SENTENZA CORTE DI APPELLO DI TRENTO N. 239 2025 – N. R.G. 00000098 2024 DEPOSITO MINUTA 04 12 2025 PUBBLICAZIONE 16 12 2025
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO CORTE DI APPELLO DI TRENTO
Seconda sezione civile
La Corte d’appello di Trento, Sezione seconda civile, composta dai Magistrati:
AVV_NOTAIO.ssa NOME COGNOME COGNOME Presidente RAGIONE_SOCIALE.
AVV_NOTAIO.AVV_NOTAIO NOME COGNOME – Consigliera
AVV_NOTAIO.ssa NOME COGNOME – Consigliera
ha pronunciato la seguente
Sentenza
nella causa rg n. 98/2024 promossa con atto di citazione di data 2.5.2024
da
(C.F. – P. IVA ), con sede in INDIRIZZO P.
rappresentata e difesa, anche in via disgiuntiva tra loro, dall’avvocato NOME COGNOME del Foro di Milano e dall’avvocato NOME COGNOME (C.F. ) C.F.
– appellante –
contro
(c.f. , in persona del Sindaco pro tempore , P.
rappresentato e difeso ex art. 41 d.P.R. n. 49/1973 ss. mm. ii. e pedissequa deliberazione giuntale di incarico n. 81 del 14 maggio 2024 dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato presso i cui uffici, in Trento, INDIRIZZO, è domiciliata appellata
CONCLUSIONI
Appellante
Voglia l’Ecc. ma Corte adita, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa, per tutte le ragioni di cui al presente atto e comunque per quelle di giustizia, riformare la sentenza impugnata revocando integralmente ed annullando l’ingiunzione fiscale opposta e la statuizione di condanna al pagamento della somma ivi prevista, e quindi:
Nel merito : in accoglimento dei superiori motivi di appello, riformarsi l’impugnata sentenza revocando integralmente ed annullando l’ingiunzione del e la statuizione di condanna al pagamento della somma ivi prevista, con espressa condanna nei confronti del
alla restituzione degli importi che sono stati corrisposti, salvo gravame, dalla conchiudente in forza dell’impugnata sentenza, oltre interessi.
Previa riforma della sentenza impugnata e previa occorrendo disapplicazione artt. 4 e 5 l. 20 marzo 1965 b. 2248 all. E, accertarsi e dichiararsi, per le ragioni illustrate nelle premesse del presente atto, la nullità e/o l’inefficacia dell’articolo 3 della convenzione inter partes di cui è causa (doc. 3 fascicolo di primo grado) nella parte relativa alla determinazione convenzionale del canone senza l’osservanza delle prescrizioni imperative di legge, e nella specie art. 93, D. Lgs. 259/2003, art. 63 D. Lgs.446/1997, art. 1 comma 831 bis L. 160/2019 con la conseguente sostituzione di detta clausola con la previsione dell’obbligo di pagamento delle somme ex lege dovute a titolo di occupazione di spazi ed aree pubbliche, determinate nella misura di Euro 516,46 annui e 800,00 euro annui a partire dall’anno 2021 o nella diversa misura che codesta Ecc. ma Corte riterrà conforme a legge.
Sempre nel merito: in subordine: previa riforma dell’impugnata sentenza , accertare e dichiarare, per le ragioni esposte nel presente atto di appello, la nullità e/o l’inefficacia delle predette disposizioni contrattuali, nella parte relativa alla determinazione convenzionale del canone in violazione dell’art.88 c.12 D.Lgs.259/2003, con la conseguente sostituzione di detta clausola con la previsione dell’obbligo di pagamento di un minor canone equo e non discriminatorio, nella misura da determinarsi in corso di causa eventualmente a mezzo di apposita CTU.
Con condanna del alla refusione delle spese relative ad entrambi i gradi di giudizio.
Appellato
‘Contrariis reiectis, rigettarsi siccome inammissibile e/o infondato l’appello avversario e per l’effetto rigettarsi siccome inammissibile e/o infondata l’opposizione all’ingiunzione di pagamento ex RD 639/1910 proposta da e, per l’effetto, confermare l’ingiunzione stessa,
condannando a corrispondere al la somma ingiunta di euro 21.865,17.
Spese ed onorari di lite integralmente rifusi’.
FATTO E DIRITTO
1.1 Con atto di citazione datato 13.04.2022, notificato in data 15.04.2022,
(di seguito anche ‘ ‘ o ‘ ‘ ) ha convenuto in giudizio il proponendo opposizione avverso il provvedimento del pervenutole in data 16.03.2022 presso il proprio indirizzo di posta elettronica certificata e denominato ‘ordinanza ingiunzione di pagamento’ riguardante ‘pagamenti insoluti relativi a concessione Rep. 824 del 15.09.2015 per mantenimento apparato di telecomunicazione p.ed. cc. ‘ ; con detto atto il le aveva intimato ‘ il pagamento dell’importo di euro 21.865,17 entro 30 giorni dal ricevimento del predetto atto’; era altresì indicato in esso che avverso tale provvedimento potesse essere proposto ricorso al T.A.R. di Trento ovvero al Capo dello Stato, rispettivamente, entro 60 gg. ovvero 120 gg.
