Carenza di Interesse: Quando la Rinuncia al Ricorso è Giustificata dal Fallimento
L’ordinanza in esame offre un’importante riflessione sulla carenza di interesse sopravvenuta nel corso di un giudizio di Cassazione. Il caso analizza una situazione in cui la rinuncia al ricorso da parte degli appellanti, motivata dal fallimento della controparte, porta la Suprema Corte a chiudere il procedimento senza una decisione sul merito, ma con una pronuncia sulla gestione delle spese processuali. Analizziamo insieme i dettagli di questa vicenda.
I Fatti di Causa: Dalla Richiesta di TFR alla Cassazione
La controversia ha origine dalla richiesta degli eredi di un lavoratore defunto, i quali avevano citato in giudizio l’ex società datrice di lavoro per ottenere il pagamento di differenze relative al Trattamento di Fine Rapporto (TFR) per un importo di quasi 50.000 euro.
Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano dichiarato la domanda inammissibile, sostenendo che sulle stesse somme fosse già intervenuto un giudicato precedente, ovvero una sentenza definitiva che aveva già trattato la questione, precludendo un nuovo esame.
Contro la decisione di secondo grado, gli eredi hanno proposto ricorso per Cassazione, articolando due motivi di impugnazione.
I Motivi del Ricorso degli Eredi
I ricorrenti hanno contestato la decisione della Corte territoriale su due fronti principali:
1. Violazione delle norme sul giudicato (art. 2909 c.c.): Sostenevano che il precedente giudizio non potesse precludere la loro nuova domanda, poiché nella prima causa la richiesta era stata respinta per tardività e infondatezza, senza che vi fosse un onere di impugnare specificamente la parte relativa al merito.
2. Vizio di motivazione e violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (art. 112 c.p.c.): Lamentavano che la Corte d’Appello avesse ignorato il fatto che le somme non fossero state richieste in precedenza tramite un decreto ingiuntivo solo a causa di un mero errore materiale.
La Svolta: La Rinuncia al Ricorso e la Carenza di Interesse
Prima che la Corte di Cassazione potesse decidere nel merito dei motivi proposti, si è verificato un evento decisivo: i ricorrenti hanno depositato un atto di rinuncia al ricorso.
Questo atto ha spostato il focus della Corte dalla valutazione dei motivi di impugnazione alla presa d’atto della volontà delle parti di non proseguire il giudizio. La Corte ha quindi dovuto dichiarare la cosiddetta sopravvenuta carenza di interesse alla decisione.
Il Ruolo del Fallimento del Datore di Lavoro
La ragione alla base della rinuncia, come evidenziato dalla stessa Corte, è stata il sopravvenuto fallimento della società datrice di lavoro. Questo evento ha reso la prosecuzione del giudizio di legittimità priva di utilità pratica per i ricorrenti. Con il fallimento dell’azienda, le pretese creditorie, come quella per il TFR, devono essere fatte valere in un contesto diverso, ovvero attraverso l’insinuazione al passivo fallimentare.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte di Cassazione, preso atto della rinuncia, ha dichiarato la sopravvenuta carenza di interesse al ricorso. La motivazione è lineare: venuto meno l’interesse della parte ricorrente a ottenere una pronuncia, il processo non può proseguire. L’elemento qualificante di questa ordinanza risiede nella valutazione delle spese legali. La Corte ha ritenuto che la rinuncia fosse giustificata da un evento oggettivo e non dipendente dalla volontà dei ricorrenti (il fallimento della controparte). Per questa ragione, anziché condannare la parte rinunciante al pagamento delle spese, ha optato per la compensazione integrale delle spese, stabilendo che ciascuna parte dovesse sostenere i propri costi legali. Questa scelta riflette un principio di equità, riconoscendo che la fine del processo è stata causata da circostanze esterne che hanno reso la controversia non più perseguibile nelle forme originarie.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
L’ordinanza chiarisce un importante principio processuale: il fallimento di una delle parti nel corso del giudizio di Cassazione può costituire una giusta causa per la rinuncia al ricorso. Tale rinuncia, se ritenuta giustificata, può portare alla compensazione delle spese legali, evitando così un ulteriore aggravio economico per la parte che, realisticamente, non ha più un interesse concreto a proseguire il giudizio. Per i creditori, ciò sottolinea l’importanza di monitorare la salute finanziaria del debitore e di adattare la propria strategia legale alle circostanze, valutando se sia più opportuno proseguire un giudizio ordinario o attivare le procedure concorsuali.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato una ‘sopravvenuta carenza di interesse’?
La Corte ha dichiarato la sopravvenuta carenza di interesse perché la parte ricorrente ha presentato un atto formale di rinuncia al ricorso, manifestando la volontà di non proseguire il giudizio.
Cosa ha giustificato la rinuncia al ricorso da parte degli eredi?
La rinuncia è stata considerata giustificata dal sopravvenuto fallimento della società datrice di lavoro, un evento che ha reso inutile per i ricorrenti proseguire il giudizio in Cassazione per ottenere il pagamento richiesto.
Come sono state regolate le spese legali in seguito alla rinuncia?
Le spese legali sono state compensate. Ciò significa che ogni parte ha dovuto sostenere i propri costi legali. La Corte ha preso questa decisione considerando che la rinuncia era motivata da una giusta causa, ovvero il fallimento della controparte.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 22837 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 22837 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12758/2022 R.G. proposto da : NOME COGNOME NOME COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in MILANO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 4563/2021 depositata il 14/12/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE:
Con sentenza del 10 12 21 la corte d’appello di Roma ha confermato la sentenza del 3 2 20 del tribunale della stessa sede, che aveva dichiarato inammissibile la domanda degli eredi del lavoratori in epigrafe al pagamento di differenza TFR per euro 49.711.
In particolare la corte ha ritenuto che sulle medesime somme fosse intervenuto giudicato precedente.
Avverso la sentenza ricorrono gli eredi per due motivi, resiste con controricorso il datore di lavoro.
Il primo motivo deduce violazione dell’articolo 276 c.p.c. e 2909 c.c. per aver ritenuto il giudicato sebbene in un giudizio la domanda era stata ritenuta tardiva e comunque infondata (e non essendo configurabile l’onere di impugnare anche nel merito) .
Il secondo motivo deduce il vizio di motivazione ex numero cinque dell’art. 360 co.1 c.p.c., nonché violazione del l’art. 112c.p.c. per avere la corte territoriale trascurato che le somme non erano state richieste con decreto ingiuntivo solo per errore, essendo spettanti All’ esito della camera di consiglio, il collegio si è riservato il termine di giorni sessanta per il deposito del provvedimento.
CONSIDERATO CHE:
Il ricorrente ha presentato rinuncia al ricorso in data 17 aprile 2025.
Deve quindi dichiararsi la sopravvenuta carenza di interesse al ricorso.
Le spese vanno compensate in considerazione del sopravvenuto fallimento del datore di lavoro, che rende giustificata la rinuncia del ricorrente.
p.q.m.
dichiara la sopravvenuta carenza di interesse al ricorso e compensa le spese.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 29 aprile 2025.