Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 15059 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 15059 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 05/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27004/2022 R.G., proposto da
RAGIONE_SOCIALE NAPOLI RAGIONE_SOCIALE in persona del direttore e legale rappresentante legale NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME domiciliata ex lege come da indirizzo pec indicato, per procura su foglio separato allegato alla memoria di costituzione quale nuovo difensore del 23.1.2025,
–
ricorrente –
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME COGNOME il primo in qualità di erede di COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME domiciliati ex lege come da indirizzo pec indicato, per procura su foglio separato allegato al controricorso,
–
contro
ricorrenti – contro
Somministrazione Servizio idrico integrato – Restituzione quota depurazione acque
ad. 17.3.2025
REGIONE CAMPANIA , in persona del presidente del Giunta regionale, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME domiciliata ex lege come da indirizzo pec indicato, per procura a margine del controricorso,
-controricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in persona del liquidatore NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME domiciliata ex lege come da indirizzo pec indicato, per procura a margine del controricorso,
–
contro
ricorrente –
contro
COMUNE DI NAPOLI, COGNOME VincenzoCOGNOME NOMECOGNOME NOME e COGNOME NOME,
-intimati – per la cassazione della sentenza n. 3399/2022 del Tribunale di Napoli pubblicata il 5.4.2022;
udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 17.3.2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
NOME COGNOME, utente di fornitura idrica, residente nella città di Napoli con allaccio al depuratore di ‘Cuma’, del tutto inefficiente e non assolvente alla sua funzione di depurazione delle acque reflue, conveniva dinanzi al Giudice di Pace di Napoli il Comune di Napoli e RAGIONE_SOCIALE Napoli RAGIONE_SOCIALE (d’ora in avanti indicata come RAGIONE_SOCIALE , già RAGIONE_SOCIALE, e chiedeva la condanna alla restituzione dei canoni di depurazione.
A sostegno della domanda era dedotto che la Corte costituzionale con sentenza n. 335/2008 aveva dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 14, comma primo, l. n. 36/1994 nonché dell’art. 155, co mma primo, primo periodo, d.lgs. n. 152/2006, nelle parti in cui prevedevano che la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione delle acque fosse dovuta dagli utenti anche nel caso in cui la fognatura fosse sprovvista di impianti centralizzati di
depurazione o questi fossero temporaneamente inattivi, e aveva stabilito che i canoni dovessero essere pagati dagli utenti del servizio idrico solo come corrispettivo dell’effettiva esistenza del servizio di depurazione .
Nel giudizio intervenivano NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME spiegando analoga domanda ed erano chiamati in causa la Regione Campania e RAGIONE_SOCIALE (in avanti indicata come RAGIONE_SOCIALE).
Con sentenza n. 28378/2016, pubblicata il 9.9.2016, il Giudice di Pace di Napoli, dichiarato il difetto di legittimazione passiva del Comune di Napoli e rigettate le domande di manleva svolte nei confronti del Comune di Napoli e di RAGIONE_SOCIALE, condannava A.RAGIONE_SOCIALE.C. al pagamento in favore: di NOME COGNOME di euro 1.135,26; di NOME COGNOME di euro 1.402,61; di NOME COGNOME euro 560,76; di NOME COGNOME di euro 765,32; di NOME COGNOME di euro 1.372,74; di NOME COGNOME di euro 1.385,53; di NOME COGNOME di euro 1.320,59.
Con sentenza pubblicata il 5.4.2022 il Tribunale di Napoli rigettava l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE tanto in ordine alla contestata prova degli elementi costitutivi della domanda restitutoria, sostenendo che sarebbe stato onere dell’appellante dare la prova degli oneri spesi per l’attività di completamento degli impianti di depurazione ai sensi dell’art. 8 sexies d.l. 30.12.2008, n. 208, quanto in relazione alla domande di manleva svolte.
Per la cassazione della sentenza del Tribunale di Napoli ricorre A.B.C., sulla base di quattro motivi. Resistono con controricorso COGNOME NOME, in qualità di erede di COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, Regione Campania e RAGIONE_SOCIALE in liquidazione. Il Comune di Napoli, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME sono rimasti intimati.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, ai sensi dell’art.380bis .1. cod. proc. civ..
Il Pubblico Ministero presso la Corte non ha presentato conclusioni scritte.