Nel confermare di essere titolare di una stazione radio base installata su una porzione di area di proprietà comunale di circa 20 mq in forza di convenzione del 15.9.2015 ha lamentato in particolare in principalità
a)la nullità/inesistenza della notifica dell’atto de quo in quanto proveniente da un indirizzo di posta elettronica ( EMAIL‘ ) non presente nell’Indice IPA (ossia l’Indice dei domicili digitali della Pubblica RAGIONE_SOCIALE e dei RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE), presso il quale il soggetto notificante era invece presente con il diverso indirizzo
ergineEMAIL.it
b) l’inesistenza e comunque l’inefficacia dell’atto per carenza dei minimi requisiti formali richiesti per il raggiungimento dello scopo ex art. 156 II comma c.p.c.: l’atto in questione, privo della espressa minaccia di agire per la riscossione coattiva in caso di mancato spontaneo pagamento, era stato qualificato dall’Ente alla stregua di ‘ordinanza -ingiunzione’ senza che tale qualificazione fosse aderente al pur confuso contenuto dello stesso e senza che ricorresse in concreto l’ipotesi dell’ ‘ordinanza ingiunzione’ ai sensi della L. 689/81, non sussistendo alcun illecito amministrativo; inoltre secondo le abnormi indicazioni di detto provvedimento erano ammessi nell’ordine un ricorso al Tribunale Amministrativo di Trento e ricorso straordinario al Presidente della Repubblica
In subordine nel merito ha affermato l’infondatezza della pretesa impositiva alla luce della normativa di settore.
In estrema sintesi ha affermato che alla concessione in oggetto si applicava inderogabilmente la legislazione speciale in materia di esercizio di servizi di comunicazione elettronica ed in particolare all’ art. 93 D. Lgs. 259/03 c.d. Codice delle Comunicazioni Elettroniche che faceva divieto agli enti locali di applicare i normali criteri di mercato per la determinazione dei canoni di concessione facendo salva testualmente ‘ l’applicazione della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche di cui al capo II del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, oppure del canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche di cui all’articolo 63 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, calcolato secondo quanto previsto dal comma 2, lettere e) ed f), del medesimo articolo’ Ha affermato che il RAGIONE_SOCIALE di aveva aAVV_NOTAIOato un Regolamento ai fini della determinazione del RAGIONE_SOCIALE che all’art. 10 comma 3 prevedeva un criterio per determinare il RAGIONE_SOCIALE commensurato al numero delle utenze che non era compatibile con le caratteristiche dei servizi di telefonia mobile ed era comunque di impossibile applicazione
Per un altro verso, non risultava applicabile nemmeno il comma 4 dell’art. 10 del predetto Regolamento ancorché dettato in modo specifico per le infrastrutture di telecomunicazione e di telefonia mobile secondo cui ‘ Il canone per l’installazione di apparati per le telecomunicazioni, telefonia mobile, con la posa di antenne, tralicci e/o altri manufatti a servizio di tali strutture, è determinato nell’importo annuo in €. 14.500,00=, oltre all’I.V.A. di legge ‘: ciò in quanto trattavasi di criterio di determinazione forfetaria palesemente illegittimo in quanto non conforme ai criteri dettati dall’art. 63 comma 2 lett. e) ed f) del D. Lgs. 446/97.
Ha altresì osservato, che la previsione di un canone RAGIONE_SOCIALE forfettario nella misura di euro 14.500,00 (poi trasfusa nell’atto concessorio) pure aumentato del 20% per ogni operatore ospitato introduceva in ogni caso un canone in misura assai elevata, irragionevole anche considerati altri canoni stabiliti per altre tipologie di occupazione e non integrava ‘ speciale agevolazione ‘
Ha concluso che in mancanza di una legittima tariffa definita dal regolamento comunale RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE di non poteva che ritenersi -previa necessaria disapplicazione se del caso degli articoli relativi al canone e alle tariffe indicate nel predetto regolamento RAGIONE_SOCIALE e pretese dal nulla e/o inefficace la clausola contrattuale in punto determinazione del canone annuo da sostituirsi con il criterio residuale di cui al n. 3) della lettera f) dell’art 63 cit. stabilendosi il canone nella misura minima di € 516,46 annui per il periodo di vigenza del regime RAGIONE_SOCIALE.
Ha poi dato atto che dal 2021 in luogo del RAGIONE_SOCIALE era stato introAVV_NOTAIOo il c.d. canone unico patrimoniale
In (pretesa) attuazione di quanto previsto dalla l. n. 160/2019 e, in particolare, dal comma 821), con Deliberazione del Consiglio Comunale n. 3 del 28.01.2021, il RAGIONE_SOCIALE di aveva aAVV_NOTAIOato il “Regolamento per l’applicazione del canone patrimoniale di concessione, autorizzazione o esposizione pubblicitaria” che aveva stabilito un canone unico patrimoniale per le occupazioni relative a impianti di telecomunicazione ancora una volta illegittimamente, prescindendo completamente dalle specifiche previsioni di legge
Infine, l ‘ art.40 della L.108 del 29/07/2021 era nuovamente intervenuto proprio sull’art. 93 del decreto legislativo numero 259/2003. con un’ulteriore disposizione che disponeva testualmente: ‘Gli operatori che forniscono i servizi di pubblica utilità di reti e infrastrutture di comunicazione elettronica di cui al codice delle comunicazioni elettroniche di cui al decreto legislativo 1 agosto 2003 numero 259, e che non rientrano la previsione di cui al comma tre 831, sono soggetti a un canone pari a 800 € per ogni impianto insistente sul territorio di ciascun ente. Il canone non è modificabile ai sensi del comma 817 e ad esso non è applicabile alcun altro tipo di onere finanziario, reale o contributo, comunque denominato, di qualsiasi natura o per qualsiasi ragione o a qualsiasi titolo richiesto, ai sensi dell’articolo 93 del decreto legislativo numero 259/2003. I relativi importi sono rivalutati annualmente in base all’indice Istat dei prezzi al consumo rilevati al 31 dicembre dell’anno precedente Il versamento del canone è effettuato entro il 30 Aprile di ciascun anno in unica soluzione attraverso la piattaforma di cui all’articolo 5 del codice di cui al decreto legislativo il 7 Marzo 2005 numero 82’
Ha concluso che
-con riferimento alle annualità 2015, 2016, 2017, 2018, 2019, 2020 dovevano ritenersi conclusivamente illegittime sin dall’origine e, ai sensi dell’art. 1418 cod. civ., nulle, per contrasto con le richiamate norme imperative inderogabili (non rinunciabili a priori), le disposizioni di cui agli articoli 3 (‘canone’) del contratto inter partes in data 15.09.2015 nella parte in cui era stabilito un canone annuale a carico dell’odierna opponente, non determinato secondo i criteri di legge
-con riferimento all’anno 2021 non potevasi utilizzare il successivo Regolamento per l’applicazione del canone patrimoniale di concessione, autorizzazione o esposizione pubblicitaria (di seguito anche ‘ regolamento CUP ‘) aAVV_NOTAIOato dal e ciò in ragione dell’evidente illegittimità delle norme regolamentari riferite alle occupazioni con impianti di telefonia nonché del carattere del tutto irragionevole e manifestamente sproporzionato dei criteri posti a base della determinazione del canone e delle relative tariffe.
nessun importo diverso da euro 800,00 per impianto era predicabile, infine, a partire dal 16 agosto 2021, data di entrata in vigore del comma 831 bis dell’art. 1 della Legge di Bilancio 2020 (L.160 del 27/12/2019), come modificato dall’art.40 della L.108 del 29/07/2021.
1.2 Costituitosi con comparsa dd. 13.07.2022 il nell’eccepire l’infondatezza dei motivi di opposizione, ha chiesto il rigetto dell’opposizione
Quanto alla notifica ha affermato che oltre alla notifica PEC dell’ingiunzione di pagamento in data 07.10.2021, prot. NUMERO_DOCUMENTO esso aveva anche provveduto alla notifica per mezzo dei messi comunali di Milano, i quali, in data 28.03.2022, avevano notificato nelle mani di membro del team notifiche atti legali ed amministrativi di l’ingiunzione di pagamento. Ha affermato che la notifica aveva sortito l’effetto voluto, ossia la conoscenza legale da parte della destinataria dell’ingiunzione di pagamento tanto che essa aveva provveduto a presentare tempestivamente opposizione.
Quanto alla tipologia dell’atto ha osservato che trattavasi di ingiunzione ex RD 639/1910 indubbiamente riconducibile al RAGIONE_SOCIALE ed ha sottolineato che per avendo lamentato vizi dell’atto lo aveva comunque opposto davanti alla Autorità giudiziaria competente e con il corretto rito non incorrendo in alcuna decadenza.
Nel merito, in sintesi, ha motivato che ad non era stato applicato ab origine alcun onere finanziario diverso ed ulteriore rispetto al RAGIONE_SOCIALE, ossia il canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, come prescritto dall’art. 93 CEE. invocato da controparte.
Ai sensi e per gli effetti dell’art. 63 D. Lgs. 446/97 il aveva approvato con Deliberazione del Consiglio Comunale n. 94 dd. 18.11.1999 e ss. mm. ii. il Regolamento per l’applicazione del canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (di seguito Regolamento RAGIONE_SOCIALE).
Ha affermato che non era condivisibile la tesi di controparte secondo cui in virtù del fatto che i criteri stabiliti dall’art. 63, comma 2, lett. e) ed f) erano richiamati dall’art. 93 CEE, questi dovessero ‘ considerarsi imperativi ‘ posto che se il ‘ avesse dovuto utilizzare per la determinazione del RAGIONE_SOCIALE applicabile agli operatori di tlc solo ed esclusivamente i criteri di cui alle lettere e) ed f), senza tenere conto degli altri criteri indicati dalla stessa norma, si sarebbe trovato in una situazione paradossale in cui, alla fine, non ci sarebbe stato alcun criterio da seguire’
Piuttosto, dovevano esser considerati anche gli altri criteri stabiliti dall’art . 63, comma 2, D. Lgs 446/97 ed in particolare il criterio di cui alla lett. c) . Per quanto riguardante il canone previsto per gli apparati di telecomunicazione, telefonia mobile, con posa di antenne, tralicci e/o altri manufatti a servizio di tali strutture, l’RAGIONE_SOCIALE comunale aveva invero previsto all’art. 10, comma 4, del Regolamento RAGIONE_SOCIALE un canone fisso pari ad euro 14.500 annui per l’area oggetto di concessione in forza dei paramenti di cui alla menzionata lettera C); ha contestato quanto deAVV_NOTAIOo da controparte in punto ‘sproporzione’ del canone posto che l’atto di concessione si era uniformato a detta previsione .
Ha poi dato atto che in forza dell’art . 1, comma 847, della L. 160/2019 – avente effetti a partire dal 2021 a norma dell’articolo 4, comma 3 -quater, del D.L. 30 dicembre 2019 n.162, convertito, con modificazioni dalla Legge 28 febbraio 2020, n. 8- era stato istituito il Canone unico patrimoniale. In attuazione della nuova normativa il aveva approvato con Deliberazione del Consiglio Comunale n. 3 del 28/01/2021 il Regolamento per l’applicazione del canone patrimoniale di concessione, autorizzazione o esposizione pubblicitaria il cui art art. 34 prevedeva la determinazione del canone relativo alle concessioni in oggetto moltiplicando la tariffa ordinaria per i coefficienti di cui all’allegato B . Ciò permetteva di addivenire ad una somma equivalente a quella fissata in precedenza, risultando così rispettata la previsione di cui all’art. 1, comma 817, della L. 160/2019, secondo cui ‘Il canone è disciplinato dagli enti in modo da assicurare un gettito pari a quello conseguito dai canoni e dai tributi che sono sostituiti dal canone, fatta salva, in ogni caso, la possibilità di variare il gettito attraverso la modifica delle tariffe ‘
Ha infine osservato che la norma introduttiva del Canone forfetario di euro 800,00 era inapplicabile al caso di specie essendo entrata in vigore dal 2022.
1.3 Con ordinanza in data 23.11.2022 il G.I. ha disposto la sospensione dell’efficacia esecutiva dell’ingiunzione opposta.
Con sentenza n 403 2024 il Tribunale di Trento ha revocato la sospensione dell’efficacia esecutiva dell’ingiunzione opposta, disposta con ord. 23.11.2022; ha rigettato l’opposizione e, per l’effetto, confermato l’ingiunzione di pagamento dd. 16.03.2022; ha altresì condannato l’opponente alla rifusione delle spese di giudizio sostenute dall’opposto.
Il Tribunale ha ritenuto priva di fondamento la doglianza relativa alla notifica valorizzando il fatto che dopo la notifica a mezzo EMAIL proveniente da indirizzo non risultante da pubblici registri vi era stata anche notifica tramite messi comunali presso soggetto incaricato ( ). Con
Ha anche rigettato l’eccezione di inesistenza/ inefficacia dell’atto per carenza dei minimi requisiti formali richiesti osservando che l’atto integrava ingiunzione fiscale ex R.D. 639/1910, idonea ad avviare la riscossione coattiva, ancorché qualificata dal come ‘ordinanza -ingiunzione’.
L’eventuale errata indicazione del giudice competente per l ‘ opposizione non ne determinava invalidità ed in ogni caso l’opponente aveva correttamente individuato l’autorità competente
Nel merito ha aderito alla prospettazione del in ordine alla applicabilità alla fattispecie per la determinazione del RAGIONE_SOCIALE dei criteri di cui alla lettera c) dell’art 63 comma 2 D lvo n. 446/97 ed ha ritenuto che il RAGIONE_SOCIALE come fissato fosse proporzionato e rispettoso di detto criterio; ha poi dato atto che dal 2021 era vigente il CUP ed ha ritenuto che il nuovo Regolamento comunale per la parte che qui interesse non fosse affatto irragionevole e sproporzionato avendo aAVV_NOTAIOato criteri volti a garantire l’equivalenza con il precedente
Ha infine ritenuto che il canone come previsto dall’art 40 comma 5 ter DL 77/221 convertito in L 108/2021 fosse applicabile solo dal 2022 e non avesse dunque rilevanza nel caso in esame.
2.
Avverso la sentenza de qua ha proposto appello
2.1 Con primo motivo di appello ha censurato la appellata sentenza nella parte in cui ha erroneamente ritenuto valida la notifica a mani di dipendente , soggetto estraneo a Ha affermato che deta notificazione è giuridicamente inesistente, essendo avvenuta nei confronti di soggetto diverso dal destinatario e non è pertanto attribuibile efficacia sanante alla successiva proposizione dell’opposizione innescata dalla altrettanto inesistente notifica via EMAIL proveniente da indirizzo invalido del notificante. Co
2.2 Con secondo motivo di appello ha lamentato che il Tribunale ha ritenuto valido l’atto ingiuntivo senza tenere in alcuna considerazione che – oltre a non indicare, inter alia la normativa in tema di ingiunzione fiscale e a non indicare correttamente l’autorità davanti cui impugnare l’atto – esso non conteneva neppure l’ avviso in ordine alla esecutività di diritto della ingiunzione fiscale e la espressa minaccia di riscossione coattiva nel caso di omesso pagamento spontaneo limitandosi a preannunciare la ‘risoluzione di diritto ‘ in caso di omesso pagamento della somma intimata: l’atto non aveva insomma il contenuto minimo di una ingiunzione ex art 3 RD 14.04.1910 n.639 avendo piuttosto le sembianze di una intimazione stragiudiziale.
2.3 Con terzo motivo di appello, ha censurato la sentenza nella parte in cui ha ritenuto legittimo il canone come determinato dal nell’atto concessorio e nel Regolamento RAGIONE_SOCIALE escludendo la violazione degli art 93 CEE e dell’art 63 D lgs 446/1997 RAGIONE_SOCIALE per come richiamati dall’art 93 CEE ed altresì nella parte in cui ha ritenuto legittimo il canone come determinato con il successivo Regolamento CUP.
Il ha chiesto il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza impugnata 4.1 E’ condivisibile il rilievo svolto dall’appellante con il primo motivo d’appello secondo cui non può ritenersi validamente effettuata ad la notifica dell’atto a mezzo messo comunale, ricevuta (come da relata) da tal ‘ membro del team notifiche atti legali e amministrativi di ‘ posto che trattasi di addetto alla ricezione per un’altra società ( appunto) e non vi è prova che egli fosse altresì addetto al ricevimento notifiche per . Nondimeno la eccezione relativa al difetto di notifica dell’atto va rigettata stante la precedente notifica Co Con
dell’atto effettuata a mezzo EMAIL.
Ancorchè la PEC, come rilevato da RAGIONE_SOCIALE, provenisse da un indirizzo ( EMAIL) non presente nell’Indice dei domicili digitali della Pubblica RAGIONE_SOCIALE e dei RAGIONE_SOCIALE, è comunque evincibile chiaramente dal doc 2 dimesso in primo grado dalla opponente , la provenienza della stessa dal
e l’oggetto della notifica; ha del resto potuto svolgere tutte le sue difese. Va pertanto data continuità all’indirizzo giurisprudenziale già consolidato si secondo cui la notifica a mezzo EMAIL effettuata utilizzando un indirizzo non presente nei pubblici elenchi, non è nulla, qualora la stessa abbia consentito comunque al destinatario di svolgere compiutamente le proprie difese, senza alcuna incertezza in ordine alla provenienza ed all’oggetto osservandosi che l’estraneità dell’indirizzo del mittente dall’ non inficia “ex se” la presunzione di riferibilità della notifica al soggetto da cui essa risulta provenire, testualmente ricavabile dall’indirizzo del mittente, occorrendo invece che la parte evidenzi quali pregiudizi sostanziali al diritto di difesa siano dipesi dalla ricezione della notifica da un indirizzo diverso da quello telematico presente in tale registro, del quale però, come nella specie, sia evidente ictu oculi la provenienza ( v. mutatis mutandis Cassazione civile sezioni Unite n. 15979/2022, Cass civ n. 18684/2023, Cass civ n. 16719/2025) Par
