Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 32009 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 32009 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 16576-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME
– resistente –
avverso la sentenza n. 352/2023 della CORTE D’APPELLO di REGGIO CALABRIA, depositata il 05/07/2023 R.G.N. 308/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/10/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME.
Oggetto
Rinuncia –
Sopravvenuta carenza di interesse
R.G.N. 16576/2023
COGNOME
Rep.
Ud.22/10/2024
CC
Rilevato che:
La Corte d’appello di Reggio Calabria, con sentenza non definitiva, ha respinto il reclamo della RAGIONE_SOCIALE confermando la sentenza di primo grado che aveva dichiarato illegittimo il licenziamento intimato a NOME COGNOME il 26.6 .2017, nell’ambito della procedura di licenziamento collettivo, e condannato la società alla reintegra e al pagamento dell’indennità risarcitoria nei limiti delle dodici mensilità. Con sentenza definitiva n. 352/2023, la Corte d’appello ha respinto il recl amo e confermato la decisione di primo grado anche riguardo alla mancata detrazione, quale aliunde perceptum , della indennità di mancato avviamento al lavoro (IMA) percepita dal COGNOME in epoca successiva al licenziamento.
La Corte territoriale, per quanto ancora rileva, ha dato atto del rigetto, in separato procedimento, dell’opposizione proposta dal Carullo al decreto ingiuntivo emesso su ricorso dell’Inps ed avente ad oggetto il credito per la restituzione dell’IMA non ché della definitività della decisione in quanto non impugnata dal predetto. Ha ritenuto che l’indennità di mancato avviamento, prevista dall’art. 4, del decreto -legge 243 del 2016, convertito dalla legge n. 18 del 2017, ha natura sostanzialmente previdenziale ed è assimilabile all’indennità di disoccupazione; essa, infatti, è erogata solo ai lavoratori in esubero e in attuazione di una finalità di sostegno all’occupazione; è corrisposta non dal datore di lavoro (somministratore) bensì dall’Inps; le risorse economiche per il suo pagamento provengono dal bilancio dello Stato.
Avverso la sentenza definitiva la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a due
motivi. La difesa di NOME COGNOME ha depositato procura speciale per la partecipazione all’udienza di discussione. È stata depositata memoria nell’interesse del COGNOME.
Considerato che:
Preliminarmente, deve darsi atto che la società ricorrente, per il tramite del difensore, ha depositato atto di rinuncia al ricorso, dichiarando di non avere interesse alla prosecuzione del giudizio, ed ha chiesto di disporre la compensazione delle spese.
Non risulta che tale rinuncia sia stata notificata alla controparte, né che questa vi abbia apposto il visto o l’abbia formalmente accettata.
La rinuncia al ricorso, che non risulti accettata, notificata alle controparti costituite e neppure comunicata per l’apposizione del visto ai rispettivi difensori non può dar luogo alla pronuncia di estinzione del giudizio di cassazione, ai sensi dell’art. 391 cod. proc. civ.; essa, tuttavia, vale a far ritenere cessato l’interesse alla decisione sul ricorso (v. Cass. n. 483 del 2021; Cass. n. 26199 del 2020; 31732 del 2018; Cass. n. 3876 del 2010; Cass. n. 15980 del 2006) e determina pertanto l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse.
Non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio in quanto la controparte non ha svolto difese.
La natura della pronuncia, che è di inammissibilità sopravvenuta e non di rigetto o inammissibilità o improponibilità del ricorso (v. Cass. n. 266 del 2019; Cass. n. 31732 del 2018; Cass. n. 23175 del 2015; Cass. n. 19560 del 2015), esclude l’applicabilità dell’art. 13 co. 1 quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, co. 17, 1. 24 dicembre 2012, n. 228, e relativo all’obbligo, per il ricorrente non vittorioso, di versare una somma pari al contributo unificato già versato all’atto della proposizione dell’impugnazione.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.
Così deciso nell’adunanza camerale del 22 ottobre 2024