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Centrale di committenza: chi paga i lavori?

La Corte di Cassazione chiarisce la responsabilità di pagamento nei contratti pubblici gestiti da una centrale di committenza. Con l’ordinanza n. 1131/2025, la Corte ha stabilito che, per individuare il soggetto obbligato al pagamento, è decisiva l’interpretazione del contratto e non il mero ruolo di stazione appaltante. Nel caso specifico, due professionisti avevano richiesto il pagamento al Ministero che aveva affidato l’incarico, ma la Corte ha confermato che il vero debitore era un altro Ministero, beneficiario finale dell’opera, come esplicitamente previsto dalle clausole contrattuali. L’ente che ha gestito l’appalto ha agito, quindi, solo come rappresentante.

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Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Centrale di committenza: chi paga il conto nei lavori pubblici?

Quando un’amministrazione pubblica affida un incarico per conto di un’altra, sorge una domanda cruciale: chi è il vero debitore? La questione, al centro di numerosi contenziosi, riguarda il ruolo della centrale di committenza, un ente che gestisce appalti per altri. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su questo tema, sottolineando come la lettura del contratto sia fondamentale per individuare il soggetto tenuto al pagamento.

I Fatti del Caso

Due ingegneri ricevevano l’incarico di progettare opere di adeguamento per alcuni uffici giudiziari. L’incarico veniva formalmente affidato dal Provveditorato Interregionale per le Opere Pubbliche, un organo del Ministero delle Infrastrutture. A seguito del mancato pagamento dei compensi, i professionisti ottenevano un decreto ingiuntivo contro il Ministero delle Infrastrutture e il Provveditorato.

Questi ultimi si opponevano, sostenendo di non essere i reali debitori. La loro tesi era di aver agito unicamente come centrale di committenza, ovvero come stazione appaltante delegata, per conto del vero beneficiario e obbligato al pagamento: il Ministero della Giustizia. Mentre il Tribunale di primo grado dava ragione ai professionisti, la Corte d’Appello ribaltava la decisione, accogliendo la tesi dei Ministeri. I professionisti decidevano quindi di ricorrere in Cassazione.

La Decisione della Corte: la centrale di committenza e l’importanza del contratto

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dei professionisti, confermando la sentenza d’appello. I giudici supremi hanno chiarito che il ruolo di centrale di committenza non implica automaticamente l’assunzione dell’obbligazione di pagamento. Per stabilire chi debba pagare, è necessario analizzare il contenuto specifico del rapporto contrattuale.

Le Motivazioni

La decisione della Corte si fonda su due pilastri argomentativi principali.

In primo luogo, l’interpretazione del contratto. La convenzione stipulata tra il Provveditorato e i professionisti conteneva una clausola (l’art. 11) che specificava in modo inequivocabile come l’intervento fosse finanziato con fondi del Ministero della Giustizia. Secondo la Corte, questa clausola era “dirimente” e identificava chiaramente il Ministero della Giustizia come l’unico soggetto obbligato al pagamento. L’interpretazione data dalla Corte d’Appello è stata ritenuta logica e non sindacabile in sede di legittimità, in quanto rappresenta una valutazione di merito ben motivata.

In secondo luogo, il ruolo giuridico del Provveditorato. La Cassazione ha spiegato che, nel contesto della collaborazione tra enti pubblici, la stazione appaltante può agire come un nudus minister, ovvero un mero esecutore che realizza un intervento per conto dell’ente competente, senza assumere direttamente gli obblighi verso i terzi. In questo caso, il Provveditorato ha agito in nome e per conto del Ministero della Giustizia, come un suo rappresentante. Di conseguenza, la titolarità passiva dell’obbligazione non poteva che ricadere sull’ente rappresentato (il Ministero della Giustizia) e non sul rappresentante (il Provveditorato).

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica per professionisti e imprese che lavorano con la Pubblica Amministrazione. La sentenza ribadisce che, per evitare spiacevoli sorprese, è essenziale esaminare attentamente tutte le clausole del contratto prima di accettare un incarico. La sola identità dell’ente che firma il contratto non è sufficiente a garantire che sia anche il soggetto pagatore. Quando un ente agisce come centrale di committenza, è cruciale verificare se il contratto o altri atti specificano un diverso soggetto come finanziatore e beneficiario finale dell’opera, poiché sarà quest’ultimo il vero debitore.

Chi è obbligato a pagare per un’opera pubblica se il contratto è stipulato da una centrale di committenza?
Non necessariamente la centrale di committenza che stipula il contratto. Secondo la sentenza, il soggetto obbligato al pagamento è quello individuato dalle clausole contrattuali. Se il contratto specifica che l’opera è finanziata da un altro ente (il beneficiario), sarà quest’ultimo il debitore.

L’interpretazione di un contratto da parte del giudice di merito può essere contestata in Cassazione?
No, l’interpretazione di un contratto è una valutazione di fatto riservata al giudice di merito. Può essere contestata in Cassazione solo se viola le regole legali di ermeneutica contrattuale o se la motivazione è illogica o incoerente, cosa che nel caso di specie non è avvenuta.

Cosa significa che un ente pubblico agisce come ‘nudus minister’?
Significa che l’ente agisce come un semplice esecutore materiale o un rappresentante per conto di un altro ente, che è il vero titolare dell’interesse e del rapporto. Il ‘nudus minister’ non assume su di sé gli obblighi derivanti dal contratto, che ricadono invece sull’ente per cui agisce.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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