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, COGNOME Salvatore, COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è denunciata, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 2697 e 1988 cod. civ., 115 e 116 cod. proc. civ. (motivazione apparente carente del ‘ minimo costituzionale ‘ ) in ordine alla prova concernente i presupposti per l’accoglimento dell’azione redibitoria ex art. 2033 cod. civ. e, precisamente, degli importi versati indebitamente stante l’asserita ‘ non contestazione ‘ da parte di ARAGIONE_SOCIALE del pagamento delle somme e dei relativi importi da restituire agli odierni controricorrenti.
La ricorrente deduce che il Tribunale, là dove ha sostenuto che ‘gli attori e gli interventori hanno prodotto le bollette/fatture’ (pagina 5, terzo capoverso) e che ‘nei propri scritti difensivi l’A.RAGIONE_SOCIALE. non ha mai specificatamente contestato il versamento degli importi a titolo di canone di depurazione da parte degli attori e degli interventori e si è limitata ad affermare che gli istanti non hanno fornito adeguata prova dei pagamenti eseguiti ‘ (pagina 8, ultimo capoverso), ha violato gli artt. 2697 cod. civ. e 115 cod. proc. civ., poiché: a) è incorso in un errore di percezione sulla ricognizione del contenuto oggettivo della prova; b) ha invertito l’onere della prova della domanda restitutoria; c) ha errato nell’applicazione del principio della non contestazione sui fatti costitutivi della domanda.
Tanto premesso, la ricorrente censura la sentenza per motivazione ‘ apparente, illogica, irrimediabilmente contraddittoria ed inadeguata ‘ non rispondendo alla censura svolta con il settimo motivo di appello, per non aver considerato i presupposti per l’accoglimento della domanda ex art. 2033 cod. civ. ed essersi limitato ad affermare che ‘gli attori e gli interventori hanno prodotto le bollette/fatture periodiche con le quali l’A.RAGIONE_SOCIALE. ha richiesto ed ottenuto il pagamento del corrispettivo del servizio idric o integrato’
1.1. Il motivo è in parte infondato ed in parte inammissibile.
La ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ. , ‘motivazione apparente e carente del «minimo costituzionale»’ in ordine alla prova concernente i presupposti per l’accoglimento dell’azione redibitoria ex art. 2033 cod. civ. Per quanto lo sviluppo argomentativo ruoti intorno ai temi dell’onere della prova e del principio di non contestazione , sfiorando anche il profilo del «travisamento della prova», non è revocabile in dubbio , sebbene non richiamato l’art. 132, comma secondo, n. 4, cod. proc. civ., che la doglianza in esame verta sul rilievo di un vizio motivazionale, posto che a pagina 17 si legge: ‘La sentenza q ui impugnata con motivazione graficamente esistente (…) ma meramente apparente, illogica, irrimediabilmente contraddittoria ed inadeguata non risponde alla circostanziata censura dell’odierna ricorrente … che l’attore e i terzi interventori hanno depositato solo alcune fatture (peraltro non corrispondenti agli importi liquidati dal giudice di prime cure) e nessuna ricevuta di pagamento delle fatture … Con una motivazione apparente, illogica ed inadeguata, dunque, il Tribunale di Napoli non ha risposto al motivo di gravame e si è limitata ad affermare … il Tribunale ha concluso con una non motivazione o quanto meno in via di mera ipotesi (enfasi nel testo): esso ha ripetuto pedissequamente la totale assenza di motivazione della sentenza di primo grado ‘.
1.2. Secondo un principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte il controllo in sede di legittimità, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 5), cod. proc. civ. -nel testo ‘novellato’ dall’art. 54, comma 1, lett. b), del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 (applicabile ‘ ratione temporis ‘ al presente giudizio) è destinato ad investire la parte motiva della sentenza solo entro il ‘minimo costituzionale’ (v. Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, nn. 8053-8054; nonché ‘ ex multis ‘, Cass., sez. III, 20 novembre 2015, n. 23828; 5 luglio 2017, n. 16502; sez. I, 30 giugno 2020, n. 13248).