Il primo motivo va dunque rigettato
4.2 In ordine al secondo motivo d’appello va osservato quanto segue.
Conviene il Collegio con il Tribunale nel ritenere che la errata indicazione effettuata nell’atto denominato ‘ordinanza ingiunzione di pagamento’ della autorità davanti cui proporre opposizione ( TAR di Trento e Ricorso straordinario Presidente della Repubblica) non determina ex se l’invalidità dell’atto e che nel caso in esame essa non abbia avuto alcuna conseguenza posto che l’opponente nonostante detta errata indicazione ha correttamente adito il giudice ordinario cui spetta conoscere l’opposizione.
Il Tribunale ha però omesso di valutare che la doglianza dell’opponente era rivolta non solo a detto vizio dell’atto ingiuntivo ma anche ad altri aspetti ed in primis al fatto che l’atto neppure contenesse l’avvertimento della messa in atto delle azioni cautelari ed esecutive in caso di mancato pagamento. Sul punto va rilevato che l’ingiunzione ex RD 639 /2010 è un atto complesso che somma in sé sia natura di titolo esecutivo (espressione del potere di ‘autotutela’ dell’RAGIONE_SOCIALE in presenza di un credito certo, liquido ed esigibile) sia di atto idoneo a dar vita a procedimento esecutivo ‘assimilabile’ per funzione ad un precetto (cd. autosufficienza esecutiva) per cui il contenuto della ingiunzione deve avere quale suo contenuto formale minimo ed indefettibile non solo l’indicazione del credito oggetto dell’ingiunzione ma anche quella di pagare entro un determinato termine con l’intimazione a provvedervi a pena di esecuzione forzata e di sottoposizione preventiva a misure cautelari in caso di mancato pagamento.
Il grave vizio formale integrato dalla omessa intimazione sotto pena di esecuzione forzata ne comporta l’annullamento.
Va però osservato (V. Cass civ . sez 3 – , Ordinanz a n. 3843 del 08/02/2023 ) che ciò non è deciso ed assorbente posto che ‘ l’opposizione ad ingiunzione ex r.d. n. 639 del 1910 ha ad oggetto non soltanto l’atto amministrativo, ma anche il rapporto giuridico obbligatorio sottostante, e la cognizione del giudice adito non è circoscritta alla disamina dei vizi di legittimità formale dell’ingiunzione deAVV_NOTAIOi dall’opponente, ma involge comunque, pur in difetto di espressa richiesta in tal senso, il merito, l’accertamento sull’esistenza e sull’entità del credito portato dal provvedimento (sul tema, cfr. Cass. 08/04/2021, n. 9381; Cass. 31/07/2020, n. 16470; Cass. 12/12/2017, n. 29653; Cass. 03/11/2011, n. 22792) : devesi dunque comunque procedere all’esame nel merito della pretesa del
e dunque del terzo motivo di appello di cui infra
4.3 (terzo motivo di appello) Con l’ Ingiunzione in oggetto il ha richiesto il pagamento di canoni riferiti alle annualità 2019, 2020 e 2021 oltre ad un residuo di € 3.456,22 per il periodo pregresso e relativo alla differenza tra quanto dovuto sino al 31.7.2018 e quanto pagato : ciò per la occupazione di un area pacificamente rientrante nel patrimonio indisponibile del
L’appellante ha contestato la pretesa del per esser stati i canoni determinati in modo illegittimo dal
Per il periodo fino al 31.12.2020, data di abrogazione del regime RAGIONE_SOCIALE, la disciplina legislativa regolante i canoni per l’occupazione di aree di proprietà comunale per l’espletamento del servizio di comunicazioni elettroniche è data dall’art. 93 D. Lgs. 259/03 nella versione ratione temporis vigente.
Detto art. 93 del D. Lgs. 1 agosto 2003, n. 259 (Codice delle Comunicazioni Elettroniche, di seguito ‘CCE’), dispone al comma 1 che “le Pubbliche Amministrazioni, le Regioni, le Province ed i Comuni non possono imporre per l’impianto di reti o per l’esercizio dei servizi di comunicazione elettronica, oneri o canoni che non siano stabiliti per legge”; puntualizza poi il comma 2 del medesimo articolo che nessun altro onere finanziario può essere imposto, in conseguenza dell’esecuzione delle opere di cui al Codice o per l’esercizio dei servizi di comunicazione elettronica, fatta salva l’applicazione della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (TOSAP) di cui al capo II del decreto legislativo 15 novembre1993, n. 507, oppure del canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (RAGIONE_SOCIALE) di cui all’articolo 63 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, calcolato secondo quanto previsto dal comma 2, lettere e) ed f), di detto articolo 63.
La Corte Costituzionale (v. tra tutte Sentenza n. 246 del 25.11.2020; v anche sentenze Corte cost. n. 336 del 2005, n. 47 del 2015, n. 272 del 2010, n. 450 del 2006 in essa richiamate ) ha da tempo affermato che l’art. 93 del cod. comunicazioni elettroniche costituisce espressione di un principio fondamentale della materia, ‘ in quanto persegue la finalità di garantire a tutti gli operatori un trattamento uniforme e non discriminatorio, attraverso la previsione del divieto di porre a carico degli stessi oneri o canoni’ . Ove ciò non fosse ogni singola amministrazione dotata di potestà impositiva potrebbe liberamente prevedere obblighi pecuniari a carico dei soggetti operanti sul proprio territorio, con il rischio, appunto, di una ingiustificata discriminazione rispetto ad operatori di altre Regioni, per i quali, in ipotesi, tali obblighi potrebbero non essere imposti.
Trattasi di disciplina imperativa e non derogabile: in forza di essa non solo il canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche è l’unico canone o onere richiedibile in alternativa al ma altresì la determinazione dello stesso, deve obbligatoriamente soggiacere ai criteri dell’art. 63 co. 2 lett.re e) e f) del d.lgs. n. 446/97 espressamente richiamati dal citato art 93 ed anch’essi inderogabili (v. TAR Trento, sezione unica n. 00085/2023 Reg.Prov.Coll; TAR Emilia Romagna n. 00890/2021 Reg.Prov.Coll; TAR Toscana n. 01335/2022 Reg.Prov.Coll.) : non è dunque condivisibile la sentenza appellata laddove ha argomentato in ordine alla non vincolatività di detti criteri.
Un tanto precisato, deve ritenersi che il Regolamento RAGIONE_SOCIALE approvato dal RAGIONE_SOCIALE di per la parte che qui interessa (ovvero l’art 10 comma 4) non sia stato aAVV_NOTAIOato nel rispetto dei principi sopra citati, e vada pertanto disapplicato così come invalida risulta la clausola dell’atto di concessione art 3 che ha quantificato il canone in un importo corrispondente a quello indicato in detto Regolamento (ancorchè il Regolamento non sia stato in esso espressamente citato).
L’art. 10 terzo comma del Regolamento dispone che: ‘ Il canone di concessione dovuto per le occupazioni permanenti con cavi, condutture, impianti e con qualsiasi manufatto, compresi pozzetti, camerette di manutenzione e cabine, da aziende di erogazione di pubblici servizi e per quelle realizzate nell’esercizio di attività strumentali ai servizi medesimi è commisurato al numero complessivo delle relative utenze, risultante al 31 dicembre dell’anno precedente, per la misura unitaria di tariffa pari a EURO 0,64557 (da rivalutare in base all’ISTAT al 31 dicembre dell’anno precedente) per ciascun utente, con un minimo di canone annuo ad azienda di EURO 516,46’ .
Detta disposizione si rifà al criterio previsto dal comma 2) lett. f), n. 1) dell’art. 63 D. Lgs. 446/1997 ma non si tratta di disposizione applicabile alla telefonia mobile, in quanto non è compatibile con le caratteristiche dei servizi di telefonia mobile per le ragioni ben illustrate dall’appellante ovvero ‘ una rete fissa serve solo terminali fissi (che come tali possono essere agevolmente individuati e contati), una rete mobile si avvale di infrastrutture, quali le stazioni radio base, che consentono l’accesso alla rete telefonica da parte di qualsiasi utente finale (in possesso di un terminale mobile, cioè un telefono cellulare) attraverso onde radio… Il numero di utenti che possono avvalersi dei servizi della rete non può essere, quindi, determinabile a priori in quanto gli stessi, per definizione, si avvalgono degli impianti di rete di accesso mobile (le stazioni radio base come quella installata nel RAGIONE_SOCIALE di
) appunto in mobilità passando più volte da uno all’altro nel corso dello stesso anno e addirittura dello stesso giorno’
E del resto non ne è stata prevista la applicabilità per la telefonia mobile posto che il canone che si riferisce a quest’ultima è stato invece diversamente ed appositamente regolato al comma 4 dell’art.10 del Regolamento RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE di il quale recita : ‘ Il canone per l’installazione di apparati per le telecomunicazioni, telefonia mobile, con la posa di antenne, tralicci e/o altri manufatti a servizio di tali strutture, è determinato nell’importo annuo in €. 14.500,00=, oltre all’I.V.A. di legge. Qualora l’RAGIONE_SOCIALE conceda al titolare dell’atto di concessione, la possibilità di ospitare altro operatore del settore, previamente autorizzato, il canone verrà automaticamente aggiornato e aumentato del 20% (venti percento) per ogni operatore ospitato, a decorrere dalla data di autorizzazione. Tutte le clausole inerenti l’utilizzo delle aree concesse dalla RAGIONE_SOCIALE al concessionario saranno disciplinate in specifico atto di concessione, come previsto all’art. 24 comma 4 ‘.
Tale previsione contrasta con i criteri previsti all’art. 63 comma 2 lett. e) e f) DL 446/97.
Escluso come dinnanzi detto che il criterio del numero delle utenze possa applicarsi al caso in esame, restano solo i criteri della ‘speciale agevolazione ‘ di cui all’art 63 lett.e) calcolata sui mq. effettivamente occupati e il criterio del canone residuale minimo di € 516,46 previsto dalla lettera f ) n 3.
Orbene il canone stabilito in € 14.500,00 forfetariamente aumentato del 20% per ogni operatore ospitato, con tutta evidenza non risponde al criterio della ‘speciale agevolazione’ essendo stato previsto un importo che è addirittura di gran lunga superiore ai canoni previsti nel medesimo Regolamento per qualsivoglia altra tipologia di occupazione .
E del resto le stesse difese del appellato- erroneamente recepite nella appellata sentenza- per giustificare il canone indicato al comma 4 dell’art 10 fanno riferimento al criterio di cui alla lettera c) dell’ art 63 comma 2 DL 446/97 che prevede si debba tener conto anche dei vantaggi economici derivanti da godimento dell’area concessa, nel mentre come già esposto tale criterio non rientra tra quelli indicati da norma imperativa a cui il si doveva uniformare nel determinare il canone essendo applicabili i soli i criteri delle lett. f) ed e).
