Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 27460 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 27460 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7039/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliato ex lege in INDIRIZZO, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
nonchè contro
-intimato- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di MILANO n. 2000/2020 depositata il 28/07/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/10/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE ha promosso azione di ripetizione di indebito davanti al Tribunale di Pavia nei confronti di UBI RAGIONE_SOCIALE S.p.A. in relazione al contratto di conto corrente stipulato in data 11 giugno 1992, chiuso in data 18 novembre 2014, chiedendo la restituzione dell’importo di € 50.503,81 deducendo l’applicazione di interessi usurari e anatocistici. La banca convenuta -previa produzione degli estratti conto dal 2000 al 2014 e del contratto di conto corrente -ha chiesto in riconvenzione la condanna di parte attrice al pagamento del saldo passivo del conto e ha eccepito la prescrizione decennale decorrente dalla messa in mora del 15 aprile 2014.
Il Tribunale di Pavia -previo espletamento di CTU – ha rigettato la domanda riconvenzionale, ha dichiarato inammissibile l’eccezione di prescrizione e ha accolto la domanda principale, ricalcolando gli interessi dovuti a termini dell’art. 117 TUB , partendo dal saldo zero in assenza di produzione, da parte della banca, degli estratti conto iniziali. Ha, poi, ritenuto il giudice di primo grado di non applicare la capitalizzazione trimestrale perché non oggetto di pattuizione scritta.
La Corte di Appello di Milano, con la sentenza qui impugnata, ha accolto l’appello della banca . In via preliminare, è stata accolta l’eccezione di prescrizione con decorrenza dal 31 dicembre 2003 in base alle risultanze della CTU, che indentificava
7039/2021 R.G.
le rimesse come solutorie. Il giudice di appello ha, poi, accertato nel merito la legittima applicazione della capitalizzazione periodica e la natura non usuraria degli interessi. Ha ritenuto, in particolare, che le condizioni applicate dalla banca in tema di capitalizzazione di interessi fossero conformi alla delibera CICR del 9 febbraio 2000 e che non fosse stata fornita la prova che le condizioni iniziali fossero difformi. Ha, poi, ritenuto che -a fronte di un saldo negativo alla prima data disponibile (31 dicembre 2000), era onere del correntista produrre gli estratti conto precedenti al fine di comprovare il titolo dell’addebito al fine dell’azione proposta e ha rideterminato il saldo a credito del correntista in € 1.614,35.
Propone ricorso per cassazione la società correntista, affidato a quattro motivi, cui resiste con controricorso il successore a titolo particolare della banca, tramite procuratore speciale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 1283 e ss., 117 e 120 d. lgs. n. 385/1993 (TUB), artt. 2, 6, 7 D elibera CICR 9 febbraio 2000 e dell’art. 2697 cod. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto legittima la capitalizzazione trimestrale degli interessi, benché in assenza di originaria pattuizione scritta, nonché per avere onerato la ricorrente di provare l’inesistenza della relativa clausola per iscritto . Osserva parte ricorrente che la sentenza impugnata avrebbe contraddittoriamente affermato l’assenza di pattuizioni scritte in tema di capitalizzazione degli interessi, il che sarebbe sufficiente ai fini della illegittima capitalizzazione trimestrale degli interessi; sarebbe, difatti, irrilevante l’applicazione de facto delle condizioni anatocistiche, laddove occorre addivenire a una nuova pattuizione al fine di rendere legittima la capitalizzazione in oggetto. Osserva, inoltre, come la mancanza di prova scritta della modificazione delle
condizioni contrattuali deve necessariamente essere provata con nuovo accordo delle parti e non con modifica unilaterale, accordo il cui onere della prova, ai fini de ll’adeguamento alla delibera CICR 9 febbraio 2000, incombe sulla banca.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. per contraddittorietà della sentenza per avere il giudice di appello, da un lato, rilevato l’assenza di pattuizione in tema di capitalizzazione trimestrale degli interessi e, dall’altro, ritenuto la legittimità della capitalizzazione degli interessi.
Il primo motivo è fondato, con assorbimento del secondo. Questa Corte ha affermato il principio secondo cui, a seguito della declaratoria di incostituzionalità dell’art. 25, comma 3, d.lgs. n. 342/1999 e della conseguente nullità delle clausole anatocistiche inserite in contratti di conto corrente conclusi prima dell’entrata in vigore della Delibera CICR 9 febbraio 2000, l’esistenza di una valida pattuizione di capitalizzazione degli interessi relativa ai suddetti contratti è rimessa a una espressa pattuizione, formulata nel rispetto dell’art. 2 della predetta delibera (Cass., n. 9140/2020). Per i contratti antecedenti l’entrata in vigore del la Delibera CICR del 9 febbraio 2000, difatti, « è necessario che il correntista esprima la propria volontà circa l’introduzione, nel contratto, della clausola di capitalizzazione con pari periodicità, giacché sul punto non è previsto alcun automatismo, ma è rimesso all’autonomia delle parti decidere se il contratto debba produrre, alla detta condizione, interessi anatocistici» (Cass., n. 9140/2000, cit.; Cass., n. 29420/2020).
7039/2021 R.G. 4. Detto arresto -che si pone in continuità con alcuni precedenti (Cass., n. 7105/2020; Cass., n. 3861/2020; Cass., nn. 26769, 26779) -ha preso atto che gli effetti della declaratoria di
incostituzionalità per eccesso di delega dell’art. 25, comma 3, d. lgs. 342/1999 ad opera di Corte cost., n. 425/2000, hanno comportato la caducazione parziale della Delibera CICR del 9 febbraio 2000, che aveva fatto salvo l’anatocismo ove vi fosse pari periodicità degli interessi creditori e debitori. Gli effetti della declaratoria di incostituzionalità della norma primaria hanno comportato l’illegittimità della suddetta delibera nella parte in cui sono state fatte salve le clausole relative alla produzione di interessi su interessi, ove maturati con pari periodicità di interessi debitori e creditori, contenute nei contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore della delibera medesima (« La pronuncia di incostituzionalità ha investito, così, il solo tema della validazione delle clausole anatocistiche fino al momento in cui è divenuta operante la delibera del 9 febbraio 2000» : Cass., n. 9140/2020, cit.) .
Diversamente, resta salva l’attribuzione al CICR del potere di regolamentare il « transito » dei vecchi contratti nel nuovo regime normativo, sul presupposto che le precedenti clausole fossero oramai nulle e che si dovesse procedere a una nuova regolamentazione del rapporto bancario. Preso atto che la Delibera CICR prevede, all’art. 7, comma 2, che la modifica delle clausole possa essere attuata unilateralmente dalla banca solo ove le nuove condizioni non siano peggiorative, pena la necessaria approvazione pattizia (art. 7, comma 3, Del. CICR cit.), l’arresto citato ha ritenuto che la pattuizione anatocistica con pari periodicità debba ritenersi tendenzialmente (« costantemente »: Cass., n. 9140/2020) se non « evidentemente» (Cass., n. 7105/2020, cit.) peggiorativa delle precedenti condizioni contrattuali, così rendendo necessario che il correntista esprima il proprio consenso all’anatocismo con pari periodicità.
Questo orientamento, seguito dalla giurisprudenza successiva (Cass., n. 23852/2020; Cass., n. 29240/2020; Cass., n. 23489/2021; Cass., n. 19396/2023; Cass., n. 35210/2023), è stato oggetto di rimeditazione con le ordinanze gemelle (Cass., n. 5054/2024 e Cass., n. 5064/2024), con le quali è stato affermato il principio secondo cui la natura peggiorativa delle clausole implicherebbe « una valutazione relazionale tra le nuove e le vecchie condizioni del contratto, non anche invece (…) tra le nuove condizioni e quelle anteriori epurate da ogni forma di capitalizzazione».
Questo mutamento di prospettiva è stato, tuttavia, abbandonato dalla giurisprudenza successiva di questa Corte, ove si è osservato che la natura peggiorativa non può essere espressione di una valutazione comparativa delle nuove condizioni rispetto a quelle precedenti, « in virtù della impraticabilità di una siffatta comparazione discendente proprio dalla mancanza di uno dei termini di raffronto a causa della nullità della relativa previsione negoziale» (Cass., n. 28215/2024; conf., Cass., n. 13669/2025; Cass., n. 7377/2025). Nella sostanza, l’impossibilità di valutare se le nuove condizioni contrattuali comportino un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate a termini dell’art. 7, comma 2, Del. CICR 9 febbraio 2000, induce necessariamente l’applicazione del successivo comma 3 del medesimo articolo 7 Del. cit., secondo cui le nuove condizioni contrattuali che prevedano l’applicazione dell’anatocismo bancario con pari periodicità devono necessariamente essere assistite da pattuizione scritta.
N on è, pertanto, sufficiente l’applicazione in punto di fatto della capitalizzazione degli interessi in assenza di pattuizione scritta, come accertato dalla stessa sentenza impugnata (« non risulta fornita alcuna prova che le condizioni relative alla capitalizzazione degli interessi scaduti, dopo il 30.6.2000, siano
state adeguate a quelle previste dalla delibera CICR »), ma occorre, per di più, una specifica pattuizione scritta in tal senso.
Deve, pertanto, affermarsi il seguente principio di diritto: «Ai fini dell’applicazione dell’anatocismo bancario a termini della delibera CICR del 9 febbraio 2000 in applicazione dell’art. 25, comma 2, d. lgs. n. 342/1999, ai contratti stipulati prima dell’entrata in vigore della suddetta delibera non assume rilievo né l’applicazione de facto delle condizioni anatocistiche pattuite in precedenza -per effetto della nullità che affligge le stesse -né l’eventuale modifica unilaterale disposta dalla banca a termini dell’art. 7, comma 2, Del. CICR cit., occorrendo una modificazione pattizia delle stesse a termini dell’art. 7, comma 3, Del CICR cit., non essendo possibile stabilire che la modificazione successiva non sia peggiorativa».
La sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione dei suddetti principi e va cassata, assorbendosi così l’esame del secondo motivo.
Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata ha azzerato il saldo passivo risultante dal primo degli estratti conto prodotti, non avvedendosi che in caso di contrapposte domande del correntista e della banca, la banca non potrebbe invocare l’addebito della posta iniziale del primo degli estratti conto prodotti in caso di mancata prova della movimentazione iniziale del conto.
Il terzo motivo è infondato. Dalle conclusioni della banca, trascritte nella sentenza impugnata, non emerge che la banca abbia impugnato la statuizione di rigetto, da parte del giudice di primo grado, della domanda riconvenzionale relativa al pagamento del saldo passivo di € 17.566,22. Non vi è, pertanto, luogo al caso -evidenziato dal ricorrente -di pretese contrapposte (del
n. 7039/2021 R.G.
correntista e della banca), ma unicamente del correntista, per il quale vige la regola secondo cui è il correntista, in quanto attore nel giudizio di accertamento del saldo ai fini dell’azione di ripetizione di indebito, onerato della prova delle movimentazioni del conto (Cass., n. 9140/2020, cit.; Cass., n. 24948/2017; Cass., n. 20693/2016; Cass., n. 9201/2015), senza i quali il correntista « nulla recupera» (Cass., n. 13667/2025).
Con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di fatto decisivo nella parte in cui è stata accolta l’eccezione di prescrizione delle rimesse precedenti il 31 marzo 2003 nonché, in relazione all’art. 360, primo comma. n. 3 cod. proc. civ., violazione dell’art. 2946 cod. civ. Osserva parte ricorrente che la banca non avrebbe fornito la prova della natura solutoria delle rimesse, laddove i versamenti avrebbero natura ripristinatoria della provvista. Sotto questo profilo, il ricorrente evidenzia come non sarebbero stati prodotti i movimenti giornalieri da cui desumere la decorrenza della prescrizione, non essendo sufficienti al riguardo gli estratti conto e i conti scalari. Nella sostanza, il ricorrente si duole della erronea determinazione del saldo disponibile ai fini dell’eccezione di prescrizione, non essendo questo determinabile sulla base degli estratti conto in assenza delle movimentazioni giornaliere.
Il motivo è fondato per quanto di ragione. Inammissibile è la censura secondo cui la sentenza impugnata avrebbe erroneamente accolto l’eccezione di prescrizione in assenza delle movimentazioni giornaliere, in quanto censura relativa al giudizio di fatto, tratto dal giudice del merito quanto ai documenti prodotti.
Fondato è, invece , il motivo quanto all’assolvimento dell ‘onere della prova circa la natura solutoria delle rimesse . Ove il cliente agisca in giudizio per la ripetizione di importi relativi a interessi non dovuti per nullità delle clausole anatocistiche e la
banca sollevi l’eccezione di prescrizione, in costanza di facilitazioni creditizie appoggiate in conto corrente come nella specie (contratto di apertura di credito acceso in data 6 novembre 2003), al fine di verificare se un versamento abbia avuto natura solutoria o ripristinatoria, occorre preventivamente eliminare tutti gli addebiti indebitamente effettuati dall’istituto di credito e conseguentemente rideterminare il reale saldo passivo del conto, verificando poi se siano stati superati i limiti del concesso affidamento ed il versamento possa perciò qualificarsi come solutorio (Cass., n. 9141/2020). Nel qual caso, spetta alla banca, ove eccepisca la prescrizione dell’azione ex art. 2033 cod. civ., allegare e provare la natura solutoria delle rimesse contestate, nonché al correntista provare che le rimesse contestate abbiano natura meramente ripristinatoria (Cass., n. 26897/2024; Cass., n. 34997/2023).
Il ricorso va, pertanto, accolto in relazione al primo motivo e al quarto motivo per quanto in motivazione, cassandosi la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame; al giudice del rinvio è rimessa la decisione in ordine alle spese processuali del giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte accoglie il primo motivo e il quarto motivo per quanto in motivazione, dichiara assorbito il secondo, rigetta nel resto il ricorso; cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione, anche per la regolazione e la liquidazione delle spese processuali del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 10/10/2025.
Il Presidente
NOME COGNOME
n. 7039/2021 R.G.