Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 20497 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 20497 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 37368/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) , che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), NOME (CODICE_FISCALE);
– controricorrente e ricorrente incidentale –
nonché nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) , che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
– controricorrente al ricorso incidentale –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI TRENTO – SEZ.DIST. DI BOLZANO n. 64/2019, depositata il 07/06/2019;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/07/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
NOME COGNOME conveniva in giudizio RAGIONE_SOCIALE (‘RAGIONE_SOCIALE‘) chiedendo la sua condanna al risarcimento dei danni subìti a causa di una fornitura di carburante viziato, avvenuta in data 21.05.2013 presso la stazione di servizio in Castelnuovo del Garda in occasione del rifornimento della sua autovettura. L’attore chiedeva: il risarcimento di € . 11.533,17 per la sostituzione del motore, eseguita in Germania in occasione di un secondo intervento; in subordine, chiedeva la condanna della convenuta al risarcimento dei danni da quest’ultimo patiti in occasione del primo intervento (svuotamento del serbatoio e pulizia dell’impianto di alimentazione dell’autovettura), che ha comportato una spesa di €. 324,00; oltre alla rifusione di €. 78,00 per la perdita del gasolio oggetto del rifornimento.
1.1. Il Tribunale di Bolzano riteneva infondate le domande azionate e le rigettava integralmente l’istanza .
Avverso la sentenza di primo grado COGNOME interponeva appello innanzi alla Corte d’Appello di Trento – Sezione distaccata di Bolzano che, in parziale accoglimento del gravame, condannava l’appellata a
risarcire all’appellante il danno subìto per il rifornimento di carburante inquinato nella misura di €. 402,84; compensava per 2/3 le spese di entrambi i gradi di giudizio, ponendo il restante a carico di RAGIONE_SOCIALE.
A sostegno della sua decisione, il giudice di seconde cure riteneva attendibile la testimonianza resa dal responsabile del service dell’RAGIONE_SOCIALE che aveva effettuato il primo intervento sulla vettura del COGNOME (svuotamento del serbatoio e pulizia dell’impianto di alimentazione dell’autovettura): il teste confermava di aver riscontrato un’eccessiva quantità di acqua nel serbatoio della vettura, dopo aver prelevato e conservato presso l’officina un campione inquinato di gasolio.
Diversamente, sulla base delle osservazioni del CTU, il giudice di seconde cure riteneva non raggiunta la prova della sussistenza del nesso causale tra la suddetta circostanza e la necessità del secondo intervento (sostituzione del motore in blocco), rispetto al quale l’attore non ha ottemperato all’onere della prova a suo carico.
La pronuncia in epigrafe veniva impugnata dalla RAGIONE_SOCIALE per la cassazione, e il ricorso affidato a tre motivi.
Resisteva NOME NOME COGNOME depositando controricorso con ricorso incidentale affidato a due motivi, contrastato da controricorso della RAGIONE_SOCIALE.
In prossimità dell’adunanza entrambe le parti presentavano memoria.
CONSIDERATO CHE:
RICORSO PRINCIPALE
Con il primo motivo, il ricorso principale deduce violazione o falsa applicazione delle norme di diritto: artt. 1218, 2043, 2697 cod. civ., con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ., in punto di
risarcimento delle spese di €. 324,00 relative al primo intervento eseguito dall’RAGIONE_SOCIALE. La ricorrente censura la pronuncia impugnata nella parte in cui ritiene dimostrato da parte del COGNOME l’esistenza di un nesso di causalità tra rifornimento presso il punto di vendita e i danni economici subìti dall’attore, posto che mancherebbe comunque la prova di presenza di acqua nel carburante, essendo stata accertata la presenza di acqua nel serbatoio. Del resto, precisa la ricorrente, il carburante prelevato -peraltro in assenza di contraddittorio fra le parti – non è mai stato analizzato.
