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Canone Unico Patrimoniale: i limiti per i Comuni

Una società di telecomunicazioni ha contestato l’elevato canone imposto da un Comune per l’occupazione di suolo pubblico con un’antenna. La Corte d’Appello ha accolto il ricorso, stabilendo che il regolamento comunale sul Canone Unico Patrimoniale era illegittimo in quanto violava la normativa nazionale di settore, pensata per agevolare lo sviluppo delle reti. La Corte ha disapplicato il regolamento e ricalcolato il canone dovuto in una misura notevolmente inferiore, conformemente ai limiti di legge.

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Pubblicato il 20 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Canone Unico Patrimoniale per Antenne: i Comuni non Possono Imporre Costi Eccessivi

L’installazione di infrastrutture per le telecomunicazioni, come le antenne per la telefonia mobile, è un tema cruciale che spesso vede contrapposti gli interessi dei Comuni alla riscossione di tributi e la necessità di uno sviluppo tecnologico uniforme a livello nazionale. Una recente sentenza della Corte d’Appello di Trento ha riaffermato un principio fondamentale: l’autonomia impositiva degli enti locali in questo settore è fortemente limitata dalla legge statale. Il caso analizzato riguarda la legittimità del Canone Unico Patrimoniale richiesto da un’amministrazione comunale a una società di telecomunicazioni, un importo ritenuto sproporzionato e in violazione delle norme speciali di settore.

I Fatti di Causa

Una società operante nel settore delle comunicazioni elettroniche si era vista recapitare un’ingiunzione di pagamento da parte di un Comune per un importo di oltre 21.000 euro, a titolo di canone per l’occupazione di un’area pubblica con una propria stazione radio base. La società si opponeva, sostenendo che il canone, determinato prima sulla base del regolamento COSAP e poi del nuovo Canone Unico Patrimoniale, fosse illegittimo. In particolare, la società lamentava che il Comune avesse applicato criteri forfettari e palesemente sproporzionati (pari a 14.500 euro annui), in totale spregio delle disposizioni imperative del Codice delle Comunicazioni Elettroniche (D.Lgs. 259/2003), che prevedono un regime agevolato per tali impianti.
Il Tribunale di primo grado aveva respinto l’opposizione, ma la società ha proposto appello, portando la questione davanti alla Corte d’Appello.

La Decisione della Corte sul Canone Unico Patrimoniale

La Corte d’Appello di Trento ha ribaltato la decisione di primo grado, accogliendo pienamente le tesi della società di telecomunicazioni. I giudici hanno stabilito che i regolamenti comunali, sia quello relativo al COSAP sia quello sul Canone Unico Patrimoniale, erano illegittimi nella parte in cui fissavano il canone per gli impianti di telefonia mobile, e andavano pertanto disapplicati.

L’Illegittimità dei Regolamenti Comunali

La Corte ha chiarito che la normativa nazionale, in particolare l’art. 93 del Codice delle Comunicazioni Elettroniche, costituisce un principio fondamentale e inderogabile. Questa norma vieta ai Comuni di imporre oneri o canoni che non siano espressamente previsti dalla legge, al fine di garantire un trattamento uniforme e non discriminatorio a tutti gli operatori sul territorio nazionale. La legge stessa limita i criteri di calcolo a quelli previsti dall’art. 63 del D.Lgs. 446/1997, escludendo parametri discrezionali come la “valutazione del beneficio economico” o l’applicazione di tariffe forfettarie sproporzionate.
Il regolamento del Comune, invece, aveva introdotto un canone fisso elevatissimo e, successivamente con il CUP, un coefficiente moltiplicatore (pari a oltre 40 volte) basato proprio sul “beneficio economico”, criterio non previsto e in contrasto con la finalità agevolativa della normativa statale.

La Corretta Determinazione del Canone

Una volta disapplicati i regolamenti locali, la Corte ha proceduto a ricalcolare il canone dovuto. In assenza di altri criteri applicabili, ha applicato il criterio residuale previsto dalla legge, determinando il canone nella misura minima di € 516,46 annui fino al 2020. Per l’annualità 2021, ha applicato la nuova norma introdotta dalla Legge di Bilancio (art. 1 comma 831 bis L. 160/2019), che fissa un canone forfettario di € 800,00 annui per ogni impianto.

Le Motivazioni della Sentenza

Il cuore della decisione risiede nell’affermazione della supremazia della legislazione statale in materia di comunicazioni elettroniche rispetto all’autonomia regolamentare degli enti locali. La Corte ha ribadito che l’art. 93 del Codice di settore è espressione di un principio fondamentale della materia, volto a evitare che i Comuni, attraverso l’imposizione di oneri eccessivi, possano creare ostacoli allo sviluppo di reti di pubblica utilità e generare discriminazioni tra operatori in diverse aree geografiche. Le norme che fissano i criteri di calcolo del canone sono imperative e non derogabili. Pertanto, qualsiasi regolamento comunale che si ponga in contrasto con esse è illegittimo. Il giudice ordinario, investito della questione, ha il potere e il dovere di disapplicare l’atto amministrativo illegittimo e di decidere la controversia applicando direttamente la fonte normativa superiore, ovvero la legge statale.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

Questa sentenza rappresenta un’importante conferma dei limiti imposti alla potestà impositiva dei Comuni nel settore delle telecomunicazioni. Stabilisce chiaramente che gli enti locali non possono utilizzare il Canone Unico Patrimoniale come uno strumento per fare cassa a discapito degli operatori di rete. La decisione tutela gli investimenti nello sviluppo delle infrastrutture digitali, fondamentali per il Paese, garantendo che i costi di installazione e mantenimento siano prevedibili e uniformi su tutto il territorio nazionale. Per le società del settore, si tratta di una garanzia contro pretese economiche arbitrarie e sproporzionate, mentre per i Comuni funge da monito a conformare i propri regolamenti ai principi inderogabili stabiliti dal legislatore nazionale.

Un Comune può determinare liberamente l’importo del Canone Unico Patrimoniale per le antenne di telefonia mobile?
No, un Comune non può determinare liberamente l’importo. Deve attenersi scrupolosamente ai criteri e ai limiti stabiliti dalla legislazione nazionale, in particolare dall’art. 93 del Codice delle Comunicazioni Elettroniche, che prevede un regime agevolato non derogabile.

Cosa succede se un regolamento comunale sul Canone Unico Patrimoniale è in contrasto con la legge nazionale?
Se un regolamento comunale è in contrasto con la legge nazionale, il giudice ordinario ha il potere di disapplicarlo. Ciò significa che il regolamento viene ignorato per il caso specifico e la controversia viene decisa applicando direttamente la norma di legge superiore.

Quali sono i criteri corretti per calcolare il canone per le infrastrutture di comunicazione elettronica?
I criteri corretti sono esclusivamente quelli richiamati dalla normativa nazionale, che escludono parametri come la “valutazione del beneficio economico”. La legge prevede l’applicazione della tassa per l’occupazione di suolo pubblico (ora assorbita nel CUP) secondo criteri specifici, con un importo minimo residuale di € 516,46 annui (fino al 2020) e un canone fisso di € 800,00 annui a partire dal 2021 per ogni impianto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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