Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 26410 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 26410 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso 38573/2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappres. p.t., elettivamente domiciliata presso l’AVV_NOTAIO dal quale è rappresentata e difesa, per procura speciale in calce al ricorso;
-ricorrente –
-contro-
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Ministro p.t., domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale RAGIONE_SOCIALEo Stato dalla quale è rappresentato e difeso; -controricorrente- avverso la sentenza n. 1561/19 de lla Corte d’appe llo di Bologna, pubblicata il 13.05.2019;
udita la relazione RAGIONE_SOCIALEa causa svolta nella camera di consiglio del 24/09/2024 dal Cons. rel., dottAVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
RAGIONE_SOCIALE riassumeva innanzi al Tribunale di Bologna la causa promossa innanzi al Tar, avente ad oggetto la contestazione RAGIONE_SOCIALEa determinazione dei canoni minerari- relativi ad una concessione accordata nel 1958, per la durata di 50 anni, per la coltivazione di un giacimento di marna da cemento sito nei comuni di Guiglia e Zocca, in provincia di Modena- con domanda di condanna RAGIONE_SOCIALE‘amministrazione alla restituzione dei canoni indebitamente richiesti.
Con sentenza del 23.9.2014, il Tribunale rigettava la domanda; RAGIONE_SOCIALE proponeva appello deducendo l’erroneità RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata in ordine all’inapplicabilità alle concessioni minerarie RAGIONE_SOCIALEa normativa statale che aveva aumentato i canoni di uso dei beni demaniali, in quanto lo sfruttamento minerario era caratterizzato da un particolare interesse pubblico, non ravvisabile nelle altre ipotesi di beni di proprietà RAGIONE_SOCIALEo Stato.
Con sentenza depositata il 13.5.2019, la Corte territoriale, in parziale riforma RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata, dichiarava prescritto il diritto per cui è causa dal 7.5.1994 al 6.5.1995 per l’importo di euro 355,95 -rigettando per il reso l’impugnazione – osservando che: non era fondata la tesi RAGIONE_SOCIALE‘appellante sulla natura tributaria del canone in questione , che lo avrebbe sottratto alla sopravvenuta disciplina normativa che aveva imposto l’adeguamento dei canoni dovuti per l’utilizzo di beni di proprietà pubblica, e sulla non assimilabilità di tali canoni a quelli relativi ad altre concessioni di beni pubblici, che avrebbe giustificato una disciplina derogatoria, in quanto non fondata su alcuna norma.
RAGIONE_SOCIALE ricorre in cassazione avverso la suddetta sentenza con unico motivo. Il RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso. Le parti hanno depositato memoria illustrativa.
RITENUTO CHE
L’unico motivo, in relazione all’art. 360, c.1, nn. 2 e 3, c.p.c., denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 111 Cost., 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 132 c.p.c., nonché violazione e falsa applicazione degli artt. 10, c.2, l. n. 537/93 e 32, c.1, l. n. 724/94, dm 2.3.98 n. 258, con riguardo all’art. 25 R. D. n. 1443/1927, per aver la Corte d’appello deciso con rinvio per relationem alla sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte Cost. n. 89/18, che però non era pertinente perché riguardante le cave e non le miniere.
Al riguardo, la ricorrente assume che la natura non tributaria del canone dovuto per l’attività estrattiva non poteva assumere rilievo ai fini RAGIONE_SOCIALEa decisione RAGIONE_SOCIALEa causa in materia di diritti del concessionario, specie considerando che la sentenza impugnata non aveva effettuato alcun collegamento tra le due fattispecie, senza dunque motivare sulla conclusione che le norme che impongono l’aggiornamento annuale dei canoni per i beni pubblici si debbano applicare anche ai diritti del concessionario minerario, non sussistendo una normativa derogatoria. Sul punto, la ricorrente richiama la motivazione RAGIONE_SOCIALEa suddetta sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte Cost., che ha evidenziato la natura non tributaria del canone di cava, con argomentazioni non inerenti alle miniere circa le finalità del canone (che per le cave tende al ristoro RAGIONE_SOCIALE‘incidenza negativa RAGIONE_SOCIALE‘attività estrattiva sull’ambiente e sulla salute pubblica, sganciandosi dalla redditività RAGIONE_SOCIALE‘attività).