In difetto di altri criteri utilizzabili non può dunque che farsi riferimento al criterio residuale di cui all’art 63 comma 2 lett f n.3 DL cit. restando dunque il canone determinato in € 516,46 all’anno (nello stesso senso si veda inter alia la sopra citata sentenza TAR Trento ) .
Il regolamento RAGIONE_SOCIALE quanto all’art 10 comma 4 va dunque disapplicato.
La clausola n.3 dell’atto di concessione che determina il canone in conformità con detto art 10 comma 4 in quanto nulla per contrarietà a norme imperative va sostituita con una determinazione del RAGIONE_SOCIALE in € 516,46 all’anno valevole sino a tutto il 2020.
Per l’annualità 2021 va rilevato ciò che segue.
Con l’art. 1, co. 816, della l. 27 dicembre 2019, n. 160 è stato introAVV_NOTAIOo – a decorrere dal 2021 – il c.d. Canone unico patrimoniale. E’ stato poi in particolare previsto, per quanto qui interessa che
“il canone è disciplinato dagli enti in modo da assicurare un gettito pari a quello conseguito dai canoni e dai tributi che sono sostituiti dal canone, fatta salva, in ogni caso, la possibilità di variare il gettito attraverso la modifica delle tariffe” (art. 1, co. 817 legge citata);
-per le occupazioni di cui al comma 819, lettera a) – e dunque per l’occupazione anche abusiva, delle aree appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile degli enti e degli spazi soprastanti o sottostanti il suolo pubblico’ il canone è determinato, in base alla durata, alla superficie, espressa in metri quadrati, alla tipologia e alle finalità, alla zona occupata del territorio comunale o provinciale o della città metropolitana in cui è effettuata l’occupazione” ( art 1 comma 824 legge citata) ;
– “la tariffa standard annua, modificabile ai sensi del comma 817, in base alla quale si applica il canone relativo alle fattispecie di cui al comma 819, nel caso in cui l’occupazione … si protragga per l’intero anno solare” è pari a “euro 60,00” per i comuni aventi popolazione compresa tra i 100.000 e i 500.000 abitanti, contemplandosi una misura di “euro 30,00” per quelli aventi sino a 10.000 abitanti, di “euro 40,00” per quelli del successivo scaglione sino a 30.000 abitanti, di “euro 50,00” in relazione a quelli “fino a 100.000 abitanti” e di “euro 70,00” per “Comuni con oltre 500.000 abitanti” (art. 1, co. 826 legge cit.).
In asserita attuazione di quanto previsto dalla l. n. 160/2019 con Deliberazione del Consiglio Comunale n. 3 del 28.01.2021, il RAGIONE_SOCIALE di ha aAVV_NOTAIOato il “Regolamento per l’applicazione del canone patrimoniale di concessione, autorizzazione o esposizione pubblicitaria” L’art. 34 del Regolamento -diretto a disciplinare l'” Occupazione con impianti di telefonia mobile e tecnologie di comunicazione ” -ha stabilito che ‘ Il canone relativo alle concessioni oggetto del presente articolo viene determinato moltiplicando la tariffa ordinaria per i coefficienti di cui all’allegato B. Per gli impianti di telefonia, dato il loro particolare uso e finalità, si fa riferimento alla tariffa ordinaria relativa alla zona ‘A’ indistintamente dalla collocazione sul territorio; la superficie su cui è collocato l’impianto di telefonia mobile è stabilita convenzionalmente e complessivamente in mq. 35,00 per la quale si applica la tariffa di cui all’allegato B; Per gli impianti rientranti nella fattispecie comma 2, lett. b) la tariffa applicata viene aumentata del 20 per cento per ogni ulteriore operatore del settore.”.
Orbene dall’allegato B al Re golamento risulta che è stato applicato un coefficiente moltiplicatore ‘ di valutazione del beneficio economico ‘ che per la occupazione per impianti di telefonia mobile (v tabella cod 16) è stabilito in 40,17, per una tariffa pari dunque ad 414,55 €/mq. (10,32 x 40,17) E’ stato inoltre ulteriormente aggravato il tutto con la previsione dell’aumento del 20% per ogni operatore ospitato.
Il coefficiente moltiplicatore come risulta dalla tabella B è stato fissato sulla base, espressamente, di un parametro di ‘valutazione del beneficio economico’ che non è previsto dal comma 824 art 1 legge citata posto che esso prevede invece il parametro ‘ finalità ‘ che non è equipollente a ‘ beneficio economico’ ; proprio l’entità del moltiplicatore applicato (40,17) comparato con i moltiplicatori previsti per altre tipologie di occupazione evidenza del resto che il parametro ‘ finalità ‘ con riferimento alla occupazione per telefonia mobile che qui rileva (v cod 16) è stato del tutto disatteso e sostituito illegittimamente con il diverso parametro del vantaggio economico; invero dalla normativa di settore delle telecomunicazione/ telefonia mobile anche in adesione a principi comunitari (ben evidenziati nelle già citate sentenze della Corte Costituzionale) si evince caso mai un principio di ‘favor’ per la telefonia mobile nel mentre nel caso di specie con tutta evidenza è stato applicato un coefficiente moltiplicatore assai svantaggioso che non trova eguali per alcun altra occupazione risultando proprio dalla tabella B che per qualsivoglia altra tipologia di occupazione prevista dalla tabella (v codici da 1 a 15) il fattore moltiplicatore parte da coefficiente 0 ed arriva al massimo a coefficiente 4 risultando dunque il coefficiente applicato per la telefonia mobile, in base allo scorretto paramento utilizzato, pari ad oltre 10 volte il coefficiente massimo stabilito per qualsivoglia altra occupazione.