1.1. Il motivo è inammissibile, posto che non è dato ravvisare alcuna violazione di legge nella pronuncia impugnata: il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, nel quale le censure alla statuizione di merito devono trovare collocazione entro un elenco tassativo di motivi, in quanto la Corte di cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale ed esercita un controllo sulla legalità e logicità della decisione che non consente di riesaminare e di valutare autonomamente il merito della causa ( ex multis : Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 6519 del 06/03/2019, Rv. 653222 -01; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 25332 del 28/11/2014, Rv. 633335 -01). Ne consegue che la parte non può limitarsi -come nel caso di specie – a censurare la valutazione delle risultanze processuali contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendovi la propria diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione degli accertamenti di fatto compiuti.
Il fatto che tracce d’acqua fossero state rinvenute nel serbatoio ha consentito alla Corte d’Appello di dedurre la provenienza dell’acqua dal carburante: la valutazione delle prove raccolte, anche se si tratta di presunzioni, costituisce un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili
in cassazione, purché scevre -come nel caso che ci occupa -da vizi logico-giuridici (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 20553 del 19/07/2021, Rv. 661734 – 01).
Con il secondo motivo si deduce violazione o falsa applicazione delle norme di diritto: artt. 91 e 92 cod. proc. civ., con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ., in punto di condanna al pagamento di 1/3 di tutte le spese di lite, di tutte le fasi processuali. Violazione della nozione di parte soccombente. Errata condanna della parte integralmente vittoriosa (RAGIONE_SOCIALE) alle spese relative alla parte processuale successiva all’offerta transattiva (decisionale di primo grado e tutte le fasi di appello). La ricorrente evidenzia che nel corso del giudizio di primo grado aveva formulato due proposte transattive: la prima pari ad €. 1.000,00, elevata dopo l’escussione dei testi e al fine di evitare l’espletamento della consulenza tecnica; la seconda, pari ad €. 2.000,00 , formulata all’esito della consulenza tecnica; in entrambe le occasioni l’offerta veniva rifiutata senza motivo dall’odierno resistente. In tesi, RAGIONE_SOCIALE non poteva essere condannata a pagare le spese processuali dell’attore riferite alle fasi successive all’offerta immotivatamente rifiutata, risultata migliore della condanna stessa, in quanto parte integralmente vittoriosa per la parte processuale successiva all’offerta.
Con il terzo motivo si deduce violazione o falsa applicazione delle norme di diritto: artt. 91 e 92 cod. proc. civ., per un diverso profilo, con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ., in punto di condanna al pagamento di 1/3 di tutte le spese di lite, di tutti i gradi. Omessa applicazione dell’obbligo di condanna all’attore (soccombente perché rifiuta immotivatamente la proposta transattiva) proprio nella situazione eccezionale relativa alla condanna in misura non superiore alla proposta conciliativa. A giudizio del ricorrente, l’art. 91 cod. proc.
civ., seconda parte, non contiene margini di scelta per il giudice: il quale è tenuto a pronunciare la condanna a carico di chi, senza motivo, ha rifiutato la proposta transattiva, provocando con il suo comportamento l’ingiustificato protrarsi del processo. Tale disposizione consente di derogare al principio che vieta di condannare alle spese la parte vittoriosa, salva l’applicazione dell’art. 92, comma 2, cod. proc. civ., relativa alla compensazione delle spese limitatamente, però, alla parte eccedente e s uccessiva all’offerta transattiva.
Il secondo e terzo motivo possono essere trattati congiuntamente, e sono infondati.
L’art. 91, comma 1, secondo periodo, cod. proc. civ., nel testo novellato dalla legge n. 69/2009, prevede che il giudice, qualora accolga la domanda in misura non superiore all’eventuale proposta conciliativa, condanni la parte – che abbia rifiutato, senza giustificato motivo, la proposta – al pagamento delle spese del processo maturate dopo la formulazione della proposta medesima.
Sotto il profilo sistematico, la condanna alle spese per mancata e ingiustificata accettazione della proposta conciliativa costituisce estrinsecazione del principio di causalità, sotteso al criterio della soccombenza, quale regola di riparto dei costi del processo, e non rappresenta una sanzione a fronte di un danno punitivo. In questa logica, il legislatore ha inteso regolare le conseguenze, non tanto della mancata conciliazione in sé, quanto piuttosto dell’abuso del processo e dello scorretto comportamento della parte che, pur nella sostanza vittoriosa, si sia sottratta ad una seria e ragionevole piattaforma conciliativa proposta o accettata dall’avversario.
Nella specie va considerato che la parte attrice non ha accettato la proposta conciliativa, con la quale le era stata offerta la somma di euro 2.000, ma tale somma non conteneva le spese di c.t.u., che avrebbero
dovuto rimanere a carico di parte attrice, e neppure le spese di lite, destinate ad essere compensate. Conteggiati gli accessori, non ricorre l’ipotesi dell’accoglimento della domanda in misura non superiore alla proposta conciliativa.
A ciò aggiungasi che l’ultimo inciso dell’art. 91, primo comma, secondo periodo, cod. proc. civ. fa salvo quanto disposto dall’art. 92, comma 2 (clausola di riserva): la condanna della parte vittoriosa che si sia vista accogliere la domanda in misura non superiore alla proposta transattiva può trovare applicazione soltanto nel caso in cui il giudice non ritenga di provvedere alla compensazione delle spese «per soccombenza reciproca» o per «novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti» (da leggere nel senso della ricorrenza di gravi ed eccezionali ragioni, all’esito dell’intervento del Giudice delle leggi di cui alla sentenza n. 77 del 19 aprile 2018), che possono quindi riguardare circostanze mitigatrici della responsabilità per il mancato accordo, soprattutto per «fatto della controparte», ovvero le stesse circostanze che hanno giustificato il rifiuto della proposta.
Del resto, nel caso di specie -contrariamente a quanto affermato nel mezzo di impugnazione -ricorre l’ipotesi di soccombenza reciproca , configurabile nel l’ipotesi di parziale accoglimento di un’unica domanda articolata in più capi, tale giustificare la compensazione parziale (per tutte: Cass. SU n. 32061 del 31.10.2022).
Ricorre, quindi, nel caso che ci occupa, la clausola di riserva, idonea ad escludere l’applicazione del dettato normativo di cui all’art. 91 , comma 1, ritenendosi integrata una fattispecie di soccombenza reciproca ex art. 92, secondo comma, cod. proc. civ., che legittima la parziale compensazione delle spese di tutti i gradi del giudizio, senza che ciò implichi la condanna della parte parzialmente vittoriosa (Sez.
2, Ordinanza n. 7591 del 16/03/2023, Rv. 667299 -01; Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 26918 del 24/10/2018; Sez. 3, Ordinanza n. 1572 del 23/01/2018).
II. RICORSO INCIDENTALE
Con il primo motivo del ricorso incidentale si censura la pronuncia nella parte in cui la Corte sostiene che non è stata fornita la prova del nesso causale tra la circostanza del carburante inquinato e la necessità del secondo intervento eseguito sulla vettura (sostituzione del motore). Articolo 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ. Violazione o falsa applicazione di norme di diritto: artt. 1218, 2043 cod. civ. Violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n . 3) cod. proc. civ. Deduce il ricorrente incidentale che, secondo una corretta distribuzione degli oneri di prova, dal momento che è stata effettivamente provata la presenza di acqua nel carburante acquistato, ed essendo stato altresì provato che precedentemente a tale evento il veicolo era in perfette condizioni, l’onere di dare dimostrazione dell’assenza del proprio coinvolgimento causale grava sulla convenuta (Cass. n. 13533/2001; in termini: Cass. n. 3373/2010).
5 .1. Preliminarmente, deve disattendersi l’eccezione di inammissibilità del motivo di ricorso in quanto tardivo, posto che -come confermato dal più recente orientamento di questa Corte l’impugnazione incidentale tardiva è ammissibile anche se riguarda un capo della decisione diverso da quello oggetto del gravame principale, o se investe lo stesso capo per motivi diversi da quelli già fatti valere, dovendosi consentire alla parte che avrebbe di per sé accettato la decisione di contrastare l’iniziativa della controparte, volta a rimettere in discussione l’assetto di interessi derivante dalla pronuncia impugnata, in coerenza con il principio della c.d. parità delle armi tra
le parti ed al fine di evitare una proliferazione dei processi di impugnazione (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 15100 del 29/05/2024, Rv. 671180 -02; Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 26139 del 05/09/2022, Rv. 665649 -01; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 14094 del 07/07/2020, Rv. 658412 -01; v. anche: Cass. Sez. U, Sentenza n. 24627 del 27/11/2007, Rv. 600589 -01; Cass. Sez. U, Sentenza n. 8486 del 28/03/2024, Rv. 670662 – 01).
Ad ogni buon conto, nel caso di specie sussiste una connessione tra il primo motivo del ricorso incidentale e il primo motivo del ricorso principale tale da impedire – ove accolto il ricorso incidentale -l’accoglimento di quello principale (Cass. n. 27616 del 2019, peraltro richiamata nel controricorso al ricorso incidentale). La doglianza espressa con il primo motivo del ricorso incidentale riprende la richiesta già elevata in via principale dal COGNOME, ossia il risarcimento del danno consistente nella sostituzione del motore in blocco, avvenuta con il secondo intervento sul veicolo. Rispetto a tale originaria richiesta, il risarcimento del solo danno derivante dal primo intervento dell’RAGIONE_SOCIALE rappresentava questione subordinata (poi accolta in sede di appello e confermata da questo Collegio: v. supra , punto 1.1.).
5.2. Tanto premesso, il motivo è comunque inammissibile. La questione del secondo intervento non attiene più all’inesatto adempimento (in tal senso è inconferente il riferimento a Cass. n. 3373/2010, che riguarda appunto la distribuzione degli oneri di prova diretta all’accertamento dell’inesatto adempimento), bensì al nesso di causalità intercorrente tra l’inesatto adempimento (accertato) e le sue conseguenze dannose, che devono risultare immediate e dirette ex art. 1223 cod. civ.
La Corte d’Appello ha esaurientemente motivato il suo convincimento in merito all’interruzione del nesso causale con
rifermento al secondo intervento: avvalendosi delle risultanze della CTU, il giudice di seconde cure ha escluso il danneggiamento, compatibile con l’inquinamento del carburante, degli apparati meccanici esaminati, apparsi addirittura in «normali condizioni». Né è stato possibile verificare lo stato degli iniettori, non forniti al consulente per l’esame (v. sentenza p. 7, primi 7 righi).
La doglianza si traduce, pertanto, in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito, tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Cass. sez. 2, n. 19717 del 17.06.2022; Cass. Sez. 2, n. 21127 dell’08.08.2019).
Con il secondo motivo del ricorso incidentale si censura la pronuncia nella parte in cui la Corte non condanna la controparte a sostenere anche 1/3 delle spese del CTU. Articolo 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ. Violazione e falsa applicazione delle norme di diritto. Artt. 91 e 92 cod. proc. civ. Il ricorrente impugna la dimenticanza della Corte laddove ha omesso di specificare che la controparte è tenuta a restituire al COGNOME 1/3 delle spese sostenute per la CTU, ammontanti all’importo complessivo di €. 2.006,50.
6.1. Il motivo è infondato. E’ pur vero che l e spese della consulenza tecnica d’ufficio rientrano tra i costi processuali suscettibili di regolamento ex artt. 91 e 92 cod. proc. civ.: l’attribuzione in parte qua a carico di entrambe le parti, nei limiti delle stesse proporzioni impresse dal giudice di seconde cure (compensazione per 2/3; 1/3 a carico di RAGIONE_SOCIALE) si giustifica alla luce della ritenuta soccombenza reciproca tra le parti (Cass. Sez. 2 – , Ordinanza n. 7591 del 16/03/2023, Rv. 667299 – 01).
Tuttavia, la mancata determinazione nella sentenza impugnata del compenso spettante al consulente tecnico d’ufficio integra un mero
errore materiale per omissione, suscettibile di correzione da parte del giudice d’appello con riferimento all’importo della liquidazione effettuata in favore del consulente (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 28309 del 11/12/2020, Rv. 659742 -01; Cass. n. 2605/2006), ma non impugnabile con ricorso per cassazione.
In definitiva, il Collegio dichiara inammissibile il primo motivo del ricorso principale, rigetta i restanti; dichiara inammissibile il primo motivo del ricorso incidentale e rigetta il secondo.
Compensa le spese del presente giudizio.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis , del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso principale; rigetta il ricorso incidentale;
Spese compensate.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell ‘art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Seconda Sezione