In particolare, la ricorrente assume che: il diritto corrisposto per lo sfruttamento RAGIONE_SOCIALEe miniere è considerato proporzionale e correlato all’estensione del giacimento (Corte Cost., n. 65/2001), mentre la relativa attività riguarda beni pubblici speciali (poiché le miniere non sarebbero comprese espressamente tra i beni pubblici patrimoniali), sicché la relativa disciplina è da intendersi come derogatoria di quella
generale, anche in mancanza di norme espresse al riguardo; l ‘asserita descritta specialità RAGIONE_SOCIALEe concessioni minerarie e la natura di tributo del canone sono correlate al rapporto di diritto pubblico tra concessionario e pubblica amministrazione; rapporto che non è di natura paritetica di scambio economico, ma corrisponde al soddisfacimento RAGIONE_SOCIALE‘interesse pubblico di adeguato sfruttamento ed estrazione di risorse dal sottosuolo, con tutto ciò che comporta.
In definitiva, la ricorrente ritiene che al concessionario minerario non sarebbero applicabili le norme sull’aggiornamento annuale dei canoni, in quanto esso sarebbe una longa manus RAGIONE_SOCIALEa Pubblica Amministrazione, al pari di un organo esterno, essendo destinatario di una serie di obblighi non previsti per le discipline relative alle concessioni di beni pubblici diversi da quelli minerari.
Il motivo è infondato. Anzitutto, va osservato che la doglianza in esame prospetta erroneamente un, neppur concepibile, vizio motivazionale per questione di diritto, adducendo che la pronuncia impugnata non sarebbe stata adeguatamente motivata, attraverso il rinvio per relationem alla sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte Cost., n. 89 del 2018, e alla sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte dei Conti n. 61/2000, in quanto relative a fattispecie non inerenti al caso concreto.
Inoltre, non ricorre il vizio di omessa pronuncia quando la motivazione accolga una tesi incompatibile con quella prospettata, implicandone il rigetto, dovendosi considerare adeguata la motivazione che fornisce una spiegazione logica ed adeguata RAGIONE_SOCIALEa decisione adottata, evidenziando le prove ritenute idonee e sufficienti a suffragarla, ovvero la carenza di esse, senza che sia necessaria l’analitica confutazione RAGIONE_SOCIALEe tesi non accolte o la particolare disamina degli elementi di giudizio non ritenuti significativi (Cass., n. 2153/2020).
In ogni caso, nella specie, la Corte territoriale ha adeguatamente motivato in ordine alla questione in esame, ritenendo infondata la tesi RAGIONE_SOCIALE‘ appellante sull’asserita natura tributaria del canone dovu to per la concessione mineraria, che lo sottrarrebbe alla sopravvenuta disciplina normativa che impone l’adeguamento dei canoni, indennità e proventi erariali di ogni tipo dovuti per l’utilizzo di beni di proprietà pubblica. La Corte di merito, a sostegno RAGIONE_SOCIALEa propria decisione, ha invocato la suddetta sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte Cost., n.89/18, che aveva escluso la natura tributaria RAGIONE_SOCIALEa prestazione imposta ai soggetti che esercitano l’attività di cave e miniere , nonché la citata pronuncia RAGIONE_SOCIALEa Corte dei Conti, che aveva affermato la legittimità RAGIONE_SOCIALEa rivalutazione dei canoni RAGIONE_SOCIALEe concessioni minerarie, in virtù RAGIONE_SOCIALE‘applicazione ad esse RAGIONE_SOCIALE‘art. 32 l. n. 724/94 in ordine ai canoni dovuti per tutte le concessioni dei beni patrimoniali RAGIONE_SOCIALEo Stato.
Né può ritenersi che tale motivazione non rispetti il canone costituzionale, di cui all’art. 111 Cost.
Invero, la motivazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza, con rinvio “per relationem” a provvedimenti giudiziari resi in altro processo, è ammissibile e rispetta il minimo costituzionale richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., purché la condivisione RAGIONE_SOCIALEa decisione avvenga attraverso un autonomo esame critico dei motivi d’impugnazione, con richiamo ai contenuti degli atti cui si rinvia, non potendosi risolvere in una acritica adesione al provvedimento richiamato (Cass., n. 21443/22; n. 2397/21).
Nella specie, la Corte d’appello ha ritenuto la natura non tributaria del canone dovuto per la concessione mineraria attraverso il chiaro, benché sintetico, riferimento al contenuto RAGIONE_SOCIALEe due predette decisioni, ma argomentando e confutando i motivi RAGIONE_SOCIALE‘impugnazione imperniati sull’asserita, seppur non dimostrata, natura speciale RAGIONE_SOCIALEa concessione
mineraria che la sottrarrebbe alla rivalutazione periodica del canone dovuto.
Pertanto, è da escludere che la motivazione in questione si sia concretizzata in un’acritica adesione ai provvedimenti richiamati.
Per quanto esposto, non giova alla ricorrente assumere che la richiamata sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte Costituzionale attenga a diversa fattispecie, per inferirne l’insussistenza sostanziale RAGIONE_SOCIALEa motivazione RAGIONE_SOCIALEa pronuncia, in quanto tale sentenza non è finalizzata ad equiparare cave e miniere, ma ad escludere la natura tributaria dei canoni per le concessioni minerarie.
Al riguardo, la Corte Costituzionale, nella predetta sentenza, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata dal Tar Sicilia in riferimento all’art. 53 Cost., RAGIONE_SOCIALE‘art. 83 RAGIONE_SOCIALEa legge reg. Siciliana n. 9 del 2015, nella parte in cui aveva modificato il comma 1 RAGIONE_SOCIALE‘art. 12 RAGIONE_SOCIALEa legge reg. Siciliana n. 9 del 2013, relativo ai criteri di determinazione del canone annuo dovuto dai soggetti esercenti l’attività di cava nel territorio siciliano. In particolare, la Corte Costituzionale ha argomentato che tale canone è privo RAGIONE_SOCIALEa funzione genericamente contributiva al bilancio degli enti interessati o commutativa di un servizio, che caratterizza i tributi, in quanto esso -legato all’insieme di competenze amministrative correlate all’attività estrattiva, nonché alle sue caratteristiche, tali da incidere sulla salubrità e integrità ambientale del territorio interessato -si fonda nell’esigenza di indennizzare la collettività per il disagio comunque correlato allo sfruttamento del suolo, al quale corrisponde uno specifico onere RAGIONE_SOCIALEe amministrazioni interessate quanto al ripristino RAGIONE_SOCIALEe condizioni ambientali e territoriali pregiudicate dall’attività di estrazione, nonché a parametri di determinazione estranei ai profili di redditività propri RAGIONE_SOCIALEa relativa attività produttiva (precedenti: sentenza
n. 52 del 2018; ordRAGIONE_SOCIALE n. 166 del 2015, n. 204 del 2015 e n. 387 del 1990).
Pertanto, può affermarsi che, per costante giurisprudenza costituzionale, una fattispecie deve ritenersi di natura tributaria, indipendentemente dalla qualificazione offerta dal legislatore, laddove si riscontrino tre indefettibili requisiti: la disciplina legale deve essere diretta, in via prevalente, a procurare una definitiva decurtazione patrimoniale a carico del soggetto passivo; la decurtazione non deve integrare una modifica di un rapporto sinallagmatico; le risorse, connesse ad un presupposto economicamente rilevante e derivanti dalla suddetta decurtazione, debbono essere destinate a sovvenire pubbliche spese (v. sentenze n. 269 del 2017 e n. 236 del 2017; n. 89 del 26.4.18 RAGIONE_SOCIALEa Corte Costituzionale).
Ora, nel caso concreto, la Corte territoriale, attraverso i richiami effettuati, ha inteso applicare un orientamento ormai consolidato circa i criteri utilizzabili per la qualifica di tributo.
Parimenti infondata è la parte RAGIONE_SOCIALEa doglianza afferente alle invocate violazioni di legge . Al riguardo, la Corte d’appello ha chiaramente rilevato che non risulta nessuna normativa che contempli una disciplina derogatoria rispetto alle concessioni minerarie, in ordine all’applicabilità RAGIONE_SOCIALEe norme generali in tema di rivalutazione periodica dei canoni dovuti per tutte le concessioni dei beni patrimoniali RAGIONE_SOCIALEo Stato.
Come rilevato nella sentenza impugnata, l’invocata diversità di normativa tra le concessioni minerarie e quelle relative ai beni pubblici in generale, non può legittimare, in mancanza di una espressa norma, in via interpretativa dalla normativa vigente, una deroga alla predetta applicabilità RAGIONE_SOCIALEa rivalutazione periodica dei canoni.
In effetti non è dato ravvisare -come esattamente ritenuto dalla Corte territoriale – alcuna disposizione specifica che consenta di escludere le miniere dai beni soggetti alla rivalutazione ex lege del canone concessorio, espressa in termini generali, e che invece il ricorrente pretenderebbe, molto genericamente, di ritrarre dalla specialità del regime legale RAGIONE_SOCIALEe miniere.
Le spese seguono la soccombenza, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, e condanna la ricorrente al pagamento, in favore RAGIONE_SOCIALEa parte controricorrente, RAGIONE_SOCIALEe spese del giudizio che liquida nella somma di euro 3.000,00 oltre al rimborso RAGIONE_SOCIALEe spese prenotate a debito.
Ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 13, comma 1 quater , del d.p.r. n.115/02, dà atto RAGIONE_SOCIALEa sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte RAGIONE_SOCIALEa ricorrente, RAGIONE_SOCIALE‘ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis RAGIONE_SOCIALEo stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALEa prima sezione civile del 24