Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 19765 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 19765 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/07/2025
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Oggetto
Dott. NOME COGNOME
Presidente
PROPRIETÀ
Dott. NOME COGNOME
Consigliere
Dott. NOME COGNOME
Consigliere
Ud. 26/06/2025
Dott. NOME COGNOME
Rel. Consigliere
R.G.N. 4260/2020
Dott. NOME COGNOME
Consigliere
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 513/2020 R.G. proposto da:
NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 3221/2019 depositata il 15/05/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Udito il Sostituto Procuratore generale in persona del dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
udit o l’avvocato NOME COGNOME per i ricorrenti che ha insistito per l’accoglimento del ricorso;
FATTI DI CAUSA
I ricorrenti, come sopra individuati, convenivano in giudizio innanzi al Tribunale Civile di Roma l’Agenzia del demanio per accertare l ‘affrancazione o l ‘inesistenza del vincolo enfiteutico sugli immobili acquistati in proprietà, e l’usucapione degli stessi .
L’Agenzia del Demanio resisteva in giudizio sostenendo sostanzialmente che il canone enfiteutico del 1928 era unico (essendo il terreno allora non frazionato) e che, quindi, nel momento in cui era entrata in vigore la legge n. 16/1974 la valutazione sull’entità del canone dovesse farsi non con riferimento ai terreni ormai da tempo frazionati, ma alla loro somma. Per il resto, circa l’eccezione di usucapione, non avendo richiesto nulla dagli anni ’50 al 2007, si limitava a sostenere che gli allora attori avrebbero dovuto dimostrare il possesso indisturbato dell’immobile
Il Tribunale di Roma rigettava la domanda dichiarando la carenza di interesse a formulare eccezione di prescrizione in mancanza di domanda giudiziale volta ad ottenere il pagamento del canone enfiteutico .
Gli originari attori interponevano appello avverso la suddetta sentenza.
Nel costituirsi in giudizio, a sua volta, l’Agenzia del Demanio deduceva l’infondatezza del gravame avversario, chiedendone così il rigetto.
La Corte d’Appello di Roma rigettava il gravame. In particolare, evidenziava che l’art. 1 della Legge n. 16/74, di cui si lamentava la violazione, prevedeva l’estinzione dei rapporti perpetui reali e personali costituiti anteriormente alla data del 28 ottobre 1941 e in forza dei quali le amministrazioni e le aziende autonome dello Stato, inclusa dunque l’odierna appellata, traevano titolo per riscuotere canoni enfiteutici in misura inferiore a lire 1.000 annue.
Il vincolo enfiteutico oggetto del giudizio era stato costituito, a mezzo rogito del 14 gennaio 1928 per un canone di lire 50.000, sull’intera area successivamente pervenuta agli odierni istanti a seguito di lottizzazione, l’ammontare del canone pattuito induceva a ritenere, in coerenza con quanto ritenuto dal Tribunale, che non trovasse applicazione la sopra richiamata disciplina di cui alla Legge 16/74.
Il concedente RAGIONE_SOCIALE non aveva mai assentito al frazionamento del diritto con gli odierni istanti. Sicché non aveva alcun pregio la tesi degli appellanti che tale volontà fosse stata espressa per facta concludentia , attraverso l’affrancazione
accordata a ulteriori lottisti; indipendentemente dal rilievo che nulla emergeva in merito all’anteriorità di tali supposte affrancazioni rispetto all’anzidetta data del 28 ottobre 1941, a mente dell’art. 1350 c.c. tale assenso avrebbe comunque necessitato della forma scritta.
Peraltro, un siffatto comportamento, perché involgente la posizione di soggetti terzi, comunque non avrebbe consentito di ravvisare gli estremi di un’univoca manifestazione di volontà, nei confronti degli odierni appellanti.
