Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 8855 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 8855 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13703/2023 r.g., proposto da
RAGIONE_SOCIALE a socio unico , in persona del legale rappresentante pro tempore , elett. dom.to in INDIRIZZO Roma, rappresentato e difeso dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME.
ricorrente
contro
COGNOME NOME e COGNOME NOME , elett. dom.ti presso la Cancelleria di questa Corte, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME
contro
ricorrenti
e
RAGIONE_SOCIALEgià RAGIONE_SOCIALE) , in persona del legale rappresentante pro tempore , eletto dom.to in INDIRIZZO Roma, presso studio RAGIONE_SOCIALE di Roma, rappresentato e difeso dagli avv.ti NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME.
contro
ricorrente -ricorrente incidentale nonché
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore .
intimate
OGGETTO:
rito c.d. Fornero – tardiva notifica del ricorso in opposizione – conseguenze -improcedibilità -esclusione – concesione di un termine a difesa -necessità -gruppo societario – centro unico di imputazione di interessi accertamento di fatto
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Napoli n. 1676/2023 pubblicata in data 19/04/2023, n.r.g. 306/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 18/02/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1.- NOME COGNOME e NOME COGNOME erano stati dipendenti di RAGIONE_SOCIALE con mansioni di commessi presso l’esercizio commerciale sito in Napoli, INDIRIZZO fino al 29/02/2020, quando erano stati licenziati per giustificato motivo oggettivo, rappresentato dalla chiusura del predetto punto vendita. Assumevano che in realtà avevano lavorato nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, tutti costituenti un unico centro di imputazione, poiché le loro prestazioni e quelle degli altri lavoratori erano state utilizzate promiscuamente anche dagli altri esercizi commerciali.
Adìvano il Tribunale di Napoli deducendo l’illegittimità del licenziamento per insussistenza del fatto addotto come giustificato motivo oggettivo, nonché per violazione dell’obbligo di repechage , e chiedevano la tutela reintegratoria di cui all’art. 18, co. 4, L. n. 300/1970, sussistendone il requisito dimensionale previo accertamento dell’unicità del centro di imputazione di interessi.
2.Costituitosi il contraddittorio, all’esito della fase c.d. sommaria introdotta dalla legge n. 92/2012 il Tribunale rigettava le domande, ritenendo che gli elementi allegati, pur laddove provati, non consentissero di configurare l’unicità del centro di imputazione, sicché restava legittima e insindacabile la scelta datoriale di soppressione dell’unico esercizio commerciale napoletano.
L’opposizione dei due lavoratori veniva dichiarata improcedibile per mancata tempestiva notifica del ricorso alle società, in asserita applicazione del principio di diritto affermato da Cass. sez. un. n. 20604/2008
3.- Assunte le prove testimoniali chieste dai lavoratori in primo grado e riproposte sede di gravame, con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’Appello accoglieva il reclamo dei due lavoratori, ma limitatamente alle società RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, mentre lo rigettava nei confronti di RAGIONE_SOCIALE; annullava il licenziamento, dichiarava
sussistente fra le prime quattro società un unico centro di imputazione di interessi e quindi le condannava a reintegrare i due lavoratori e a pagare loro l’indennità risarcitoria pari a dodici mensilità, nonché a versare i relativi contributi previdenziali ed assistenziali; condannava le quattro società a rimborsare le spese dei due gradi di giudizio, mentre compensava quelle nel rapporto processuali fra i reclamanti e RAGIONE_SOCIALE
Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno della sua decisione la Corte territoriale affermava:
il ricorso in opposizione non è improcedibile, atteso che la sua notifica vi è stata, solo in violazione del termine a comparire di quaranta giorni previsto dall’art. 1, co. 52 e 53, L. n. 92/2012;
pertanto non è applicabile il principio di diritto di cui a Cass. sez. un. n. 20604/2008, che riguarda il caso in cui la notifica sia stata omessa;
il Tribunale dunque avrebbe dovuto soltanto dare un termine a difesa o comunque dare seguito all’ordinanza di rinnovazione della notifica, che pure in un primo tempo aveva pronunziato ex art. 291 c.p.c., sicché il successivo ripensamento è errato (Cass. n. 9199/2020);
nel merito, alla data dei licenziamenti dei due reclamanti la somma dei dipendenti delle quattro società era certamente superiore a 15 nella città di Napoli e tale requisito dimensionale consente la tutela reintegratoria;
quanto alla prova testimoniale sull’unicità del centro di imputazione di interessi, è irrilevante il fatto che sia stata chiesta ed articolata nel ricorso in opposizione, in cui le circostanze dedotte venivano ampliate e puntualizzate rispetto al ricorso introduttivo della fase sommaria;
infatti, il giudizio di primo grado secondo il rito introdotto dalla legge n. 92/2012 è unico, sia pure a composizione bifasica, sicché quella di opposizione non è un grado diverso, ma una prosecuzione del giudizio in forma ordinaria e non più sommaria ed urgente (Cass. n. 4223/2016; Cass. n. 21720/2018);
dagli elementi documentali -che dimostrano come le quattro società sono riconducibili alla famiglia di NOME COGNOME -e dalle prove testimoniali deve dirsi raggiunta la prova dell’unicità del centro di imputazione di interessi, anche se dell’uso promiscuo dei dipendenti
non tutti i testimoni hanno riferito in modo concorde, ma sussistono tanti altri elementi sufficienti a tal fine, che integrano un ‘quadro inequivoco’;
infatti sussistono gli elementi richiesti dalla giurisprudenza di legittimità, quali l’unicità della struttura organizzativa e produttiva, l’integrazione fra le attività esercitate dalle varie imprese del gruppo, il coordinamento tecnico e amministrativofinanziario, l’utilizzazione contemporanea della prestazione lavorativa da parte delle varie società titolari di distinte imprese, lo svolgimento della prestazione lavorativa in modo indifferenziato e contemporaneo in favore dei vari imprenditori;
sussistendo l’unico centro di imputazione, ne consegue l’insussistenza del giustificato motivo oggettivo posto a base del licenziamento;
non vi è stata la soppressione dell’unità di INDIRIZZO riaperta formalmente da RAGIONE_SOCIALE e quindi dalla unica impresa;
inoltre nulla è stato eccepito dalle società circa l’obbligo di repechage , essendo stata solo RAGIONE_SOCIALE a contraddire sul punto, sicché la conseguenza è comunque la tutela reintegratoria di cui all’art. 18, co. 4, L. n. 300/1970 (Cass. n. 33341/2022), anche alla luce di C. Cost. n. 125/2022;
il reclamo va invece rigettato nel merito nei confronti di RAGIONE_SOCIALE per l’unità di INDIRIZZO Napoli, sia perché è diverso l’assetto proprietario, sia perché essa aveva 24 dipendenti, sicché è improbabile che dovesse attingere personale da altre piccole unità.
4.- Avverso tale sentenza RAGIONE_SOCIALE a socio unico ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
5.- COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno resistito con controricorso.
6.RAGIONE_SOCIALE ha depositato controricorso con cui da un lato ha aderito al ricorso di RAGIONE_SOCIALE, dall’altro ha proposto ricorso incidentale contro i lavoratori, affidato a due motivi, uno condizionato, l’altro incondizionato.
7.- A questo ricorso incidentale hanno resistito con controricorso i due lavoratori, mentre RAGIONE_SOCIALE vi ha aderito con il suo controricorso.
8.- Tutte le parti hanno depositato memoria.
9.- Il collegio si è riservata la motivazione nei termini di legge.
CONSIDERATO CHE
RICORSO PRINCIPALE
1.Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la società ricorrente lamenta violazione degli artt. 1, co. 51 e 52, L. n. 92/2012, 152, 153, 154 e 435, co. 3, c.p.c. per avere la Corte territoriale non confermato l’improcedibilità dell’opposizione a causa della notifica dell’opposizione e del decreto di fissazione di udienza oltre il termine previsto dall’art. 1, co. 52, L. n. 92/2012 (trenta giorni prima del termine di dieci giorni prima dell’udienza per la costituzione del convenuto, quindi in totale quaranta giorni prima dell’udienza). Invoca al riguardo pronunzie di questa Corte (Cass. n. 17325/2016; Cass. n. 9142/2018; Cass. n. 6159/2018; Cass. n. 24033/2021).
Il motivo è infondato.
Tutta la giurisprudenza invocata dalla ricorrente si riferisce al caso dell’omessa notifica, ossia della mancata notifica del ricorso in opposizione e del decreto di fissazione dell’udienza. In tal caso, nel senso dell’improcedibilità era stata la pronunzia nomofilattica di questa Corte (Cass. sez. un. n. 20604/2008).
Nel caso in esame, invece, la notifica vi è stata, sia pure oltre il termine di legge, quindi ciò che è stato violato è soltanto il termine a comparire per la controparte, sanata dalla sua costituzione -anche per un’udienza successiva -con spiegamento della difesa nel merito.
Quindi sono conformi a diritto la decisione e la motivazione spesa dalla Corte territoriale, secondo cui ‘ nella fattispecie al vaglio … la notifica vi è stata, solamente in lieve violazione del termine previsto dalla norma, che avrebbe comunque consentito alle parti opposte di costituirsi, eventualmente anche solo per chiedere il termine pieno per l’esercizio della difesa, laddove in concreto si sono costituite solamente dopo che il primo Giudice aveva correttamente in un primo tempo … concesso un nuovo termine ex art. 291 c.p.c. ‘ (v. sentenza impugnata, p. 4, ult.cpv.).
Peraltro, questa Corte ha già applicato questo principio sia pure alla notifica del reclamo secondo il rito c.d. Fornero di cui alla legge n. 92/2012 (Cass. n. 29427/2019) . E se tale principio vale per l’impugnazione, ossia per la devoluzione della controversia al giudice di altro grado, a maggior ragione
deve valere per l’ipotesi meno grave -dell’opposizione, che non è un’impugnazione dell’ordinanza conclusiva della fase c.d. sommaria, ma solo la prosecuzione del giudizio di primo grado con l’instaurazione della fase a cognizione piena (c.d. giudizio unitario a struttura bifasica: Cass. ord. n. 14976/2020; Cass. n. 9458/2019).
2.Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n n. 3) e in subordine 4), c.p.c. la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 1, co. 51 e 59, L. n. 92/2012, 437 e 435 c.p.c. o, in subordine, degli artt. 115 e 132 c.p.c. per avere la Corte territoriale omesso di rilevare la violazione, da parte dei ricorrenti, del divieto di modifica del fatto costitutivo in sede di opposizione.
In particolare precisa che nel ricorso introduttivo della fase c.d. sommaria i lavoratori avevano dedotto di aver sempre lavorato presso l’unità locale di INDIRIZZO in Napoli gestito da RAGIONE_SOCIALE ed aveva aggiunto che altri dipendenti delle altre società del gruppo avevano lavorato promiscuamente ora per l’una ora per l’altra società. Poi -conclude -a seguito del rigetto della loro impugnazione con l’ordinanza conclusiva della fase c.d. sommaria, hanno ‘mutato il tiro’, deducendo in sede di opposizione di aver lavorato anch’essi presso gli altri negozi delle altre società convenute, quali RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
Il motivo non è meritevole di accoglimento.
In primo luogo va ribadito che il rito introdotto dalla legge n. 92/2012 non esclude che il giudizio di primo grado sia pur sempre unitario, sia pure a struttura bifasica. Pertanto ad una prima fase ad istruttoria sommaria, diretta ad assicurare una più rapida tutela al lavoratore, fa seguito una seconda fase, a cognizione piena, che della precedente costituisce soltanto una prosecuzione, sicché non costituisce domanda nuova, inammissibile per mutamento della causa petendi , la deduzione di ulteriori motivi di invalidità del recesso datoriale rispetto a quelli dedotti nella fase sommaria, ove fondata sui medesimi fatti costitutivi (Cass. n. 9458/2019).
Nel caso di specie il ‘fatto’ addotto dai lavoratori nella fase di opposizione non era un nuovo ‘ fatto costitutivo ‘ , ma soltanto un fatto secondario, addotto con valenza probatoria e funzione solo dimostrativa dell’asserita unitarietà del centro di imputazione di interessi. Tanto è vero che, ai fini del
proprio convincimento sul punto, la Corte territoriale ha fatto ricorso ad ulteriori, molteplici e diversi elementi di prova. Pertanto, anche se la deduzione dello svolgimento della prestazione lavorativa da parte di COGNOME e COGNOME presso altri esercizi commerciali fosse mancata, nondimeno la Corte territoriale avrebbe ricostruito la vicenda fattuale e si sarebbe ugualmente formata il proprio convincimento circa l’unicità del centro di imputazione sulla base di quegli elementi ulteriori e diversi. I giudici del reclamo hanno infatti riscontrato come sussistenti gli elementi richiesti da questa Corte di legittimità, ossia l’unicità della struttura organizzativa e produttiva, l’integrazione fra le attività esercitate dalle varie imprese del gruppo, l’unitario coordinamento tecnico e amministrativo -finanziario, l’utilizzazione contemporanea della prestazione lavorativa (non necessariamente degli odierni controricorrenti) da parte delle varie società titolari delle distinte imprese, lo svolgimento della prestazione lavorativa in modo indifferenziato e contemporaneo (non necessariamente da parte degli odierni controricorrenti) in favore dei vari imprenditori.
