Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 8049 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 8049 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3073/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE, e domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, pec:
-ricorrente-
Contro
NOME NOME, NOME
intimati- avverso la SENTENZA del TRIBUNALE GENOVA n. 2445/2022 depositata il 27/10/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/11/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
I signori NOME e NOME convennero in giudizio davanti al Giudice di Pace di Chiavari la società RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) chiedendone la condanna alla restituzione delle somme pagate nell’ultimo decennio come corrispettivo del servizio di depurazione delle acque reflue, allegando che il servizio di depurazione secondaria non era stato svolto, sicché le somme pagate erano indebite;
la convenuta si costituì in giudizio opponendosi alla domanda e chiese, in subordine, che la stessa fosse limitata al solo impianto a servizio degli attori;
il Giudice di Pace adito accolse la domanda condannando RAGIONE_SOCIALE alla restituzione dei pagamenti richiesti;
a seguito di appello di RAGIONE_SOCIALE il Tribunale di Genova ha rigettato l’appello condanna n do l’appellante alle spese;
avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione sulla base di sei motivi;
nessuno resiste al ricorso;
il ricorso è stato assegnato per la trattazione in Adunanza Camerale ai sensi dell’ art. 380 bis c.p.c.
Considerato che:
con il primo motivo -violazione e falsa applicazione ex art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c., degli artt. 74, 101 e 105 Dlgs. 152/2006 e dell’art. 2 D.M. n. 102 del 30/9/2009 -la ricorrente lamenta che il giudice d’appello, violando ed erroneamente richiamando la normativa indicata e sulla scorta di una interpretazione creativa e contra legem, ha ritenuto che la normativa nazionale cui occorre fare riferimento è l’art. 105 del D.lgs. n. 152/2006 che prescrive la sottoposizione delle acque ‘ad un trattamento secondario o equivalente’ e che, in assenza di
definizione dei parametri di cui all’allegato 5 del suddetto decreto, la normativa non avrebbe una efficacia immediata; secondo la ricorrente il concetto di ‘depurazione’ non può dirsi coincidere con il ‘trattamento secondario o equivalente’;
con il secondo motivo -violazione e falsa applicazione ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. degli artt. 1175, 1218, 1374, 1375, 1453, 1559, 2033, 105, 154 155 del D.lgs. n. 152/2006- la ricorrente assume che il Tribunale, erroneamente applicando la disciplina comunitaria, nazionale e codicistica ha ritenuto la società inadempiente agli obblighi contrattuali assunti per violazione dei limiti qualitativi del servizio di depurazione; infatti -in relazione al sinallagma proprio dei contratti a prestazioni corrispettive proprio dei rapporti di utenza quale quello in essere- il gestore deve garantire, secondo il principio di unicità della gestione, l’intera prestazione, non potendosi scomputare pertanto dalla tariffa la sola componente della ‘depurazione’ e comunque la tariffa è determinata in relazione a tutti gli impianti di depurazione dell”ambito’ e non già del solo impianto del luogo di residenza degli utenti;
con il terzo motivo -violazione e falsa applicazione ex art. 360 co. 1 n. 3 cpc degli artt. 113 cpc, 1218 e 2697 c.c., 141, 147, 149, 154 e 155 Dlgs. 152/2006- lamenta che il giudice ha erroneamente ritenuto che la tariffa costituisce il corrispettivo del singolo servizio idrico integrato, cioè del singolo impianto quando, invece, la normativa essendo volta a disciplinare il funzionamento dell’impianto nell”ambito’, non può intendersi riferita al singolo contratto; ad avviso della ricorrente la Corte del merito avrebbe erroneamente ritenuto non provata l’eccezione volta ad ottenere l’intero importo e non solo la quota corrispondente al singolo contratto. In realtà si sarebbero succeduti nel tempo diversi metodi tariffari e la Corte del merito avrebbe dovuto riconoscere che, dal momento che il gestore non
assume obbligazioni in modo puntiforme ma a scala di massa, il nesso di corrispettività si determina con l’intero ambito. Ne consegue che la tariffa deve essere idonea alla copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio quindi il malfunzionamento del singolo impianto non potrebbe riverberare in non debenza della tariffa;
con il quarto motivo -omesso esame di documenti prodotti ex art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c. violazione e falsa applicazione ex art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c. c.p.c. dell’art. 4 Legge regionale n. 29/2007, dell’art. 8 sexies D.L. 30/12/2008 n. 208, conv. in legge n . 13/2009 e dell’art. 154 D.lgs. n. 152/2006 -lamenta che il giudice, senza addentrarsi nell’attenta analisi dei documenti prodotti e senza valutare le ampie allegazioni sul punto, ha affermato che la società non ha dato prova né dell’avvio delle procedur e di affidamento della progettazione o del completamento dell’impianto di depurazione né del rispetto dei tempi programmati;
