Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 28876 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 28876 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22398/2023 R.G. proposto
da
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore e domiciliata ope legis in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA RAGIONE_SOCIALE DELLO STATO che la rappresenta e difende
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio
Oggetto: RAGIONE_SOCIALE -facoltà di godimento dei beni demaniali (concessioni) -Determinazione del canone demaniale ex art. 1, comma 251, l. n. 296 del 2006 – Criterio della destinazione delle pertinenze – Giurisdizione
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
Ud. 18/09/2025 CC
dell’avvocato COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME NOME
-controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE
-intimato – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO ROMA n. 5280/2023 depositata il 13/07/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 18/09/2025 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 5280/2023, pubblicata in data 21 luglio 2023, la Corte d’appello di Roma, nella regolare costituzione dell’appellata RAGIONE_SOCIALE e nella contumacia dell’altro appellato RAGIONE_SOCIALE, ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del Tribunale di Latina n. 2487/2017, pubblicata in data 13 novembre 2017.
NOME COGNOME NOME aveva convenuto il RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE, premettendo di essere titolare di una concessione demaniale marittima rilasciata per il mantenimento di uno stabilimento balneare denominato ‘RAGIONE_SOCIALE La RAGIONE_SOCIALE‘.
Aveva poi dedotto che, con nota prot. n. 47009 del 03.10.2007, nonché con nota prot. n. 53147 del 09.11.2007, il RAGIONE_SOCIALE, a seguito dell’entrata in vigore della Legge n. 296/2006 (legge finanziaria 2007), aveva rideterminato il canone concessorio per l’anno 2007 – dando applicazione dell’art. 1, comma 251, lett. b, punti 1.1; 1.3; 2.1 della L. n. 27/12/2006 n. 296 (previsione che ha sostituito l’art. 03, comma 1, D.L. n. 400/1993,
convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 494/1993) -ed aveva quindi chiesto all’attrice il pagamento della somma di € 69.602,38 oltre ad € 10.440,36 a titolo di imposta .
La società odierna controricorrente aveva contestato sia l’applicabilità delle previsioni normative di cui alla Legge n. 296/2006, sia la determinazione del canone secondo i parametri dell’art. 1, comma 251, lett. b), punto 2.1 , deducendo l’applicabilità di tale previsione non a tutte le pertinenze demaniali marittime, ma soltanto a quelle destinate ad attività commerciale, nel caso di specie corrispondenti a soli 70 mq a fronte dei 2079 mq indicati dal RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE.
Costituitosi il RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE, chiedendo il rigetto delle domande formulate dall’odierna controricorrente, ed esteso il contraddittorio ad RAGIONE_SOCIALE, il Tribunale di Latina aveva parzialmente accolto le domande, dichiarando non dovuti: 1) gli importi determinati dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE a titolo di canone concessorio per le pertinenze demaniali marittime ad uso commerciale; 2) gli importi richiesti dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE a titolo di aggiornamento ISTAT del canone a decorrere dall’anno 1994, per le opere ‘ di difficile e facile rimozione ‘ , nonché per le aree scoperte; 3) gli importi richiesti dal RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per l’arenile e le aree scoperte calcolate in ragione dell’anno solare, dovendo le medesime essere rapportate all’effettivo utilizzo.
3. La Corte capitolina, dopo aver disatteso l’eccezione di difetto di legittimazione di RAGIONE_SOCIALE sollevata da RAGIONE_SOCIALE e dopo aver affermato la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario a conoscere la controversia, ha tuttavia dichiarato l’appello inammissibile ex art. 345 c.p.c., ‘ perché entrambe le questioni sollevate con l’impugnazione sono rimaste estranee al giudizio di primo
grado, sia quella relativa all’esistenza di ulteriori concessioni (solo genericamente evocate dall’appellante) che avrebbero determinato l’acquisizione in proprietà demaniale di alcuni manufatti, sia quella relativa alla non amovibilità dei manufatti che il tribunale non avrebbe considerato nel ridurre il canone dovuto in ragione della stagionalità dell’uso del bene dato in concessione’ .
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Roma ricorre RAGIONE_SOCIALE.