Del pari priva di fondamento era la doglianza concernente il mancato accoglimento della domanda di usucapione. Avuto infatti riguardo alla stessa prospettazione della domanda, laddove g li odierni appellanti avevano dato atto di come la disponibilità degli immobili loro rispettivamente facenti capo traesse origine dalla comune qualità di enfiteuti, a costoro competeva la veste di detentori, con la conseguente necessità della prova, che già il primo Giudice aveva rilevato non essere stata assolta, di un atto di interversione ex art. 1141, secondo comma, c.c.
Riguardo al restante motivo d’appello, afferente al mancato accoglimento della pretesa di far accertare la prescrizione delle rate del canone, non era condivisibile l’opinione del Tribunale in merito al difetto d’interesse sul punto.
Siffatto interesse si qualificava alla stregua del conseguimento di un’utilità, personale e concreta, non ottenibile se non con l’ intervento del giudice; quindi, già quanto asserito dagli istanti in merito alla pretesa di non corrispondere il canone loro richiesto bastava per ravvisare l’interesse in parola. Cionondimeno, il motivo non meritava comunque accoglimento, una volta preso atto di
come l’art. 970 c.c. contemplasse l’estinzione per non uso del solo diritto parziario dell’enfiteuta, e non anche di quello del concedente, con la conclusione che il diritto di costui alla riscossione del canone doveva ritenersi imprescrittibile, come d’altronde sembrava lecito evincere anche dalla sua natura di facoltà costitutiva del diritto del proprietario, per l’appunto imprescrittibile
NOME COGNOME in qualità di erede di NOME COGNOME e di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME, COGNOME NOME, entrambi in qualità di attuali proprietari dell’immobile ed eredi di NOME COGNOME, NOME COGNOME in proprio e quale erede di NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME AlbertoCOGNOME COGNOME NOME entrambi in qualità di attuali proprietari dell’immobile acquistato da NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di quattro motivi di ricorso.
L’Agenzia del Demanio ha resistito con controricorso.
All’udienza dell’11 dicembre 2024 il Collegio, rilevato che la questione sollevata dai ricorrenti con i primi due motivi attinente all’interpretazione della l. n. 16/1974 in relazione ai presupposti per l’estinzione dei canoni sui fondi concessi in enfiteusi in epoca antecedente al 28 ottobre 1941, ha rilievo nomofilattico e non vi sono precedenti specifici salvo la sua non applicabilità ai canoni delle amministrazioni diverse da quelle statali (Sez. 2, Sentenza n. 4201 del 21/02/2014, Rv. 629625 – 01) ha rimesso la decisione del ricorso alla pubblica udienza.
Parte ricorrente con memoria depositata in prossimità dell’ odierna udienza ha insistito nella richiesta di accoglimento del ricorso.
11. Il P.G. ha concluso per l’accoglimento del ricorso
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1 e 2 della Legge n. 16/1974, dell’art. 1 della Legge n. 607/1966, dell’art. 971 c.c., dell’art. 3 della Costituzione – Violazione dell’art.112 c.p.c. nella parte in cui la Corte d’Appello di Roma, non riconosce l’applicabilità della Legge n.16 del 1974 al caso di specie
Secondo la Corte d’Appello sarebbe d ecisivo in tal senso, il rilievo che il concedente Demanio non risulta aver mai assentito al frazionamento del diritto con gli odierni istanti. Neanche potrebbe desumersi tale volontà per facta concludentia attraverso l’ affrancazione accordata a ulteriori lottisti.
Secondo i ricorrenti, invece, i parametri necessari previsti dagli artt. 1 e 2 della Legge n. 16/1974 affinché un diritto di enfiteusi sia dichiarato estinto automaticamente sono chiari: il vincolo enfiteutico deve essere antecedente al 1941 e il valore del canone enfiteutico al l’ epoca dell’entrata in vigore della norma, anno 1974, deve essere inferiore alle 1.000 lire.
Il vincolo enfiteutico è stato costituito con atto del 14 gennaio 1928 (quindi molto prima del 1941) e dalla CTU operata dall’Ing. NOME COGNOME in altro giudizio analogo si è chiaramente evidenziato come il frazionamento, a suo tempo operato, non fosse risultato abusivo.
Né rileva, ai fini dell’applicabilità della norma, il fatto che il suddetto frazionamento sia successivo al 1941 atteso che ciò che rileva è che l’unico e solo atto di costituzione dell’enfiteusi de qua risulta essere quello del 1928.
Se il vincolo nel 1928 era unico non può pensarsi che affrancando alcuni terreni non si sia frazionato il vincolo stesso (a prescindere dal frazionamento della proprietà dei terreni, pacificamente intervenuto, che pure determinava il frazionamento del vincolo ipso iure ).
La lottizzazione del fondo non è stata abusiva e i frazionamenti succedutisi nel tempo sono stati pienamente conformi o in alcuni casi, comunque, sanati e che, fermo e assodato ciò, gli unici due paramenti previsti dalla normativa del 1974 risultano rispettati: a) il vincolo risalente al 1928 (nessun altro atto successivo è stato rinvenuto); b) il canone enfiteutico sui singoli lotti all’anno 1974 sicuramente inferiore alle 1.000 lire.
1.1 Il PG ha concluso per l’accoglimento del ricorso vista la ricorrenza dei parametri previsti dalla invocata normativa del 1974, quali: il vincolo risalente a prima del 28 febbraio 1941, per essere datato al 14 gennaio 1928 e il canone enfiteutico sui singoli lotti all’anno 1974 pari a meno di 1000 lire.
Secondo l’Ufficio di procura , ciò che rileva, in accordo con il dedotto difensivo di parte ricorrente, è lo stato di fatto e di diritto ricorrente alla data di entrata in vigore della legge n. 16 del 1974, tale da rendere applicabile il disposto di cui all’art. 1 della stessa. 4. E in tal senso non può non tenersi conto della lottizzazione, non abusiva, effettuata e dei frazionamenti succedutisi nel tempo, i quali hanno dato luogo allo stato di fatto contemplato alle pg. 22,
23 e 24 del ricorso (nonché alle pg. 4, 5 e 6 del detto ricorso), con conseguente estinzione ex lege del vincolo enfiteutico. Né può ritenersi come sostiene l ‘amministrazione che si possa configurare la costituzione di nuovi rapporti in sostituzione dell’originario, atteso che il vincolo è e rimane unico in assenza di altrettanti novelli atti di costituzione dell’enfiteusi.
Peraltro, tale soluzione si presenta oggettivamente coerente con la ratio legis così come esplicitata nei lavori parlamentari riportati alla pg. 21 del ricorso, stante l’antieconomicità dell’originario vincolo così come venuto a concretizzarsi per effetto dei verificatisi frazionamenti e affrancazione e la inconfigurabilità di qualsivoglia forma mutatis mutandis di solidarietà attiva, tale da lasciar inalterato il vincolo originario dal punto di vista dell’entità del canone enfiteutico.
Infatti, in base al principio dettato dal secondo comma dell’art. 961 c.c.., in caso di scioglimento della contitolarità del diritto di enfiteusi, si ridetermina il canone da versare da chi ne gode in concreto, parametrandolo in relazione alla parte di fondo effettivamente utilizzata. Si tratta di una disposizione espressiva di un principio di carattere generale che si basa sul presupposto della concreta attuazione nel godimento separato del fondo e che, dunque, stabilisce inderogabilmente la parziarietà de ll’obbligazione di pagamento del canone per il caso in cui il fondo originariamente concesso sia successivamente diviso e condotto separatamente.
Pertanto, conclude il P.G. è a ritenersi che il vincolo unico originario, risalente al 14 gennaio 1928, si sia frazionato, senza la costituzione di novelli vincoli, di cui manca il relativo atto costitutivo, quanto al pagamento del canone enfiteutico per effetto
del subingresso di nuovi proprietari in ragione dei frazionamenti e delle affrancazioni.
1.2 Il primo motivo di ricorso è fondato.
La questione che pone il presente ricorso riguarda l’applicabilità al caso di specie dell’art. 1 della l. n. 16/1974 che testualmente recita: « Sono estinti i rapporti perpetui reali e personali, costituiti anteriormente, alla data del 28 ottobre 1941, in forza dei quali le amministrazioni e le aziende autonome dello Stato, comprese l’Amministrazione del fondo per il culto, l’Amministrazione del fondo di beneficenza e di religione nella città di Roma e l’Amministrazione dei patrimoni riuniti ex economali hanno il diritto di riscuotere canoni enfiteutici, censi, livelli e altre prestazioni in denaro o in derrate, in misura inferiore a lire 1.000 annue ».
Il collegio condivide le conclusioni del P.G. secondo cui ricorrono i presupposti per ritenere estinti i rapporti in base alla norma sopra citata.
Tra le parti non è contestato che nella fattispecie in esame l’originario vincolo enfiteutico sia sorto in data anteriore al 28 ottobre 1941, in particolare il Demanio dello Stato con atto 14 gennaio 1928 ha concesso in enfiteusi perpetua alla RAGIONE_SOCIALE Ravennati residenti in Ostia l’intera area costituente la Tenuta Demaniale di Ostia. Successivamente, con atto del 19 aprile 1941 rep. 42827 del Notaio NOME COGNOME, la RAGIONE_SOCIALE Ravennati residenti in Ostia ha venduto alla RAGIONE_SOCIALE l’utile dominio su una parte dell’area delle Saline di Ostia di cui era ancora titolare il Demanio
dello Stato giusto N.O. del Ministero delle Finanze nota 10.02.1941 prot. 108311 e quest’ultima società (RAGIONE_SOCIALE) c on atti 27 dicembre 1946 e 10 aprile 1947 del Notaio NOME COGNOME ha venduto l’utile dominio di una parte dell’area delle Saline di Ostia alla “RAGIONE_SOCIALE“. Negli anni successivi, la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE ognuno per proprio conto, hanno lottizzato l’intero comprensorio e venduto i singoli lotti.
Si legge nell’atto del 1941 che il nulla osta a vendere alla società anonima bonifiche l’utile dominio di parte della tenuta concesso con nota del 10 febbraio 1941 da parte del Ministero delle finanze – provveditorato generale dello Stato era subordinato al fatto che la cooperativa avesse ottemperato attraverso l’ufficio tecnico erariale alla determinazione della quota di canone enfiteutico afferente alla parte di tenuta oggetto del contratto. L’ufficio tecnico erariale aveva determinato la superficie e aveva assegnato il canone enfiteutico in lire 8117.
Quanto detto è già sufficiente a smentire quanto affermato nella sentenza impugnata che ha fatto riferimento al canone previsto nell’ori ginaria convenzione del 1928 quando invece dall’atto del 10 aprile 1941 risulta assentito un primo frazionamento al momento della cessione del domino utile con determinazione del nuovo canone in lire 8117.
Le successive vicende che hanno caratterizzato i terreni oggetto del vincolo enfiteutico costituito nel 1928 rilevano nella misura in cui risulta che i terreni sono stati oggetti di successivi atti di cessione e di lottizzazione e che in alcuni casi ai frazionamenti è seguita anche la relativa affrancazione determinata con riferimento a canoni inferiori alle mille lire previste dalla legge del 1974.
In altri termini, ciò che rileva ai fini del presente ricorso, è che il frazionamento dei terreni ha comportato necessariamente la modifica del canone enfiteutico che originariamente ammontava a 50.000 lire per l’intera area e che successivamente si è progressivamente ridotto in misura proporzionale alla parte di terreno oggetto del frazionamento a seguito di lottizzazione con successive divisioni o cessioni fino all’acquisto da parte degli odierni ricorrenti.
La Corte d’Appello, dunque, ha erroneamente fatto riferimento al canone stabilito nella convenzione del 1928 che, come si è detto, non era più attuale a seguito dei frazionamenti intervenuti e (anche delle affrancazioni). Quanto dedotto dall’amministrazione circa i l fatto che il frazionamento dei terreni non era stato assentito nei confronti dei ricorrenti non assume rilevanza posto che non è contestato e risulta anche provato che invece il frazionamento sia stato assentito per altre parti del medesimo lotto (vedi ad esempio doc. 4 vendita del 1954 a COGNOME Imola e COGNOME NOME da parte della RAGIONE_SOCIALE).
Spettava dunque all’amministrazione quantificare e provare che i canoni anche tenendo conto dei criteri di rivalutazione imposti dalla legge (e dalle sentenze della Corte Costituzionale) fossero superiori alle 1000 lire al momento di entrata in vigore della legge n. 16 del 1974 in relazione ad ogni singolo lotto.
La sentenza impugnata non fa alcun riferimento alla situazione al momento di entrata in vigore della legge in relazione ai singoli lotti limitandosi a indicare l’originario canone del 1928 mentre doveva necessariamente verificare se il rapporto alla data di entrata in vigore della legge del 1974 si fosse estinto. D’altra parte,
risulta provato che a seguito di frazionamenti e divisioni avvenuti nel corso degli anni alcuni entifiteuti abbiano affrancato i loro terreni per importi inferiori a lire 1.000.
La l. n. 16/1974 nel prevedere l’estinzione dei canoni enfiteutici inferiori a lire 1000 (mille) costituisce uno dei correttivi finalizzati ad eliminare, per ragioni di antieconomicità, diritti perpetui in capo alle Amministrazioni. In altri termini, fa fronte ad un fenomeno di “riesumazione” di canoni enfiteutici di non particolare rilievo economico, a lungo dimenticati e spesso basati su stipulazioni troppo risalenti nel tempo. L’applicazione della normativa comporta la rinuncia per legge del canone enfiteutico e l’estinzione del rapporto. L’art. 1 della legge citata deve interpretarsi nel senso che per l’estinzione del rapporto il vincolo enfiteutico deve essere costituito in data antecedente al 28 ottobre 1941 e al momento di entrata in vigore della legge il canone -in relazione alla porzione di immobile in questione -deve essere inferiore alle mille lire annue.
A tal proposito, coglie nel segno il P.G. quando rileva che il vincolo enfiteutico è comunque unico e che il frazionamento agisce solo sul canone ma non determina l’insorgere di un nuovo e diverso vincolo enfiteutico.
Infatti, in presenza di frazionamenti certamente assentiti e di affrancazione di alcuni terreni dell’unico originario lotto oggetto della convenzione del 1928 è indubbio che via stato un godimento separato delle porzioni. In tal senso, deve richiamarsi il principio di carattere generale secondo cui in caso di divisione del fondo oggetto di enfiteusi , salvo deroghe previste dall’originaria
convenzione, si determina una riduzione proporzionale del canone che va parametrato alla porzione goduta.
Infatti, anche il codice civile dispone che in tali casi il canone enfiteutico sia ridotto proporzionalmente al valore della singola porzione di terreno (art. 961, secondo comma, c.c.). La norma citata, infatti, prevede al primo comma che « l’obbligo del pagamento del canone grava solidalmente su tutti i confiteuti e sugli eredi finché dura la comunione» e al secondo comma che « Nel caso in cui segua la divisione e il fondo venga goduto separatamente dagli enfiteuti o dei loro eredi ciascuno risponde per gli obblighi ineren ti all’enfiteusi proporzionalmente al valore della sua porzione ». L’ art. 957, 2° co. considera inderogabile la fattispecie contemplata nell’art. 961, 2° co.
Dunque, anche in presenza di un rapporto enfiteutico non perfettamente riconducibile a quello disciplinato dal Codice Civile trattandosi di enfiteusi atipiche o di diritto pubblico deve comunque farsi applicazione di tale principio di carattere generale tenuto conto anche del fatto che l’Amministrazione finanziaria per più di 30/40 anni non ha mai proceduto alla riscossione dei canoni né ha mai ritenuto di rideterminarne il valore quanto ai terreni oggetto del giudizio mentre, in altri casi, ricompresi comunque nell’unico originario lotto del 1928, lo ha rideterminato anche in misura inferiore alle 1000 lire o, in altri ancora, ha addirittura fatto riferimento all’intervenuta estinzione del vincolo ex le ge L. n. 16 del 1974.
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1 e 2 della Legge n.16/1974, dell’art.
1 della Legge n. 607/1966, dell’art. 971 c.c., dell’art. 3 della Costituzione – Violazione dell’art. 112 c.p.c.
La censura riguarda l’omesso esame del documento ritualmente depositato attestante che l’Ufficio Tecnico Erariale (ente da cui ha avuto causa l’attuale Agenzia del Demanio) in data 5.6.1985 confermava ” con riferimento al l’ intendentizia sopra indicata, si comunica che il canone enfiteutico afferente la superficie di mq 870 acquistata dal Sig. COGNOME Bruno ecc. è di lire 115 (centoquindici) per cui ai sensi dell’art.] della legge n. 16 del 20.01.1974 dovrebbe essere stato estinto “. Si trattava, invece, di vero atto ricognitivo di una situazione giuridica, inerente all’originario vincolo enfiteutico per cui è causa, proveniente dal dante causa dell’Agenzia del Demanio e come tale doveva essere considerato, con valore assolutamente tranciante per l’intera controversia.
Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e/o falsa applicazione degli artt. 823, 1141, 1142, 1143, 1146, 1158, 1159, 1164 c.c. – Violazione dell’art.112 c.p.c. Erroneità della statuizione della Corte d’Appello nella parte in cui si dice che gli odierni appellanti avevano dato atto di come la disponibilità degli immobili loro rispettivamente facenti capo traesse origine dalla comune qualità di enfiteuti, atteso che in nessuno degli atti di proprietà degli immobili degli istanti viene fatta menzione del vincolo enfiteutico.
Alla luce di quanto sinora esposto, pertanto, non essendo il vincolo menzionato nel rogito di acquisto di alcuno dei contratti degli odierni ricorrenti (difformemente da guanto falsamente statuito nella sentenza impugnata), senza dubbio, il possesso
dell’immobile è avvenuto da parte di questi ultimi con la consapevolezza di essere ciascuno pieno proprietario e non enfiteuta, visto che l’acquisto è avvenuto un totale buona fede, presupposto di per se sufficiente affinché operasse l’usucapione, senza necessità di alcuna prova circa l’interversione del possesso (cfr. pacificamente Cass., 26-02-1986, n. 1209 e Cass., sez. II, 2409-1994, n. 7846).
Il quarto motivo di ricorso è così rubricato: per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2948 c.c. e 970 c.c.- Violazione dell’art.112 c.p.c.
In estremo subordine, si censura la parte della sentenza relativa alla prescrizione dei canoni enfiteutici degli anni 2001 e 2002 rispetto ai quali la Corte d’Appello lo ha ritenuto imprescrittibile.
4.1 I motivi dal secondo al quarto sono assorbiti dall’accoglimento del primo .
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione che farà applicazione del seguente principio di diritto: L’art.1 della l. n. 16/1974 che prevede l’estinzione dei canoni enfiteutici inferiori a lire 1000 (mille) deve interpretarsi nel senso che il vincolo enfiteutico, per l’estinzione del rapporto, deve essere costituito in data antecedente al 28 ottobre 1941 e il canone vigente al momento di entrata in vigore della legge deve essere inferiore alle mille lire annue. Nel caso il terreno sul quale è stato costituito il vincolo sia stato nel corso del tempo oggetto di divisioni o frazionamenti con successive affrancazioni, il canone, al fine dell’applicazione della suddetta norma, deve essere
rideterminato in misura proporzionale al valore del singolo immobile risultante dalla divisione con riferimento alla data di entrata in vigore della legge n. 16 del 1974. Il giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Roma ini diversa composizione che provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione