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Carenza d’interesse ricorso: quando è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso in una controversia locatizia. Sebbene la rinuncia presentata dal legale fosse inefficace per mancanza di mandato speciale, la Corte ha ritenuto che tale atto dimostrasse una chiara e sopravvenuta carenza d’interesse ricorso da parte dei ricorrenti, giustificando così la chiusura del procedimento per inammissibilità.

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Carenza d’interesse ricorso: quando una rinuncia inefficace porta all’inammissibilità

L’ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Terza Civile, del 23 febbraio 2024, offre un importante chiarimento su un aspetto cruciale della procedura civile: la carenza d’interesse ricorso. In particolare, la Corte ha stabilito che una dichiarazione di rinuncia al ricorso, sebbene formalmente inefficace per mancanza di un mandato speciale in capo al difensore, può comunque determinare la fine del processo, portando a una declaratoria di inammissibilità. Analizziamo insieme questo caso per comprenderne la portata pratica.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da una controversia in materia di locazione. A seguito della decisione della Corte d’Appello di Milano, un privato cittadino e una società a responsabilità limitata decidevano di proporre ricorso per Cassazione contro una società controparte. Tuttavia, in una fase successiva del giudizio, i ricorrenti perdevano interesse alla prosecuzione della causa a causa di eventi non specificati. Il loro avvocato, pertanto, depositava una memoria in cui manifestava la volontà di rinunciare al ricorso.

Il Problema del Mandato Speciale

Il nodo centrale della questione risiede nella natura del potere conferito al difensore. Per poter validamente rinunciare agli atti di un giudizio, l’articolo 390 del codice di procedura civile richiede che l’avvocato sia munito di un mandato speciale. Nel caso di specie, la procura alle liti conferita era generica, sebbene attribuisse al legale “ogni e più ampia facoltà di mandato”. Secondo la giurisprudenza consolidata, una formula così generica non è sufficiente a integrare il requisito del mandato speciale. Di conseguenza, l’atto di rinuncia era, di per sé, formalmente inefficace e non poteva produrre l’effetto tipico dell’estinzione del processo.

La Decisione della Cassazione e la carenza d’interesse ricorso

Nonostante l’inefficacia formale della rinuncia, la Corte di Cassazione ha adottato un approccio pragmatico e sostanziale. I giudici hanno ragionato sul fatto che, sebbene l’atto non potesse valere come rinuncia, esso costituiva una prova inequivocabile della volontà dei ricorrenti di non voler più proseguire la lite. Questo ha fatto emergere una sopravvenuta carenza d’interesse ricorso, ovvero la mancanza di un beneficio concreto che i ricorrenti avrebbero potuto ottenere con una decisione favorevole.

Le motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione richiamando un principio consolidato: un atto processuale, pur essendo inidoneo a produrre l’effetto giuridico per cui è stato posto in essere, può comunque essere valutato dal giudice per il suo contenuto e per ciò che esso manifesta. La dichiarazione di rinuncia, seppur invalida, palesa il sopravvenuto difetto d’interesse del ricorrente a proseguire il processo. Questa situazione consente al giudice di dichiarare l’inammissibilità del ricorso. Questo orientamento evita di costringere le parti a continuare una causa che non ha più alcuna utilità pratica per loro. Inoltre, la Corte ha precisato che, essendo la causa di inammissibilità sopravvenuta nel corso del giudizio e non un vizio originario dell’atto, non sussistono i presupposti per condannare i ricorrenti al pagamento del doppio del contributo unificato.

Le conclusioni

La pronuncia in esame è di grande rilevanza pratica. Essa stabilisce un principio di economia processuale e di aderenza alla realtà sostanziale delle parti. Un avvocato che riceve l’incarico di abbandonare una causa ma non è munito di mandato speciale, pur compiendo un atto formalmente inefficace, di fatto segnala al giudice la fine dell’interesse del proprio cliente. La Corte, prendendo atto di questa realtà, chiude il processo con una declaratoria di inammissibilità, dimostrando come la sostanza della volontà delle parti possa prevalere sul rigore formale, quando ciò non leda i diritti di nessuno e favorisca l’efficienza della giustizia.

Una rinuncia al ricorso presentata da un avvocato senza mandato speciale è valida?
No, la rinuncia agli atti del giudizio richiede un mandato speciale, come previsto dall’art. 390 del codice di procedura civile. Una procura generica, anche se conferisce ‘ampia facoltà di mandato’, non è sufficiente, rendendo l’atto di rinuncia inefficace.

Cosa succede se la rinuncia al ricorso è inefficace per mancanza di mandato speciale?
Anche se la rinuncia è formalmente inefficace, la sua presentazione dimostra in modo inequivocabile la sopravvenuta carenza d’interesse della parte a proseguire il processo. Di conseguenza, il giudice può dichiarare il ricorso inammissibile per tale motivo.

In caso di inammissibilità per sopravvenuta carenza d’interesse, si deve pagare il doppio del contributo unificato?
No. La Corte ha chiarito che, poiché la causa di inammissibilità (la carenza d’interesse) è sopravvenuta dopo la proposizione del ricorso e non era un vizio originario, non sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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