con il quinto motivo -violazione e falsa applicazione ex art. 360, co. 1 n. 3 c.p.c. degli artt. 1175, 1218, 1375 e 1559 c.c. e 154 Dlgs. n. 152/2006 -lamenta che il giudice d’appello ha errato nell’affermare che merita conferma la decisione del giudice di prime cure secondo cui l’impianto non assicura un trattamento di depurazione conforme allo standard minimo di legge sicché la tariffa non era dovuta e che, per dimostrare l’esistenza del proprio credito , il fornitore avrebbe dovuto allegare e provare l’esistenza di tutti gli impianti dell’ambito territoriale;
con il sesto motivo -violazione o falsa applicazione ex art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c. dell’art. 2948 c.c. lamenta che il giudice, erroneamente inquadrando la domanda nella ripetizione dell’indebito e non nella richiesta di ripetizione di prestazioni periodiche, ha escluso
l’applicazione della prescrizione quinquennale affermando quella decennale;
il ricorso è infondato;
i primi tre motivi ed il quinto con i quali si contesta la debenza dell’erogazione di un servizio di depurazione secondaria e la natura corrispettiva del pagamento del servizio, con la conseguente erroneità del preteso inadempimento della società erogatrice, sono infondati in quanto la sentenza , nell’affermare che l’obbligo del servizio di depurazione secondaria o equivalente è già cogente essendovi una normativa nazionale -art. 105 del Dlgs. n. 152 del 2006- già contenente una prescrizione ben determinata relativa all’impianto di ‘trattamento secondario o equivalente’ e nel ritenere, quanto alla corrispettività tra il singolo rapporto di utenza e la debenza della tariffa, che il sinallagma non è provato, essendo la tariffa riferita ad un ambito territoriale più ampio rispetto a quello del Comune nel quale è collocato l’impianto di depurazione al quale è collegata la singola utenza, è conforme al consolidato indirizzo di questa Corte;
questa Corte ritiene infatti che, a seguito della pronuncia n. 335 del 2008 della Corte Costituzionale che ha ritenuto irragionevole la disposizione che prevedeva la debenza del corrispettivo per la depurazione secondaria anche nel caso in cui la fognatura fosse sprovvista di impianti centralizzati di depurazione o questi fossero inattivi, in presenza di norme sia comunitarie sia nazionali che prevedono l’obbligatorietà degli impianti, in caso di mancata fruizione da parte dell’utente del servizio di depura zione per fatto a lui non imputabile, è irragionevole l’imposizione dell’obbligo del pagamento della quota riferita a detto servizio (Cass., 3, n. 26459 del 2023; Cass., 3, n. 26230 del 2023; Cass., 3, n. 26119 del 2023; Cass., 3, n. 20361 del 2023; Cass., 3 n. 7947 del 2020; Cass, 3 n. 3692 del 2020; Cass.,
5, n. 9500 del 18/4/2018; Cass., 3, n. 14042 del 4/6/2013); l’incompletezza del ciclo di depurazione e la non rilevabilità di dati relativi al suddetto ciclo sono fattori idonei ad elidere il necessario rapporto sinallagmatico tra il difettoso servizio interrotto e il diritto al corrispettivo (Cass., 3, n. 7947 del 20/4/2020); la tariffa del servizio idrico integrato ha natura di corrispettivo di una prestazione complessa che trova fonte, per una quota determinata dalla legge, nel contratto di utenza: non è dovuta nell’ipotesi di mancato funzionamento dello stesso per fatto non imputabile all’utente, stante l’assenza della controprestazione;
la pretesa violazione dell’art. 2697 c.c. , prospettata con il terzo motivo, è inammissibile in quanto non osserva le condizioni poste da questa Corte per la relativa prospettazione : ‘l a violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c., censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., è configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni ‘ (Cass., 3, n. 13395 del 29/5/2018; Cass., 6-3, n. 18092 del 31/8/2020);
è infondata, invece, la pretesa violazione degli artt. 1175, 1218, 1375 e 1559 c.c. e 154 Dl.gs. n. 152/2006 in quanto trattandosi di responsabilità contrattuale era, come correttamente ritenuto dalla impugnata sentenza, il fornitore a dover dare la prova dell’esistenza di impianti adeguati di depurazione secondaria;
il quarto motivo, con cui si lamenta l’omessa valutazione di documentazione che comproverebbe la debenza della tariffa per la depurazione pur in mancanza del relativo impianto, è inammissibile;
la sentenza impugnata ha ritenuto che la società non ha dato prova né dell’avvio delle procedure di affidamento della progettazione o del completamento dell’impianto di depurazione né del rispetto dei tempi programmati: a fronte di tale accertamento la ricorrente sollecita questa Corte ad una rivalutazione del materiale istruttorio, senza neppure prospettare la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., di cui comunque non ricorrerebbero i presupposti;
il sesto motivo, con cui si lamenta la mancata applicazione della prescrizione quinquennale invocata a fronte della richiesta di prestazioni periodiche, è infondato alla luce dell’ormai costante orientamento di questa Corte secondo cui il credito concernente la restituzione delle somme pagate nel passato non è periodico e non può essere assoggettato alla prescrizione quinquennale; ne consegue, pertanto, che il diritto non è soggetto al termine di prescrizione quinquennale di cui all’art. 2948 n. 4 c.c. ma all’ordinario termine decennale di prescrizione che decorre dalle date dei singoli pagamenti (Cass., n. 1998 del 29/1/2020; Cass., 3, n. 20361 del 14/7/2023);
alle suesposte considerazioni consegue il rigetto del ricorso; non occorre provvedere sulle spese perché gli intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
Nulla per le spese;
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 30/11/2023.