Il difetto di motivazione è, dunque, ipotizzabile solo nel caso in cui la parte motiva della sentenza risulti ‘meramente apparente’, evenienza
configurabile, oltre che nell’ipotesi di ‘carenza grafica’ della stessa, quando essa, ‘benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento’ (v., Cass., Sez. Un., 3 novembre 2016, n. 22232; nonché, più di recente, Cass., sez. 6-V, 23 maggio 2019, n. 13977), o perché non consente alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio, così da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 comma 6 Cost. (v., Cass., sez. I, 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., sez. 6-I, 7 aprile 2017, n. 9105), o perché affetta da ‘irriducibile contraddittorietà’ (v., Cass., sez. III, 12 ottobre 2017, n. 23940; sez. 6III, 25 settembre 2018), ovvero connotata da ‘affermazioni inconciliabili’ (v., da ultimo, Cass., sez. 6 -lav., 25 giugno 2018, n. 16111; sez. III, 25 settembre 2018; sez. I, 25 giugno 2021, n. 18311; sez. III, 6 novembre 2023, n. 30579), mentre ‘resta irrilevante il semplice difetto di «sufficienza» della motivazione’ (Cass., sez. II, 13 agosto 2018, n. 20721). Ferma in ogni caso restando la necessità che il vizio ‘emerga immediatament e e direttamente dal testo della sentenza impugnata’ (Cass., Sez. U n., 8053/2014 cit.), vale a dire ‘prescindendo dal confronto con le risultanze processuali’ (così, tra le molte, Cass., sez. I, 20 giugno 2018, n. 20955, non massimata; in senso conforme, da ultimo, Cass., sez., 3 marzo 2022, n. 7090).
1.3. Il Tribunale nel rigettare l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE ha evidenziato: ‘l’attore e gli interventori hanno prodotto le bollette/fatture periodiche con le quali l’RAGIONE_SOCIALE ha richiesto ed ottenuto il pagamento del corrispettivo del servizio idrico integrato e le lettere di riscontro dell’ARIN in cui la società riconosceva di avere incassato gli importi indicati a titolo di canone di depurazione, dagli utenti’ (pagina 5 della sentenza).
Dopo aver premesso, secondo quanto indicato da Cass. 11270/2020, che la pretesa azionata dagli utenti del servizio idrico a seguito di Corte Cost. 335/2008, per la restituzione di quanto corrisposto a titolo di canone di
depurazione acque, deve essere rivolta nei confronti del soggetto con cui è stato concluso il contratto di utenza, il Tribunale ha precisato che ‘una volta che si è ricostruita la pretesa oggetto del presente giudizio in termini di inadempimento di una prestazione avente fonte nel contratto di utenza, deve affermarsi che il soggetto tenuto alla restituzione è quello che in forza del contratto ha richiesto (ed ottenuto) il pagamento … la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione, in quanto componente della complessiva tariffa del servizio idrico integrato, ne ripete necessariamente la natura di corrispettivo contrattuale … è la stessa A.B.C. ad aver dedotto di aver incamerato le somme poi riversate alla Regione Campania e al Comune di Napoli’ (pa gina 5 e 6 della sentenza).
Di qui, l’indicazione in A.B.C. del soggetto tenuto alla restituzione di ‘ciò che ha incassato in mancanza di esatta esecuzione della prestazione … anche qualificando l’azione proposta dall’attore e dagli interventori come azione di inadempimento contrattuale, … al creditore sarebbe spettato soltanto fornire la prova della fonte, legale o negoziale, del suo diritto, limitandosi alla mera allegazione dell’inadempimento della controparte’ (pagina 6 della sentenza ultimi due capoversi).
Quanto agli importi liquidati in primo grado, si legge ancora nella sentenza impugnata: ‘… nei propri scritti difensivi l’ARAGIONE_SOCIALE non ha mai specificamente contestato il versamento degli importi a titolo di canoni di depurazione da parte dell’attore e degli interventori e si è limitata ad affermare che gli istanti non hanno fornito adeguata prova dei pagamenti’.
Pertanto, la sentenza sul punto in questione è motivata nel rispetto del c.d. minimo costituzionale, permettendo di comprendere il fondamento della decisione, perché reca argomentazioni obbiettivamente idonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento. Né un tale vizio può ritenersi quando, a fronte di una motivazione in sé perfettamente comprensibile, se ne intenda diversamente evidenziare un mero disallineamento dalle acquisizioni processuali. In questo secondo caso, infatti, ‘ il sindacato che si richiede alla Cassazione non
riguarda la verifica della motivazione in sé, quale fatto processuale riguardato nella sua valenza estrinseca di espressione linguistica (significante) diretta a veicolare un contenuto (significato) e frutto dell’adempimento del dovere di motivare (sindacato certamente consentito alla Corte di Cassazione quale giudice anche della legittimità dello svolgimento del processo: cfr. Cass., Sez. Un., 22 maggio 2012, n. 8077), ma investe proprio il suo contenuto (che si presuppone, dunque, ben compreso) in relazione alla correttezza o adeguatezza della ricognizione della quaestio facti ‘ (v. Cass., sez. III, 5 giugno 2024, n. 15678) e, in quanto tale, è volto ad una rivalutazione del giudizio di fatto riservato al giudice del merito, sicché da questa angolazione il motivo risulta inammissibile.