Resiste con controricorso e ricorso incidentale condizionato RAGIONE_SOCIALE.
È rimasto intimato RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
La ricorrente incidentale ha depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso principale è affidato a cinque motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 1, c.p.c., la ‘v iolazione di legge per erronea e falsa applicazione art.37 c.p.c. e del disposto del D.lgs. n. 104 del 2010, art. 133, comma 1, lett. b ‘ .
Si censura la decisione impugnata nella parte in cui la stessa ha affermato la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario a conoscere della controversia.
La ricorrente evidenzia che nel caso in esame il petitum sostanziale dell’azione proposta dall’odierna controricorrente riguarda il regime giuridico della concessione ai fini della determinazione del canone e quindi ‘se si debba aver riguardo al ‘rapporto concessorio’ nel suo complesso od agli effetti giuridici dei singoli atti di concessione ‘ .
Deduce che la decisione impugnata avrebbe preso a riferimento solo la concessione rilasciata dal RAGIONE_SOCIALE al ‘RAGIONE_SOCIALE‘ per il periodo dall’1/1/2002 al 31/12/2007, omettendo di considerare i precedenti titoli concessori rilasciati dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE al titolare della predetta società, all’ epoca in cui la competenza gestoria era in capo allo Stato.
Contesta, quindi, l’affermazione contenuta nella decisione impugnata -per cui il regime concessorio non si sarebbe mai interrotto, in tal modo impedendo il prodursi dell’effetto devolutivo di cui all’art. 49 Cod. Nav.
Argomenta che la controversia non ha natura meramente patrimoniale, in quanto si discute del carattere di pertinenze demaniali marittime delle opere realizzate dal concessionario.
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce ‘ Omesso esame di punti decisivi della controversia in relazione all’art.360 c.1 n.5 c.p.c. Conseguente violazione art.345 c. p.c. in relazione all’art.360 c.1 n.4 c.p.c .’ .
La ricorrente censura la decisione impugnata nella parte in cui ha dichiarato inammissibili, in quanto dedotte solo in appello, le questioni relative, da un lato, all’esistenza di ulteriori concessioni , che avrebbero determinato l’acquisizione in proprietà demaniale di alcuni manufatti, e, dall’altro lato, alla non amovibilità dei manufatti medesimi ai fini della valutazione della stagionalità dell’uso del bene dato in concessione.
Deduce, in contrario, che le stesse erano già state sollevate nel giudizio di prime cure, in sede di costituzione in giudizio.
1.3. Con il terzo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c .
La ricorrente, in ogni caso, argomenta che i profili dedotti costituivano mere difese e non eccezioni nuove, e potevano quindi essere sollevate anche in grado di appello.
1.4. Con il quarto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la ‘ Violazione di legge per erronea applicazione art. 49 Cod. Nav. nel Regime antecedente la legge 88/01 ‘ .
Si censura la decisione impugnata, in quanto la stessa si sarebbe venuta a fondare unicamente sulla valutazione della concessione n. 54 del 2002 rilasciata dal RAGIONE_SOCIALE al ‘RAGIONE_SOCIALE‘ per il periodo dall’1/1/2002 al 31/12/2007 ma avrebbe omesso di considerare i precedenti titoli concessori rilasciati dalla RAGIONE_SOCIALE al titolare della stessa società odierna controricorrente, all’epoca in cui la competenza gestoria era in capo allo Stato .
Si deduce, in particolare, che tali titoli contenevano una clausola che prevedeva che nei casi di scadenza, decadenza e revoca delle licenze le opere abusive o di difficile rimozione sarebbero state acquisite allo Stato senza alcun indennizzo, compenso, risarcimento o rimborso di sorta.
Si argomenta, quindi, che in base all’art. 49 Cod. Nav. l’accessione delle opere si verifica ipso iure , al termine del periodo di concessione, per le opere non amovibili, costruite su zona demaniale, al punto che il successivo atto amministrativo avrebbe natura meramente ricognitiva e di accertamento ma non sarebbe assolutamente necessario perché l’amministrazione possa essere considerata titolare delle opere costruite su area demaniale.
Sarebbe quindi errata -conclude il motivo -la tesi per cui le opere realizzate dall’odierna controricorrente sarebbero tuttora in proprietà superficiaria di quest’ultima.
1.5. Con il quinto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la ‘ Violazione di legge per erronea applicazione 3 , co 4°, del D.L. n. 400/93 ( convertito con legge n. 494/93 e ss.mm.ii) comma 1, lett. b, n. 2 -2.1 dell’ art. 3 del D.L. n. 400 del 1993, così come modificato dal comma 251 dell’ art. 1 della L. n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007). ‘ .
Si contesta la correttezza della tesi per cui, risultando l’arenile oggetto della concessione utilizzato nella sola stagione balneare, il canone di concessione dovrebbe essere rapportato a tale periodo, in virtù della presenza di strutture fisse e non amovibili, peraltro destinate anche ad attività commerciali, terziario-direzionali e di produzione di beni e servizi.
Argomenta, quindi, la ricorrente che il canone concessorio deve essere calcolato secondo i criteri di cui all’art. 3, comma 1, lett. b), n. 2.1, D.L. n. 400/1993.
Con l’unico motivo di ricorso condizionato, la ricorrente incidentale deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione dell’art. 100 c.p.c.
Si impugna la decisione della Corte capitolina nella parte in cui la stessa ha disatteso l’appello incidentale con il quale l’odierna ricorrente incidentale aveva contestato la legittimazione di RAGIONE_SOCIALE ad impugnare la sentenza di primo grado, deducendo un difetto di legittimazione sostanziale e cioè un difetto della titolarità di una posizione giuridica lesa.
Il motivo ripropone in questa sede la tesi per cui la determinazione de ll’ammontare dei canoni demaniali marittim i, ai sensi del D. lgs. n. 112/1998 e della Legge R. Lazio n. 14/1999, sarebbe devoluta ai comuni, con la conseguenza che tale profilo non atterrebbe ad una posizione di titolarità di RAGIONE_SOCIALE.
In relazione al ricorso incidentale -peraltro dalla medesima ricorrente incidentale qualificato come condizionato -appare opportuno un richiamo preliminare al principio per cui il ricorso incidentale proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di merito e che investa questioni preliminari di merito o pregiudiziali di rito ha natura di ricorso condizionato all’accoglimento del ricorso principale, indipendentemente da ogni espressa indicazione di parte, sicché, laddove le medesime questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito siano state oggetto di decisione esplicita o implicita da parte del giudice di merito, tale ricorso incidentale va esaminato dalla Corte solo in presenza dell’attualità dell’interesse, ovvero unicamente nell’ipotesi della fondatezza del ricorso principale (Cass. Sez. U, Sentenza n. 7381 del 25/03/2013; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 4619 del 06/03/2015; Cass. Sez. 3 – , Ordinanza n. 25694 del 25/09/2024)
Passando, allora, all’esame del ricorso principale, lo stesso non appare meritevole di accoglimento.
3.1. Il primo motivo risulta infondato, alla luce di un orientamento di questa Corte che risulta consolidato, con conseguente possibilità che il ricorso medesimo sia deciso senza rimessione alle Sezioni Unite, secondo quanto previsto dall’art. 374, primo comma, secondo periodo, c.p.c.
Questa Corte, infatti, ha già enunciato il principio per cui la controversia avente ad oggetto l’accertamento della titolarità della proprietà superficiaria di un manufatto insistente su area demaniale costituente oggetto di concessione marittima è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, in quanto, non venendo in rilievo alcuna contestazione sulla legittimità della presupposta concessione demaniale marittima né sulla correlata convenzione intercorsa tra le parti, la pretesa azionata risulta esclusivamente diretta a tutelare una
posizione dì diritto soggettivo, indirizzata al riconoscimento della titolarità del diritto reale dedotto in causa (cfr. Cass. Sez. U – , Ordinanza n. 28639 del 18/10/2021, su una ipotesi affine a quella ora in esame, ma si vedano anche, in via generale, Cass. Sez. U, Sentenza n. 6074 del 12/03/2013; Cass. Sez. U, Sentenza n. 26897 del 23/12/2016; Cass. Sez. U, Sentenza n. 21597 del 04/09/2018; Cass. Sez. U, Sentenza n. 23591 del 27/10/2020; Cass. Sez. U, Sentenza n. 28973 del 17/12/2020).
