Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25082 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25082 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4090/2023 R.G. proposto da :
NOME COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE e il prof. NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO GENOVA n. 1223/2022 depositata il 22/12/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Svolgimento del processo
La lite che si agita tra le parti prende le mosse da due separati procedimenti. Con il primo NOME COGNOME in qualità di conduttrice, proponeva ricorso ex articolo 447 bis c.p.c. davanti al Tribunale di Genova per l’accertamento della nullità di clausole del contratto GEB 1/2015 relativo alla locazione ad uso commerciale di unità immobiliare sita in Genova, INDIRIZZO oltre ad una unità magazzino, situata nella stessa sede.
Con separato giudizio RAGIONE_SOCIALE parte locatrice, proponeva intimazione di sfratto per morosità a fronte dell’inadempimento della conduttrice (relativa a canoni della locazione, oneri accessori, spese ulteriori previste in contratto), cui seguiva la successiva prosecuzione del giudizio nelle forme del rito locatizio a fronte della opposizione dell’intimata Strata, che svolgeva domanda riconvenzionale.
I due giudizi erano riuniti, attesa la identità delle domande svolte da Strata con il ricorso e nel procedimento per convalida di sfratto in via riconvenzionale.
In particolare, con il ricorso ex art. 447-bis c.p.c. NOME COGNOME deduceva che ‘Il contratto di locazione GEB 1/2015 contiene delle clausole ritenute illegittime dalla parte conduttrice che, prima di dare corso agli atti giudiziari, invitava parte locatrice a partecipare alla procedura di mediazione. Grandi StazioniRAGIONE_SOCIALE non si è presentata all’incontro fissato il giorno 7.11.2019 presso la sede RAGIONE_SOCIALE di Genova e, in via telematica ha rifiutato la mediazione senza giustificato motivo. Vista l’impossibilità di trovare un accordo in via
stragiudiziale, la ditta RAGIONE_SOCIALE depositava, in data 21.11.2019, un ricorso ex art. 447 bis. c.p.c. e conveniva in giudizio RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE (succeduta a Grandi Stazioni S.p.A.RAGIONE_SOCIALE, al fine di’ sentir dichiarare non dovute le somme pretese a titol o di ‘Canone base/minimo garantito’, rapportato alle percentuali di vendita di articoli e servizi vari di extraprivativa, previsti dall’art. 8 del contratto di locazione GEB 1/2015, perché in contrasto con la disciplina di settore’.
Il Tribunale di Genova fissava per la comparizione delle parti, l’udienza del 12.02.2020.
Nelle more del giudizio ex art. 447-bis cpc (R.G. n. 13908/2019 Trib. GE), Grandi Stazioni promuoveva lo sfratto per morosità (R.G. n. 14425/2019 Trib. GE) indicando l’ammontare della morosità in euro 75.222,77 e la ditta RAGIONE_SOCIALE, in sede di opposizione allo sfratto, offriva banco iudicis la somma di euro 60.000,00, il cui pagamento avveniva con riserva di ripetizione delle somme ritenute non dovute.
Il Giudice non emetteva ordinanza di rilascio e disponeva la trasformazione del rito e con provvedimento in data 27.01.2021, il giudizio veniva riunito a quello R.G. n. 13908/2019, anteriormente pendente tra le parti.
All’udienza del 19.11.2021, il Tribunale di Genova dichiarava la risoluzione del contratto di locazione concluso in data 12.11.2015 per grave inadempimento di parte conduttrice ed ordinava a NOME COGNOME il rilascio ed il pagamento dell’importo di € 118. 837,73 a titolo di canoni di locazione da ottobre 2019 a dicembre 2021, oltre interessi di legge dalle singole scadenze al saldo; dichiarava la nullità dell’articolo n. 8 del contratto concluso in data 12.11.2015 nella parte in cui prevedeva l’applicazione dell’aumento ISTAT senza bisogno di preventiva richiesta.
NOME COGNOME impugnava la sentenza del Tribunale deducendo l’erroneità del provvedimento nella parte in cui il primo giudice aveva ritenuto che le parti potessero derogare una norma speciale
imperativa ossia l’art. 11, comma 2, della legge n. 25/1986 che fissava per le rivendite speciali tabacchi il canone massimo nella misura del 15% del reddito per tabacchi annuo.
Criticava l’applicazione dell’art.26 della L. 1293/57 che non sarebbe stato riferibile al caso in esame in quanto relativo a tutte le rivendite di tabacchi e non solo quelle all’interno delle stazioni all’Agenzia Dogane e Monopoli.
Con il secondo motivo censurava il mancato riconoscimento del risarcimento per le opere effettuate nell’immobile locato. Con il terzo motivo lamentava la errata decorrenza dalla consegna del locale.
