Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 15942 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 15942 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/06/2024
ordinanza
sul ricorso11781/2020 proposto da:
Pregnolato NOME, difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, difesa da ll’ AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO;
-controricorrente-
avverso la sentenza della Corte di appello di Venezia 95/2020 del 15/1/2020.
Ascoltata la relazione del consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa
Nel 2010 RAGIONE_SOCIALE conviene dinanzi al Tribunale di Rovigo NOME Pregnolato per il pagamento di canoni (€ 16.059) relativi ad una licenza d’accesso alla INDIRIZZO in relazione ad un immobile sito nel Comune di Taglio di Po. Nella contumacia in primo grado del convenuto, il Tribunale accoglie la domanda e la Corte di appello conferma.
Ricorre il convenuto con un motivo, illustrato da memoria. Resiste l’attrice con controricorso.
Ragioni della decisione
1. L’unico motivo di ricorso denuncia che la Corte di appello, sulla base degli artt. 14, 22 e 27 Codice della Strada (CdS), ha accertato il diritto di RAGIONE_SOCIALE di riscuotere i canoni correlativi alle concessioni di accesso a strada statale in centri abitati con meno di 20.000 abitanti, mentre il d.lgs. 179/2009 ha determinato la reviviscenza dell’art. 4 l. 59/1961 che attribuisce tali canoni ai comuni. Si deduce la violazione delle disposizioni citate, oltre che del d.lgs. 285/1992.
Si fa valere che RAGIONE_SOCIALE non ha diritto ai canoni di accesso alle strade statali in centri abitati di Comuni con meno di 20.000 abitanti, poiché in questa ipotesi il diritto spetta al Comune, ex art. 4 co. 4 l. 59/1961, secondo cui «gli eventuali canoni dovuti da privati per licenze o concessioni interessanti il corpo stradale nelle traverse interne sono fatti salvi a favore di comuni». Tale disposizione non è stata abrogata dal CdS, in quanto l’art. 1 co. 1 d.lgs. 179/2009 ha previsto che permangano in vigore fin dalla loro emanazione originaria alcune norme della l. 59/1961, tra cui anche l’art. 4. Infatti, è possibile la reviviscenza di norme già abrogate per via legislativa, quando ciò venga disposto in modo espresso.
Il motivo non è fondato.
La sentenza della Corte di appello (p. 5 ss.) resiste alle censure mosse. L’art. 4 co. 4 l. 59/1961 è stato abrogato implicitamente da disposizioni legislative successive (tra le quali il CdS e il d.lgs. 143/1994 di trasformazione dell’RAGIONE_SOCIALE), che hanno introdotto una disciplina che regola l’intera materia già regolata dalla legge antecedente.
In particolare, l’art. 1 co. 3 lett. d) d. lgs. 179/2009 dispone che per «permanenza in vigore» si intende che restano in vigore le disposizioni legislative statali indicate poi dallo stesso decreto negli allegati 1 e 2 (tra cui vi è la l. 59/1961). Tuttavia, tali disposizioni permangono nel testo vigente alla data di entrata in vigore del d. lgs. 179/2009 con le modificazioni successive alla loro entrata in vigore originaria, comprese quelle dovute alla
abrogazione implicita ex art. 15 disp. prel. c.c., come è accaduto in questo caso.
Il motivo di ricorso invoca l’applicazione della reviviscenza di leggi abrogate, ma ciò non persuade, non fosse altro perché la l. delega 246/2005 (sulla cui base è stato emanato il d.lgs. 179/2009) ha posto il criterio direttivo di escludere le disposizioni colpite da abrogazione tacita, poiché ciò implica che non sono indispensabili (concernendo una materia ormai diversamente disciplinata). Né è rilevante, poiché tra parti diverse, il precedente della Corte di appello di Venezia.
2. – Il ricorso è rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Inoltre, ai sensi dell’art. 13 co. 1 -quater d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo uni ficato a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio in favore della parte controricorrente, che liquida in € 3.500 , oltre a € 200 per esborsi, alle spese generali, pari al 15% sui compensi e agli accessori di legge.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso a Roma il 15/5/2024.