Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 22851 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 22851 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso 2306/2021, proposto da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappres. p.t.; COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME elett.te domic. presso l’AVV_NOTAIO , dal quale sono rappres. e difesi, unitamente all’AVV_NOTAIO , per procura speciale in atti;
-ricorrenti –
-contro-
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappres. p.t., e per essa, quale mandataria, RAGIONE_SOCIALE, elett.te domic. in Roma, INDIRIZZO, presso l’AVV_NOTAIO , dal quale è rappres. e difesa, per procura speciale in atti;
-controricorrente-
avverso la sentenza n. 5903/ 20 della Corte d’appello di Roma depositata il 26.11.2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 4.07.2024 dal Cons. rel., dottAVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO CHE
La società per la gestione della RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME e NOME COGNOME (quest’ultimi quali fideiussori) proponevano opposizione al decreto emesso dal Tribunale di Roma nel 2012, con il quale era stato loro ingiunto di pagare, in solido, a RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE la somma di euro 695.430,87 oltre interessi legali.
Al riguardo, nel ricorso monitorio la banca deduceva che i rapporti di affidamento intestati a RAGIONE_SOCIALE– presso la filiale 3 RAGIONE_SOCIALE di Roma- alla data del 26.1.12, presentavano saldi negativi, rispettivamente di euro 178.461,96- per il conto corrente ordinario, e di euro 515.737,66 per il conto-anticipi su fatture, e che, verificatosi lo sforamento della linea di credito concessa fino a euro 100.000,00 sul conto corrente ordinario, aveva revocato gli affidament i e chiesto l’ingiunzione per la somma relativa ai due saldaconto.
Gli opponenti contestavano l’assunto della banca, eccependo l’illegittimità della revoca degli affidamenti in quanto i conti correnti risultavano viziati da capitalizzazione trimestrale, per la mancanza di reciprocità, da tassi usurari.
Con sentenza del 14.10.16, il Tribunale accoglieva l’opposizione, previa revoca del decreto ingiuntivo, condannando parte opponente, in solido con i fideiussori, a pagare alla parte opposta la somma di euro 608.971,17 oltre interessi; rigettava la domanda riconvenzionale per il
risarcimento dei danni provocati dall’illegittimo recesso della banca e per la segnalazione della posizione alla RAGIONE_SOCIALE.
RAGIONE_SOCIALE e i citati fideiussori proponevano appello avverso la suddetta sentenza.
Con sentenza del 26.11.20 la Corte territoriale accoglieva parzialmente il gravame e, in parziale riforma dell’impugnata sentenza, condannava gli appellanti a pagare la somma di euro 470.842,91 (i fideiussori nei limiti della garanzia), oltre interessi dalla domanda, osservando che: il c.t.u. aveva applicato la capitalizzazione trimestrale degli interessi, data la sottoscrizione delle clausole specifiche da parte della correntista per entrambi i contratti; il c.t.u. aveva accertato il superamento dei tassi-soglia per entrambi i conti, per i trimestri indicati, con la conseguente inapplicabilità degli interessi, ed aveva accertato, in ordine al conto corrente ordinario, la mancanza di valida pattuizione delle condizioni economiche applicate, con la conseguente applicazione del tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB, dall’apertura del contratto, giugno 2017, fino alla data del contratto del 15.2.2010, quando si era rilevata la riduzione dell’importo della linea di credito da euro 200.000,00 a euro 100.000,00.
I medesimi appellanti ricorrevano in cassazione, avverso la suddetta sentenza, con quattro motivi. RAGIONE_SOCIALE, e per essa, nella qualità di mandataria, la RAGIONE_SOCIALE, resiste con controricorso, illustrato da memoria.
RITENUTO CHE
Il primo motivo denunzia violazione degli artt. 1283, 1343, 1418, c.c., della delibera C.I.C.R. del 9.2.2000, nonché omesso esame di fatto decisivo. Al riguardo, la ricorrente assume che: il contratto relativo al conto anticipi era nullo per vizio di causa in quanto prevedeva la capitalizzazione trimestrale degli interessi, creditori e debitori, in
mancanza di reciprocità ; la Corte d’appello ha aderito alla c.t.u. ritenendola esente da vizi, anche in relazione alle repliche dello stesso c.t.u. al c.t.p. della ricorrente; il c.t.u. aveva respinto le contestazioni del c.t.p. sulla base di un’asserita regolarità formale del contratto relativo al conto-anticipi, riferendosi ad un unico rapporto senza soluzione di continuità, mediante la movimentazione di due conti di corrispondenza; nella specie, tale tesi era erronea, in quanto i due conti in questione erano ben diversi, presentando diverse condizioni economiche; la Corte d’appello aveva omesso di considerare che sul conto-anticipi non era possibile applicare la capitalizzazione sugli interessi creditori, trattandosi di conto non movimentabile dal cliente, per cui dato che esso non generava saldi attivi, la detta clausola sulla capitalizzazione era nulla per carenza della reciprocità.
Il secondo motivo denunzia violazione dell’art. 117 dlgs n.385/93, nonché omesso esame di fatto decisivo, atteso che il conto-anticipi era nullo per mancanza di valido documento di sintesi. Al riguardo, il ricorrente lamenta che il c.t.u., nel replicare al c.t.p., aveva affermato che tale documento di sintesi, che riportava condizioni diverse dal contratto, era generico e non personalizzato per la correntista, con la conseguente inapplicabilità dell’art. 117 in ordine al tasso sostitutivo.
Il terzo motivo denunzia violazione dell’art. 1815 c .c., nonché omesso esame di fatto decisivo circa l’applicazione, sul conto -anticipi, di interessi per il periodo successivo all’ultima pattuizione del 26.8.2010, sebbene quest’ultima riguardasse interessi usurari.
Il quarto motivo deduce l’omesso esame di fatto decisivo, per aver la Corte territoriale escluso il risarcimento dei danni per l’illegittima revoca degli affidamenti e per la segnalazione alla RAGIONE_SOCIALE–RAGIONE_SOCIALE (per l’ingente debito) adducendo che il c .t.u. non aveva rilevato alcun sconfinamento oltre il limite di affidamento concesso, e lamentando
che il danno era da ravvisare in re ipsa quale nozione di fatto rientrante nella comune esperienza ex art. 115 c.p.c..
Il Pubblico Ministero ha depositato requisitoria, chiedendo il rigetto del ricorso e dichiararsi l’estinzione del giudizio, limitatamente ai rapporti tra i ricorrenti COGNOME nei confronti della RAGIONE_SOCIALE.
Preliminarmente, il giudizio va dichiarato estinto parzialmente, data la rinuncia al giudizio dei ricorrenti COGNOME/COGNOME, accettata dalla RAGIONE_SOCIALE, quale mandataria di RAGIONE_SOCIALE
Il primo motivo è infondato.
Il ricorrente lamenta che il contratto relativo al conto anticipi era nullo per vizio di causa in quanto prevedeva la capitalizzazione trimestrale degli interessi, creditori e debitori, in mancanza di reciprocità.
Ma la Corte d’appello ha escluso che non vi fosse una pattuizione di reciprocità anche a fronte del conto anticipi, e ciò costituisce un accertamento di fatto insindacabile in questa sede.
Il secondo motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, in quanto non si capisce se, quando e come la questione, relativa alla nullità del conto-anticipi per mancanza di valido documento di sintesi, sia stata sollevata.
Va altresì osservato che il ricorrente denunzia un contrasto tra il documento di sintesi del conto corrente e il contratto, che la Corte territoriale, in conformità della c.t.u., ha escluso ritenendo che il suddetto documento di sintesi fosse generico e non pertinente al correntista.
Il terzo motivo è inammissibile, in quanto invoca interessi usurari che sarebbero maturati successivamente all’ultima convenzione sul tasso degli interessi (rispetto alla quale il c.t.u. aveva invece accertato il superamento del tasso-soglia), senza allegare quale sarebbe stato il tasso usurario con riferimento al tasso all’epoca convenuto.
Il quarto motivo è del pari inammissibile in quanto tende al riesame dei fatti circa la revoca degli affidamenti, giustificata dalla sentenza impugnata con l’ingente esposizione debitoria. Al riguardo, la Corte d’appello ha affermato che la c.t.u. aveva fornito risposta convincente alle osservazioni critiche di parte.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara estinto il giudizio parzialmente, nel rapporto tra i ricorrenti NOME COGNOME, NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE– per essa la RAGIONE_SOCIALE– e rigetta il ricorso nel resto.
Condanna la RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio che liquida nella somma di euro 5.200,00 di cui 200,00 per esborsi, oltre alla maggiorazione del 15% quale rimborso forfettario delle spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.p.r. n.115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio in data 4 luglio 2024.