Né può invocarsi l’art 1 comma 817 L cit secondo cui “il canone è disciplinato dagli enti in modo da assicurare un gettito pari a quello conseguito dai canoni e dai tributi che sono sostituiti dal canone, fatta salva, in ogni caso, la possibilità di variare il gettito attraverso la modifica delle tariffe” (art. 1, co. 817 legge citata ) posto che, a monte, il precedente Canone RAGIONE_SOCIALE, come già esposto era stato esso stesso illegittimamente determinato. Anche l’ art 34 del Regolamento integrato dall’ allegato B in parte qua va dunque disapplicato,
Stante quanto sopra per l’anno 2021 non può ritenersi dovuto in asserita applicazione del suddetto art 34 regolamento CUP l’importo di euro 17.609,36 richiesto con l’atto ingiuntivo.
La Legge di Bilancio 2020 (L.160 del 27/12/2019) al suo art. 1 comma 831 bis (come modificato dall’art.40 della L.108 del 29/07/2021) è nuovamente intervenuta sull’art. 93 CEE con un’ulteriore disposizione che stabilisce che ‘Gli operatori che forniscono i servizi di pubblica utilità di reti e infrastrutture di comunicazione elettronica di cui al codice delle comunicazioni elettroniche di cui al decreto legislativo 1 agosto 2003 numero 259, e che non rientrano la previsione di cui al comma tre 831, sono soggetti a un canone pari a 800 € per ogni impianto insistente sul territorio di ciascun ente. Il canone non è modificabile ai sensi del comma 817 e ad esso non è applicabile alcun altro tipo di onere finanziario, reale o contributo, comunque denominato, di qualsiasi natura o per qualsiasi ragione o a qualsiasi titolo richiesto, ai sensi dell’articolo 93 del decreto legislativo numero 259/2003. I relativi importi sono rivalutati annualmente in base all’indice Istat dei prezzi al consumo rilevati al 31 dicembre dell’anno precedente Il versamento del canone è effettuato entro il 30 Aprile di ciascun anno in unica soluzione attraverso la piattaforma di cui all’articolo 5 del codice di cui al decreto legislativo il 7 Marzo 2005 numero 82’
Pur essendo detta norma applicabile solo per il periodo successivo alla sua entrata in vigore (che l’appellante colloca all’agosto 2021 e che l’appellata colloca invece, richiamando una ‘nota Anci’ , al 1 gennaio 2022) essa fornisce comunque un canone interpretativo di quale possa esser la misura del canone rapportato alle finalità della telefonia mobile; anche per il periodo 2021 antecedente alla entrata in vigore della norma de qua escluso il ricorso alla mera tariffa standard deve ritenersi congruo un canone di detta entità.
Per quanto esposto va accertato che il canone dovuto al per le annualità fino al 2020 va determinato nell’ importo di € 516,46 annuo e per l’anno 2021 nell’ importo di € 800,00.
L’ appellante richiede anche che il venga condannato alla restituzione dell’importo pagato in eccedenza in forza della sentenza di primo grado (non si fa questione delle somme versate antecedentemente all’emissione dell’Ingiunzione): la domanda è però del tutto generica e dunque inammissibile posto che essa non indica quanto sia stato effettivamente pagato in forza della sentenza di primo grado, genericità che non è superabile neppure ob relationem tenendosi conto dei documenti e degli altri atti di causa posto che non vi è alcunchè da cui desumere se e quanto
abbia eventualmente effettivamente corrisposto a controparte in forza della sentenza emessa dal Tribunale e qui riformata.
In conseguenza della riforma si deve procedere ad un nuovo regolamento delle spese di lite, il cui onere va attribuito tenendo presente l’esito complessivo della lite poiché la valutazione della soccombenza opera, ai fini della liquidazione delle spese, in base ad un criterio unitario e globale (v ex plurimis Cassazione civile sez. II, 23/02/2022, n. 5890). Stante l’esito complessivo del giudizio il
va condannato a rimborsare all’appellante le spese di entrambi i gradi di giudizio, alla cui liquidazione si provvede in conformità ai criteri di cui alla tabella 12 approvata con D.M. 10 marzo 2014, n. 55, da ultimo modificato con D.M. 13 agosto 2022, n. 147, considerato lo scaglione di valore fino ad Euro 26.000.
P.Q.M.
La Corte d’Appello di Trento definitivamente decidendo sull’appello proposto da in riforma della sentenza n. 403/2024 del Tribunale di Trento -annulla l’opposta Ingiunzione di pagamento per ‘ pagamenti insoluti relativi a concessione Rep. N. 824 dd 15.9.2015 per mantenimento apparato di telecomunicazione TARGA_VEICOLO. ed TARGA_VEICOLO ‘; -disapplicato l’ art 10 comma 4 del Regolamento RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE di e l’ art 34 comma 4 integrato dalla tabella B del Regolamento CUP del RAGIONE_SOCIALE di relativamente all’occupazione per impianti di telefonia mobile, ed altresì accertata la nullità dell’art 3 dell’atto di concessione dd 15.9.2015 determina in sua sostituzione il canone dovuto per l’occupazione in € 516,46 annui fino al 2020 e in € 800,00 euro annui per il 2021
-dichiara inammissibile la domanda di restituzione di quanto pagato in forza della sentenza di primo grado
-condanna il a rifondere a controparte le spese di lite dei due gradi di giudizio che liquida per il primo grado in € 5077,00 per compensi professionali ed € 264,00 per spese, oltre spese generali IVA e CPA come per legge e per il secondo grado in € 5.809,00 per compensi professionali ed € 382,50 per spese, oltre spese generali IVA e CPA come per legge così deciso in Trento Camera di Consiglio del 4.11.2025 La presidente rel ed est.
AVV_NOTAIO NOME COGNOME