Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 8050 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 8050 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3076/2023 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) e domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,
pec:
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE, e domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,
pec:
contro
ricorrente-
RAGIONE_SOCIALE
intimata avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di GENOVA n. 2219/2022 depositata il 04/10/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/11/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
NOME COGNOME convenne in giudizio le società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE davanti al Giudice di Pace di Chiavari perché fosse accertato l’inadempimento delle convenute consistente nella mancata depurazione delle acque e perché le medesime fossero condannate alla ripetizione della somma di € 4.827,59 versata dall’utente negli ultimi dieci anni quale corrispettivo del servizio di depurazione e smaltimento delle acque reflue;
istituitosi il contraddittorio con le convenute il Giudice di Pace adito accolse la domanda nei confronti della sola RAGIONE_SOCIALE condannandola alla restituzione dei pagamenti richiesti;
a seguito di appello della società soccombente il Tribunale di Genova, con sentenza pubblicata in data 4/10/2022, ha rigettato l’appello condanna n do l’appellante alle spese;
avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione sulla base di sette motivi;
NOME COGNOME resiste con controricorso;
il ricorso è stato assegnato per la trattazione in Adunanza Camerale sussistendo i presupposti di cui all’art. 380 bis c.p.c.
Considerato che:
nonchè contro
con il primo motivo -violazione e falsa applicazione ex art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c., degli artt. 74, 101 e 105 Dlgs. 152/2006 e dell’art. 2 D.M. n. 102 del 30/9/2009 -la ricorrente lamenta che il giudice d’appello, violando ed erroneamente richiamando la normativa indicata e sulla scorta di una interpretazione creativa e contra legem, ha ritenuto che la normativa nazionale cui occorre fare riferimento è l’art. 105 del D.lgs. n. 152/2006 che prescrive la sottoposizione delle acque ad un trattamento secondario o equivalente; ad avviso della ricorrente la normativa specifica in materia, anche di fonte comunitaria, non ha un’efficacia immediata ma prevede dei tempi di realizzazione ed ha, in sostanza, un carattere meramente programmatico e non cogente; ne conseguirebbe, ad avviso della ricorrente, che il concetto di ‘ depurazione ‘ non può dirsi coincidere con il ‘trattamento secondario o equivalente’;
con il secondo motivo -violazione e falsa applicazione ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. degli artt. 1175, 1218, 1374, 1375, 1453, 1559, 2033, 105, 154 155 del D.lgs. n. 152/2006- la ricorrente assume che il Tribunale erroneamente applicando la disciplina comunitaria, nazionale e codicistica ha ritenuto la società inadempiente agli obblighi contrattuali assunti per violazione dei limiti qualitativi del servizio di depurazione; la prestazione della società, infatti trova il proprio corrispettivo nella tariffa determinata sulla scorta del costo complessivo di tutti gli impianti di depurazione dell” ambito ‘ e non già del solo impianto del luogo di residenza dell’utente;
con il terzo motivo -violazione e falsa applicazione ex art. 360 co. 1 n. 3 cpc degli artt. 113 cpc, 1218 e 2697 c.c., 141, 147, 149, 154 e 155 Dlgs. 152/2006- lamenta che il giudice ha erroneamente ritenuto che la tariffa costituisce il corrispettivo del singolo servizio idrico integrato, cioè del singolo impianto quando, invece, la normativa
essendo volta a disciplinare il funzionamento dell’impianto nell” ambito ‘ non può intendersi riferita al singolo contratto;
con il quarto motivo -omesso esame di documenti prodotti ex art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c. violazione e falsa applicazione ex art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c. c.p.c. dell’art. 4 Legge regionale n. 29/2007, dell’art. 8 sexies D.L. 30/12/2008 n. 208, conv. in legge n . 13/2009 e dell’art. 154 D.lgs. n. 152/2006 -lamenta che il giudice senza addentrarsi nell’attenta analisi dei documenti prodotti e senza valutare le ampie allegazioni sul punto ha affermato che la società non ha dato prova né dell’avvio delle procedure di affidamento della progettazione o del completamento dell’impianto di depurazione né del rispetto dei tempi programmati;
con il quinto motivo -violazione e falsa applicazione ex art. 360, co. 1 n. 3 c.p.c. degli artt. 1175, 1218, 1375 e 1559 c.c. e 154 Dlgs. n. 152/2006 -lamenta che il giudice d’appello ha errato nell’affermare che merita conferma la decisione del giudice di prime cure secondo cui l’impianto del Comune, assicurando il solo trattamento primario, non rispetta le disposizioni della normativa applicabile;
con il sesto motivo -violazione o falsa applicazione ex art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c. dell’art. 2948 c.c. lamenta che il giudice , erroneamente inquadrando la domanda nella ripetizione dell’indebito e non nella richiesta di ripetizione di prestazioni periodiche, ha escluso l’applicazione della prescrizione quinquennale affermando quella decennale;
con il settimo motivo – violazione e/o falsa applicazione ex art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c. degli artt. 2033, 2058, 2560 c.c. lamenta che la sentenza impugnata non ha rilevato il difetto di legittimazione passiva di RAGIONE_SOCIALE per essere la medesima cessionaria del ramo d’azienda di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE;
il ricorso è infondato; quanto ai primi tre motivi ed al quinto con i quali si contesta la debenza dell’erogazione di un servizio di depurazione secondaria e la natura corrispettiva del pagamento del servizio, con la conseguente erroneità del preteso inadempimento della società erogatrice, occorre evidenziare che la sentenza impugnata è conforme al consolidato indirizzo di questa Corte secondo cui, in caso di mancata fruizione da parte dell’utente del servizio di depurazione, per fatto a lui non imputabile, è irragionevole per mancanza della controprestazione, l’imposizione dell’obbligo del pagamento della quota riferita a detto servizio (Cass, 3 n. 3692 del 2020; Cass., 5, n. 9500 del 18/4/2018; Cass., 3, n. 14042 del 4/6/2013);
il consolidarsi della giurisprudenza di questa Corte nel senso suindicato fa seguito alla nota pronuncia della Corte costituzionale n. 335 del 2008 che ha escluso la legittimità costituzionale della disposizione nella parte in cui prevedeva fosse dovuta la relativa componente di tariffa anche in assenza di corrispettività;
la sentenza impugnata ha altresì fatto corretta applicazione della normativa vigente nella parte in cui ha ritenuto che il servizio di depurazione che giustifica il pagamento della tariffa è solo quello prescritto sia dalla normativa europea (artt. 2 e 4 della Direttiva n. 91/271) sia dall’art. 105 co. 3 D.lgs. n. 152/2006. In particolare quest’ultimo prescrive in via immediata l’obbligo di dotare gli impianti di un sistema di trattamento biologico con sedimentazione secondaria o in alternativa di un sistema equivalente che rispetti le prescrizioni tecniche specificate nei provvedimenti integrativi;
il Collegio ritiene, pertanto di dover dare continuità al richiamato indirizzo di questa Corte secondo cui ‘l a tariffa del servizio idrico integrato ha natura di corrispettivo di una prestazione complessa che trova fonte, per una quota determinata dalla legge, nel contratto di
utenza: ne deriva che la quota afferente il servizio di depurazione, a seguito della pronuncia n. 335 del 2008 della Corte Costituzionale (la quale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 14, comma 1, della l. n. 36 del 1994, sia nel testo originario che in quello risultante dalle modificazioni apportate dall’art. 28 della l. n. 179 del 2002), non è dovuta nell’ipotesi di mancato funzionamento dello stesso per fatto non imputabile all’utente, stante l’assenza della controprestazione ‘ ;
da quanto esposto consegue, pertanto, il rigetto dei primi tre e del quinto motivo di ricorso;
il quarto motivo con cui si lamenta l’omessa valutazione di documentazione che comproverebbe la debenza della tariffa per la depurazione pur in mancanza del relativo impianto è inammissibile perché sollecita questa Corte ad una rivalutazione del materiale istruttorio, senza neppure prospettare la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.
il sesto motivo, con cui si lamenta la mancata applicazione della prescrizione quinquennale invocata a fronte della richiesta di prestazioni periodiche, è infondato alla luce dell’ormai costante orientamento di questa Corte secondo cui il credito concernente la restituzione delle somme pagate nel passato non è periodico e non può essere assoggettato alla prescrizione quinquennale; ne consegue, pertanto, che il diritto non è soggetto al termine di prescrizione quinquennale di cui all’art. 2948 n. 4 c.c. ma all’ordinario termine decennale di prescrizione che decorre dalle date dei singoli pagamenti (Cass., n. 1998 del 29/1/2020; Cass., 3, n. 20361 del 14/7/2023);
il settimo motivo di ricorso con il quale si solleva il difetto di legittimazione passiva di RAGIONE_SOCIALE per essere la medesima cessionaria del ramo di azienda di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, e’ pure infondato in quanto la cessionaria è subentrata de iure nei contratti di impresa della stessa
azienda e, in applicazione della giurisprudenza di questa Corte, risponde dei contratti ancora in corso di esecuzione. Va data, infatti, continuità al principio secondo cui ‘ In tema di cessione di azienda, il regime fissato dall’art. 2560, secondo comma, cod. civ., con riferimento ai debiti relativi all’azienda ceduta, secondo cui dei debiti suddetti risponde anche l’acquirente dell’azienda allorché essi risultino dai libri contabili obbligatori, è destinato a trovare applicazione quando si tratti di debiti in sè soli considerati, e non anche quando, viceversa, essi si ricolleghino a posizioni contrattuali non ancora definite, in cui il cessionario sia subentrato a norma del precedente art. 2558 cod. civ. Ed infatti, in tal caso, la responsabilità si inserirà nell’ambito della più generale sorte del contratto (purché, beninteso, non già del tutto esaurito), anche se in fase contenziosa al tempo della cessione dell’azienda ‘ (Cass., 1, n. 11318 del 16/6/2004; Cass., 6 -3, n. 8055 del 30/3/2018, Cass., 2, n. 8539 del 6/4/2018, Cass., 2, n. 26808 del 21/10/2019, Cass., n. 38352 del 2021);
alle suesposte considerazioni consegue il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente a pagare, in favore della parte controricorrente, le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
Condanna la ricorrente a pagare, in favore della parte controricorrente, la somma di € 1.200 (oltre € 200 per esborsi), oltre accessori di legge e spese generali al 15%
A i sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto
per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza