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Canone locazione rivendita tabacchi: limiti e validità

Una società che gestisce una rivendita di tabacchi in una stazione ferroviaria ha contestato la validità del proprio contratto di locazione, sostenendo che il canone richiesto superasse i limiti massimi imposti dalla legge per la vendita di generi di monopolio. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo una chiara distinzione: il tetto legale sul “canone locazione rivendita tabacchi” si applica esclusivamente al corrispettivo per la concessione di vendita dei prodotti di monopolio, e non al canone per l’affitto dei locali commerciali. Di conseguenza, è legittimo pattuire un canone di locazione che includa componenti aggiuntive, come una percentuale sul fatturato dei prodotti non di monopolio (c.d. extra privativa), preservando l’autonomia contrattuale delle parti.

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Canone Locazione Rivendita Tabacchi: Quali Limiti? La Cassazione Fa Chiarezza

Il calcolo del canone locazione rivendita tabacchi, specialmente per quelle situate in luoghi ad alto traffico come le stazioni ferroviarie, è spesso fonte di complesse questioni legali. La normativa di settore, che impone tetti massimi per il corrispettivo sulla vendita di generi di monopolio, si scontra con la libertà contrattuale tipica delle locazioni commerciali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale, distinguendo nettamente tra il canone per la concessione di vendita e quello per l’affitto dei locali, soprattutto quando l’attività include la vendita di prodotti “extra privativa”.

I Fatti del Caso: Una Controversia sul Canone di Locazione

Una società, esercente l’attività di rivendita di tabacchi all’interno di una delle principali stazioni ferroviarie italiane, ha citato in giudizio la società locatrice, gestore degli spazi commerciali della stazione. L’oggetto del contendere era il contratto di locazione, che prevedeva un corrispettivo complesso, articolato in più voci:

1. Un canone base minimo garantito.
2. Un conguaglio calcolato come percentuale (15%) sul fatturato della vendita di prodotti “extra privativa” (cioè non di monopolio).
3. Ulteriori percentuali sugli aggi derivanti dalla vendita di tabacchi, biglietti dei trasporti, lotterie e servizi Lottomatica.

La società conduttrice sosteneva che tali clausole fossero nulle perché, nel loro insieme, superavano il tetto massimo del canone stabilito dalla Legge n. 25/1986 per le rivendite speciali di tabacchi nelle stazioni, norma ritenuta imperativa e inderogabile.

Il Percorso Giudiziario e le Tesi Contrapposte

Il Tribunale di primo grado aveva parzialmente accolto le ragioni della società conduttrice, dichiarando la nullità delle clausole eccedenti il canone determinato secondo i criteri di legge. Tuttavia, la Corte d’Appello ha ribaltato la decisione, condannando la società conduttrice al pagamento delle somme richieste dalla locatrice. Secondo i giudici di secondo grado, la normativa sui tetti massimi si riferisce unicamente al corrispettivo per la concessione della vendita di generi di monopolio, e non limita la possibilità per le parti di pattuire un canone di locazione commerciale per i locali, che può legittimamente includere componenti variabili legate al fatturato di altri prodotti.
La questione è quindi giunta dinanzi alla Corte di Cassazione.

L’Analisi della Cassazione sul Canone Locazione Rivendita Tabacchi

La Suprema Corte ha respinto il ricorso della società conduttrice, confermando la decisione della Corte d’Appello e fornendo un’interpretazione chiara della normativa. Il punto centrale della decisione risiede nella distinzione tra due rapporti giuridici distinti e non sovrapponibili:

1. Il rapporto di concessione: È il rapporto tra il rivenditore e lo Stato (in questo caso, per il tramite del gestore della stazione, erede delle Ferrovie dello Stato) per l’autorizzazione a vendere generi di monopolio. Il corrispettivo per questa concessione è il “canone” a cui si applica il tetto massimo previsto dall’art. 11, comma 2, della Legge n. 25/1986. Questo limite è posto a tutela dell’Erario e per garantire la capillarità del servizio.

2. Il rapporto di locazione: È il rapporto di natura privatistica tra il proprietario/gestore dei locali e l’imprenditore che li utilizza per la sua attività commerciale. Questo contratto è regolato dalle norme del codice civile e dalle leggi speciali sulle locazioni commerciali. Le parti sono libere di determinare l’importo del canone, anche prevedendo una parte fissa e una variabile.

La Corte ha specificato che la norma che fissa il tetto massimo si riferisce inequivocabilmente al primo rapporto, ossia al corrispettivo per l’esercizio della rivendita dei generi di monopolio, e non può essere estesa al canone per il godimento dei locali.

Le Motivazioni della Decisione

I giudici hanno motivato la loro decisione sottolineando che la legge del 1986 non menziona mai la vendita di prodotti diversi da quelli di monopolio. Il suo scopo è regolare l’aggio e il corrispettivo dovuto allo Stato per l’attività di vendita dei tabacchi, non limitare l’autonomia privata nella stipulazione di contratti di locazione commerciale. Estendere il limite massimo anche al canone per i locali e per la vendita di prodotti “extra privativa” creerebbe una distorsione della concorrenza. Un tabaccaio beneficerebbe di un canone calmierato anche per la vendita di altri beni, godendo di un vantaggio ingiustificato rispetto ad altri esercizi commerciali che vendono gli stessi prodotti ma pagano un canone di mercato.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La pronuncia della Cassazione ha importanti implicazioni pratiche. Viene definitivamente chiarito che il proprietario di un immobile locato per l’attività di rivendita tabacchi può legittimamente richiedere un canone di locazione che tenga conto del valore commerciale dell’immobile e del potenziale fatturato derivante dalla vendita di prodotti non di monopolio. Le clausole che prevedono una parte variabile del canone, commisurata al fatturato dei prodotti “extra privativa”, sono pienamente valide. Il limite legale imposto dalla normativa di settore resta confinato al solo corrispettivo dovuto per la concessione statale, senza interferire sulla libera negoziazione del contratto di locazione per l’immobile in cui tale attività viene svolta.

Il canone di locazione per una rivendita di tabacchi in stazione ha un tetto massimo imposto dalla legge?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il tetto massimo previsto dalla Legge n. 25/1986 si applica solo al corrispettivo per la concessione di vendita dei generi di monopolio, non al canone di locazione per l’immobile, che rimane soggetto alla libera contrattazione tra le parti.

È legale prevedere un canone aggiuntivo basato sul fatturato di prodotti non di monopolio (extra privativa)?
Sì. La Corte ha stabilito che è pienamente legittimo inserire in un contratto di locazione commerciale clausole che prevedono una componente variabile del canone, calcolata come percentuale sul fatturato generato dalla vendita di prodotti diversi da quelli di monopolio. Questa pratica non viola le norme sui tetti massimi.

Qual è la distinzione fondamentale operata dalla Corte tra “canone di concessione” e “canone di locazione”?
La Corte distingue nettamente il “canone di concessione”, che è il corrispettivo dovuto allo Stato per l’autorizzazione a vendere tabacchi ed è soggetto a limiti legali, dal “canone di locazione”, che è il corrispettivo di natura privata pagato per l’utilizzo dei locali commerciali e la cui determinazione è lasciata all’autonomia delle parti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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