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Canone Occupazione Suolo: quando è dovuto dal gestore

Una società che gestisce parcheggi pubblici si oppone al pagamento del canone occupazione suolo pubblico (COSAP) richiesto da un Comune. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che il canone è dovuto quando la società non si limita a gestire il servizio per conto dell’ente, ma riceve l’area in affidamento per gestirla in autonomia e a proprio profitto. In tal caso, la società stessa è considerata l’occupante del suolo e tenuta al pagamento, anche se il canone non è esplicitamente indicato nell’atto di affidamento ma è desumibile dalla volontà delle parti e dai regolamenti comunali.

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Pubblicato il 5 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Canone Occupazione Suolo: quando paga il gestore del parcheggio?

La gestione di servizi pubblici, come i parcheggi a pagamento, spesso genera complessi interrogativi legali. Una questione cruciale riguarda il pagamento del canone occupazione suolo pubblico (COSAP): il gestore privato è tenuto a corrisponderlo al Comune? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fornisce chiarimenti fondamentali, distinguendo tra la semplice gestione del servizio e l’affidamento autonomo dell’area. Analizziamo questa importante decisione.

Il caso: la gestione di parcheggi pubblici e la richiesta del canone

Una società, già concessionaria per la costruzione e gestione di un parcheggio interrato, aveva ricevuto in affidamento da un Comune anche la gestione di alcuni parcheggi a raso su due piazze pubbliche. Successivamente, il Comune emetteva un’ordinanza-ingiunzione, richiedendo alla società il pagamento di oltre 60.000 euro a titolo di COSAP per l’anno 2011, relativo proprio a queste aree.

La società si opponeva alla richiesta, sostenendo di non essere tenuta al pagamento. La sua tesi si basava su tre punti principali:
1. L’affidamento del servizio di parcheggio non equivale a una concessione del suolo, che è il presupposto per l’applicazione del canone.
2. L’occupante effettivo del suolo è l’automobilista che parcheggia, non la società che gestisce il servizio.
3. L’atto di affidamento non menzionava alcun canone da versare, indicando la volontà del Comune di non richiederlo.

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello respingevano le ragioni della società, la quale decideva quindi di presentare ricorso in Cassazione.

L’interpretazione della Cassazione sul canone occupazione suolo

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la decisione dei giudici di merito e fornendo un’analisi dettagliata dei presupposti per l’applicazione del canone occupazione suolo al gestore di parcheggi.

Distinzione tra gestione del servizio e concessione dell’area

Il punto centrale della decisione è la distinzione tra due diverse modalità di affidamento:
* Mera gestione del servizio: In questo caso, la società agisce come un mero sostituto del Comune, gestendo il parcheggio e riscuotendo le tariffe per conto dell’ente. L’occupazione del suolo è temporanea e riconducibile al singolo utente. In tale scenario, il gestore non è tenuto al pagamento del COSAP.
* Affidamento dell’area: In questo caso, il Comune non si limita a delegare un servizio, ma affida l’area stessa al privato. La società la gestisce in piena autonomia e ne trae un profitto diretto, trattenendo i ricavi. In questa ipotesi, è la società a sottrarre l’area all’uso pubblico generale per destinarla a un’utilizzazione particolare a proprio vantaggio. Di conseguenza, è la società a essere considerata l’occupante e, quindi, il soggetto tenuto al pagamento del canone.

L’importanza dell’interpretazione contrattuale

Nel caso specifico, la Cassazione ha ritenuto che la Corte d’Appello avesse correttamente interpretato la volontà delle parti. Gli accordi stipulati, pur non menzionando esplicitamente il COSAP, facevano riferimento a una precedente convenzione che prevedeva l’applicazione delle “condizioni applicate dal Comune per aree similari”. I giudici hanno ritenuto plausibile che tale clausola rimandasse al Regolamento comunale per l’occupazione di spazi pubblici, che disciplinava appunto il pagamento del canone. L’interpretazione degli atti amministrativi e dei contratti è un’attività riservata al giudice di merito e può essere contestata in Cassazione solo per vizi logici evidenti, che in questo caso non sono stati riscontrati.

le motivazioni

La Corte ha motivato il rigetto del ricorso sottolineando che non è sufficiente, per l’appellante, proporre una diversa interpretazione degli accordi. È necessario invece dimostrare specifiche lacune o incongruenze nel ragionamento del giudice di merito. La società ricorrente, secondo la Corte, non ha censurato la sentenza impugnata indicando i canoni interpretativi violati, ma si è limitata a prospettare un risultato interpretativo alternativo, senza evidenziare vizi logici nel percorso argomentativo della Corte d’Appello.

Inoltre, la Corte ha respinto la tesi della mancata indicazione del canone nell’atto di affidamento, affermando che la società concessionaria conosceva o avrebbe dovuto conoscere il Regolamento comunale, essendo un atto pubblico previsto dalla legge e richiamato, seppur indirettamente, negli accordi. L’affidamento della società era quindi mal riposto, poiché non poteva ignorare la normativa locale applicabile.

le conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: per determinare chi deve pagare il canone occupazione suolo nella gestione di parcheggi pubblici, è essenziale analizzare la natura del rapporto tra ente pubblico e gestore privato. Se il privato ha la disponibilità dell’area e la gestisce in autonomia per trarne profitto, diventa il soggetto passivo del canone, poiché la sua attività sottrae il suolo all’uso collettivo. La decisione sottolinea anche l’importanza della chiarezza negli accordi di concessione e la necessità per gli operatori privati di conoscere a fondo i regolamenti comunali che disciplinano l’uso del suolo pubblico.

Quando un’azienda che gestisce un parcheggio pubblico deve pagare il canone per l’occupazione del suolo pubblico (COSAP)?
Secondo la sentenza, il canone è dovuto quando alla società non viene affidata la mera gestione del servizio, ma le vengono affidate le aree stesse da gestire in autonomia e con proprio profitto. In questo caso, la società sottrae il suolo all’uso pubblico generale e ne diventa l’occupante.

La mancata indicazione esplicita del canone nell’atto di affidamento esonera l’azienda dal pagamento?
No. La Corte ha stabilito che l’obbligo di pagamento può sussistere anche se il canone non è esplicitamente indicato, qualora la volontà delle parti, interpretata alla luce di altri documenti e dei regolamenti comunali vigenti, implichi l’applicazione del canone.

Chi è considerato l’effettivo ‘occupante’ del suolo in un parcheggio a pagamento gestito da un privato?
Dipende dalla natura dell’accordo. Se il gestore agisce solo come un ‘sostituto’ del Comune, l’occupante è il singolo utente che parcheggia. Se, invece, il gestore ha la piena disponibilità dell’area per il proprio profitto, l’occupante è il gestore stesso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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