Dunque anche se quella deduzione fosse stata dichiarata o comunque considerata inammissibile perché introduttiva di un fatto nuovo, nondimeno la decisione sarebbe stata la stessa. Ciò dimostra che quella deduzione non era destinata ad introdurre un nuovo ‘fatto costitutivo’, ma solo un fatto secondario, come tale ammissibile nella fase dell’opposizione ex lege n. 92/2012.
3.Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4), c.p.c. la ricorrente denunzia nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 115 e 132, co. 2, n. 4), c.p.c., nonché 2697 c.c. per avere ritenuto credibili soltanto i testimoni addotti dai due lavoratori.
Il motivo è inammissibile, perché involge la valutazione di attendibilità dei testimoni escussi, attività che appartiene alla discrezionalità del giudice di merito nella formazione del suo convincimento. Quindi è insindacabile in sede di legittimità qualora adeguatamente motivata, come nella specie, in cui vi è una motivazione che soddisfa ampiamente il ‘minimo costituzionale’ (Cass. sez. un. n. 8053/2014).
4.Con il quarto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n n. 5) e in subordine 4), c.p.c. la ricorrente lamenta l’omesso esame di un fatto
decisivo e, in subordine, la nullità della sentenza per violazione degli artt. 115 e 132, co. 2, n. 4), c.p.c., per avere la Corte territoriale da un lato affermato che ‘ solo inserendo nel preteso centro unico di imputazione la RAGIONE_SOCIALE o la RAGIONE_SOCIALE si realizza la soglia dimensionale per eventualmente attivare la tutela ex art. 18 della l. n. 300 del 1970 … con il superamento dei 15 dipendenti a Napoli ‘, dall’altro escluso espressamente RAGIONE_SOCIALE (poi RAGIONE_SOCIALE ma omesso di considerare che i sigg.ri COGNOME COGNOME non avevano mai lavorato per (né presso) RAGIONE_SOCIALE e comunque manca qualunque motivazione sull’inclusione di tale società nell’unico centro di imputazione.
Il motivo è infondato.
La Corte territoriale ha dato adeguata motivazione circa l’inclusione della predetta società nell’unico centro di imputazione. Infatti, da un lato, nel riportare le deduzioni articolate dai lavoratori, nella sentenza impugnata afferma:
-a pag. 5 che tutte le società, compresa la RAGIONE_SOCIALE, erano riferibili alla persona di NOME COGNOME e destinate ad attività di rappresentanza di calzature, articoli in pelle, pelletteria, abbigliamento, pret a porter e la vendita dei medesimi articoli, all’ingrosso e/o al dettaglio;
-a pag. 5 che l’ufficio RAGIONE_SOCIALE, sito in Napoli alla INDIRIZZO era unità locale della predetta società;
-alle pagg. 5-6 che a INDIRIZZO Napoli, era ubicata la sede legale della predetta società fino al 2018, poi trasferita a INDIRIZZO Napoli, dove era altresì ubicata l’unità locale di RAGIONE_SOCIALE;
-a pag. 6 che a INDIRIZZO Napoli, vi era anche l’unità locale uso ufficio di RAGIONE_SOCIALE;
-a pag. 6 che la RAGIONE_SOCIALE aveva come rappresentante legale la sig.ra NOME COGNOME moglie di NOME COGNOME;
-a pagg. 6-7 che RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE avevano a lungo condiviso gli stessi uffici in INDIRIZZO Napoli;
-a pag. 7 che i lavoratori delle varie società venivano frequentemente spostati, secondo le esigenze, dalla sig.ra NOME COGNOME dipendente di RAGIONE_SOCIALE e persona di fiducia di NOME COGNOME.
A fronte di queste deduzioni, che coinvolgevano anche e direttamente la RAGIONE_SOCIALE, la Corte territoriale, per motivare il proprio convincimento, nella sentenza impugnata ha spiegato:
-a pag. 8 che la teste NOME COGNOME aveva riferito che le decisioni di spostare di volta in volta i dipendenti venivano prese prima dal sig. NOME COGNOME e poi effettivamente dalla sig.ra NOME COGNOME (dipendente di RAGIONE_SOCIALE e persona di fiducia di NOME COGNOME);
-a pagg. 8-9 che il teste NOME COGNOME aveva dichiarato che era stato comandato spesso dalla sig.ra NOME COGNOME (dipendente di RAGIONE_SOCIALE e persona di fiducia di NOME COGNOME) a spostarsi fra le varie società del gruppo; che tale mobilità, giornaliera o settimanale, era stata sempre gestita dalla sig.ra COGNOME (dipendente di RAGIONE_SOCIALE e persona di fiducia di NOME COGNOME); che ogni due o tre mesi la sig.ra COGNOME convocava i dipendenti delle varie unità per svolgere riunioni sull’organizzazione del lavoro;
-a pag. 9 che la teste NOME COGNOME (dipendente di RAGIONE_SOCIALE e persona di fiducia di NOME COGNOME) aveva confermato di essere amministratrice di un gruppo whatsapp comprendente i dipendenti delle varie società del gruppo, tranne quelli di RAGIONE_SOCIALE; aveva ammesso di essere stata lei a consegnare la lettera di licenziamento a COGNOME e COGNOME ed aveva precisato di aver fatto ciò su incarico di NOME COGNOME che lei considerava il suo superiore;
-a pagg. 9-10 che il teste NOME COGNOME aveva confermato l’esistenza del gruppo whatsapp fra tutti i dipendenti delle società e aveva dichiarato di considerare NOME COGNOME il suo superiore.
All’esito della valutazione di tutti questi elementi probatori la Corte territoriale ha adeguatamente motivato il proprio convincimento, ritenendo che si fosse ‘ effettivamente realizzato un centro unico di imputazione giuridica dei rapporti di lavoro … ‘ e che lo schermo delle varie società aveva oltrepassato la soglia del gruppo o del collegamento societario per esprimere invece una realtà aziendale unica e unitaria (v. sentenza impugnata, pag. 10).
Quindi non sussiste alcun omesso esame di fatto decisivo, né tantomeno un vizio di motivazione ‘apparente’ o inesistente , nel significato precisato da questa Corte in funzione nomofilattica (Cass. sez. un. n. 8053/2014).
RICORSO INCIDENTALE NON CONDIZIONATO
5.- Con unico motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, nn. 3) e 4), c.p.c. la ricorrente incidentale lamenta la nullità della sentenza nella parte in cui la Corte territoriale ha compensato le spese nel rapporto processuale fra i sigg.ri COGNOME e COGNOME da un lato, ed essa società dall’altro, in ‘violazione e falsa applicazione’ degli artt. 91 e 92 c.p.c., non ricorrendo alcuna delle tassative ragioni per la compensazione.
In via preliminare va evidenziato che il ricorso incidentale è inammissibile.
Questa Corte ha già affermato che, nel caso in cui ricorrente incidentale sia una parte diversa da quella contro la quale è rivolta l’impugnazione principale, ha certo facoltà di impugnare la medesima sentenza in relazione ad altri capi e tuttavia ha l’onere di rispettare i termini di impugnazione di cui agli artt. 325 e 327 c.p.c. In tal caso, infatti, non può trovare applicazione la norma dell’art. 334 c.p.c. sull’impugnazione incidentale tardiva, che ammette questa facoltà solo in favore della parte contro cui è rivolta l’impugnazione principale e solo in considerazione del fatto che per quest’ultima l’interesse ad impugnare sorga solo a causa ed in conseguenza dell’impugnazione principale.
Diversamente, qualora -come nella specie -l’ impugnazione incidentale tardiva, proposta da una parte diversa da quella destinataria dell’impugnazione principale, investa un capo della sentenza auton o mo rispetto a quello investito dall’impugnazione principale, l’interesse a proporla preesiste all’altrui gravame e sorge immediatamente dalla decisione, sicché l’impugnante (incidentale) ha l’onere di rispettare i termini generali di impugnazione. A tale rilievo non osta la pronunzia delle sezioni unite di questa Corte (Cass. sez. un. n. 8486/2024), secondo cui ‘ l’impugnazione incidentale tardiva è ammissibile anche quando rivesta le forme dell’impugnazione adesiva rivolta contro la parte destinataria dell’impugnazione principale, in ragione del fatto che l’interesse alla sua proposizione può sorgere dall’impugnazione principale » e ‘ il principio
secondo cui l’impugnazione incidentale tardiva è ammissibile pure quando rivesta le forme dell’impugnazione adesiva rivolta contro la parte destinataria dell’impugnazione principale è applicabile anche con riferimento all’interesse insorto a seguito di un’impugnazione incidentale tardiva ‘. Al riguardo questa Corte ha già evidenziato (Cass. ord. n. 29448/2024) che quella pronunzia si riferisce espressamente alla posizione del coobbligato in solido il cui interesse all’impugnazione sorga a seguito dell’impugnazione proposta da altro coobbligato solidale, destinatario della medesima sentenza di condanna così impugnata.
Diversamente, nella controversia che ne occupa l’interesse di RAGIONE_SOCIALE all’impugnazione del capo relativo alla regolamentazione delle spese processuali nel rapporto fra essa società e i due originari ricorrenti -autonomo rispetto ai capi di condanna investiti dall’impugnazione principale di RAGIONE_SOCIALE -è sorto immediatamente dalla stessa sentenza di secondo grado e non in conseguenza del ricorso principale proposto da RAGIONE_SOCIALE. Il ricorso di quest’ultima è diretto non contro RAGIONE_SOCIALE, bensì contro i sigg.ri NOME COGNOME. Quindi RAGIONE_SOCIALE ben avrebbe potuto impugnare a sua volta la sentenza d’appello anche su altro capo (quello relativo alla regolamentazione delle spese processuali), ma pur sempre nel rispetto dei termini di impugnazione, perché per essa l’interesse ad impugnare è sorto immediatamente ed esclusivamente a causa ed in conseguenza della sentenza medesima. Ne deriva che il suo non può essere qualificato un ‘ricorso incidentale in senso stretto’, proponibile anche tardivamente ex art. 334 c.p.c. (Cass. ord. n. 41254/2021; Cass. ord. n. 29448/2024 cit.). Q uindi, ‘ l’esperibilità più ampia dell’impugnazione incidentale tardiva affermata dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 8486 del 28/03/2024 non è suscettibile di potersi estendere anche al caso in esame ‘ (in termini Cass. n. 29448 cit.).
Ciò precisato, il ricorso incidentale di RAGIONE_SOCIALE è tardivo, perché depositato in data 24/07/2023, quando ormai era scaduto il termine di sessanta giorni, previsto dall’art. 1, co. 62, L. n. 92/2012, decorrente dalla comunicazione della sentenza (Cass. ord. n. 6010/2023; Cass. n. 19177/2016), che, come provato dai controricorrenti, è avvenuta in data 19/04/2023.
RICORSO INCIDENTALE CONDIZIONATO
6.- Con unico motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n n. 3) e 4), c.p.c. la ricorrente lamenta ‘violazione e falsa applicazione’ dell’art. 1, co. 51 e 52 L. n. 92/2012, nella parte in cui la Corte territoriale ha escluso l’improcedibilità del ricorso in opposizione.
Il motivo è assorbito dal rigetto del ricorso principale (anche considerando che è passato in giudicato il capo della sentenza di reclamo con cui la Corte territoriale ha rigettato nei confronti della predetta società la domanda proposta dai lavoratori, i quali non hanno impugnato tale capo con eventuale ricorso incidentale).
7.Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. Nei confronti dei lavoratori sono da considerare soccombenti sia la ricorrente principale, sia quella incidentale, sebbene la liquidazione delle spese debba necessariamente tenere conto del diverso valore della controversia introdotta dalle due società dinanzi a questa Corte. Invece, nel rapporto processuale fra queste ultime, le spese vanno compensate in considerazione dell’esito del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale; dichiara inammissibile quello incidentale ed assorbito quello incidentale condizionato; condanna RAGIONE_SOCIALE a rimborsare ai lavoratori controricorrenti le spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 6.500,00, oltre euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali e accessori di legge; condanna RAGIONE_SOCIALEgià RAGIONE_SOCIALE a rimborsare ai lavoratori controricorrenti le spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 3.500,00, oltre euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali e accessori di legge; compensa le spese del presente giudizio di legittimità tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE).
Dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti principale e incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115/2002 pari a quello per il ricorso principale e per quello incidentale a norma dell’art. 13, co. 1 bis, d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione lavoro, in