Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 28987 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 28987 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 4144/2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO e domiciliata elettivamente in RomaINDIRIZZO, presso l’AVV_NOTAIO;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO;
-resistente- avverso la SENTENZA della Corte d’appello di Milano n. 1660/2019 dell’11 novembre 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/10/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Milano, con sentenza n. 2802/2018 ha dichiarato il difetto di interesse della società ricorrente ad impugnare il verbale di accertamento redatto dall’RAGIONE_SOCIALE il 20 dicembre 2017, al quale era seguito il relativo avviso di addebito, mai contestato.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello che la Corte d’appello di Milano, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 1660/2019, ha rigettato.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi e depositato memoria.
L’RAGIONE_SOCIALE ha depositato procura speciale.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo parte ricorrente lamenta la violazione dell’art. 24, comma 3, d.lgs. n. 46 del 1999 in quanto, nonostante l’omessa impugnazione dell’avviso di addebito ricevuto, sarebbe sempre sussistito un suo interesse ad impugnare il precedente verbale ispettivo.
D’altronde, l’art. 24, comma 3, d.lgs. n. 46 del 1999 avrebbe previsto l’impugnabilità del menzionato avviso.
Con il secondo motivo, la società ricorrente contesta la violazione e falsa applicazione dell’art. 24, comma 3, d.lgs. n. 46 del 1999 per ragioni di economia processuale. Ad avviso della detta società, l’RAGIONE_SOCIALE, saputo dell’esistenza dell’impugnazione contro il verbale ispettivo, avrebbe dovuto revocare o sos pendere l’avviso di addebito.
Le censure, che possono essere esaminate congiuntamente, stante la stretta connessione, sono infondate.
Come chiarito dalla più recente giurisprudenza di legittimità, dalla quale non si ravvisano ragioni per discostarsi e la cui motivazione qui si richiama ex art. 118 disp. att. c.p.c., la notifica della cartella esattoriale per contributi previdenziali determina la sopravvenuta carenza di interesse ad agire nel giudizio di impugnazione dell’accertamento ispettivo che sia stato promosso
dopo l’iscrizione a ruolo, perché l’art. 24, comma 5, del d.lgs. n. 46 del 1999 prevede uno specifico mezzo dell’impugnazione a ruolo, da azionarsi entro il termine di quaranta giorni dalla notifica della cartella di pagamento, con il quale vengono devolute in giudizio tutte le questioni aventi ad oggetto la fondatezza della pretesa, sia quelle relative alla regolarità del titolo che quelle attinenti al merito, sicché nessun risultato utile il ricorrente potrebbe più conseguire in virtù dell’autonoma azione di accertamento negativo proposta in relazione all’accertamento ispettivo (Cass., Sez. L, n. 6753 del 10 marzo 2020).
Allo stesso modo, la S.C. ha chiarito che la notifica della cartella esattoriale per contributi previdenziali determina la sopravvenuta carenza di interesse ad agire nel precedente giudizio di accertamento negativo del credito (nella specie, si trattava di un’opposizione avverso la nota di variazione della posizione assicurativa territoriale – c.d. p.a.t. perché l’art. 24, comma 5, del d.lgs. n. 46 del 1999 prevede uno specifico mezzo dell’impugnazione a ruolo, da azionarsi entro il termine di quaranta giorni dalla notifica della cartella di pagamento, con il quale vengono devolute in giudizio tutte le questioni aventi ad oggetto la fondatezza della pretesa, sia quelle relative alla regolarità del titolo che quelle attinenti al merito, sicché nessun risultato utile il ricorrente potrebbe più conseguire in virtù dell’autonoma azione di accertamento negativo proposta in precedenza (Cass., Sez. L, n. 6199 del 7 marzo 2024).
D’altronde, è vero che l’art. 24, comma 3, d.lgs. n. 46 del 1999 (normativa applicabile per ragioni temporali alla fattispecie) stabilisce che: ‘
a costituire in mora il contribuente e, ai sensi dell’art. 2943 c.c., ad interrompere il decorso del termine di prescrizione del diritto a riscuotere le somme dovute (Cass., Sez. L, n. 24858 del 17 agosto 2022).
opo l’iscrizione a ruolo, neppure potrebbero incidere sulla procedura di riscossione vizi propri dell’accertamento ispettivo, considerato che, nel procedimento di riscossione a mezzo ruolo dei contributi previdenziali, come regolato dagli artt. 24 ss. del d.lgs. n. 46 del 1999, in difetto di espresse previsioni normative che condizionino la validità della riscossione ad atti prodromici, a differenza di quanto avviene in materia di applicazione di sanzioni amministrative in forza di quanto previsto, segnatamente, dall’art. 14 della legge n. 689 del 1981, la notifica al debitore di un avviso di accertamento non costituisce atto presupposto necessario del procedimento, la cui omissione invalidi il successivo atto di riscossione, ben potendo l’iscrizione a ruolo avvenire pur in assenza d i un atto di accertamento da parte dell’istituto (Cass., Sez. L, n. 4225 del 21 febbraio 2018) o, si aggiunge, pur in presenza di un accertamento comunque viziato (benché si debba valutare il valore del relativo verbale a fini di prova).
Del resto, la stessa Corte costituzionale, con ordinanza n. 111 del 2007 ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del d.lgs. n. 46 del 1999 citato, art. 24, proposta con riferimento all’art. 111 Cost., là dove attribuisce agli enti previdenziali il potere di riscuotere i propri crediti
attraverso un titolo (il ruolo esattoriale, da cui scaturisce la cartella di pagamento) che si forma prima e al di fuori del giudizio e in forza del quale l’ente può conseguire il soddisfacimento della pretesa a prescindere da una verifica in sede giurisdizionale della sua fondatezza, osservando, da un lato, che non è irragionevole la scelta del legislatore di consentire ad un creditore, attesa la sua natura pubblicistica e l’affidabilità derivante dal procedimento che ne governa l’attività, di formare unilateralmente un titolo esecutivo, e, dall’altro lato, che è rispettosa del diritto di difesa e dei principi del giusto processo la possibilità, concessa al preteso debitore, di promuovere, entro un termine perentorio, ma adeguato, un giudizio ordinario di cognizione nel quale fare efficacemente valere le proprie ragioni, sia grazie alla possibilità di ottenere la sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo e/o dell’esecuzione, sia grazie alla ripartizione dell’onere della prova in base alla posizione sos tanziale (e non già formale) assunta dalle parti nel giudizio di opposizione.
In definitiva, la notifica della cartella esattoriale per contributi previdenziali e premi determina la sopravvenuta carenza di interesse ad agire nel giudizio di impugnazione dell’accertamento ispettivo che sia stato promosso dopo il rigetto del relativo ricorso amministrativo e con il quale si impugni la fondatezza della medesima pretesa impositiva, considerato che nessun risultato utile il ricorrente potrebbe conseguire in virtù di detta autonoma azione di accertamento negativo e posto che l’interesse ad agire deve sussistere non solo nel momento in cui è proposta l’azione, ma anche al tempo della decisione (Cass., SU, n. 10553 del 28 aprile 2017; Cass., Sez. 3, n. 9201 del 2 aprile 2021).
Il ricorso è rigettato, in applicazione del seguente principio di diritto:
‘La mancata impugnazione dell’avviso di addebito per contributi previdenziali e premi determina la sopravvenuta carenza di interesse ad agire nel giudizio di impugnazione del precedente accertamento ispettivo, che sia stato promosso, anteriormente, dopo il rigetto del relativo ricorso amministrativo ex art. 24, comma 4, d.lgs. n. 46 del 1999, e con il quale si contesti la fondatezza della medesima pretesa impositiva, considerato che nessun risultato utile il ricorrente potrebbe conseguire in virtù di detta autonoma azione di accertamento negativo
e posto che l’interesse ad agire deve sussistere non solo nel momento in cui è proposta l’azione, ma anche al tempo della decisione’.
Nessuna statuizione deve esservi in ordine alle spese di lite, non avendo l’RAGIONE_SOCIALE svolto difese.
Atteso il rigetto del ricorso, va dichiarata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater), se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della IV Sezione Civile, il 24 ottobre 2025.
La Presidente NOME COGNOME