Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 28700 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 28700 Anno 2025
AVV_NOTAIO: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/10/2025
SENTENZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. NUMERO_DOCUMENTO) proposto da:
PROFETA COGNOME, rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dagli AVV_NOTAIO.ti NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo legale rappresentante pro -tempore , rappresentata e difesa, giusta procura speciale in calce al controricorso, dall’AVV_NOTAIO, con elezione di domicilio digitale all’indirizzo pec indicato;
-controricorrente – avverso la sentenza della Corte d’appello di L’Aquila n. 1815/2022, pubblicata il 23 dicembre 2022, notificata il 28 dicembre 2022;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16 ottobre 2025 dal AVV_NOTAIO;
R.G.N. 3339/ ‘ 23
U.P.
16/10/2025
Preliminare di vendita
viste le conclusioni rassegnate nella memoria depositata dal P.M. ex art. 378, primo comma, c.p.c., in persona della Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME, che ha chiesto l’accoglimento del terzo, del quarto e del quinto motivo, rigettati gli altri; conclusioni ribadite nel corso dell’udienza pubblica;
letta la memoria illustrative depositata nell’interesse del la ricorrente, ai sensi dell’art. 378, secondo comma, c.p.c.;
sentiti , in sede di discussione orale all’udienza pubblica, l’AVV_NOTAIO per il ricorrente.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME NOME, in forza dell’avvenuta sottoscrizione, in data 30/10/2006, di un preliminare di compravendita, convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Pescara la RAGIONE_SOCIALE chiedendo che venisse pronunciata sentenza ex art. 2932 c.c. che producesse in capo all’attrice gli stessi effetti del contratto di vendita dell’immobile ubicato in Montesilvano (INDIRIZZO, composto da appartamento per civile abitazione con relativo locale destinato ad autorimessa), non concluso per colpa della convenuta, promittente alienante.
L’attrice chiese, inoltre, che venisse dato atto che la stessa, al momento della stipula del contratto preliminare, aveva già effettuato il pagamento in favore dell’alienante del corrispettivo pattuito per l’importo di € 34.320,00 (iva compresa). In subordine chiese che venisse emessa sentenza con la quale si desse atto della previsione del corrispettivo dovuto dall’acquirente in complessivi € 37.950,00, di cui € 34.320,00, quale corrispettivo, già versati all’atto di stipula del preliminare di vendita, ed € 3.630,00, per le migliorie asseritamente apportate dalla promittente alienante, con le modalità ed i tempi che il giudice avrebbe deciso.
1.1. La società convenuta si costituì in giudizio chiedendo che fosse dichiarato legittimo il di lei esercizio del recesso dal contratto preliminare di compravendita in questione, con conseguente incameramento della caparra confirmatoria ricevuta.
1.2. Il Tribunale adito, all’esito dell’istruttoria, rigettò la domanda attorea con sentenza n. 1012/2018.
La Corte d’appello di L’Aquila rigettò con la sentenza indicata in epigrafe l’appello proposto dall’attrice soccombente e confermò la sentenza di primo grado, ritenendo corretta l’impostazione data dal Tribunale in merito alla parcellizzazione degli accordi preliminari intervenuti prima del definitivo e che, dunque, dovesse considerarsi vincolante non solo il preliminare del 30/10/2006, oggetto di causa, ma anche l’accordo intervenuto precedentemente tra le parti il 29/09/2006, nel quale l’attrice si era impegnata a versare alla società convenuta l’importo relativo alle eventuali migliorie richieste durante l’esecuzione dei lavori; ne sarebbe conseguito l’onere dell’attrice di provare il proprio adempimento, o, comunque, la formulazione di un’offerta di adempimento, ai fini dell’applicazione dell’art. 2932 c .c., onere che, tuttavia, non era stato assolto dalla NOME.
Inoltre, secondo la Corte d’appello, era condivisibile quanto ritenuto dal giudice di prime cure in merito alla domanda subordinata svolta dall’attrice, non potendosi considerare sussistenti nel caso di specie <>.
COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza di appello, affidandolo a sei motivi, depositando anche memoria illustrativa.
Ha resistito con controricorso l’intimata RAGIONE_SOCIALE .
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 e 1366 c.c., in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c. , per avere la Corte d’appello ritenuto che nel caso ‘de quo’ si dovesse tener conto di entrambe le scritture sottoscritte dalle parti, del 29/09/2006 e del 30/10/2006, sull’erronea supposizione che gli impegni assunti con il primo di quei contratti
preliminari sarebbero andati a integrare le previsioni espresse nel secondo degli stessi, in particolare l’impegno relativo alle spese di miglioria.
Invero, ad avviso della ricorrente, interpretando le suddette scritture private secondo i prescritti canoni ermeneutici e, comunque, sulla scorta del canone della buona fede, si doveva giungere alla diversa conclusione secondo la quale il primo contratto preliminare del 29/09/2006, di una sola facciata, veniva ‘novato’ e sostituito in tutto e per tutto da quello successivo del 30/10/2006, che pertanto diveniva l’unica fonte delle reciproche obbligazioni tra le parti.
1.1. Il motivo è infondato.
Infatti, la Corte di appello, nel considerare valido e produttivo di obblighi anche il primo contratto preliminare concluso tra le parti il 29 settembre 2006 ha offerto una soluzione interpretativa plausibile circa il rapporto di questa convenzione con il successivo contratto stipulato il 30 ottobre 2006, così escludendo che le obbligazioni previste nel primo si fossero estinte per novazione.
A tal proposito, il giudice territoriale -nel conformarsi alla giurisprudenza di questa Corte relativa all’individuazione delle condizioni necessarie per considerare intervenuta una novazione contrattuale (cfr., tra le tante, Cass. n. 5665/2010; Cass. n. 15980/2010 e Cass. n. 27390/2018) e alla concreta possibilità della progressione per fasi contrattuali nella conclusione di un globale contratto preliminare (v. Cass. SU n. 4628/2015 e Cass. n. 31188/2019) -ha ritenuto, sulla scorta dell’esame delle espression i letterali utilizzate dalle parti e del complessivo contenuto delle due convenzioni, che, ancorché le stesse si riferissero alle stesse parti, ai medesimi immobili e allo stesso prezzo di vendita, con esse erano state concordate anche pattuizioni collaterali sostanzialmente complementari, escludendo che quella prevista nella seconda convenzione fosse sostitutiva di quella programmata nel primo accordo all’art. 7.
In particolare, la Corte territoriale, proprio alla luce dell’analisi del contenuto delle due scritture private, ha messo in risalto come,
nella prima scrittura (al citato art. 7), era previsto l’impegno della promissaria acquirente di compensare le eventuali opere di miglioria rispetto al capitolato richieste dalla medesima e consentite dalla società promittente venditrice, mentre nel secondo contratto si disciplinavano le modifiche e le varianti in corso d’opera apportate al progetto su iniziativa della stessa promittente venditrice e appaltatrice dei lavori, con la conseguenza che -essendosi in presenza di obbligazioni diverse -quest’ultima previsione non poteva dirsi incompatibile con quella contemplata nel primo contratto, il cui oggetto non era stato modificato né comunque le parti avevano espressamente previsto che il secondo contratto avrebbe integralmente sostituito ed estinto il primo.
Con il secondo motivo si censura la sentenza gravata per omessa motivazione ex art. 132, co. 2, n. 4, c.p.c., in relazione all’art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c., per non aver la Corte d’appello esposto alcuna ragione di fatto e di diritto sulla gravità del supposto inadempimento della promissaria acquirente, avendo aprioristicamente confermato la legittimità del recesso ex art. 1385 c.c. dal contratto preliminare del 30/10/2006, esercitato dalla promittente venditrice RAGIONE_SOCIALE, nonostante l’insussistenza d’una vera caparra confirmatoria, costituendo la somma pagata a tale titolo l’intero prezzo convenuto per la vendita ed essendo stata, pertanto, l’obbligazione relativa al pagamento del prezzo stesso già adempiuta esattamente.
Con la terza doglianza viene dedotta la violazione e falsa applicazione ex art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., dell’art. 1385 c.c., nonché degli artt. 1362 e segg. c.c., in riferimento al contratto preliminare del 30/10/2006 (e, ove mai ritenuto applicabile, anche a quello del 29/09/2006), per aver la Corte territoriale ritenuto erroneamente che il pagamento dell’intero prezzo convenuto, avvenuto oltretutto al momento stesso della sottoscrizione del preliminare, costituisse non di meno una caparra confirmatoria, anziché (solo) l’esatto adempimento dell’unica obbligazione assunta a proprio carico dalla promissaria acquirente.
3.1. Questi due motivi, esaminabili congiuntamente siccome connessi, sono fondati nei sensi di cui in appresso.
Invero, come dedotto dalla ricorrente, la Corte abruzzese non ha svolto specificamente alcun minimo argomento logico-giuridico circa la gravità del supporto inadempimento della ricorrente odierna, quale promissaria acquirente, essendosi limitata a ravvisare la legittimità del recesso della promittente venditrice ex art. 1385 c.c. dal contratto preliminare del 30 ottobre 2006, nonostante l’insussistenza della previsione effettiva (per quanto infra ) di una vera e propria caparra confirmatoria, costituendo la somma pagata (contestualmente alla sottoscrizione con il rilascio di apposita quietanza) di euro 33.000,00 (ancorché formalmente corrisposta anche ‘a titolo di caparra confirmatoria: v. art. 2 del contratto stesso, come riportato a pag. 11 del ricorso) l’intero prezzo convenuto per la futura vendita definitiva. Pertanto l’obbligazione relativa al pagamento del prezzo era già stata adempiuta esattamente.
A fronte di tale svolgimento della vicenda contrattuale, la Corte distrettuale avrebbe dovuto accertare -se effettivamente sussistente, adottando apposita motivazione sul punto -la non scarsa importanza dell’inadempimento, tale da giustificare il recesso (v., ex multis , per l’applicabilità al recesso, Cass. n. 409/2012 e Cass. 21209/2019); peraltro, tale accertamento, attenendo all’individuazione della fattispecie concreta, risulta sganciato dalla regola dell’onere della prova e compete al giudice d’ufficio (cfr., ad es., Cass. n. 23148/2013 e Cass. n. 16084/2007).
Sotto altro profilo (involto dal terzo motivo), ove anche si volesse considerare che le parti avevano inteso formalmente stabilire anche una caparra confirmatoria (con la citata previsione di cui al secondo contratto) corrispondente all’indicato prezzo totale della prestazione dovuta dalla promissaria acquirente, è evidente che la corresponsione del prezzo nella sua integrità non avrebbe potuto comportare che la stessa somma potesse svolgere anche la funzione di una clausola riconducibile all’art. 1385, comma 1, c.c., con la
possibilità della produzione degli effetti di cui al secondo comma della stessa norma.
Si evidenzia sul punto, in generale, che la circostanza che, in caso di inadempimento, la caparra debba essere ‘imputata alla prestazione dovuta’ ( recte alla prestazione principale da adempiere), lascia intendere che essa non possa eguagliare e, a fortiori , superare l’importo di detta prestazione, fattore, questo, che qualifica anche la stessa struttura della caparra, che -relativamente al prezzo concordato in un preliminare di vendita -ne costituisce, per definizione, una frazione, ovvero una parte.
La giurisprudenza di questa Corte, nel valorizzare la dazione della caparra quale principio di pagamento, ne configura ontologicamente la natura quale anticipato ‘parziale’ pagamento o ‘conto prezzo’ (cfr. Cass. n. 1101/1988; Cass. n. 7935/1997 e Cass. n. 23592/2025). Siffatta limitazione quantitativa della caparra confirmatoria comporta che essa non può totalmente corrispondere e, a maggior ragione, oltrepassare l’entità della prestazione dovuta cui va imputata in caso di inadempimento, venendo meno, in tali casi, la stessa funzione della caparra in questione.
Da ciò deriva, quindi, l’affermazione del principio di diritto al quale dovrà uniformarsi il giudice di rinvio -in base al quale il versamento, concordato tra le parti, della somma costituente l’esatto (ovvero integrale) adempimento dell’obbligazione di pagamento del prezzo indicato nel contratto preliminare non è compatibile con la previsione (e, dunque, la dazione) di una caparra confirmatoria, essendo l’evenienza dell’anticipato adempimento totale della prestazione principale dovuta escludente, di per sé, la configurabilità di detta caparra, non legittimando, dunque, nemmeno l’esercizio del recesso contemplato dall’art. 1385, comma 2, c.c.
4. Con il quarto motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1453, 1455 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., per aver la Corte d’appello erroneamente rigettato la domanda di esecuzione specifica dell’obbligo
di concludere il contratto di compravendita immobiliare di cui al preliminare del 30/10/2006.
La NOME assume che la decisione di secondo grado ha illegittimamente ritenuto, per un verso, che vi sarebbe stato l’inadempimento della promissaria acquirente, consistente nel non aver rimborsato la somma di € 3.630,00, pretesa dalla RAGIONE_SOCIALE a titolo di spese per le migliorie e, per altro verso, che il versamento dell’intero prezzo convenuto costituisse caparra confirmatoria, regolata dall’art. 1385 c.c., anziché esatto adempimento dell’obbligazione (pagamento del corrispettivo) assunta dalla promissaria acquirente; per altro verso ancora che incombesse alla promissaria acquirente l’onere della prova dell’avvenuto pagamento della pretesa di € 3.630,00 per migliorie, anziché alla promittente venditrice l’onere di dimostrare sia che quelle migliorie le erano state richieste, sia che erano state esattamente eseguite; sia, infine, che l’importo effettivo della relativa spesa fosse quello di cui veniva preteso il rimborso, oltre a dover dimostrare ancora che quegli interventi non rientrassero tra le previsioni del contratto del 30/10/2006, quali spese a carico della promittente venditrice.
4.1. Anche questa doglianza è fondata nei termini che seguono.
Infatti, a fronte dell’avvenuto adempimento dell’obbligazione principale dell’integrale pagamento del prezzo, l’obbligazione di pagare l’esiguo importo di euro 3.630,00 costituiva un’obbligazione accessoria, non quantificata nel contratto, non liquida e suscettibile di formare oggetto di una domanda autonoma, ben potendo l’effetto traslativo della proprietà non essere subordinato all’adempimento anche di obbligazioni per l’appunto accessorie, le quali non incidano in via diretta sul nesso commutativo, ma ineriscano al regolamento di effetti ulteriori, ripartendo oneri economici secondari, connessi e conseguenti al trasferimento del bene (v., in particolare, Cass. n. 14453/2011).
Tuttavia, non può dirsi che la Corte territoriale, nel decidere sulla domanda di liquidazione del corrispettivo delle modifiche, abbia invertito l’onere della prova sulle circostanze oggetto di contestazione
(ovvero sulla richiesta delle modifiche da parte della ricorrente, della loro esecuzione conforme alle richieste e sull’importo effettivo della relativa spesa), poché la stessa ha ritenuto che la creditrice già convenuta, poi appellata, avesse provato la fondatezza della propria pretesa sulla scorta delle documentazione prodotta e della condotta della NOME.
Con il quinto motivo viene prospettata la violazione e falsa applicazione dell’art. 2932, co. 2, c.c., in relazione all’art. 1455 c.c. e all’art. 12 delle preleggi, ex art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c., per avere la Corte di merito ritenuto che <>, di cui all’art. 2932, co. 2, c.c., sarebbe stata soltanto quella <>, prescindendo, altresì, da ogni rilievo sull’importanza del supposto inadempimento.
5.1. Anche questo motivo è meritevole di accoglimento, dal momento che -come già chiarito con l’esame delle censure precedenti -il credito vantato dalla RAGIONE_SOCIALE non poteva incidere sul diritto della NOME ad ottenere il trasferimento dell’immobile, avendo la stessa corrisposto interamente il prezzo e potendo il giudice di merito decidere separatamente sulla fondatezza della pretesa relativa alla prestazione accessoria. Pertanto, la relativa somma non doveva costituire necessariamente oggetto di un’offerta formale.
Con il sesto motivo la ricorrente lamenta l’omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c. sulla richiesta di ammissione di c.t.u., da ritenersi costituente unica e indispensabile fonte oggettiva di prova a riguardo della sussistenza o meno di opere di effettiva miglioria e, solo in caso di risposta affermativa, dell’entità della relativa spesa.
6.1. Quest’ultimo motivo è privo di fondamento dovendosi rilevare che la decisione di rigetto dell’istanza di ammissione di c.t.u. (la cui valutazione, peraltro, rientra nell’esclusiva discrezionalità del giudice di merito) è da ricondursi, implicitamente, alla motivazione con la quale la Corte aquilana ha ritenuto provato il credito dell’odierna controricorrente in base agli elementi adeguatamente
indicati e valutati secondo il suo prudente apprezzamento, perciò insindacabile nella presente sede di legittimità.
In definitiva, alla stregua delle ragioni complessivamente svolte, vanno accolti il secondo, terzo, quarto e quinto motivo del ricorso, rigettati il primo e sesto.
Da ciò consegue la cassazione della sentenza impugnata in relazione ai motivi ritenuti fondati, con il rinvio della causa alla Corte di appello di L’Aquila, in diversa composizione, che, oltre ad uniformarsi al principio di diritto enunciato (v. pag. 7), provvederà anche a regolare le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo, il terzo, il quarto e il quinto motivo del ricorso, rigettati i restanti;
cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di L’Aquila, in diversa composizione.
Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio della II Sezione civile della Corte di cassazione in data 16 ottobre 2025.
Il AVV_NOTAIO rel.-est. NOME COGNOME