Rispetto a tale consolidato impianto, le deduzioni della ricorrente non offrono alcun argomento giuridico innovativo idoneo a giustificare la rivalutazione del principio appena richiamato, limitandosi ad invocare una serie di circostanze fattuali finalizzate all’accertamento , nello specifico, della sussistenza o meno della proprietà superficiaria, e cioè profili che -come emerge dai precedenti di questa Corte appena richiamati -rientrano nell’ambito della giurisdizione ordinaria , fermo restando che oggett o originario del giudizio era non l’accertamento della demanialità dei manufatti ma la mera determinazione del canone concessorio.
3.2. Il secondo mezzo risulta invece inammissibile per mancato rispetto del canone di specificità di cui all’art. 366 c.p.c., dal momento che lo stesso si sostanzia in un generico richiamo agli atti di causa, senza adeguata localizzazione o riproduzione dei medesimi, tale non potendosi ritenere la trasposizione di un mero frammento della motivazione del Tribunale e non -come sarebbe stato necessario -delle difese della stessa odierna ricorrente, non senza osservare ulteriormente che, nella sua sinteticità , l’estratto in questione risulta del tutto inidoneo a suffragare la tesi della ricorrente.
3.3. Deve essere invece dichiarato infondato il terzo motivo, in quanto lo stesso mira a qualificare come mere difese profili ( l’ esistenza
di precedenti concessioni e l’ inamovibilità dei manufatti), che, per contro, venivano ad opporre nuovi fatti o temi di indagine non compresi fra quelli originariamente indicati dall’attrice -concernenti la sola rideterminazione dei canoni e non l’acquisizione o meno di alcuni manufatti al RAGIONE_SOCIALE -e non risultanti dagli atti di causa.
Le deduzioni dell’odierna ricorrente, conseguentemente, sono venute ad integrare vere e proprie eccezioni e non mere difese, secondo il principio per cui con queste ultime la parte si limita a negare la sussistenza o la fondatezza della pretesa avversaria sulla base di fatti principali o secondari emergenti dagli atti, dai documenti o dalle altre prove ritualmente acquisite al processo senza dedurre nuovi fatti o nuovi temi di indagine (Cass. Sez. 3 – , Ordinanza n. 8525 del 06/05/2020; Cass. Sez. 2 – , Sentenza n. 14515 del 28/05/2019).
3.4. Il quarto motivo -che peraltro costituisce riproposizione di un motivo di appello e contiene censure rivolte alla decisione di prime cure -deve in ogni caso ritenersi assorbito, dal momento che lo stesso veicolava profili che, come constatato in sede di esame del secondo e terzo motivo, sono stati correttamente dichiarati inammissibili dalla Corte territoriale.
3.5. A similare conclusione si deve pervenire in relazione al quinto mezzo, anch’esso riproposizione di un motivo di appello indirizzato a censurare la decisione di prime cure e non la decisione che è oggetto di impugnazione in questa sede.
Il rigetto del ricorso principale determina, a questo punto, l’assorbimento del ricorso incidentale condizionato, come già evidenziato in premessa.
Alla luce delle considerazioni che precedono, mentre il ricorso principale deve essere respinto, il ricorso incidentale condizionato deve essere dichiarato assorbito.
Consegue la condanna della ricorrente alla rifusione in favore della controricorrente e ricorrente incidentale delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
6. Non occorre dare atto, ai fini e per gli effetti precisati da Cass. S.U. n. 4315/2020, della sussistenza delle condizioni processuali di cui all’art. 13 c. 1 quater d.P.R. n. 115 del 2002 perché la norma non può trovare applicazione nei confronti di quelle parti che, come le Amministrazioni dello Stato, mediante il meccanismo della prenotazione a debito siano istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo (Cass. S.U. n. 9938/2014; Cass. n. 1778/2016; Cass. n. 28250/2017).
P. Q. M.
La Corte, rigetta il ricorso principale; dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato;
condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 8.000,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il giorno 18 settembre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME