Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 9672 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 9672 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9987 R.G. anno 2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE , domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME, COGNOME NOME;
contro
ricorrente
avverso la SENTENZA n. 101/2021 emessa da CORTE D’APPELLO BOLOGNA
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 febbraio 2024
dal consigliere relatore NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
il Tribunale di Reggio Emilia, con sentenza del 25 ottobre 2017, respingendo la domanda di ripetizione di indebito avanzata dalla correntista RAGIONE_SOCIALE ed accogliendo la domanda riconvenzionale proposta da RAGIONE_SOCIALE, ha condannato la prima al pagamento, in favore della seconda, della somma di € 7.030,77, quale saldo negativo di conto corrente.
Il 19 gennaio 2021 l a Corte d’appello di Bologna ha rigettato il gravame proposto da RAGIONE_SOCIALE, accertando che il documento di sintesi, contenente tutte le condizione contrattuali, regolava proprio il conto anticipi e che con riguardo a quest’ultimo e al conto corrente risultava rispettata la previsione della pari periodicità de ll’ addebito degli interessi, attivi e passivi ; quanto all’omessa indicazione del TAE (tasso annuo effettivo), il Giudice distrettuale ha affermato che doveva ritenersi applicabile il tasso sostituivo ex art. 117, co. 7, lett. a), t.u.b..
Avverso questa sentenza ricorre per cassazione RAGIONE_SOCIALE, sulla base di due motivi, mentre resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE.
E’ stata formulata , da parte del Presidente della sezione, una proposta di definizione del giudizio a norma dell’art. 380bis c.p.c.. A fronte di essa, il difensore della parte ricorrente ha domandato la decisione della causa.
Sono state depositate memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La proposta ha il tenore che segue:
« l primo motivo deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 12 preleggi, 1283 c.c., 120, comma 2, t.u.b. e 6 delib. CICR del 9 febbraio 2000, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., in quanto il contratto costitutivo del rapporto di conto corrente non contiene l’indicazione del TAE, né l’approvazione specifica ex art. 1341
c.c. della capitalizzazione trimestrale degli interessi: la Corte ha infatti rilevato l’assenza di indicazione del TAE nella sentenza impugnata ed ha erroneamente ritenuto superata la questione relativa alla specifica approvazione della clausola sulla capitalizzazione trimestrale in quanto inserita nelle condizioni generali del contratto;
«il secondo motivo deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 12 preleggi, 1283 c.c., 120, comma 2, t.u.b. e 6 delib. CICR del 9 febbraio 2000, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., in quanto la capitalizzazione trimestrale degli interessi applicata nel conto anticipi è illegittima perché la relativa clausola non risulta né dal conto corrente di corrispondenza, né dal documento di sintesi relativo al conto anticipi, sul quale non possono essere applicati interessi a credito e pertanto la periodica reciprocità della capitalizzazione non può essere rispettata, onde la clausola sulla capitalizzazione trimestrale è illegittima;
«ritenuto che:
«il primo motivo è inammissibile, in quanto non autosufficiente ex art. 366 c.p.c., anche a fronte del rilievo della controricorrente della specifica approvazione della clausola, insieme alle altre partitamente sottoscritte, ed è inammissibile laddove non censura la ratio decidendi della sentenza impugnata, che sin dalla premessa ha evidenziato la mera strumentalità del c.d. conto anticipi con il conto corrente ordinario nella specie stipulato; inoltre, esso è ulteriormente inammissibile, ai sensi dell’art . 360bis , n. 1, c.p.c., quanto al rilievo dell’applicazione del tasso sostitutivo, per il principio consolidato secondo cui la regola rimediale dettata nell’art. 117, comma 7, si pone come disciplina correttiva e limitativa del principio della c.d. ‘ nullità a vantaggio ‘ (di protezione del cliente), alla stregua del congegno integrativo previsto dalla disposizione, appunto «da utilizzarsi per determinare il tasso di interesse applicabile nell’ipotesi in cui tra le parti non sia intervenuta alcuna valida pattuizione a riguardo, collegando il tasso minimo e
massimo dei buoni ordinari del tesoro emessi nei dodici mesi precedenti, ‘ rispettivamente per le operazioni attive e per quelle passive ‘ (Cass. 24 dicembre 2020, n. 29576): dunque, in mancanza di pattuizione, dal 9 luglio 1992 gli interessi sono computati al tasso sostitutivo BOT secondo le disposizioni dell’art. 117, co. 7, lett. a) tub, come la Corte territoriale ha ritenuto;
«il secondo motivo è inammissibile, sia in quanto non si confronta neanch’esso con la ratio decidendi della sentenza impugnata, che sin dalla premessa ha evidenziato la mera strumentalità del c.d. conto anticipi con il conto corrente ordinario nella specie stipulato; sia perché introduce una questione nuova, non trattata dalla sentenza impugnata ed inammissibilmente sollevata in questa sede; sia, infine, perché si risolve nella proposizione di censure di merito volte a indurre impropriamente questa Corte a rivisitare gli apprezzamenti di fatto incensurabilmente compiuti dai giudici di merito».
– Il primo motivo merita accoglimento per quanto di ragione. Esso, in particolare, con riguardo alla questione efferente la mancata indicazione del TAE, è sia ammissibile che fondato.
Con riguardo all’ammissibilità vale osservare che l’istante pone in discussione la correttezza in iure dell’affermazione, espressa dalla Corte di appello, circa la possibilità di far luogo all’applicazio ne dei tassi sostitutivi di cui all ‘art. 117, comma 7, t.u.b. nel caso di mancata indicazione, nel contratto, del tasso annuo effettivo.
La verifica dell’osservanza di quanto prescritto dall’art. 366, n. 6), c.p.c. deve compiersi con riguardo ad ogni singolo motivo di impugnazione e la mancata specifica indicazione (ed allegazione) dei documenti sui quali ciascuno di essi, eventualmente, si fondi può comportarne la declaratoria di inammissibilità solo quando si tratti di censure rispetto alle quali uno o più specifici atti o documenti fungano da fondamento, e cioè quando, senza l’esame di quell’atto o di quel documento, la comprensione del motivo di doglianza e degli
indispensabili presupposti fattuali sui quali esso si basa, nonché la valutazione della sua decisività, risulterebbero impossibili (Cass. Sez. U. 5 luglio 2013, n. 16887). Ora, la comprensione e l’apprezzamento della decisività della censura in esame non richiedeva illustrazioni ulteriori rispetto a quelle formulate in ricorso, talché la doglianza non può dirsi carente di autosufficienza.
In punto di fondatezza si osserva, poi, quanto segue.
L ‘art. 120, comma 2, t.u.b., nel testo vigente ratione temporis , successivo alla modifica introdotta col d.lgs. n. 242/1999, ha disposto: « Il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria, prevedendo in ogni caso che nelle operazioni in conto corrente sia assicurata nei confronti della clientela la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori ».
L’art. 1 delib. CICR del 9 febbraio 2000 recita: « Nelle operazioni di raccolta del risparmio e di esercizio del credito poste in essere dalle banche e dagli intermediari finanziari gli interessi possono produrre a loro volta interessi secondo le modalità e i criteri indicati negli articoli che seguono ».
Il successivo art. 3, dopo aver prescritto, al primo comma, che nel conto corrente l’accredito e l’addebito degli interessi deve avvenire sulla base dei tassi e con le periodicità contrattualmente stabiliti, ha stabilito, al secondo comma, che « ell’ambito di ogni singolo conto corrente deve essere stabilita la stessa periodicità nel conteggio degli interessi creditori e debitori ».
L’art. 6 della stessa delibera ha, infine, il seguente tenore: « I contratti relativi alle operazioni di raccolta del risparmio e di esercizio del credito stipulati dopo l’entrata in vigore della presente delibera indicano la periodicità di capitalizzazione degli interessi e il tasso di interesse applicato. Nei casi in cui è prevista una capitalizzazione infrannuale viene inoltre indicato il valore del tasso, rapportato su base
annua, tenendo conto degli effetti della capitalizzazione. Le clausole relative alla capitalizzazione degli interessi non hanno effetto se non sono specificamente approvate per iscritto ».
La delibera CICR, cui l’art. 120, comma 2, t.u.b. ha demandato la fissazione di fissare « modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi » nelle operazioni bancarie, ha pertanto subordinato l’anatocismo nei rapporti di conto corrente non solo alla pattuizione della stessa periodicità della capitalizzazione degli interessi attivi e passivi, ma anche, per il caso di capitalizzazione infrannuale, alla condizione, suggerita da una esigenza di trasparenza, della indicazione, nel contratto, del tasso annuo calcolato per effetto della capitalizzazione stessa (cfr. Cass. 3 luglio 2023, n. 18664), oltre che dalla specifica approvazione per iscritto, ex art. 1341, comma 2, c.c., della clausola anatocistica.
La mancata indicazione del tasso annuo effettivo non è dunque sanzionata, come ritenuto dalla Corte di appello, dall’applicazione del tasso legale di cui all’art. 117, comma 7, t.u.b. misura che non avrebbe ragion d’essere in una situazione, come la presente, in cui è pacifica l’indicazione del tasso annuo nominale, o TAN, e che si tradurrebbe, in chiaro contrasto con la logica cui è ispirata la disciplina dei c.d. tassi sostitutivi, in una ingiustificata nuova modulazione del saggio di interesse, che prescinde da quello nominale, comunque convenuto -, ma, appunto, la non attuabilità della capitalizzazione per l’assenza di una delle condizioni previste d alla delib. CICR, cui l’art. 120 t.u.b. fa rinvio.
Quante alle ulteriori doglianze, occorre anzitutto osservare che il tema della mancata specifica approvazione per iscritto della clausola anatocistica integra questione di fatto, non deducibile in questa sede (e la Corte di merito ha ritenuto sussistente detta approvazione, a pag. 8 della sentenza impugnata).
La censura vertente sul rilievo per cui il conto anticipi non avrebbe
prodotto interessi attivi riflette questione che presenta carattere di novità e che implica accertamenti di fatto. Per escludere quest ‘ultima circostanza non basta, infatti, proclamare che «la questione è stabilire se rispetto alle competenze del conto anticipi è ipotizzabile la condizione di reciprocità richiesta in via necessaria dalla delib. CICR del 9 febbraio 2000» (cfr. memoria di parte ricorrente, pag. 6). Lo scrutinio della censura non può fondarsi su di una pura astrazione, ma impone di verificare evenienze specifiche (concernenti le movimentazioni di tale conto, gli elementi di raccordo esistenti tra esso e il conto corrente ordinario, le modalità di annotazione degli interessi): e una tale, complessa, ricognizione, che inerisce a profili di fatto, è ovviamente preclusa a questa Corte.
– La sentenza è cassata in relazione alla censura accolta, con rinvio della causa alla Corte di Bologna, che deciderà in diversa composizione e statuirà pure sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte
accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il primo motivo di ricorso e dichiara inammissibile il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Bologna, che deciderà in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione