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Caparra confirmatoria: se è l’intero prezzo non vale

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 28700/2025, ha stabilito un principio fondamentale in materia di contratti preliminari di compravendita immobiliare. Se l’acquirente versa l’intero prezzo pattuito, tale somma non può essere qualificata come caparra confirmatoria, anche se il contratto la definisce tale. Di conseguenza, il venditore non può esercitare il diritto di recesso per un inadempimento di lieve importanza (come il mancato pagamento di spese per migliorie), ma deve agire con gli strumenti ordinari. La Corte ha cassato la decisione precedente, affermando che l’adempimento totale dell’obbligazione principale esclude la funzione tipica della caparra.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

Caparra Confirmatoria: Quando il Pagamento dell’Intero Prezzo Annulla il Diritto di Recesso

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato una questione cruciale nei contratti preliminari di vendita immobiliare: cosa succede se la somma versata dall’acquirente, definita nel contratto come caparra confirmatoria, corrisponde in realtà all’intero prezzo dell’immobile? La risposta della Suprema Corte è netta e offre importanti tutele per chi acquista.

La decisione chiarisce che la funzione della caparra è incompatibile con il pagamento integrale del corrispettivo. Questo significa che il venditore non può avvalersi del meccanismo automatico del recesso e della ritenzione della somma per un inadempimento minore della controparte.

I Fatti di Causa

La vicenda nasce dalla stipula di un contratto preliminare per la compravendita di un immobile. La promissaria acquirente, al momento della firma, versa l’intero prezzo pattuito, pari a circa 34.000 euro. Il contratto, tuttavia, qualificava tale somma come “caparra confirmatoria“.

Successivamente, sorge una controversia legata al mancato pagamento da parte dell’acquirente di una cifra aggiuntiva di circa 3.600 euro, richiesta dalla società venditrice per presunte migliorie apportate all’immobile. Forte di questo presunto inadempimento, la società venditrice esercita il diritto di recesso dal contratto, con l’intenzione di trattenere l’intera somma ricevuta.

L’acquirente si rivolge al Tribunale per ottenere una sentenza che trasferisca la proprietà dell’immobile (esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c.), sostenendo di aver adempiuto alla sua obbligazione principale, ovvero il pagamento del prezzo. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello, però, le danno torto, ritenendo legittimo il recesso della società venditrice.

La Decisione sulla Caparra Confirmatoria

La Corte di Cassazione ha ribaltato completamente il verdetto dei giudici di merito. Gli Ermellini hanno accolto i motivi del ricorso dell’acquirente, stabilendo un principio di diritto di grande rilevanza pratica.

Il punto centrale della decisione è la distinzione tra la funzione della caparra confirmatoria e l’adempimento dell’obbligazione principale. La caparra, per sua natura, è una frazione del prezzo che serve a rafforzare il vincolo contrattuale e a fornire una tutela rapida in caso di inadempimento. Il pagamento dell’intero prezzo, invece, non è una garanzia, ma è l’esatto adempimento della prestazione dovuta dall’acquirente.

Di conseguenza, definire “caparra” l’intera somma versata è una qualificazione giuridicamente errata e inefficace. Non si possono applicare le norme sul recesso e sulla ritenzione della caparra (art. 1385 c.c.) a una situazione in cui l’obbligazione principale è già stata completamente estinta.

Inadempimento di Obbligazioni Accessorie e la sua Rilevanza

La Corte ha inoltre chiarito un altro aspetto fondamentale. Il presunto inadempimento dell’acquirente riguardava un’obbligazione accessoria (il pagamento delle migliorie), di importo esiguo rispetto al valore totale dell’operazione. Secondo i giudici, un inadempimento di “non scarsa importanza” (come richiesto dalla legge per la risoluzione del contratto) deve essere valutato nell’economia complessiva dell’affare.

Il mancato pagamento di 3.630 euro non può giustificare la perdita di un affare per cui erano già stati versati oltre 34.000 euro. Pertanto, il recesso del venditore è stato considerato illegittimo, in quanto sproporzionato rispetto alla presunta mancanza.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha motivato la sua decisione sulla base di una rigorosa interpretazione della funzione della caparra confirmatoria. L’articolo 1385 del Codice Civile prevede che la caparra debba essere “imputata alla prestazione dovuta”. Questa formulazione implica logicamente che la caparra non possa coincidere con la prestazione stessa, ma ne rappresenti solo una parte, un acconto con funzione di garanzia. Quando l’acquirente paga l’intero prezzo, non sta versando una caparra, ma sta semplicemente eseguendo il contratto. Qualsiasi diversa etichetta formale utilizzata dalle parti nel contratto non può snaturare la sostanza dell’operazione. Di conseguenza, il meccanismo del recesso, che è un rimedio eccezionale legato alla caparra, non può essere attivato. La Corte ha inoltre sottolineato che l’inadempimento di un’obbligazione accessoria, come il pagamento delle migliorie, non incide sul nesso principale del contratto (scambio di cosa contro prezzo) e, data la sua esiguità, non può essere considerato così grave da giustificare la risoluzione del vincolo contrattuale. Il venditore avrebbe dovuto utilizzare gli strumenti ordinari per recuperare quel credito, senza poter sciogliere l’intero contratto.

Le conclusioni

La sentenza rappresenta un importante monito per gli operatori del settore immobiliare e per chiunque si appresti a firmare un contratto preliminare. La qualificazione del pagamento come caparra confirmatoria deve essere usata con cognizione di causa. Se viene versato l’intero prezzo, questa somma non può funzionare come caparra, e il venditore perde la possibilità di recedere rapidamente dal contratto in caso di future piccole contestazioni. Questa decisione rafforza la posizione dell’acquirente che ha onorato il suo impegno principale, impedendo che inadempimenti secondari e di modesta entità possano essere usati pretestuosamente per far saltare l’intero affare. In definitiva, la sostanza economica dell’operazione prevale sulla forma e sulle etichette utilizzate nel contratto.

Il pagamento dell’intero prezzo di vendita in un contratto preliminare può essere considerato una caparra confirmatoria?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che il versamento dell’intera somma costituisce l’adempimento totale dell’obbligazione principale e non è compatibile con la funzione della caparra confirmatoria, che per sua natura rappresenta solo una parte del prezzo.

Il mancato pagamento di una piccola somma per migliorie giustifica il recesso del venditore se il prezzo principale è già stato interamente pagato?
No, la Corte ha ritenuto che il mancato pagamento di un’obbligazione accessoria di importo esiguo non costituisce un inadempimento di ‘non scarsa importanza’ tale da legittimare il recesso, specialmente quando l’obbligazione principale (il pagamento del prezzo) è stata completamente adempiuta.

Cosa succede se un contratto preliminare definisce ‘caparra confirmatoria’ il pagamento dell’intero prezzo?
Secondo la sentenza, tale qualificazione è inefficace. La somma versata viene considerata come esatto adempimento dell’obbligazione di pagamento del prezzo e non può attivare i meccanismi tipici della caparra, come il diritto di recesso e la ritenzione della somma da parte del venditore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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