Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 19425 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 19425 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 14/07/2025
COGNOME NOMECOGNOME
– intimato – avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO MESSINA n. 559/2023, depositata il 23/06/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21265/2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME rappresentati e difesi da ll’avvocato COGNOME
– ricorrenti –
contro
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto appello davanti alla Corte d’Appello di Messina, nei confronti di NOME COGNOME in proprio e quale titolare dell’omonima impresa edile, avverso la sentenza resa dal Tribunale di Barcellona P.G. che aveva accolto la domanda, da essi formulata, di risoluzione del contratto preliminare di vendita relativo all’appartamento sito in Lipari, per l’effetto dichiarandolo risolto per inadempimento grave del promittente alienante COGNOME, e privo di effetti giuridici, condannando il convenuto alla restituzione in favore degli attori della somma di €. 46.500,00 da essi corrisposti al Biviano a titolo di acconto, oltre interessi legali dalla data di corresponsione fino al soddisfo.
Aveva, poi, il giudice di prime cure rigettato nel resto le domande attoree, condannando parte attrice al pagamento, in solido, in favore di controparte, delle spese del procedimento cautelare instaurato in corso di causa (liquidate come in dispositivo), compensando tra le parti quelle del giudizio di merito.
Gli appellanti hanno criticato la pronuncia impugnata per aver qualificato come acconto le somme trasferite al Biviano senza considerare che vi era stato invece il versamento di una caparra confirmatoria In via subordinata, hanno chiesto che fosse accolta la domanda risarcitoria dei danni patrimoniali e non patrimoniali indicati in primo grado; hanno, inoltre, domandato la riforma del capo relativo alla compensazione delle spese del giudizio di merito, con conseguente condanna di controparte al loro pagamento, così come al pagamento delle spese del presente grado.
Per quanto ancora di interesse in questa sede, la Corte d’Appello di Messina, in parziale accoglimento del gravame:
dichiarava che nessuna contraddittorietà è ravvisabile nella decisione del Tribunale laddove, per un verso, ha escluso la ricorrenza della «caparra confirmatoria» e, per altro verso, ha ammesso l’avvenuto versamento degli «acconti» per il complessivo importo di € 46.500,00 – di cui ha disposto la restituzione alla parte attrice in conseguenza dell’accoglimento della domanda di risoluzione -dato che, mentre il pagamento dell’acconto costituisce un dato di fatto che può non formare oggetto di apposita preventiva pattuizione tra le parti, la caparra confirmatoria è istituto giuridico con apposita funzione di garanzia e di rafforzamento del vincolo obbligatorio, assoggettato sia nell’ an che nel quantum , ed eventualmente anche nel quando, ad apposita previsione pattizia, mancante nella specie, non potendosi essa ricavare dalla mera dazione del denaro (pur se imputata a tale titolo), in quanto successiva e non contestuale alla conclusione del contratto preliminare, come invece prevede l’art . 1385, comma 1, cod. civ.; né tanto meno dalla sola fattura, per la sua natura di atto unilaterale proveniente dal Biviano, che nemmeno risulta da lui sottoscritta per quietanza, né reca alcuna sottoscrizione dell’altra parte;
dichiarava compensate tra le parti le spese del primo grado di giudizio in ragione di 2/3, le spese del grado d’appello in ragione di 1/3, ponendo il rimborso della restante quota a carico solidale degli appellanti COGNOME NOME e COGNOME NOME, in favore di COGNOME NOME.
Avverso la suddetta pronuncia hanno proposto ricorso per cassazione COGNOME NOME e COGNOME NOME, affidandolo a due motivi.
Resta intimato NOME COGNOME.
A séguito della proposta di definizione accelerata del Consigliere Delegato dal Presidente di Sezione, i ricorrenti hanno chiesto la decisione ex art. 380bis, comma 2, cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 Con il primo motivo si deduce nullità della sentenza ex art. 360 cod. proc. civ., 1° comma, n. 4 in relazione agli 115 e 116, 1°comma, cod. proc. civ. -Mancato riconoscimento del valore probatorio del contenuto della fattura commerciale non contestata – Idoneità della fattura n. 65/13 del 31.05.13, per l’importo di € 30.000,00, emessa a titolo di caparra penitenziale, accettata e non contestata dalla c ontroparte; ciò ai fini della qualificazione dell’accordo quale mutuo consenso circa la qualificazione come caparra confirmatoria. Rilevano i ricorrenti l’erroneità della sentenza laddove richiede un accordo espresso in forma scritta «coevo» alla conclusione del contratto, evidenziando come la Suprema Corte abbia affermato che la dazione successiva è consentita anche in virtù di espresso accordo tra le parti intervenuto dopo la conclusione del contratto e successivamente al versamento del relativo importo. Circostanza evidenziata nel caso di specie dalla fattura 65/13 recante causale esplicita riferita al versamento della caparra. Evidenziano, a tal proposito, i ricorrenti l’errore in cui sarebbe incorsa la Corte territoriale per non aver accordato alcun valore probatorio alla fattura in questione che, proprio in considerazione della sua causale, non solo ha efficacia probatoria contro l’emittente, che vi indica la prestazione e l’importo del prezzo, ma può costituire piena prova nei confronti di entrambe le parti dell’esistenza di un corrispondente accordo, allorché risulti accettata dal contraente destinatario della prestazione che ne è oggetto.
2 . Con il secondo motivo si deduce la violazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ. – Errata ripartizione delle spese di giudizio. I ricorrenti contestano l’errata ripartizione delle spese di giudizio che la Corte di Appello ha compensato in ragione di 1/3 in secondo grado, e di 2/3 in primo grado, ponendo il restante a carico solidale degli appellanti in favore di controparte. Si sostiene in ricorso, invece, che si sia verificata una soccombenza parziale degli allora appellanti solo in merito alle domande non accolte e, dunque, debba applicarsi il principio sancito dalla Suprema Corte (n. 14550 del 2015) per il quale la nozione di soccombenza verrebbe integrata esclusivamente nel caso di rigetto integrale della domanda.
Il primo motivo è fondato.
Quanto alla forma scritta della caparra pretesa dalla Corte d’Appello , in quanto patto accessorio ad un negozio soggetto alla forma scritta ad substantiam (v. pag. 4 sentenza), questa Corte ha avuto modo di chiarire che poiché la forma scritta ad substantiam va osservata in ordine agli elementi essenziali del contratto, mentre gli elementi accessori possono risultare da un atto amorfo, la pattuizione di una caparra confirmatoria, così come la sua integrazione, che si perfezionano con la dazione, non esigono la forma scritta, costituendo elemento non essenziale del contratto (per tutte: Sez. 2, Ordinanza n. 20052 del 22/07/2024, Rv. 671782 – 02).
Con riferimento alla necessarietà della formazione coeva del patto contenente la caparra confirmatoria, deve rilevarsi quanto segue.
La non contestualità tra dazione della caparra e contratto è ammessa dalla giurisprudenza costante di questa Corte, che ha affermato -come del resto riconosciuto nella sentenza impugnata -che in tema di contratto preliminare, la funzione di anticipazione della
prestazione dovuta e di rafforzamento del vincolo obbligatorio propria della caparra confirmatoria – che si perfeziona con la consegna che una parte fa all’altra di una somma di danaro o di una determinata quantità di cose fungibili per il caso d’inadempimento delle obbligazioni nascenti da un diverso negozio ad essa collegato (c.d. contratto principale) – ben può essere assolta anche da una dazione differita, così posticipandosi la consegna ad un momento successivo alla conclusione del contratto principale, ma a condizione che il momento di tale consegna sia anteriore al termine di scadenza delle obbligazioni pattuite con il preliminare e con la conseguenza che, nelle more della consegna, non si producono gli effetti che l’art. 1385, comma 2 cod. civ. ricollega alla consegna in conformità della natura reale del patto rafforzativo del vincolo ( ex multis : Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 35068 del 29/11/2022, Rv. 666325 -01; Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 21506 del 27/07/2021, Rv. 662110 -01; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4661 del 28/02/2018, Rv. 647815 – 01).
Tanto perché le funzioni di anticipazione della prestazione dovuta e di rafforzamento del vincolo obbligatorio, pur accomunate nel medesimo istituto, sono distinte, onde la seconda -che si realizza, in caso d’inadempimento, secondo la previsione dell’art. 1385, comma 2, cod. civ. -non viene meno, una volta che la somma dovuta sia stata concretamente messa a disposizione del destinatario da parte del soggetto tenuto alla prestazione, uscendo dal patrimonio di quest’ultimo, per il sol fatto che la prima non si realizzi contestualmente, ove la materiale immissione nella disponibilità della somma stessa da parte del destinatario sia pattiziamente -e legittimamente, per quanto sopra evidenziato -regolata con tempi e/o modalità diverse rispetto alla conclusione del contratto cui la pattuizione accede.
Allo stesso modo, e per le stesse ragioni, non è necessario che il patto con il quale le parti stabiliscono la dazione di una somma di danaro con le funzioni sopra rilevate sia coevo alla stipulazione del contratto principale (il contratto preliminare del 07.03.2012, nel caso che ci occupa), come invece affermato dalla Corte territoriale (v. sentenza p. 5, 1° capoverso).
Se è vero, infatti, che l’ipotesi prevista come ordinaria dall’art. 1385, comma 1, cod. civ. è quella della dazione della caparra a mani del destinatario al momento della conclusione del contratto, ciò non esclude la possibilità di successiva pattuizione secondo modalità e tempi diversi, compresa una pattuizione accessoria successiva alla consegna del danaro o di cose fungibili, purché in ogni caso preceda la scadenza dell’obbligazione e sia comunque compatibile con il conseguimento degli scopi previsti dal l’art. 1385 cod. civ., onde consentire il particolare e migliore regolamento degli interessi voluto delle parti (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3071 del 13/02/2006, Rv. 586774 -01; Cass. 5424 del 2002 e 7935 del 1997), nel caso di specie rappresentato dalla necessità di superare la pattuizione contenuta nel contratto preliminare, ove era stabilito che la parte promissaria acquirente avrebbe corrisposto in un’unica soluzione il prezzo pattuito al momento della stipula dell’atto definitivo (art. 3), nel senso di rafforzare l’obbligo contrattuale inserendo una ‘pena civile’ a carico del promittente venditore. E ciò senza che tali modalità pattizie dell’acquisizione della somma al patrimonio del destinatario minimamente influiscano, una volta effettuato il versamento da parte del soggetto ad esso tenuto ed uscita quindi la somma dal patrimonio dello stesso, sulla natura giuridica e, quindi, sull’efficacia della caparra confirmatoria.
Con riferimento, infine, all ‘efficacia probatoria dell a fattura commerciale emessa -si badi bene -proprio dal promittente venditore e recante causale specifica della corresponsione di ‘ caparra confirmatoria ‘ (fattura n. 65/2013 nel caso che ci occupa), la Corte d’Appello (p. 4, righi 26-28) ha fatto malgoverno dei principi enunciati da questa Corte, a mente dei quali la fattura può costituire un valido elemento di prova quanto alle prestazioni eseguite, nonché quanto all’esistenza e alla liquidità di un c redito, nell’ipotesi in cui il debitore la abbia accettata senza contestazioni nel corso dell’esecuzione del rapporto, allorquando tale rapporto non sia contestato fra le parti (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 299 del 12/01/2016, Rv. 638451 -01; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 15383 del 28/06/2010, Rv. 613803 -01; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 13651 del 13/06/2006, Rv. 590631 -01; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8126 del 28/04/2004, Rv. 572408 -01). E’ stato anche precisato che una volta che la fattura sia stata portata a conoscenza del destinatario, l’accettazione non richiede formule sacramentali, potendosi anche esprimere per comportamenti concludenti (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 26801 del 21/10/2019, Rv. 655656 -01; Cass. n. 10860/2007).
Nel caso di specie, i destinatari della fattura (cioè i promissari acquirenti) non solo hanno provveduto al pagamento -fatto pacifico -ma hanno invocato in sede giudiziale il titolo di caparra confirmatoria del pagamento da essi effettuato, così confermando il rapporto sottostante e accettando la fattura anche nella sua causale.
La pronuncia merita, per i plurimi errori di diritto riscontrati, di essere cassata per nuovo esame.
L’accoglimento del primo motivo comporta il logico assorbimento del secondo (che verte sulle spese).
Il giudice di rinvio (stessa Corte d’ appello in diversa composizione) deciderà la lite attenendosi i citati principi e provvederà a regolare anche le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, e rinvia alla Corte d’Appello di Messina in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 20 novembre 2024.