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Centro unico di imputazione: prova rigorosa richiesta

Una Corte d’Appello ha riesaminato un caso di licenziamento in cui un lavoratore sosteneva l’esistenza di un centro unico di imputazione tra più società. La Corte ha ribaltato la decisione di primo grado, negando l’esistenza di un datore di lavoro unico per mancanza di prove rigorose sulla fusione delle attività. Tuttavia, ha confermato l’illegittimità del licenziamento per violazione dell’obbligo di repechage da parte della sola società datrice formale, condannandola a un risarcimento economico.

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Pubblicato il 9 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Centro Unico di Imputazione: la Prova Deve Essere Rigorosa

Nel complesso mondo del diritto del lavoro, stabilire chi sia l’effettivo datore di lavoro non è sempre un’operazione scontata, specialmente in presenza di gruppi di società. Il concetto di centro unico di imputazione emerge proprio in questi contesti, permettendo di considerare più aziende formalmente separate come un unico soggetto datoriale. Una recente sentenza della Corte d’Appello di Bari offre spunti cruciali sui requisiti probatori necessari per affermare tale unicità, distinguendola nettamente dall’obbligo di repechage che incombe sul singolo datore di lavoro.

I Fatti del Caso

Un lavoratore, assunto come tecnico progettista, veniva licenziato per giustificato motivo oggettivo, ufficialmente a causa della crisi aziendale e della pandemia. Il dipendente impugnava il licenziamento, sostenendo che fosse in realtà ritorsivo e che la sua vera datrice di lavoro non fosse solo la società formale, ma un gruppo di imprese collegate che operavano come un centro unico di imputazione. A sostegno della sua tesi, evidenziava la condivisione della sede operativa, l’uso promiscuo di macchinari e un’apparente direzione comune. In primo grado, il Tribunale gli dava parzialmente ragione: riconosceva l’esistenza del centro unico di imputazione e, pur escludendo la natura ritorsiva, riteneva violato l’obbligo di repechage da parte del gruppo, condannando tutte le società in solido a un risarcimento.

La Decisione della Corte d’Appello sul centro unico di imputazione

La Corte d’Appello ha riformato la decisione di primo grado, accogliendo il ricorso delle società. I giudici hanno stabilito che gli elementi portati dal lavoratore non erano sufficienti a dimostrare l’esistenza di un centro unico di imputazione. La semplice condivisione di una sede, la commistione di quote societarie in capo a un unico soggetto o l’uso di un indirizzo email aziendale con un dominio comune non bastano. Le testimonianze raccolte hanno invece dimostrato che le società godevano di spazi separati, si occupavano di settori distinti, avevano amministratori diversi e operavano sulla base di specifici contratti di collaborazione. Mancava, in sostanza, la prova di una gestione e coordinamento unificati e dell’utilizzo indifferenziato della prestazione del lavoratore da parte delle varie entità. Di conseguenza, la Corte ha escluso la responsabilità solidale delle altre società.

Analisi della violazione dell’obbligo di repechage

Tuttavia, la Corte ha confermato l’illegittimità del licenziamento, ma per un motivo diverso e limitato alla sola società che aveva formalmente licenziato il dipendente. È stato infatti provato che, in concomitanza con il licenziamento, la stessa azienda aveva stabilizzato un altro lavoratore con una qualifica (operaio di II livello) che il dipendente licenziato avrebbe potuto ricoprire, avendo egli stesso iniziato la sua carriera a quel livello. Il datore di lavoro non ha fornito alcuna prova del perché quella posizione non potesse essere offerta al lavoratore in esubero. Questo costituisce una chiara violazione dell’obbligo di repechage, che impone al datore di tentare ogni possibile ricollocazione prima di procedere al recesso come extrema ratio.

Le Motivazioni

La Corte ha applicato un principio consolidato in giurisprudenza: per configurare un centro unico di imputazione non basta un mero collegamento economico-funzionale tra imprese. È necessaria la prova rigorosa di quattro requisiti: 1) unicità della struttura organizzativa e produttiva; 2) integrazione delle attività con un interesse comune; 3) coordinamento tecnico-amministrativo tale da identificare un unico soggetto direttivo; 4) utilizzazione contemporanea e indifferenziata della prestazione lavorativa da parte delle varie società. Nel caso di specie, questi elementi mancavano. Le prove testimoniali e documentali hanno anzi dipinto un quadro di società autonome, seppur collegate. Per quanto riguarda l’obbligo di repechage, la motivazione si fonda sull’onere della prova in capo al datore di lavoro. Non è sufficiente addurre una crisi aziendale; l’imprenditore deve dimostrare attivamente di aver fatto tutto il possibile per salvaguardare il posto di lavoro, inclusa la ricollocazione in mansioni inferiori. L’assunzione di un’altra persona in una posizione compatibile, quasi contestualmente al licenziamento, ha reso insuperabile la presunzione di violazione di tale obbligo.

Le Conclusioni

La sentenza chiarisce due aspetti fondamentali del diritto del lavoro. Primo, la teoria del centro unico di imputazione non può essere invocata con leggerezza. Il lavoratore che intende far valere la responsabilità solidale di più società deve fornire prove concrete e specifiche di una reale fusione operativa e gestionale, non semplici indizi di collegamento. Secondo, l’obbligo di repechage rimane un pilastro a tutela del lavoratore nei licenziamenti economici. Anche in presenza di una crisi reale e documentata, il datore di lavoro ha il preciso dovere di esplorare ogni alternativa al licenziamento, e la mancata prova di tale sforzo rende il recesso illegittimo, con conseguente condanna al risarcimento del danno.

Quando più società sono considerate un unico datore di lavoro (centro unico di imputazione)?
Secondo la sentenza, solo quando è rigorosamente provato che esista un’unica struttura organizzativa, un’integrazione delle attività, un coordinamento unitario e che la prestazione del lavoratore sia utilizzata in modo indifferenziato tra le varie società. La mera condivisione di sedi o la proprietà comune non sono sufficienti.

Se non viene riconosciuto un centro unico di imputazione, l’obbligo di repechage si estende alle altre società del gruppo?
No. La decisione chiarisce che, in assenza di un centro unico di imputazione, l’obbligo di verificare la possibilità di ricollocamento (repechage) grava esclusivamente sulla singola società che è formalmente datrice di lavoro e che ha intimato il licenziamento.

Un licenziamento per motivi economici è legittimo se l’azienda assume un’altra persona poco dopo?
No, può essere considerato illegittimo. Anche se le ragioni economiche del licenziamento sono valide, il datore di lavoro deve prima adempiere all’obbligo di repechage. Se assume un’altra persona per una posizione che il lavoratore licenziato avrebbe potuto ricoprire, viola tale obbligo e il licenziamento è illegittimo, dando diritto al lavoratore a un risarcimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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