
questa impresa nel territorio di un altro Stato membro per svolgervi un lavoro per conto della medesima, rimane soggetta alla legislazione del primo Stato membro, a condizione che la durata prevedibile di tale lavoro non superi i dodici mesi e che essa non sia inviata in sostituzione di un’altra persona giunta al termine del suo periodo di distacco ‘) ed è ripresa nell’art. 12 del Regolamento del Parlamento Europeo n.883/2004 (‘ La persona che esercita un’attività subordinata in uno Stato membro per conto di un datore di lavoro che vi esercita abitualmente le sue attività ed è da questo distaccata, per svolgervi un lavoro per suo conto, in un altro Stato membro rimane soggetta alla legislazione del primo Stato membro a condizione che la durata prevedibile di tale lavoro non superi i ventiquattro mesi e che essa non sia inviata in sostituzione di un’altra persona distaccata ‘).
5.3 – Orbene, la prima verifica a tutela del lavoratore, e quindi al fine dell’applicazione del sistema di sicurezza sociale apprestato in ambito unionale, involge la sua posizione previdenziale, in ragione della quale il datore di lavoro dello Stato di provenienza proceda per suo conto al distacco del proprio dipendente presso altro Stato membro. Il distacco transnazionale presuppone, logicamente, un rapporto di lavoro con tutela previdenziale nello Stato di provenienza, altrimenti si verterebbe in una diversa ipotesi di nuova assunzione di lavoratore cittadino europeo in uno Stato membro. Segue, poi, in fase eventualmente patologica, la verifica in fatto della durata ultrabiennale del distacco e la soggezione del lavoratore alla legislazione dello Stato membro del luogo in cui svolge la sua attività lavorativa.
6. Ciò posto, gli esiti dell’accertamento dell’INPS non possono prescindere da una verifica dell’esistenza della posizione previdenziale nello Stato di provenienza del lavoratore, ed all’uopo, sempre al fine di promuovere mobilità dei lavoratori ed accrescere trasparenza, unitamente con la ripartizione equilibrata degli oneri fra gli stati membri, è stato adottato il Regolamento n.987/2009 del Parlamento Europeo e del Consiglio, volto a stabilire le modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale ; l’art. 5 disciplina il v alore giuridico dei documenti e delle certificazioni rilasciati in un altro Stato membro e prescrive al primo comma che ‘ I documenti rilasciati dall’istituzione di uno Stato membro che attestano la situazione di una persona ai fini dell’applicazione del regolamento di base e del regolamento di applicazione, nonché le certificazioni su cui si è basato il rilascio dei documenti, sono accettati dalle istituzioni degli altri Stati membri fintantoché essi non siano ritirati o dichiarati non validi dallo Stato membro in cui sono stati rilasciati ‘; prosegue il secondo comma ‘ In caso di dubbio sulla validità del documento o sull ‘ esattezza dei fatti su cui si basano le indicazioni che vi figurano, l ‘ istituzione dello Stato membro che riceve il documento chiede all ‘ istituzione emittente i chiarimenti necessari e, se del caso, il ritiro del documento. L ‘ istituzione emittente riesamina i motivi che hanno determinato l ‘ emissione del documento e, se necessario, procede al suo ritiro ‘; d’altra parte, una volta ricevuta la richiesta di chiarimenti, l’istituzione dello Stato emittente procede alle proprie verifiche ‘ A norma del paragrafo 2, in caso di dubbio sulle informazioni fornite dalla persona interessata, sulla validità del documento o sulle certificazioni o sull’esattezza dei fatti su cui si basano le indicazioni che vi figurano, l’istituzione del luogo
di dimora o di residenza procede, qualora le sia possibile, su richiesta dell’istituzione competente, alle verifiche necessarie di dette informazioni o detto documento ‘.
6.1 Una volta accertata l’esistenza dei modelli TARGA_VEICOLO o TARGA_VEICOLO, come risultante nella impugnata sentenza a pag.13, circostanza non superata dall’inammissibile vizio motivazionale dedotto con il primo motivo di ricorso, non si sarebbe potuto prescindere da una preli minare interlocuzione con l’Istituzione dello Stato membro di provenienza, per verificare la validità del documento, l’esattezza dei dati ivi certificati, la veridicità delle informazioni; il dubbio dell’Istituzione ricevente consente di attivare la procedura del citato art. 5 del Reg. UE n.987/2009, e solo all’esito positivo di tale verifica svolta dall’omologa Istituzione dello Stato emittente il documento può essere dichiarato non valido o ritirato. La presunzione di vincolatività persiste fino a tale fase conclusiva del procedimento di verifica dello Stato in cui sono stati rilasciati i certificati.
6.3 – Ne consegue che la riqualificazione del rapporto lavorativo, da cui discenda l’obbligo contributivo per un soggetto datore diverso da quello formalmente distaccante, debba essere preceduta da tale fase interlocutoria fra le due Istituzioni degli Stati membri per evitare il rischio di una doppia contribuzione per lo stesso rapporto lavorativo e per realizzare le finalità di trasparenza e coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, di matrice unionale.
Non è ravvisabile, pertanto, la doluta violazione dell’art. 12 del Regolamento n.833/2004; ed invece, l’inosservanza della procedura di cui all’art. 5 del Regolamento 987/09 preclude un’autonoma affermazione di non genuinità del distacco,
indipendentemente dagli accertamenti di fatto svolti in sede ispettiva.
7.1 Nel caso in esame, inoltre, l’istituto ricorrente non contesta il valore vincolante dei certificati e non si fa carico della disamina della disciplina sul ritiro o dichiarazione di invalidità dei certificati E101, restando in tal modo il motivo di ricorso non specifico sull’argomentazione svolta dalla Corte territoriale, tratta da principi espressi dalla giurisprudenza unionale (Corte Giustizia N.359/2016 ivi richiamata) circa la necessità di contestare la validità dei Mod. E101.
Il ricorrente, nel non ritenere la necessità di una previa contestazione per il ritiro o la non validità dei certificati, attribuisce valore prevalente all’accertamento sul fatto, che tuttavia l’impugnata sentenza, sotto altro profilo, ha invece compiuto; la verifica dei certificati non è irrilevante ai fini dell’accertamento della genuinità del distacco, ma la precede, ed invece la verifica della eccedenza ultrabiennale della durata del distacco subentra come ulteriore e successiva fase di accertamento. Co rrettamente l’impugnata sentenza ha seguito i predetti principi e la sequenza logico-cronologica esposta a pag. 18-19: in sintesi, i certificati sono vincolanti per accedere alle strutture del lavoro appaltato; poi nei casi dubbi la disciplina previdenzial e dello Stato in cui il lavoratore svolge l’attività non si applica automaticamente ma è necessario attivare l’iter dell’art. 5 Reg. 987/09 e conseguire eventualmente il ritiro dei certificati non validi; quindi nel caso in cui l’Istituzione emittente non abbia tenuto conto di elementi indicativi di un’origine o uso fraudolento dei certificati, il giudice nazionale può ignorarli; in tale evenienza segue, funditus, l’accertamento in fatto sulla non genuinità del distacco.
La censura del ricorrente, quindi, non è specifica, non si confronta con la tesi prospettata dalla Corte d’appello e con la ricostruzione normativa unionale.
Si aggiunga che in altre precedenti pronunce di questa Corte è stata affermata la vincolatività dei certificati E101 e la necessità del loro previo ritiro per poter applicare la legislazione previdenziale italiana. In un caso di dipendenti di società aerea avente sede in uno Stato dell’Unione europea, occupati presso aeroporti italiani, sprovvisti di certificato E101, secondo la disciplina del regolamento CE n. 883 del 2004, nella sua formulazione antecedente alla novella del 2012, come chiarito dalla CGUE (sentenza del 19.5.2022 in causa C-33/2021), è stata ritenuta l’ applicazione della legislazione dello Stato membro di residenza qualora in esso si eserciti una “parte sostanziale” dell’attività lavorativa, da valutarsi in base all’orario di lavoro ed alla retribuzione, mentre, in mancanza di tali indici è stata ritenuta applicabile la legislazione previdenziale del Paese ove il datore di lavoro ha la propria sede, legale o di attività, a meno che il lavoratore non fosse già assoggettato al regime previdenziale dello Stato di residenza in applicazione del regolamento CEE n. 1408/1971, dovendosi in tal caso continuare ad applicare la medesima disciplina previdenziale, salvo espressa richiesta di segno contrario (ord. n. 34805 del 2022). In un altro caso di lavoratori di compagnia aerea (ord. n.32560/24) è stata affermata sia l ‘ indispensabilità dei certificati E 101 (a conferma di ord. n.37503/22) derivante dal fatto che essi attestano in modo vincolante il pagamento della contribuzione previdenziale nello Stato di origine in luogo di quella italiana, sia la necessaria anteriorità della sollecitazione alla revoca dei certificati prima di far valere il loro carattere fraudolento dinanzi al giudice interno, richiamando la medesima
pronuncia della CGUE (C-359/2016) citata nella sentenza in questa sede impugnata (‘ il carattere fraudolento della predisposizione delle affermazioni rese al fine di ottenere i certificati E101 non può essere fatto valere direttamente dinanzi al giudice interno se prima l’autorità dello Stato membro di residenza del lavoratore non abbia sollecitato la revoca del certificato E101. Quest’ultimo crea una presunzione di regolarità dell’iscrizione del lavoratore ed in questo senso è vincolante per l’istituzione competente dello Stato membro ospitante; da ciò deriva, ai sensi dell’art. 14, paragrafo 1, lett. a), Reg. n.1408/71, che fino a quando il certificato non viene revocato o invalidato, l’istituzione competente dello Stato membro ospitante deve tener conto del fatto che il lavoratore è già soggetto alla normativa previdenziale dello Stato membro in cui ha sede l’impresa presso cui questi lavora, e tale istituzione non può assoggettare il lavoratore al proprio regime previdenziale. Tuttavia, l’istituzione competente dello Stato membro che ha rilasciato il certificato deve riconsiderare la correttezza di tale rilascio e, eventualmente, revocare tale certificato qualora l’istituzione competente dello Stato membro ospitante manifesti riserve in ordine all’esattezza dei fatti che sono alla base del certificato; in caso di segnalate anomalie da parte dell’autorità dello Stato di residenza del lavoratore, se l’istituzione emittente il certificato non procede a un riesame entro un termine ragionevole, gli elementi devono poter essere invocati nell’ambito di un procedimento giudiziario, affinché il giudice dello Stato membro ospitante ignori i certificati ‘).
10. Nel caso in esame, si rileva che l’Inps non ha allegato di aver investito l’Istituzione che ha emesso i certificati E101 di una domanda di riesame e di revoca degli stessi, sulla scorta di elementi raccolti nel corso delle disposte ispezioni, per cui i
certificati in questione non hanno perso l’efficacia riconosciuta dalla normativa comunitaria sopra ricordata, né ha contestato che per tutti i lavoratori e per tutto il periodo in osservazione non vi fosse copertura previdenziale in base ai medesimi certificati.
Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile. Segue per soccombenza la condanna al pagamento delle spese, nonché la sanzione del doppio del contributo unificato, come per legge.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in € 8. 000,00, oltre accessori di rito, con attribuzione al difensore antistatario del controricorrente, oltre euro 200,00 per esborsi.
Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma del comma 1bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta