Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 12276 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L Num. 12276 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 09/05/2025
SENTENZA
sul ricorso 11854-2024 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 123/2024 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 04/04/2024 R.G.N. 112/2023; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/02/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
R.G.N. 11854/2024
COGNOME
Rep.
Ud. 19/02/2025
PU
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso;
uditi gli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME udito l’avvocato NOME COGNOME
Fatti di causa
Nella gravata sentenza si legge che il Tribunale di Rimini, adito da NOME COGNOME e nel contraddittorio con la RAGIONE_SOCIALE, accertato che il lavoratore, nel periodo 1.5.2014 30.6.2018, aveva prestato attività lavorativa di natura subordinata con le mansioni di conducente dei mezzi per il servizio di igiene ambientale addetto alle attività di raccolta, carico, scarico di rifiuti ed attività accessorie con l’ausilio di veicoli per la conduzione dei quali è richiesta la patente C e che al predetto rapporto era applicabile il CCNL FISE, ha condannato la RAGIONE_SOCIALE a corrispondere a titolo di differenze retributive al dipendente, correttamente inquadrabile al livello B3 del CCNL Servizi Ambiente -FISE, la somma complessiva di euro 58.376,35 al lordo delle ritenute fiscali e previdenziali, oltre accessori.
E’ stato precisato, dai giudici di seconde cure, che il problema che ancora rilevava era quello della individuazione del CCNL applicabile ai dipendenti, adibiti ad una serie di appalti inerenti la raccolta di rifiuti commissionati da RAGIONE_SOCIALE, quale stazione appaltante, atteso che la società convenuta applicava il CCNL Cooperative sociali che prevede minimi salariali di gran lunga inferiori rispetto a quelli previsti dal CCNL Servizi Ambiente FISE, di cui il lavoratore aveva chiesto l’applicazione.
La Corte di appello di Bologna ha confermato la pronuncia di primo grado, emendando il dispositivo con la sostituzione dei riferimenti effettuati al CCNL FISE con quelli al CCNL Federambiente.
A fondamento del dictum la Corte felsinea ha rilevato, condividendo l’impostazione decisoria del Tribunale salvo poi correggere alcuni punti, che: a) il Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE (D.lgs. n. 163/2006), all’art. 118 co. 6
disponeva che ‘l’affidatario è tenuto ad osservare integralmente il trattamento economico e normativo stabilito dai contratti collettivi nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni; è altresì responsabile in solido dell’osservanza delle norme anzidette da parte dei subappaltatori ni confronti dei loro dipendenti per le prestazioni rese nell’ambito del subappalto’ ; b) l’art. 81 comma 3 bis prevedeva che: ‘L’offerta migliore è altresì determinata al netto delle spese relative al costo del personale, valutato sulla base dei minimi salariali definiti dalla contrattazione collettiva nazionale di settore tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, e delle misure di adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro’ ; c) il trattamento salariale cui la stazione appaltante doveva fare riferimento era quello desumibile dai contratti collettivi di maggiore rilevanza rappresentativa a livello nazionale; d) nei bandi di gara, nei capitolati speciali, nella lettera di invito e nella notta di chiarimenti venivano fatti richiami di quello specifico contratto (CCNL Federambiente/Servizi Ambientali) quale punto di riferimento del trattamento economico e normativo da assicurare al personale da occupare nell’appalto; e) la sola nota discordante, contenuta nella lettera di precisazione di RAGIONE_SOCIALE, non era rilevante sia perché avente una limitata portata, sia perché non logica nel senso di derogare al personale delle RAGIONE_SOCIALE, in quanto svantaggiato, le disposizioni del CCNL Federambiente; f) al parere ANAC del 6.7.2011 non poteva attribuirsi un significato ben più ampio di quello proprio dell’atto; g) non era ravvisabile alcuna violazione della libertà contrattuale atteso che, una generale applicazione del CCNL RAGIONE_SOCIALE a tutto il personale avrebbe inciso sul mercato del lavoro ponendo le suddette Cooperative in una situazione di vantaggio in quanto avrebbero potuto applicare, rispetto alle altre concorrenti, riduzioni contrattuali anche del 70% di personale cd. normodotato più vantaggiose; h) al Greco andava, quindi, applicato il diverso CCNL Federambiente, così correggendo l’errore materiale della indicazione del CCNL FISE che peraltro era
perfettamente sovrapponibile al primo; i) correttamente i conteggi del lavoratore erano stati ritenuti, dal primo giudice, non contestati dalla RAGIONE_SOCIALE
Avverso la sentenza di secondo grado la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi cui ha resistito con controricorso NOME COGNOME
L’Avvocata Generale ha depositato requisitoria scritta concludendo per il rigetto del ricorso: le suddette conclusioni sono state confermate in sede di udienza di discussione.
La ricorrente ha depositato memoria.
Ragioni della decisione
I motivi possono essere così sintetizzati.
Con il primo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione o falsa applicazione dell’art. 39 e dell’art. 41 della Costituzione riguardo alla statuita non applicabilità, al rapporto di lavoro del sig. COGNOME, del contratto collettivo leader del settore della cooperazione sociale, siglato dalle più rappresentative sigle sindacali lato imprenditoriale e sindacale (c.c.n.l. 16 dicembre 2011 e successive modifiche e rinnovi per le lavoratrici e i lavoratori delle cooperative del settore SocioSanitario Assistenziale-Educativo e di inserimento lavorativo siglato da RAGIONE_SOCIALE, Confcooperative Federsolidarietà, Legacoopsociali e FP-CGIL; FP-CISL; UIL-FPL), sull’erroneo presupposto che il bando di gara obbligasse all’applicazione del c.c.n.l. Fise. Si sostiene che il costante riferimento del bando e dei capitolati non è fatto ad uno specifico e determinato contratto collettivo, bensì ad uno specifico settore, ovvero a quello dei servizi ambientali, all’interno del quale possono essere applicati diversi contratti collettivi. Se è vero che la libertà di scelta del contratto collettivo applicabile deve rispettare, nell’ambito degli appalti, il limite di coerenza con l’attività esercitata (Consiglio di Stato, sez. V, 6 agosto 2019, n. 5575), è anche vero che questo limite è del tutto compatibile con la sfera di applicazione del c.c.n.l. delle Cooperative sociali, che è ampio e multisettoriale. Ragionare diversamente, come fa la Corte d’appello di Bologna, reputando il c.c.n.l. delle Cooperative sociali non adeguato al settore di
riferimento, significherebbe condannare il sistema delle società cooperative ad una sicura uscita da ogni mercato, perché, per ciascun ‘settore’, vi sarà sempre un contratto collettivo che potrà essere giudicato più specifico e aderente a quel determinato ambito di attività economica. A parere della ricorrente, l’operazione ermeneutica condotta dalla Corte d’appello si pone in palese contrasto con la libertà sindacale e di autodeterminazione contrattuale sancita dall’art. 39 Cost. Si assume che, al fine di esplicare il loro scopo mutualistico, le cooperative sociali che partecipano ad una gara pubblica devono poter impiegare il proprio contratto collettivo (che non è certo un contratto ‘pirata’, in quanto stipulato dalle organizzazioni sindacali storiche e comparativamente più rappresentative sul piano nazionale); che nella medesima direzione si è orientato l’ANAC con il Parere del 6 luglio 2011 sulla normativa AG 15/2011 ed anche la giurisprudenza amministrativa; che la diversa interpretazione della norma contrattuale fornita dalla Corte d’appello è stata, peraltro, espressamente disconosciuta da RAGIONE_SOCIALE; che è errato l’assunto dei giudici di appello secondo cui le deroghe potrebbero eventualmente valere solo per il personale svantaggiato.
Con il secondo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., violazione o falsa applicazione degli artt. 1 e 4 della legge n. 381/1991 in combinato disposto con l’art. 41 Cost., per avere la Corte d’Appello ritenuto che la finalità delle cooperative sociali di favorire l’inclusione lavorativa di persone svantaggiate comporti l’applicazione del c.c.n.l. delle cooperative sociali ai soli svantaggiati in quanto, se applicato ai normodotati, comporterebbe inevitabili sperequazioni sia in sede di gara di appalto tra aziende partecipanti e sia sul piano retributivo tra lavoratori che svolgono la stessa mansione. La ricorrente premette che le cooperative sociali possono operare in qualsivoglia settore produttivo, senza limitazione alcuna, purché abbiano almeno il 30% di soci lavoratori svantaggiati. Afferma che il legislatore incentiva l’assunzione di lavoratori svantaggiati tramite la riduzione contributiva e le agevolazioni fiscali a favore delle cooperative sociali, a fronte di un impegno di queste ultime nella
promozione delle assunzioni e nella qualificazione professionale dei lavoratori svantaggiati e che ciò avviene in tutti i settori produttivi nei quali si estenda l’oggetto sociale della cooperativa; che l’ammissione di un regime agevolato per le cooperative sociali, vuoi legislativo vuoi contrattuale, non si pone in contrasto con la libertà di iniziativa economica delle imprese concorrenti poiché tale regime di favore discende dalla natura pubblicistica degli interessi realizzati attraverso l’assunzione continuativamente di una percentuale significativa di lavoratori svantaggiati; che, al contrario, vi sarebbe una violazione dell’articolo 41 Cost. là dove si pretendesse di applicare un contratto collettivo diverso da quello proprio del settore di appartenenza della cooperativa sociale o si pretendesse di applicare una diversa disciplina del lavoro che neghi la specificità societaria e la tutela del preminente valore del lavoro e della formazione professionale dei prestatori più deboli sul mercato del lavoro.
Con il terzo motivo è dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., violazione dell’art. 1362 c.c. ed errata interpretazione del contenuto della lettera d’invito di Hera S.p.A. del 7.9.2015 nella parte in cui era prevista, per il personale delle cooperative sociali di tipo B affidatarie del servizio oggetto di appalto, l’esclusione della clausola contenuta nell’art. 8, parte A), comma 1, lett. d) del c.c.n.l. dei Servizi ambientali. La ricorrente fa presente che, ove si ritenessero infondate le censure esposte col precedente motivo e si considerasse applicabile il c.c.n.l. Servizi ambientali – ex Federambiente, dovrebbe comunque affermarsi la legittimità dell’impiego, da parte di Coop 134, del c.c.n.l. delle Cooperative Sociali, alla luce delle deroghe espressamente previste dall’art. 8 della disciplina contrattuale-collettiva richiamata.
5. Con il quarto motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., violazione o falsa applicazione degli articoli 2103 comma 1, 1362, 1363 c.c. e mancata applicazione del procedimento logico e giuridico trifasico con riferimento al c.c.n.l. Federambiente. Si rileva che il tribunale ha effettuato la comparazione delle mansioni con le declaratorie contrattuali contenute nel c.c.n.l. delle Cooperative Sociali e nel c.c.n.l. Fise,
mentre la Corte d’appello ha fatto riferimento al c.c.n.l. Servizi ambientali -ex Federambiente, senza tuttavia eseguire il procedimento trifasico rispetto alle declaratorie di quest’ultimo contratto ed anzi attribuendo ad un mero errore materiale l’indicazione nella sentenza di primo grado del c.c.n.l. Fise.
I primi tre motivi di ricorso possono essere trattati congiuntamente perché pongono, da diversi angoli di visuale, la medesima questione giuridica concernente l’individuazione del contratto collettivo da assumere quale parametro per il trattamento economico e normativo dei lavoratori impiegati dalla società aggiudicataria in un appalto di servizi, ove quest’ultima sia una cooperativa sociale di tipo B.
Il d.lgs. 163/2006, Codice dei contratti pubblici, applicabile ratione temporis , all’art. 118, comma 6, stabilisce: «L’affidatario è tenuto ad osservare integralmente il trattamento economico e normativo stabilito dai contratti collettivi nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni; è, altresì, responsabile in solido dell’osservanza delle norme anzidette da parte dei subappaltatori nei confronti dei loro dipendenti per le prestazioni rese nell’ambito del subappalto» .
Disposizione di analogo tenore è dettata dal successivo d.lgs. n. 50/2016, anch’esso applicabile ratione temporis , che all’art. 30, comma 4, prevede: «Al personale impiegato nei lavori oggetto di appalti pubblici e concessioni è applicato il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quelli il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente» .
Come accertato dalla Corte d’appello, gli appalti pubblici, nell’ambito dei quali RAGIONE_SOCIALE svolgeva l’attività di raccolta di rifiuti nella vigenza del rapporto di lavoro con il sig. COGNOME, sono due: a) il Servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti solidi urbani ed assimilati per le province di Forlì-Cesena e Rimini in relazione al
periodo dall’1.1.2012 al 30.6.2013, rinnovato per i periodi 1.7.2013-30.6.2014 e 1.7.2014-30.6.2015, quindi prorogato sino al 31.12.2015 ed al 31.1.2016; b) il Servizio Unificato Bis per il territorio dei Comuni della Provincia di Rimini, in relazione al periodo decorrente dall’1.2.2016 al 31.12.2017, a sua volta rinnovato per gli anni 2018 e 2019.
Entrambi i bandi di gara, come riportato nella sentenza e nel ricorso, prevedono: «l’impresa, in caso di aggiudicazione della presente gara, si obbliga a garantire ai propri dipendenti dedicati all’esecuzione del servizio i minimi di trattamento economico e normativo non inferiori a quelli del CCNL dei Servizi Ambientali (ex Federambiente), ivi compresa, in caso di passaggio di gestione, l’applicazione dell’art. 6 dello stesso CCNL’ (bando 2012 e bando 2016)».
Il capitolato speciale d’appalto del Servizio Raccolta 1.1.2012-30.6.2013, all’art. 27, lett. n), pone a carico dell’impresa aggiudicataria «l’osservanza di un trattamento economico e normativo non inferiore a quello previsto dal CCNL del settore dei servizi ambientali, nonché l’osservanza degli accordi sindacali integrativi, delle norme sulla sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro secondo quanto previsto dal Decr. Lgs. n. 81/2008 e s.m.i., della normativa per il diritto al lavoro dei disabili, nonché tutti gli adempimenti di legge nei confronti dei lavoratori dipendenti o soci» ed analoga previsione è contenuta nel successivo art. 30.
La lettera di invito di RAGIONE_SOCIALE in relazione all’appalto 1.1.2012-30.6.2013, alla lett. p) di p. 5, prescrive che la dichiarazione sostitutiva da parte delle imprese partecipanti alla gara dovrà contenere, tra l’altro, la ‘dichiarazione con la quale l’impresa si obbliga a garantire ai propri dipendenti dedicati all’esecuzione del servizio, con esclusione delle attività secondarie di cui all’art. 16 del Capitolato Speciale d’Appalto, i minimi di trattamento economico e normativo non inferiori a quelli del CCNL dei servizi ambientali nel rispetto di quanto previsto dal vigente CCNL Federambiente e accordi integrativi’.
Con lettera di chiarimenti del 20.10.2011, nel rispondere al quesito su quale contratto collettivo applicare ai
dipendenti delle cooperative sociali partecipanti alla gara, RAGIONE_SOCIALE ha precisato che ‘l’obbligo di corrispondere il minimi di trattamento economico e normativo del CCNL Federambiente è escluso, nel rispetto delle condizioni previste e disciplinate dall’art 8-bis del citato CCNL Federambiente, per tutti i dipendenti (normodotati e svantaggiati) delle cooperative sociali partecipanti alla gara d’appalto di cui all’oggetto’.
Disposizioni sovrapponibili a quelle della procedura di gara del 2012-2013 si ritrovano nel bando di gara 1.1.2016 31.12.2017 (p. 6, lett. m) e nel capitolato speciale concernente l’appalto Servizio Unificato Bis (artt. 29, lett. o) e 32).
In relazione a quest’ultimo appalto, la lettera di invito di RAGIONE_SOCIALE del 7.9.2015 comprende due pagine entrambe recanti il n. 7. Nella prima pagina n. 7 si puntualizza che ‘su questa gara è possibile per l’eventuale personale delle cooperative sociali di tipo B del soggetto aggiudicatario della gara, l’esclusione dell’applicazione della clausola prevista dall’art. 8, parte A), comma 1, lett. d) del CCNL Servizi Ambientali (ex Federambiente) per una percentuale non superiore al 50% dell’importo a base d’asta, risultando in tal modo comunque garantita, ai sensi del medesimo articolo sopra citato, la quota del 15% totale con riferimento all’ammontare del volume economico delle attività complessivamente previste all’art. 3, comma 1, lett. a) del CCNL sopra indicato, per il Gruppo Hera’.
Nella seconda pagina n. 7 si precisa che ‘su questa gara è possibile, in deroga all’art. 8 parte B) comma 8) del CCNL del Servizi Ambientali, eseguire parte dei servizi oggetto del presente appalto, mediante l’applicazione di CCNL delle Coop. Sociali per una percentuale non superiore al 50% dell’importo a base d’asta, risultando in tal modo comunque garantita, ai sensi del medesimo articolo sopra citato, la quota del 15% con riferimento all’ammontare del volume economico delle attività complessivamente previste all’art. 3, comma 1, lett. a) del CCNL sopra indicato, per il Gruppo Hera’.
A seguito di quesito formulato dalle società partecipanti alla gara su ‘come debba intendersi il limite indicato
del 50%, cioè se lo stesso è riferito solo al costo del personale della coop. sociale o, invece, anche ai costi complessivi dell’azienda connessi al servizio’, RAGIONE_SOCIALE ha fornito la seguente risposta: ‘si precisa che il limite indicato del 50% per il quale si prevede l’esclusione dell’applicazione della clausola prevista dall’art. 8, parte A), comma 1, lettera d) del CCNL dei Servizi Ambientali (ex Federambiente), è da ritenersi riferito al solo costo del personale della coop. sociale’.
18. L’art. 8 del c.c.n.l. dei Servizi Ambientali del 17.6.2011 sottoscritto tra Federambiente e le Segreterie nazionali delle Organizzazioni sindacali FP Cgil, FIT Cisl, UilTrasporti, Fiadel, disciplina le ipotesi di esternalizzazione dei servizi ambientali, anche attraverso il ricorso all’appalto, e pone a carico della società committente alcuni obblighi tra cui quello di vincolare le società appaltatrici ad ‘assicurare ai propri dipendenti il trattamento economico e normativo previsto dal CCNL del settore dei servizi ambientali, ivi compresa, in caso di passaggio di gestione, l’applicazione dell’art. 6 secondo le modalità previste’ (art. 8, parte A, comma 1, lett. d).
19. All’art. 8 citato è stata aggiunta la parte B (definita anche art. 8-bis), concernente la ‘Integrazione sociale e politiche del lavoro per le persone disabili e emarginate, esposte a rischio di esclusione’. Il comma 6 della parte B stabilisce che ‘Il personale svantaggiato individuato dal comma 2, può essere escluso dall’applicazione della clausola prevista dall’art. 8, comma 1, lett. d) del presente CCNL, per una quota complessiva e non superiore al 5% avendo a riferimento l’ammontare del volume economico delle attività complessivamente previste dall’articolo 3, comma 1, lett. a) del presente CCNL, al netto del valore economico delle attività di trasferenza dei rifiuti, successivamente alle procedure previste dai commi 3, 4 e 5. Resta comunque l’obbligo per le cooperative sociali, di cui all’art. 1, lett. b) della legge 381/91, di assicurare ai propri soci e dipendenti le condizioni normative ed economiche non inferiori a quelle previste da un CCNL stipulato con le OO.SS. comparativamente più rappresentative’.
Il comma n. 8 dell’art. 8, parte B, prevede ‘Inoltre, previo accordo con le RSU/RSA, congiuntamente alle strutture territorialmente delle OO.SS. stipulanti il presente CCNL, si potrà incrementare a livello aziendale, fino ad un massimo del 15%, compresa la quota prevista dal comma 6, la possibilità di andare in deroga alle previsioni dell’articolo 8 comma 1, lett. d) del presente CCNL, sempre prendendo a riferimento – per tale percentuale – l’ammontare del volume economico delle attività complessivamente previste dall’articolo 3, comma 1, lett. a) del presente CCNL, al netto del valore economico delle attività di trasferenza dei rifiuti, dopo le procedure previste dai commi 4 e 5′.
Il successivo contratto collettivo Servizi Ambientali del 10.7.2016 all’art. 8, parte A, comma 1, lett. d) contempla l”obbligo per le imprese appaltatrici di assicurare ai propri dipendenti l’applicazione di uno dei due CCNL dei servizi ambientali specifici del settore stipulati dalle OO.SS. comparativamente più rappresentative, ivi compresa, in caso di passaggio di gestione, l’applicazione dell’art. 6 secondo le modalità previste’.
È utile porre in evidenza come in entrambi i contratti collettivi l’art. 8, parte B (anche citato come art. 8-bis), la cui rubrica concerne la ‘Integrazione sociale e politiche del lavoro per le persone disabili e emarginate a rischio di esclusione’, al comma n. 1 recita: ‘Il presente CCNL interviene a supporto dell’integrazione lavorativa di soggetti disabili e/o socialmente svantaggiati, esposti a rischio di esclusione sociale, mediante le previsioni del presente articolo, al fine di promuovere l’inserimento lavorativo degli stessi in forma stabile e qualificata’ . Il successivo comma n. 2 aggiunge: ‘2. Per le finalità della presente azione, gli appalti relativi alle attività del ciclo previste nell’area spazzamento e raccolta, comprese le piattaforme ecologiche, di cui all’art. 15 del presente CCNL, saranno assegnati con il metodo dell’offerta economicamente più vantaggiosa, anche in maniera idonea a permettere la gestione di progetti di inserimento sociale lavorativo di persone in condizioni di criticità, nel rispetto di quanto previsto dalla normativa vigente di cui all’art. 1, comma 1, lett. b) e art. 4
della legge n. 381/91’. Al ‘personale svantaggiato’ si riferisce il sesto comma sopra riportato.
Secondo la tesi della società ricorrente, i riferimenti contenuti nella documentazione delle gare d’appalto non riguardano uno specifico e determinato contratto collettivo, né tanto meno il c.c.n.l. Federambiente, bensì uno specifico settore, ossia quello dei servizi ambientali, all’interno del quale possono applicarsi diverse discipline collettive, tra cui il c.c.n.l. delle Cooperative Sociali che, come affermato dalla giurisprudenza amministrativa citata nel ricorso, ‘ è applicabile a tutti i diversi tipi di attività che le cooperative sociali possono svolgere, ivi compresa la raccolta dei rifiuti ‘ ( ex multis , Consiglio di Stato, sez. V, 11 luglio 2014, n. 3571 e Consiglio di Stato, sez. IV, 7 giugno 2021, n. 4353).
24. La Corte d’appello ha interpretato le fonti delle procedure di gara come tali da individuare, in modo univoco, il trattamento economico e normativo che la società aggiudicataria avrebbe dovuto applicare ai lavoratori impiegati nell’appalto come non inferiore a quello stabilito da uno specifico contratto collettivo, quello dei Servizi ambientali sottoscritto da Federambiente.
25. Tale lettura si basa sul tenore letterale dei bandi di gara e dei capitolati di appalto oltre che sul contenuto delle successive lettere di invito e di chiarimenti della stazione appaltante. Essa è coerente con i testi normativi in materia di Contratti pubblici, non si pone in alcun modo in contrasto con i principi di libertà sindacale di cui all’art. 39 Cost. e di libertà dell’iniziativa economica privata di cui all’art. 41 Cost. e neppure determina una violazione della legge di disciplina delle Cooperative sociali.
26. Partendo dall’analisi del dato normativo, le previsioni di cui all’art. 118, comma 6, del d.lgs. n. 163/2006 e all’art. 30, comma 4, del d.lgs. n. 50/2016, che impongono l’applicazione, ai lavoratori addetti ad un servizio oggetto di appalto o di subappalto, del trattamento economico e normativo non inferiore a quello dettato dal contratto collettivo ‘in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni’ o il cui ‘ambito di
applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto’, rispondono alla duplice esigenza: di evitare fenomeni di concorrenza sleale con sperequazioni al ribasso nelle operazioni di gara e di garantire ai lavoratori occupati nelle medesime attività, con le stesse mansioni e nella stessa zona, un trattamento paritario. Tale previsione mira ad evitare comportamenti delle imprese idonei ad alterare le regole concorrenziali e, allo stesso tempo, a salvaguardare la parità di trattamento tra lavoratori, garantendo a coloro che sono occupati nell’esecuzione di appalti e subappalti specifici standard di tutela reddituale e occupazionale appositamente individuati.
Se anche nelle procedure ad evidenza pubblica le imprese agiscono, in sintonia con i principi dettati dalle direttive europee, secondo le regole della libera concorrenza, questa tuttavia non può esercitarsi facendo leva, come elemento competitivo, sui trattamenti economici e normativi dei lavoratori, individuati dal legislatore quale nucleo minimo di tutela inderogabile. Ciò in attuazione non solo del principio di retribuzione adeguata sancito dall’art. 36 Cost. ma anche della esigenza di ‘indirizzare’ l’attività economica pubblica e privata ‘a fini sociali’, come recita il secondo comma dell’art. 41 Cost., e quindi di garantire, nello specifico settore degli appalti pubblici, una forte dose di responsabilità sociale.
Con riferimento al caso in esame, la questione che occorre affrontare non è se il contratto delle cooperative sociali possa considerarsi uno dei contratti collettivi del settore dei servizi ambientali, come sostiene la ricorrente, oppure se ciò sia precluso dall’essere lo stesso ‘trasversale e generalista’ come è affermato nella sentenza d’appello, ma piuttosto verificare se gli atti di gara individuino o meno uno specifico e determinato contratto collettivo da utilizzare come parametro del trattamento minimo garantito ai lavoratori impiegati negli appalti per cui è causa.
Su questo aspetto la sentenza impugnata (p. 6) ha sottolineato come ‘il CCNL FederambienteRAGIONE_SOCIALE sia menzionato ripetutamente: nei bandi di gara, nei capitolati speciali, nella lettera di invito e nella nota a chiarimenti e tutte le
indicazioni hanno sostanziale e formale coerenza tra loro facendo richiamo di quello specifico contratto collettivo quale punto di riferimento del trattamento economico e normativo da assicurare al personale che sarà occupato nell’appalto’.
L’interpretazione data dai giudici di appello è assolutamente coerente al tenore letterale dei bandi di gara e dei capitolati di appalto, che non recano un generico rinvio al contratto collettivo del ‘settore’ ma nominano uno specifico contratto collettivo ed esattamente dello dei Servizi ambientali ex Federambiente, intendendo il contratto collettivo sottoscritto da questa associazione datoriale unitamente alle sigle sindacali dei lavoratori dotate della maggiore rappresentatività comparata. I bandi di gara richiamano il c.c.n.l. dei Servizi Ambientali (ex Federambiente) ‘ivi compresa, in caso di passaggio di gestione, l’applicazione dell’art. 6 dello stesso CCNL’; il riferimento ad una specifica disposizione di quel contratto collettivo conferma come il richiamo non possa intendersi rivolto genericamente ad un contratto collettivo del settore dei servizi ambientali bensì a quel testo contrattuale nominativamente individuato.
Nello stesso modo si sottrae alle censure di violazione dei canoni ermeneutici l’interpretazione data dalla Corte d’appello alle lettere di invito e alle lettere di chiarimenti provenienti da RAGIONE_SOCIALE
Anzitutto, l’analisi di questi testi avvalora, anziché smentire, la tesi della indicazione, negli atti di gara, del c.c.n.l. ex Federambiente quale parametro del trattamento minimo per i lavoratori. Proprio in quanto volta a introdurre alcune possibili deroghe all’applicazione di una determinata clausola del contratto collettivo Federambiente (alla clausola dell’art. 8, parte A, comma 1, lett. d), la documentazione di gara conferma, quale presupposto logico, l’applicabilità di quel contratto.
Inoltre, sul contenuto e sulla portata delle deroghe, espresse nelle lettere di invito e di chiarimenti in maniera non lineare e con ampi margini di contraddittorietà, la lettura data dai giudici di appello risulta assolutamente coerente col significato
letterale dei testi, oltre che la sola compatibile con la disciplina contrattuale collettiva.
34. Difatti, è vero che la lettera di chiarimenti del 20.10.2011 esclude ‘per tutti i dipendenti (normodotati e svantaggiati) delle cooperative sociali partecipanti alla gara d’appalto di cui all’oggetto’ l’obbligo di corrispondere un trattamento minimo non inferiore a quello del c.c.n.l. Federambiente ma tale deroga è consentita solo ‘nel rispetto delle condizioni previste e disciplinate dall’art 8-bis del citato CCNL Federambiente’. E l’art. 8-bis (art. 8, Parte B) ammette la deroga in oggetto solo per ‘le persone svantaggiate’ e limitatamente ad una ‘quota’ da calcolare secondo i criteri specificamente enunciati. Requisiti, nella fattispecie oggetto di causa, del tutto assenti atteso che il sig. COGNOME non rientra nel novero delle persone svantaggiate e in nessun modo risulta dedotto il rispetto della quota percentuale indicata nella previsione collettiva.
35. Con pari contraddittorietà, la lettera di invito del 7.9.2015 contiene due pagine recanti il n. 7; nella prima è contemplata una deroga alla clausola di cui all’art. 8, parte A, lett. d), cioè all’obbligo di applicare il trattamento minimo di cui al c.c.n.l. Federambiente, per tutti i dipendenti della cooperativa; nella seconda pagina n. 7 è riportata una clausola di segno opposto, tale da escludere l’obbligo suddetto solo per i lavoratori svantaggiati.
36. La sentenza impugnata ha interpretato la lettera di invito del 2015 come volta a limitare la deroga al personale svantaggiato, ciò in forza della locuzione ‘eventuale’ adoperata nella stessa e logicamente riferibile al possibile impiego nell’appalto anche di personale svantaggiato e in coerenza con la lettera e la ratio dell’art. 8-bis, che limita la possibilità di una disciplina derogatoria alle sole persone svantaggiate e nei limiti di una determinata quota.
Le critiche mosse dalla società ricorrente si appuntano solo sulla lettera 7.9.2015, che concerne esclusivamente il secondo appalto, e prospettano di essa una lettura alternativa, senza evidenziare specifici errori nella applicazione delle regole
ermeneutiche e senza in alcun modo confrontarsi con l’ulteriore requisito richiesto in entrambe le pagine n. 7, per cui le deroghe ai minimi salariali del c.c.n.l. Federambiente possono riguardare solo ‘una percentuale non superiore al 50% dell’importo a base d’asta’.
38. Non solo, le critiche in parola neppure superano la seconda ratio decidendi che sorregge la decisione d’appello sulla questione in esame, vale a dire la inidoneità delle lettere di invito, e a maggior ragione delle lettere di chiarimenti, a modificare o integrare gli atti della procedura di gara. Con la conseguenza che, ove anche si leggesse la lettera del 7.9.2015 nel senso voluto dalla ricorrente, ossia come rivelatrice dell’intento della stazione appaltante di esonerare le cooperative sociali di tipo B dall’applicazione dei minimi del c.c.n.l. dei Servizi Ambientali Federambiente per tutto il personale dipendente dell’appaltatrice, non soltanto per quello svantaggiato, la censura mossa col terzo motivo di appello sarebbe in ogni caso infondata per la dirimente considerazione che la citata lettera non potrebbe avere efficacia derogatoria rispetto al contenuto delle fonti della procedura di gara, costituite dal bando, dal capitolato e dal disciplinare.
39. Le lettere di invito e le lettere di chiarimenti della stazione appaltante, come precisato anche dal Consiglio di Stato (sez. V, 9.6.2021, n. 4396; sez. IV, 19.3.2015, n. 1516; sez. IV, 28.11.2012, n. 6026), hanno una funzione meramente specificatrice rispetto al bando e non hanno idoneità a modificare, derogare o sconfessare le citate fonti nelle quali, unicamente, deve essere ricercata la regolamentazione della procedura di gara. Nel caso di specie, il contenuto dei bandi di gara e dei capitolati di appalto vincola la società aggiudicataria al trattamento economico e normativo non inferiore a quello del c.c.n.l. dei Servizi ambientali ex Federambiente, senza alcuna deroga per le società cooperative ed i loro dipendenti. La società ricorrente pretende di attribuire alla lettera di invito di RAGIONE_SOCIALE l’effetto di introdurre una deroga a tale vincolo non solo in assenza di qualsiasi previsione sul punto dei bandi di gara che costituiscono lex specialis della procedura selettiva, ma in aperta violazione del contratto collettivo e dei limiti e delle condizioni, soggettive e oggettive, posti dal citato art. 8 bis.
Il contenuto degli atti di gara, con espressa indicazione parametrica di un contratto collettivo specificamente individuato, non si pone in contrasto con le previsioni dei Codici dei contratti applicabili ratione temporis , rappresentando una forma legittima di attuazione del dettato normativo attraverso
Tale modalità anticipa, in qualche modo, le previsioni del successivo Codice dei contratti, non applicabile ratione temporis. Il d.lgs. n. 36/2023, art. 11, come modificato dal d.lgs. 209/2024, al secondo comma prescrive alle stazioni appaltanti di indicare nei documenti iniziali di gara ‘
42.
43.
capitolato generale d’appalto di opere pubbliche, in base alla quale l’appaltatore assuma l’obbligo di applicare ai lavoratori dipendenti condizioni normative e retributive non inferiori a quelle stabilite dai contratti collettivi vigenti, si configura come un contratto a favore del terzo, che fa sorgere in capo ai lavoratori impiegati nella esecuzione delle
opere appaltate un diritto soggettivo, nei confronti del datore di lavoro, all’osservanza della contrattazione collettiva e nel quale l’interesse dello stipulante, richiesto dall’art. 1411, primo comma c.c., è quello della pubblica amministrazione alla regolare esecuzione dei lavori, che sarebbe compromessa dalla litigiosità dei lavoratori, motivata da un loro trattamento meno favorevole di quello stabilito dalla contrattazione collettiva (Cass. n. 18686 del 2020 che richiama Cass. 5 giugno 1981, n. 3640; Cass. 21 dicembre 1991, n. 13834).
44.
attribuisce ai lavoratori un autonomo diritto soggettivo, non già all’applicazione diretta di tutto il contratto collettivo di categoria (essa non comportando un’estensione dell’efficacia soggettiva del contratto), bensì al rispetto del trattamento minimo previsto dal suddetto contratto.
45.
non integra alcuna violazione
dell’art. 39 Cost. poiché le espressioni adoperate dall’art. 118, comma 6, d.lgs. 163/2006 e dall’art. 30, comma 4, d.lgs. n. 50/2016 vanno lette come richiamo ai contratti collettivi, e più precisamente ai trattamenti economici e normativi ivi previsti, quale parametro di riferimento del trattamento da riconoscere ai dipendenti impiegati nell’appalto, e non come statuizioni idonee ad incidere sulla efficacia dei contratti collettivi, assegnando ad essi effetti erga omnes . In tal senso si è espressa la Corte Cost. con la sentenza n. 51 del 2015, a proposito dell’art. 7, comma 4, del decreto-legge n. 248 del 2007 (su cui v. Cass. n. 4951 del 2019).
46. Recentemente, la Relazione illustrativa del Consiglio di Stato al nuovo Codice dei contratti (di cui al d.lgs. n. 36 del 2023) ha escluso che fosse ipotizzabile un «contrasto con l’art. 39 Cost. in quanto (la normativa in esame, ndr.) non è diretta a estendere ex lege ed erga omnes l’efficacia del contratto collettivo, ma si limita a indicare le condizioni contrattuali che l’aggiudicatario deve applicare al personale impiegato, qualora, sulla base di una propria e autonoma scelta imprenditoriale, intenda conseguire
l’appalto pubblico, restando libero di applicare condizioni contrattuali diverse nello svolgimento dell’attività imprenditoriale diversa; e restando libero di accettare o non la clausola dell’appalto pubblico oggetto dell’aggiudicazione (accettando, quindi, anche l’esclusione dalla procedura). I medesimi argomenti possono essere utilizzati per affermare la compatibilità anche rispetto all’art. 41 Cost., tenuto conto altresì che la libera iniziativa economica ‘non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale’. Il consentire alla p.a. la scelta di indicare il CCNL applicabile alle prestazioni oggetto di gara sembra trovare giustificazione proprio sotto questo profilo (Art. 41, secondo comma, Cost.)». Considerazioni analoghe si leggono nel Parere ANAC 30.7.2024 n. 392.
L’interpretazione adottata dai giudici di appello e qui confermata non si pone in contrasto con la funzione sociale delle cooperative, riconosciuta dall’art. 45 Cost. e con la disciplina dettata per le cooperative sociali.
L’attività delle cooperative sociali è rivolta all’inclusione lavorativa delle persone svantaggiate, attraverso la creazione di posti di lavoro adeguati alle loro esigenze e l’offerta di servizi per il lavoro, tra cui la formazione, l’orientamento, la ricollocazione e la partecipazione a reti e progetti con enti pubblici e privati. Proprio per realizzare lo scopo mutualistico le cooperative sociali godono di particolari agevolazioni contributive e fiscali. Su tali premesse la società ricorrente fonda l’assunto secondo cui le cooperative sociali ‘se partecipano ad una gara pubblica devono poter impiegare il proprio CCNL’ (ricorso, p. 31) poiché imporre alle stesse l’adozione di un contratto collettivo diverso dal CCNL delle RAGIONE_SOCIALE ‘significa mettere fuori gioco il sistema della cooperazione sociale, con l’ulteriore e drammatica conseguenza che, non potendo essere svolta l’attività di inserimento, le persone svantaggiate sarebbero irrimediabilmente escluse dal mondo del lavoro’ (memoria, p. 8-9).
Sul punto è necessario ricordare che fin dal 2007 la Corte di Giustizia, con la decisione del 29.11.2007 nella C119/2006, ha affermato che ‘l’assenza di fini di lucro non esclude
che siffatte associazioni (di volontariato) esercitino un’attività economica e costituiscano imprese ai sensi delle disposizioni del Trattato relative alla concorrenza’ e che l’assenza del fine di lucro non è ostativa alla loro partecipazione ad appalti pubblici (nello stesso senso cfr. sentenza CGUE del 23 dicembre 2009, nella causa C-305/2008).
50. Occorre anche considerare che, per il disposto dell’art. 7, comma 4 del decreto-legge n. 248 del 2007, che ha superato il vaglio di costituzionalità (sentenza n. 51 del 2015), le cooperative devono garantire ai propri dipendenti «i trattamenti economici complessivi non inferiori a quelli dettati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale nella categoria», categoria che si qualifica per la peculiare natura del soggetto datoriale e per lo scopo mutualistico dal medesimo perseguito.
51. La partecipazione alle procedure ad evidenza pubblica, accanto ad operatori economici che perseguono fini di lucro, degli enti cd. del Terzo settore (cfr. d.lgs. n. 117 del 2017 il cui art. 4 enumera le cooperative sociali) che non perseguono fini di lucro, pone inevitabili problemi venendo a confronto, in un contesto di gara, soggetti giuridici interpreti di modelli economici profondamente diversi e, per tale ragione, in posizioni di partenza non paritaria.
52. Il legislatore, nei testi applicabili ratione temporis , si è fatto carico di contemperare le esigenze di tutela dei lavoratori impiegati in appalti e le finalità perseguite dalle cooperative sociali, anche attraverso la partecipazione a procedure ad evidenza pubblica. L’art. 5 della legge n. 381/1991 prevede che «gli
53. L’art.
‘art. 112 del d.lgs. n. 50/2016, la cui rubrica concerne ‘Appalti e concessioni riservati’ , contempla la possibilità per le stazioni appaltanti di «riservare il diritto di partecipazione alle procedure di appalto e a quelle di concessione o …riservarne l’esecuzione ad operatori economici e a cooperative sociali e loro consorzi il cui scopo principale sia l’integrazione sociale e professionale delle persone con disabilità o svantaggiate o possono riservarne l’esecuzione nel contesto di programmi di lavoro protetti quando almeno il 30 per cento dei lavoratori dei suddetti operatori economici sia composto da lavoratori con disabilità o da lavoratori svantaggiati».
54. Lo stesso c.c.n.l. dei Servizi ambientali (ex Federambiente) del 2011 ed anche quello del 2016 all’art. 8 bis (art. 8, Parte B), ha previsto la possibilità di deroga al trattamento minimo del medesimo contratto collettivo per il personale svantaggiato ed entro determinate quote percentuali.
55. È attraverso e nei limiti di tali previsioni legislative e contrattuali che deve ritenersi attuato un adeguato contemperamento ed una forma di riequilibrio sociale tra i minimi
di trattamento garantiti alla generalità dei lavoratori impiegati in un appalto e le peculiarità dello scopo perseguito dalle cooperative sociali, senza che vi sia spazio per ipotizzare, come pretende la società ricorrente, una deroga generalizzata ai trattamenti minimi garantiti dalla legge in virtù della funzione di rilievo costituzionale propria delle cooperative sociali.
56. Per quanto fin qui esposto, sono infondati i primi tre motivi di ricorso.
57. Il quarto motivo di ricorso è inammissibile perché non si confronta con la complessiva ratio decidendi della sentenza impugnata. Allo scopo di individuare il livello di inquadramento delle mansioni del lavoratore in base al contratto collettivo dei Servizi ambientali, il tribunale ha proceduto ad una comparazione tra le declaratorie contenute nel contratto collettivo delle cooperative sociali e quelle descritte nel contratto collettivo Servizi ambientali Fise. La Corte d’appello ha ritenuto applicabile, in base alle espresse previsioni degli atti di gara, il contratto RAGIONE_SOCIALE ex RAGIONE_SOCIALE ed ha qualificato come mero errore materiale l’indicazione, nella sentenza di primo grado, del contratto RAGIONE_SOCIALE. Ha, comunque, accertato che la diversità dei contratti collettivi, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, non comportasse alcuna conseguenza pratica per essere gli stessi ‘perfettamente sovrapponibili quanto a declaratorie e minimi salariali’, e per essere tale sovrapponibilità incontroversa.
58. La società ricorrente contesta ora tale sovrapponibilità senza censurare il presupposto su cui la relativa statuizione si fonda, cioè l’essere la coincidenza dei testi contrattuali, specificamente riguardo alle declaratorie e ai minimi salariali, incontroversa, vale a dire pacifica e tale da non richiedere alcuno specifico accertamento. Non solo, i rilievi mossi col motivo in esame, al fine di argomentare la non coincidenza dei due contratti collettivi, investono il ‘diverso campo di applicazione dei medesimi’, il differente contenuto dell’art. 8 dei due contratti in materia di esternalizzazioni ma nulla eccepiscono sul nucleo centrale della affermata sovrapponibilità, rilevante ai fini di causa,
e concernente le declaratorie contrattuali e i minimi retributivi. Dal che discende l’inammissibilità del motivo.
Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato.
La regolazione delle spese del giudizio di legittimità segue il criterio di soccombenza, con liquidazione come in dispositivo, dovendosi tenere conto anche delle spese relative a due procedimenti instaurati dalla Coop 134 ai sensi dell’art. 373 c.p.c.
Il rigetto del ricorso costituisce presupposto processuale per il raddoppio del contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 (cfr. Cass. S.U. n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente RAGIONE_SOCIALE alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità nei confronti di NOME COGNOME che liquida in euro 5.500,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, euro 2.500,00 per ciascuno dei procedimenti ex art. 373 c.p.c., oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater , dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 19 febbraio