In secondo luogo, il motivo è inammissibile là dove prospetta un vizio radicale della sentenza sulla base di elementi estranei alla motivazione stessa, in quanto non evidenzia lacune di carattere testuale della motivazione basandosi solo sul suo tenore, ma è argomentato sulla base di elementi desunti aliunde dal confronto con altri atti e risultanze processuali, sostanzialmente tendendo ad una loro rilettura (v., Cass., Sez. Un., 8053/2014 cit.; Cass., sez. I, 20955/2018, cit.; Cass., sez., 7090/2022, cit.).
Con il secondo motivo è denunciata , ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 32, 106, 112 cod. proc. civ. e degli artt. 1292, 1298, 2043 e 2055 cod. civ. per aver il Tribunale rigettato la domanda di manleva nei confronti della Regione Campania sul presupposto della mancata prova del versamento delle somme incassate dagli attori ed interventori.
La ricorrente lamenta che la domanda svolta nei confronti della Regione Campania non era di tipo restitutorio, ma diretta alla «manleva» da parte della seconda, quale esercente il servizio di depurazione e proprietaria dell’impianto, ‘a tenere indenne l’A.B.C. di qualsiasi somma fosse costretta a pagare in ragione delle domande proposte dall’attore e dagli interventori’ . La Regione Campania era stata chiamata a manlevare A.B.RAGIONE_SOCIALE. con un’azione
di regresso sul presupposto, come statuito in altri contenziosi analoghi, di una condotta rilevante ai sensi dell’art. 2043 cod. civ.
In questa traiettoria, risultava inc onferente la circostanza dell’avvenuto versamento, o meno, da parte di A.B.C. alla Regione dei canoni riscossi dagli utenti . Prova, quest’ultima, resa nel corso del giudizio mediante la produzione del rendiconto dei canoni di depurazione incassati sino al 2007, tanto più che la Regione non aveva mai contestato la circostanza del pagamento.
Con il terzo motivo viene denunciata , ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 32, 106, 112 cod. proc. civ. e degli artt. 1292, 1298, 2043 e 2055 cod. civ. per non aver il Tribunale riconosciuto la responsabilità della Regione Campania e di RAGIONE_SOCIALE, rispettivamente, proprietaria e affidataria del servizio di depurazione , quali terzi cooperanti nell’inadempimento della prestazione contrattuale.
La ricorrente si duole per il rigetto dell ‘estensione della domanda di manleva proposta ‘contro la Regione Campania anche nei confronti di RAGIONE_SOCIALE ‘ sul presupposto della ‘concorrente responsabilità della RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’art. 2043 cod. civ. (e non 2033 cod. civ.), nella forma -non sconosciuta al nostro ordinamento -della «cooperazione del terzo nell’inadempimento»’ . Poiché il mancato funzionamento dell’impianto di depurazione era imputabile alla Regione Campania e RAGIONE_SOCIALE, una volta accertato il diritto degli utenti alla restituzione di quanto versato per canoni di depurazione, il Tribunale di Napoli avrebbe dovuto estendere la domanda di manleva anche nei confronti di RAGIONE_SOCIALE. Il Tribunale, inoltre, aveva omesso di considerare che la Regione Campania aveva provveduto al pagamento in favore del gestore dell’impianto di quanto previsto dalla convenzione del 30.12.2004.
I due motivi, in quanto strettamente connessi devono essere esaminati congiuntamente, e sono inammissibili per difetto di specificità ai sensi dell’art. 366, comma primo, n. 6, cod. proc. civ.
4.1. Deve essere richiamato l’indirizzo costante di questa Corte (v., indicativamente, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. 1° luglio 2024, n. 18018; Sez. Un., 29 gennaio 2024, n. 2607; 17 febbraio 2023, n. 5131; 23 settembre 2021, n. 25909; 24 gennaio 2019, n. 2038; 13 giugno 2018, n. 15430; 28 luglio 2008, n. 20518), a mente del quale, qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorso deve, a pena di inammissibilità, non solo allegare l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto in virtù del principio di autosufficienza del ricorso. I motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito né rilevabili d’ufficio (v. Cass. 13 dicembre 2019, n. 32804; 24 gennaio 2019, n. 2038; 9 agosto 2018, n. 20694; 18 ottobre 2013, n. 23675). In quest’ottica, la parte ricorrente ha l’onere -nella specie rimasto assolutamente inadempiuto -di riportare, a pena d’inammissibilità, dettagliatamente in ricorso gli esatti termini della questione posta in primo e secondo grado (cfr. Cass. 10 maggio 2005, n. 9765; 12 settembre 2000, n. 12025). Nel giudizio di cassazione, infatti, è preclusa alle parti la prospettazione di nuove questioni di diritto o nuovi temi di contestazione che postulino indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice di merito (v. Cass. 13 settembre 2007, n. 19164; 9 luglio 2013, n. 17041; 25 ottobre 2017, n. 25319; 20 maggio 2018, n. 20712; 6 giugno 2018, n. 14477).
4.2. La ricorrente nella sezione dedicata all ‘esposizione del fatto ha così descritto la domanda svolta nei confronti della Regione Campania: ‘il diritto della A.B.C. di farsi manlevare dalla Regione Campania perché il soggetto passivo è «accipiens» ovvero l’ente impositore del credito ma non certamente il concessionario del servizio di riscossione ‘ . Nulla si riferisce a proposito della domanda svolta da A.RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE. nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, né si
riferisce di alcuna deduzione a proposito di una sua pretesa estensione automatica nei confronti della terza chiamata della domanda di «manleva» svolta verso la Regione Campania.
Nei motivi sopra illustrati la ricorrente contesta la decisione del Tribunale là dove è stato ritenuto non provato che le somme incassate da A.B.C. fossero state effettivamente versate in favore della Regione Campania, poiché quella svolta nei confronti della Regione Campania non era una domanda restitutoria, ma diretta ‘a tenere indenne l’A.B.C. di qualsiasi somma fosse costretta a pagare in ragione delle domande proposte dall’attore e dagli interventori’ sul presupposto che quella ascritta era una condotta rilevante ai sensi dell’art. 2043 cod. civ. quale soggetto «cooperante nell’inadempimento» .
In termini analoghi si articola la censura contenuta nel terzo motivo di ricorso, anch’esso basato sull’imputazione a carico di Hydrogest della qualità di «cooperante nell’inadempimento» , trattandosi della concessionaria per la gestione dell’impianto di depurazione.
La ricorrente, pertanto, ha omesso di specificare se ed in quali termini nel corso del giudizio di primo grado sia stata proposta nei confronti di Regione Campania e di RAGIONE_SOCIALE una domanda nei termini esposti nei motivi oggetto di esame, né tantomeno ha riprodotto il tenore dei motivi di impugnazione della sentenza di primo grado, al fine di evidenziare la pregressa articolazione di una prospettazione nei sensi dell’invocazione di una loro «cooperazione » nell’inadempimento contrattuale , mentre in sede di comparsa di costituzione in primo grado la curvatura impressa alla domanda di manleva verso la Regione Campania è stata impostata sul proprio difetto di legittimazione passiva , ‘perché il soggetto passivo è «accipiens» ovvero l’ente impositore del credito ma non certamente il concessionario del servizi o di riscossione’. A ciò si deve aggiungere che nella sentenza impugnata si riferisce che ‘secondo l’A.B.C. la domanda sarebbe legittima tenuto conto del suo ruolo di mero «adiectus solutionis causa» e della sua completa estraneità
rispetto alla gestione della depurazione delle acque ‘. Con il che viene a confermarsi, viepiù, la novità dei profili oggi in esame.
Nella specie, per essere la prospettazione delle domande nei termini enunciati nel secondo e nel terzo motivo basata su circostanze fattuali, è palese che si sarebbe dovuto indicare se, dove e come il giudice di appello ne fosse stato investito.
Con il quarto motivo è denunciata , ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. per inversione dell’onere della prova relativamente agli oneri di progettazione, realizzazione o completamento degli impianti di depurazione ai sensi dell’art. 8 sexies d.l. 208/2008.
La ricorrente, richi amato l’art. 8 sexies d.l. 208/2008, con il quale è stato precisato che quanto pagato in fattura e indicato come tariffa di depurazione doveva intendersi la somma delle voci relative alla progettazione e completamento degli impianti di depurazione oltre al servizio, vero e proprio, di depurazione, lamenta che il Tribunale abbia affermato che era suo onere fornire la prova delle opere di progettazione, completamento o ristrutturazione dell’impianto di depurazione .
Tenuto conto che aveva svolto una domanda c.d. traversale di manleva e/o regresso verso la Regione Campania, e con la chiamata in causa di RAGIONE_SOCIALE aveva rappresentato di voler riversare su di esse le conseguenze della mancata attività di depurazione, erroneamente il Tribunale aveva ritenuto essere tenuta alla prova degli oneri di progettazione, realizzazione e completamento dell’impianto in luogo di RAGIONE_SOCIALE, così violando l’art. 2697 cod. civ. riguardo ‘non tanto alla domanda restitutoria formulata dagli utenti ma quella di RAGIONE_SOCIALE verso la Regione Campania e soprattutto dell’Ente regionale nei confronti di RAGIONE_SOCIALE
5.1. Il motivo è infondato.
In ordine alla prospettata violazione mette conto richiamare il principio fatto proprio dalle Sezioni Unite di questa Corte, ai sensi del quale la violazione dell’articolo 2697 cod. civ. si configura se il giudice di merito
applica la regola di giudizio fondata sull’onere della prova in modo erroneo, cioè attribuendo l’ onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costituivi ed eccezioni (v., Cass., Sez. Un., 5 agosto 2016, n. 16598, in motivazione espressa, sebbene non massimata sul punto; Cass., 6-III, 23 ottobre 2018, n. 26769; sez. lav., 19 agosto 2020, n. 17313; 15 ottobre 2024, n. 26739).
Il Tribunale in relazione a quanto sollevato dall’appellante in ordine all’art. 8 sexies d.l. 208/2008 ha sostenuto: ‘deve confermarsi che correttamente il Giudice di prime cure ha affermato che era onere dell’A.B.C. fornire la prova dell’affidamento delle opere di progettazione, completamento o ristrutturazione dell’impianto di depurazione di Cuma … per sottrarre dal credito restitutorio spettante agli utenti, gli oneri derivanti dalle attività …, debbono essere provati dal soggetto convenuto in giudizio per la restituzione, ex art. 2967 cod. civ., trattandosi di fatto impeditivo della pretesa restitutoria ‘.
Il Tribunale , considerato che la domanda svolta dall’attrice e dagli intervenuti afferiva a un contratto di utenza idrica, rispetto al quale unico titolare dal lato passivo era RAGIONE_SOCIALE concessionaria del servizio idrico integrato, correttamente in base al principio della scomposizione della fattispecie ha ritenuto l’appellante tenuto, al fine di procedere allo scomputo dal credito restitutorio, all’onere della prova quanto agli oneri derivanti dalle attività di progettazione, realizzazione o completamento dell’impianto di depurazione , trattandosi di fatto impeditivo della pretesa restitutoria come peraltro enunciato da questa Corte già con la sentenza 12 giugno 2020, n. 11270, puntualmente richiamata in motivazione.
Quanto detto dal Tribunale deve essere inteso nel significato che ragionevolmente può essere attribuito all’espressione usata , ossia non che RAGIONE_SOCIALE fosse tenuta a provvedere agli oneri di progettazione, realizzazione o completamento dell’impianto, ma alla prova del relativo ammontare onde provvedere allo scomputo da quanto oggetto di restituzione per effetto del
non regolare funzionamento dell’impianto , per essere a ciò tenuta in base al contratto di utenza idrica. Per contro, quanto oggi sostenuto dalla ricorrente in merito al rapporto processuale con la Regione Campania e, mediatamente, con RAGIONE_SOCIALE, oltre a quanto detto sopra con riferimento al secondo e al terzo motivo di ricorso, è del tutto eccentrico rispetto alla decisione impugnata basata, invece, sul rapporto esistente tra RAGIONE_SOCIALE e utenti del servizio di utenza idrica.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13 (Cass., sez. un., 20 febbraio 2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, in favore dei controricorrenti, che liquida:
quanto a Regione Campania in euro 200,00 per esborsi ed euro 1.200,00 per competenze professionali, oltre rimborso forfetario del 15%, Iva e cpa se dovuti per legge;
quanto a COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, in euro 200,00 per esborsi ed euro 1.400,00 per competenze professionali, oltre rimborso forfetario del 15%, Iva e cpa se dovuti per legge, con distrazione in favore dell’avv. NOME COGNOME dichiaratosi antistatario;
quanto a RAGIONE_SOCIALE in liquidazione in euro 200,00 per esborsi ed euro 1.400,00 per competenze professionali, oltre rimborso forfetario del 15%, Iva e cpa se dovuti per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza sezione civile della