Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25088 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25088 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/09/2025
ORDINANZA
sui ricorsi iscritti al n. 125/2024 R.G. proposti da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di MILANO n. 2654/2023 depositata il 13/10/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Svolgimento del processo
RAGIONE_SOCIALE esercita l’attività di rivendita speciale tabacchi nella stazione ferroviaria di Milano Centrale in forza di contratto di locazione MI 2/2010 originariamente stipulato in data 24 febbraio 2010 (con decorrenza 25 Marzo 2010) tra RAGIONE_SOCIALE (oggi RAGIONE_SOCIALE e la ditta individuale ‘RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME COGNOME, a cui in data 17 gennaio 2011 è subentrata la società RAGIONE_SOCIALE che, a sua volta, con atto del 27 gennaio 2014 ha ceduto l’azienda alla Bie rreti.
Il contratto locativo MI 2/2010 all’art. 8 prevede un corrispettivo di € 39.000,00 annui quale canone base minimo garantito, oltre ad un conguaglio -se positivo -calcolato nella misura del 15% del fatturato di vendita di prodotti c.d. extra privativa (somme relative alle percentuali di vendita di altre merceologie diverse dai tabacchi). Il contratto dispone altresì che la parte conduttrice dovrà corrispondere, sugli aggi percepiti, i seguenti importi: 1) il 13% sui tabacchi fino alla concorrenza dell’importo di € 5.164,57; 2) il 15% sui tabacchi oltre l’importo di € 5.164,57; 3) il 15% dell’aggio derivante dalla vendita dei biglietti della metropolitana, trasporti urbani, rivendita lotterie e giochi a pronostico; 4) il 20% dell’aggio derivante dall’eserc izio del lotto e servizi Lottomatica.
L’art. 11 del contratto prevede a carico del conduttore l’obbligo di pagamento degli oneri accessori ovvero le attività di mantenimento in efficienza, pulizia, smaltimento rifiuti, ed altro considerate
‘forniture di un servizio comune’ ai sensi e per gli effetti dell’art. 9 della L. 392/1978.
L’art. 8 ultimo comma prevede l’aggiornamento automatico del canone senza bisogno di preventiva richiesta scritta da parte del locatore e all’art. 22 è previsto a carico del conduttore un contributo annuo pari al 5%d del canone annuo per iniziative promozionali.
La società RAGIONE_SOCIALE sostenendo la invalidità di tali clausole, richiedeva davanti al Tribunale di Milano la declaratoria di illegittimità delle somme pretese a titolo di ‘Canone base/minimo garantito’, nonché del conguaglio rapportato al 15% del fatturato al netto dell’IVA di vendita di articoli e servizi vari di extra privativa, previsti dall’art. 8 del contratto di locazione MI 2/2010, in quanto in contrasto con quanto previsto dall’art. 11, comma 2, legge 29.01.1986 n. 25 (norma imperativa di legge) e del decreto attuativo del Ministero dei Trasporti n. 43/T del 30.05.1986, che determina l’ammontare del canone per le rivendite speciali tabacchi interne alle stazioni ferroviarie nella misura del 13% sul reddito annuo fino ad euro 5.164,57 e del 15%, sul reddito annuo eccedente euro 5.164,57.
L’attrice sosteneva che tali somme ulteriori comunque dovevano ritenersi corrisposte in violazione dell’art. 79 legge 392/1978.
Lamentava, inoltre, l’illegittimità della pretesa di pagamento degli oneri accessori indiretti in quanto non dovuti dalla conduttrice perché priva di un suo avviamento, l’illegittimità delle somme pretese a titolo di contributo per iniziative c.d. promozionali, peraltro mai realizzate in favore della tabaccheria Bierreti, e in via subordinatamente gradata la riduzione del canone di locazione a partire dall’inizio della pandemia COVID.
Costituitasi ritualmente, RAGIONE_SOCIALE deduceva l’infondatezza delle domande e in via riconvenzionale chiedeva la condanna della RAGIONE_SOCIALE in persona della legale rappresentante NOME COGNOME a corrispondere il complessivo importo di € 58.870,96
Con sentenza in data 9.11.2022, il Tribunale di Milano accertava che nulla era dovuto in base all’art. 8 del contratto di locazione in eccedenza rispetto al canone determinato ex art. 11 c.2 l. 25/1986 e DM 43/T del 30/05/1986; dichiarava la nullità dell’a rt. 8 ultimo comma del contratto del contratto di locazione in punto di aggiornamento automatico ISTAT e condannava RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore di RAGIONE_SOCIALE della somma di € 5.605,29
Avverso tale pronuncia RAGIONE_SOCIALE proponeva appello, deducendo l”erronea interpretazione dell’art. 11 L. n. 25/1986′ ed evidenziando ‘profili di illogicità della decisione’, insistendo per la domanda riconvenzionale già svolta in primo grado e considerata assorbita dal Tribunale per il principio della ‘ragione più liquida’.
RAGIONE_SOCIALE si costituiva e, con argomentazioni a sostegno dell’infondatezza del gravame, insisteva per il relativo rigetto.
La Corte d’Appello di Milano, con sentenza del 13.10.2023, in accoglimento dell’appello condannava l’appellata COGNOME al pagamento, in favore dell’appellante della somma complessiva di € 49.867,18, oltre alle spese di entrambi i gradi di giudizio.
Avverso tale decisione ha proposto un primo ricorso per cassazione la società RAGIONE_SOCIALE in bonis ed un secondo tempestivo ricorso, la medesima società posta in liquidazione, in persona del liquidatore pro tempore , affidandosi ad un motivo. Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE
Nel giudizio di legittimità instaurato dalla società RAGIONE_SOCIALE in bonis nei confronti di RAGIONE_SOCIALE la società RAGIONE_SOCIALE posta in liquidazione giudiziale con sentenza n. 86/2025 del Tribunale di Milano, pubblicata in data 11.02.2025, ha svolto intervento adesivo facendo proprie le considerazioni e le conclusioni oggetto del ricorso per cassazione.
Entrambe le parti depositano memorie ex art. 380 bis-1 c.p.c.
Motivi della decisione
Come rilevato in narrativa, la controricorrente ha documentato di avere ricevuto, in data 11 dicembre 2023, la notificazione di un ricorso per cassazione nell’epigrafe del quale e nell’allegata procura speciale si legge che l’atto è stato redatto nell’inte resse della società RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore NOME COGNOME.
In data 15 dicembre 2023 RAGIONE_SOCIALE ha ricevuto la notificazione di un secondo ricorso nell’interesse della società RAGIONE_SOCIALE questa volta, in liquidazione, in persona del liquidatore pro tempore NOME COGNOME
Dalla visura datata 5/12/2023 risulta, effettivamente, l’iscrizione della liquidazione volontaria della società ricorrente alla data del 22 novembre 2023 e che NOME COGNOME riveste la carica di liquidatore per atto di nomina dell’8 novembre 2023 .
Il primo ricorso è stato notificato quando la società era già stata posta in liquidazione.
Nell’atto di intervento adesivo si dichiara che il presente giudizio era stato instaurato dalla società RAGIONE_SOCIALE in bonis nei confronti di RAGIONE_SOCIALE ma la ricorrente era già in liquidazione e il mandato è stato rilasciato dal liquidatore.
Il ricorso per Cassazione notificato in data 15.12.2023 a RAGIONE_SOCIALE dalla RAGIONE_SOCIALE è quello in forza del quale in data 2.01.2024 è avvenuta l’iscrizione a stato iscritto a ruolo il presente giudizio.
Orbene, per quanto detto va dichiarata l’inammissibilità di questo primo ricorso (notificato l’11/12/2023) per nullità della procura speciale necessaria ai sensi dell’art. 365 c.p.c., posto che l’art. 2310 c.c. dispone che ‘dall’iscrizione della nomina dei liquidatori la rappresentanza della società, anche in giudizio, spetta ai liquidatori’. Il secondo ricorso, notificato tempestivamente in data 15 dicembre 2023 e depositato successivamente in seno al primo sempre il 2
gennaio 2024 è, invece, da ritenersi ammissibile, tenuto conto che, secondo l’esegesi consolidata dell’art. 387 c.p.c., fino a quando non sia dichiarata l’inammissibilità del primo ricorso, un secondo ricorso, purché tempestivo, è proponibile (si veda già Cass. n. 8711 del 1993; per l’applicazione del principio ad una ipotesi di esercizio da parte di una società in difetto di rappresentanza Cass., Sez. Un., n. 23019 del 2007).
Detto ricorso va dunque esaminato nel merito.
Con l’unico motivo si deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 11 comma 2 della legge 25/1986, con riferimento agli artt. 19 e 22 della legge 1293/1957, all’art. 15 della legge 210/1985 ed all’art. 79 legge 392/1978 in relazione all’art. 360 c omma 1, n. 3, c.p.c.
Si sostiene l’errata lettura degli articoli 19 e 22 legge 1293/1957 e 53 DPR 14.10.1958 in ordine alla concessione della licenza speciale tabacchi, sostenendosi che la corte di merito a torto ha espresso una convinzione che di fatto considera l’Ente RAGIONE_SOCIALE (oggi RAGIONE_SOCIALE agire ancora in regime di concessione e non in regime di diritto privato in relazione all’art. 15 L. 17.05.1985, n. 210. Si lamenta, altresì, la violazione dell’art. 11 comma 2, legge 25/1986 con riferimento all’art. 15 legge 210/1985 ed alla precedente entrata in vigore della legge 392/1978, nonché omessa analisi dell’art. 37 L. 11.07.1971 n. 426, dell’art. 56 L. 4.08.1988 n. 375, allegato 9 alla L. 4.08.1988 n. 375 così come modificato dall’allegato 1 D.M. 17.09.1996 n. 561 e dal successivo art. 26 comma 6 D.L. 31.03.1998 n. 114.
Si assume che RAGIONE_SOCIALE non avrebbe il potere di concedere la vendita di generi di monopolio che rimane una prerogativa esclusiva dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli; può solo concedere in locazione un locale da adibirsi a rivendita speciale tabacchi alla persona che otterrà la relativa licenza (contratto di appalto) dai Monopoli. L’art. 11, comma 2, legge 25/1986 rappresenterebbe una
norma cogente che nel fissare il tetto massimo del canone dovuto fa riferimento all’immobile occupato dalle rivendite tabacchi di stazione e non alle royalties dovute dal rivenditore per la (concessione di) vendita del tabacco. Pertanto, non consentirebbe di richiedere canoni di importo superiore a quello complessivamente indicato dalla norma.
Il motivo è infondato.
Occorrere distinguere i due profili relativi al canone di locazione dell’immobile e all’importo da corrispondere all’Erario, per il tramite di Ferrovie dello Stato (oggi RAGIONE_SOCIALE) per la vendita di prodotti specifici in monopolio previsti dalla legge.
La normativa del 1986 e quella del 1957 definiscono ‘un aggio per i rivenditori di tabacco per i generi di monopolio’: nessun riferimento è contenuto in alcuna delle due disposizioni alla vendita di prodotti di generi diversi che ne sono pacificamente esclusi.
Quello che viene in rilevo è esclusivamente il rapporto tra il rivenditore e lo Stato (o nel caso delle Ferrovie dal soggetto che si occupa di riscuotere il canone per conto dello stato) in relazione al ‘canone’ da corrispondere per la particolare concessi one ossia la rivendita di tabacchi ed altri generi di monopolio.
Tale ‘canone’, dovuto in quanto previsto ex lege, non è da confondere con il canone di locazione oggetto del contratto che il singolo rivenditore stipula rispettivamente con il privato che gli concede in locazione il locale all’interno del quale esercitare l’attività o nel caso in esame da Grandi Stazioni che gestisce il patrimonio disponibile di Ferrovie.
Correttamente, quindi, la Corte territoriale ha osservato che ‘la disposizione di cui all’art. 11 comma 2 L. 25/1986, la quale, stabilendo la misura massima del canone annuo dovuto all’Ente Ferrovie (ed oggi, dopo la relativa privatizzazione, a Grandi Stazioni Retail S.p.A.), non può che intendersi riferita al corrispettivo per l’esercizio della rivendita di generi di monopolio, e non al canone per
il godimento dei locali in cui l’attività venga svolta, come reso evidente anche dal fatto che non sia neppure contemplata (non solo nella norma, ma nell’intero testo della legge) l’evenienza della possibile vendita da parte del concessionario di generi extra privativa e vi si faccia inoltre riferimento al solo reddito ricavato dalla vendita di tabacchi’.
Tale essendo l’accezione del concetto di ‘canone’ recepito nella norma, e fermo restando il necessario rispetto di quest’ultima in ordine al quantum dovuto per la concessione della vendita di tabacchi (calcolato in percentuale, fino ad un massimo del 15%, sul reddito da essa ricavato), occorre rimarcare che non vi è in buona sostanza alcuna disposizione di legge limitativa dell’autonomia privata quanto alla possibilità per le parti di concordare un canone integrativo per il caso (qui ricorrente) in cui gli stessi locali della ‘tabaccheria speciale’ vengano utilizzati anche per la ‘commercializzazione di prodotti extra privativa’.
La disposizione di cui all’art. 11 comma 2 L. 25/1986, determina la misura massima del canone annuo dovuto all’Ente Ferrovie (ed oggi, dopo la relativa privatizzazione, a Grandi Stazioni Retail S.p.A.) e si riferisce al solo corrispettivo per l’esercizio d ella rivendita di generi di monopolio, e non anche al canone per il godimento dei locali in cui quell’attività si svolge. Ciò si evince dal fatto che la norma non menziona il profilo della vendita da parte del concessionario di generi extra privativa, mentre fa riferimento al reddito ricavato dalla vendita di tabacchi.
La previsione di un canone massimo per le rivendite di generi di monopolio trova la sua ratio nella necessità di garantire la presenza di esercizi commerciali che producono introiti per l’erario, mentre l’estensione di tale limite più favorevole anche ai c asi di vendita di generi di monopolio si accompagni a quella di vendita di generi extra privativa lederebbe la libera concorrenza nel settore, rispetto agli
esercizi commerciali aventi differenti caratteristiche ma abilitati a vendere i medesimi beni di consumo.
Il secondo ricorso deve essere, pertanto, rigettato.
Le spese di lite, stante la obiettiva peculiarità della vicenda e la novità di alcune questioni, non esaminate in questa sede di legittimità nei termini che precedono, possono interamente compensarsi tra le parti.
Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto (Cass., sez. un., 20/02/2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso notificato l’11 dicembre 2023 nell’interesse della società RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore NOME COGNOME Rigetta il ricorso notificato in data 15 dicembre 2023 nell’inte resse della società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in persona del liquidatore pro tempore NOME COGNOME
Compensa interamente tra le parti le spese di lite.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di Consiglio della Terza Sezione della Corte