Con il quarto motivo la ricorrente rilevava che l’inademp imento era stato causato dalla pandemia Covid 19. Con il quinto motivo denunciata l’indebito conteggio anche delle spese relative agli oneri accessori.
In data 13 gennaio 2022 si costituiva RAGIONE_SOCIALE chiedendo il rigetto delle domande e proponendo appello incidentale con il quale impugnava la decisione di primo grado per una pluralità di motivi.
La Corte d’appello di Genova con sentenza del 22 dicembre 2022 respingeva l’appello principale e, in parziale accoglimento dell’appello incidentale condannava NOME COGNOME al pagamento del corrispettivo convenuto quale canone di locazione fino all’effett ivo rilascio, oltre interessi legali dalle singole scadenze al saldo; rigettava nel resto l’appello incidentale e condannava la parte appellante al pagamento delle spese di lite.
Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione NOME COGNOME affidandosi a due motivi. Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE Entrambe le parti depositano memorie ex art. 380 bis1 c.p.c.
Motivi della decisione
Con il primo motivo si deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 11 comma 2 della legge 25/1986, con riferimento all’art. 15
della legge 210/1985 ed all’art. 79 legge 392/1978 in relazione all’art. 360 comma 1, n. 3, c.p.c.
Si sostiene che con l’entrata in vigore della legge 17 maggio 1985 n. 210, art. 15, i beni di Ferrovie dello Stato sono stati assoggettati al regime civilistico della proprietà privata e che pertanto, successivamente all’entrata in vigore della citata norm ativa, legge gli immobili di FFSS concessi in locazione a terzi, sono stati sottoposti alla disciplina privatistica e, in particolare, alla legge n. 392/78.
La Corte Genovese non avrebbe fatto buon governo delle norme che regolano le rivendite speciali tabacchi in quanto, per giustificare una richiesta di ‘extra canone’, ha richiamato l’art. 26 legge 22 dicembre 1957, n. 1293, che invece sarebbe inconferente.
L’art. 26 della legge 1293/1957 si osserva – prevede un canone o sovracanone concessorio da riconoscere ai Monopoli di Stato in sede di asta per ottenere l’aggiudicazione della licenza per la vendita dei tabacchi, mentre l’art. 11 della legge 25/1986 det ermina il canone di locazione da corrispondere a Ferrovie dello Stato e/o società di gestione del patrimonio ferroviario, per ottenere la disponibilità dell’immobile da adibirsi a tabaccheria di stazione. Contrariamente a quanto sostenuto dai Giudici del m erito, la norma di cui all’art. 11 L. 25/1986 è norma imperativa, introdotta dal legislatore a protezione della specifica categoria delle tabaccherie di stazione, essendo ad esse esplicitamente riferita.
Le rivendite speciali di tabacchi disciplinate dagli articoli 19 e 22 L. 1293/1957 sono una limitata categoria delle rivendite tabacchi all’interno delle quali le rivendite speciali tabacchi di stazione sono una ulteriore ristretta categoria e, come quelle ordinarie, sono sempre istituite dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e non dalla società di gestione del patrimonio ferroviario. Con l’entrata in vigore della legge 210/1985 gli immobili locabili all’interno delle stazioni ferroviarie sarebbero assoggettati alla legge 392/1978.
La Corte del merito, al contrario, avrebbe offerto una interpretazione errata dell’art. 53 DPR 1074/1958 che non tiene conto dell’evoluzione della disciplina normativa introdotta dalla legge 392/1978 e dell’art. 15 L. 210/1985.
Le rivendite speciali tabacchi di stazione sono tenute al pagamento -nei confronti del Monopolio (Agenzia delle Dogane e dei Monopoli) -di un canone per la concessione in appalto dell’attività di rivendita tabacchi e generi di monopolio.
L’art. 11, comma 2, legge 25/1986 è riferito alle sole rivendite tabacchi di stazione e fissa il canone massimo dovuto dalla rivendita per avere la disponibilità (locazione) del locale ove esse debbono necessariamente funzionare (art. 53, comma 3, DPR 14.10.1958, n. 1074).
Rispetto alla L. 392/1978, secondo la quale il canone di locazione per gli immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello di abitazione è liberamente determinato tra le parti, l’art. 11 L. 25/1986 si porrebbe come norma speciale imperativa, non derogabile.
La Corte territoriale, al contrario, avrebbe attribuito carattere amministrativo alla norma di cui all’art. 11 comma 2 L. 25/86 poiché parla di ‘aggio’ che il rivenditore riconosce all’Ente Ferrovie che lo riscuote per conto dello Stato.
Il motivo è infondato.
La Corte territoriale ha correttamente distinto i due profili: quello del ‘canone’ dovuto ex lege per la tipologia di merce commercializzata (generi di monopolio) e il diverso canone di locazione oggetto del contratto, liberamente determinato tra rivenditore e locatore.
In particolare, la corte di merito ha rilevato che la normativa del 1986 e quella del 1957 definiscono ‘un aggio per i rivenditori di tabacco per i generi di monopolio’ ed ha soggiunto che ‘nessun riferimento è contenuto in alcuna delle due disposizioni alla vendita di prodotti di generi diversi che ne sono pacificamente esclusi’, specificando tale assunto nei termini seguenti: ‘Quello che viene in
rilevo è esclusivamente il rapporto tra il rivenditore e lo Stato (o nel caso delle Ferrovie dal soggetto che si occupa di riscuotere il canone per conto dello stato) in relazione al ‘canone’ da corrispondere per la particolare concessione ossia la rivendita di tabacchi ed altri generi di monopolio. Tale ‘canone’ dovuto in quanto previsto ex lege non è da confondere con il canone di locazione oggetto del contratto che il singolo rivenditore stipula rispettivamente con il privato che gli concede in locazione il locale all’interno del quale esercitare l’attività o nel caso in esame da Grandi Stazioni che gestisce il patrimonio disponibile di Ferrovie (tra l’altro privatizzata nel 1985)’.
Ritiene il Collegio che, alla stregua di tali considerazioni, correttamente, quindi, il canone di cui all’art. 11 comma 2 legge 25/86 è stato inteso come dovuto ‘per la sola attività consistente nel commercio dei generi di monopolio’.
Invero, ove il legislatore del 1986 avesse voluto far riferimento al 15% del reddito derivante dalla vendita sia dei tabacchi che di altri prodotti, avrebbe menzionato nel comma in questione genericamente il reddito della rivendita, senza alcun ulteriore distinguo.
Quando all’interno dell’esercizio commerciale venga esercitata, sia l’attività di rivendita speciale tabacchi, sia la vendita di articoli extra privativa, le parti possono allora concordare una quota parte ulteriore di canone relativa alla vendita di altri prodotti, fermo il rispetto delle disposizioni relative alla percentuale dovuta sulla vendita dei tabacchi.
Appaiono ragionevoli e giuridicamente corrette le due principali argomentazioni poste a sostegno del provvedimento impugnato.
In primo luogo, è pertinente il riferimento al dato letterale della norma. La disposizione di cui all’art. 11 comma 2 L. 25/1986, determina la misura massima del canone annuo dovuto all’Ente Ferrovie (ed oggi, dopo la relativa privatizzazione, a Grandi Stazioni Retail S.p.A.) e si riferisce al corrispettivo per l’esercizio della
rivendita di generi di monopolio, e non anche al canone per il godimento dei locali in cui quell’attività si svolge. Ciò, si evince dal fatto che la norma non menziona il profilo della vendita da parte del concessionario di generi extra privativa, mentre fa riferimento al reddito ricavato dalla vendita di tabacchi.
In secondo luogo, come rilevato dalla Corte territoriale, non appare sostenibile l’interpretazione opposta.
La previsione di un canone massimo per le rivendite di generi di monopolio trova la sua ratio nella necessità di garantire la presenza di esercizi commerciali che producono introiti per l’erario, mentre l’estensione di tale limite più favorevole, anche ai casi di vendita di generi di monopolio e c.d. ‘extra privativa’, lederebbe la libera concorrenza nel settore, rispetto agli esercizi commerciali aventi analoghe caratteristiche sul piano dell’idoneità commerciale, ma abilitati a vendere solo i generi ‘extra privativa’.
Il motivo va conclusivamente rigettato sulla base del seguente principio di diritto: <>.
Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1575 e 1617 cod. civ., con riferimento all’art. 79 legge 392/1978 ed in relazione all’art. 360 comma 1, num. 3, c.p.c.
Si censura la motivazione con cui la Corte genovese ha rigettato la richiesta della conduttrice di ottenere il risarcimento delle spese sostenute per realizzare e/o rendere locabile l’immobile in oggetto.
Essa ha avuto il seguente tenore: ‘Le parti hanno dunque stabilito, nella loro autonomia contrattuale, di derogare al disposto dell’art. 1575 c.c. che prevede che siano a carico del locatore tutte le spese per la straordinaria manutenzione dell’immobile, d isponendo un vantaggio compensativo in sede di determinazione del canone’.
Secondo la ricorrente la Corte non avrebbe considerato l’assenza dell’elemento della consegna di un immobile idoneo all’uso in quanto non ancora ultimato, come documentato anche dalle fotografie versate in atti. L’inutilizzabilità dell’immobile al momento della consegna costituirebbe una circostanza pacifica, che non consentirebbe di applicare l’art. 1576 c.c. difettando il presupposto del bene idoneo da ristrutturare.
Sotto altro profilo, la sentenza impugnata avrebbe considerato ‘domanda nuova’ il richiamo all’abuso di dipendenza economica, mentre – secondo la ricorrente – non si tratterebbe di una vera e propria domanda, ma solo di una tematica ‘diffusamente argomenta ta in atti sia in primo che secondo grado’.
La ricorrente sostiene di avere invece già affrontato la tematica dell’abuso di dipendenza economica o quantomeno della condizione di estrema debolezza della conduttrice nel rilevare che la stessa non aveva modo di opporsi ad una locatrice che controlla l’ intero mercato di riferimento, pertanto non costituirebbe ‘argomentazione nuova’. Il motivo è infondato.
Come rilevato dalla Corte territoriale, ‘nel contratto di locazione tra le parti, stipulato dopo lunga trattativa in seguito alla scadenza del precedente contratto come emerge dalla lettura dell’art. 29 dello stesso atto ed in seguito ad una pregressa morosità (punto 10 premesse), è stato convenuto all’art. 2 che tutti i lavori di impiantistica e completamento funzionale dell’immobile sarebbero
stati eseguiti dalla ditta Strata che aveva inviato il progetto a Grandi Stazioni per l’approvazione. Tutti gli interventi sono stati indicati specificamente dalle parti’.
Le parti hanno espressamente stabilito che ‘in deroga a quanto previsto dall’articolo 1576 c.c. sono a carico dell’operatore le innovazioni imposte per legge le spese di manutenzione straordinaria relative ai contratti concessi in locazione nonché gli interventi di modifica aggiunta trasformazioni adeguamenti degli impianti interni prescritti dalla legge richiesta delle autorità competenti in materia di contenimento di consumi energetici antinquinamento sicurezza antincendio antinfortunistica salubrità di a mbiente etc.…. Della presente previsione le parti hanno tenuto conto in sede di determinazione del canone di locazione’.
Come rilevato dai giudici di merito di primo e secondo grando (la Corte territoriale richiama sul punto la motivazione del Tribunale) l’art. 4 del contratto di locazione del 2015, prevede la decorrenza del contratto ‘a partire dalla data di sottoscrizione di consegna del locale oggetto di locazione, avvenuta in data 10.08.2015’, mentre ‘la decorrenza economica del rapporto e la conseguente fatturazione dei corrispettivi di cui al successivo articolo 8 viene fissata dal 02.09 2015 data di apertura al pubblico dell’attività commerciale nel locale concesso in locazione’.
Sotto tale profilo assume rilievo decisivo il rilievo che l’aver differito la decorrenza degli oneri della locazione al momento di apertura della rivendita, e, quindi, al momento in cui i lavori all’interno del locale erano stati ultimati, esclude l’ipotes i di squilibrio tra le posizioni contrattuali e la prospettata inapplicabilità dell’art. 1576 c.c. per inidoneità dell’immobile al momento dell’inizio della locazione.
Quanto alla domanda di invalidità del contratto per abuso di dipendenza della posizione dominante, la censura è infondata, poiché la stessa ricorrente riconosce di non avere proposto una siffatta specifica domanda, ma di avere soltanto affrontato la
tematica della condizione di estrema debolezza della conduttrice rispetto alla posizione economica della locatrice. Ma tale generica deduzione costituisce, comunque, una argomentazione del tutto inidonea a criticare la considerazione espressa dalla Corte territoriale in ordine alla novità della specifica domanda di invalidità del contratto per abuso di posizione dominante. Si tratta, invero, di assunto che è del tutto inidoneo ad evidenziare la proposizione della domanda, negata dalla Corte territoriale.
Per il resto, la valutazione in ordine alla conclusione del contratto, alle modalità in cui si sono svolte le trattative ed alla convenienza dell’accordo, costituiscono profili di merito non sindacabili in questa sede, che devono peraltro tenere conto della peculiarità delle modalità di conclusione del contratto, dettata dal regime delle rivendite speciali che, ex art. 53 D.P.R. 1074/1958.
La norma prevede che ‘sono affidate in gestione, mediante licenza revocabile in ogni tempo, alla persona che abbia la disponibilità del locale ove esse debbono necessariamente funzionare’. Pertanto, il procedimento prevede una sequenza vincolata, nella quale il primo profilo riguarda la verifica della disponibilità di un immobile ubicato all’interno di una stazione ferroviaria. La partecipazione alla gara di appalto per l’affidamento della licenza speciale presuppone, quindi, che sia già stato individuato l ‘immobile, in ordine al quale si deve rendere una dichiarazione all’Agenzia preposta.
Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.
Le spese di lite, stante la obiettiva peculiarità della vicenda e la novità di alcune questioni, non esaminate in questa sede di legittimità nei termini che precedono, possono interamente compensarsi tra le parti.
Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore
importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto (Cass., sez. un., 20/02/2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa interamente tra le parti le spese di lite
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di Consiglio della Terza Sezione della Corte