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Canone concessorio: nullo l’accordo che lo riduce

Una sentenza del Tribunale di Milano ha dichiarato la nullità di un accordo tra un Ente Locale e una società di distribuzione del gas che riduceva il canone concessorio dovuto dopo la scadenza del contratto. La decisione si fonda sulla natura imperativa delle norme che regolano il settore, le quali, anche con efficacia retroattiva, impongono il pagamento del canone originario per tutelare la finanza pubblica. La società è stata condannata a versare le differenze non pagate.

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Pubblicato il 25 aprile 2025 in Diritto Civile, Diritto Commerciale, Giurisprudenza Civile

Canone Concessorio Gas: Nullo l’Accordo Privato che Contrasta con la Legge

Il pagamento del canone concessorio rappresenta un pilastro nei rapporti tra enti pubblici e società private che gestiscono servizi essenziali, come la distribuzione del gas. Una recente sentenza del Tribunale di Milano ha riaffermato un principio cruciale: gli accordi privati non possono derogare alle norme imperative che tutelano la finanza pubblica. Il caso in esame ha visto la nullità di una transazione che riduceva tale canone, con la conseguente condanna della società a versare le somme originariamente dovute.

I Fatti del Caso: Un Contratto Scaduto e un Accordo Contestato

La vicenda trae origine da un contratto per la distribuzione del gas stipulato nel 2003 tra un Ente Locale e una società concessionaria. Il contratto, scaduto nel 2015, prevedeva un canone specifico. A causa di modifiche normative che hanno ridisegnato gli ambiti territoriali per le gare, la società ha continuato a gestire il servizio in regime di prorogatio, ovvero in attesa del nuovo affidamento.

In questo periodo transitorio, nel 2016, le parti hanno stipulato un accordo (qualificato come transazione) che prevedeva un canone concessorio notevolmente inferiore rispetto a quello del contratto originale. Tuttavia, una successiva legge di interpretazione autentica (L. 232/2016) ha chiarito, con efficacia retroattiva, che il gestore uscente è obbligato a pagare il canone previsto dal contratto scaduto fino alla nuova aggiudicazione. Forte di questa norma, l’Ente Locale ha citato in giudizio la società per ottenere la declaratoria di nullità dell’accordo del 2016 e il pagamento delle differenze per gli anni dal 2019 al 2022.

La Decisione del Tribunale sul Canone Concessorio

Il Tribunale di Milano ha accolto integralmente la domanda dell’Ente Locale. Ha dichiarato la nullità dell’accordo transattivo del 2016 e ha condannato la società di distribuzione a pagare la somma di oltre 445.000 euro, pari alla differenza tra il canone versato e quello dovuto secondo il contratto originario, oltre agli interessi.

La Prevalenza delle Norme Imperative

Il punto cardine della decisione è il riconoscimento del carattere imperativo delle norme che regolano l’affidamento del servizio di distribuzione del gas. Il giudice ha stabilito che questa normativa è finalizzata a garantire la correttezza della gestione amministrativa, la razionalizzazione della spesa e l’equilibrio economico-finanziario degli enti locali. Questi interessi pubblici non possono essere derogati dalla volontà negoziale delle parti. Di conseguenza, un accordo come la transazione del 2016, che si pone in contrasto con tali norme, è nullo ai sensi dell’art. 1418 del Codice Civile.

La Legittimità della Legge Interpretativa Retroattiva

La difesa della società si basava sulla presunta incostituzionalità e incompatibilità con il diritto europeo della legge retroattiva. Il Tribunale ha respinto queste eccezioni, allineandosi a consolidati orientamenti della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale. Una norma interpretativa retroattiva è legittima quando interviene per chiarire una situazione di incertezza normativa preesistente e per tutelare principi, diritti e beni di rilievo costituzionale. Nel caso di specie, l’incertezza sul canone dovuto in regime di prorogatio e la necessità di proteggere la finanza pubblica giustificavano pienamente l’intervento legislativo con effetto retroattivo.

Il Ruolo del Canone Concessorio Post-Scadenza

La sentenza chiarisce che il principio generale dell’ordinamento prevede che il corrispettivo per il godimento di un bene o di un servizio, anche dopo la scadenza del contratto, debba rimanere quello originariamente pattuito, in assenza di altri parametri. La legge interpretativa non ha fatto altro che esplicitare questa regola, rendendo inequivocabile l’obbligo per la società concessionaria di continuare a versare il canone concessorio nella misura stabilita dal contratto del 2003.

Le Motivazioni

Le motivazioni del Tribunale si fondano su una gerarchia chiara delle fonti del diritto: le norme imperative di legge, poste a tutela di interessi pubblici superiori, prevalgono sull’autonomia contrattuale dei privati. La transazione del 2016 è stata considerata nulla non per un vizio di forma, ma per la sua contrarietà all’ordine pubblico economico, rappresentato dalle norme sulla finanza pubblica e sulla concorrenza nel settore dei servizi pubblici. L’Ente Locale, al momento della stipula dell’accordo, non era più il soggetto legittimato a concordare nuove condizioni per il servizio, essendo la competenza trasferita a livello di ambito territoriale. Pertanto, l’accordo violava la legge sia per l’oggetto (la riduzione di un canone inderogabile) sia per la carenza di potere dell’ente a rinegoziarlo.

Le Conclusioni

La sentenza offre importanti implicazioni pratiche. Per le società che operano in concessione, emerge chiaramente che i rapporti con la Pubblica Amministrazione sono governati da un quadro normativo rigido, che non lascia spazio a rinegoziazioni in diminuzione dei corrispettivi stabiliti per legge. Per gli Enti Locali, viene riaffermato l’obbligo di riscuotere quanto dovuto per legge, senza possibilità di accordi transattivi che possano configurare un danno erariale. In definitiva, la tutela della finanza pubblica e la corretta applicazione delle norme di settore costituiscono un limite invalicabile per l’autonomia negoziale delle parti.

Un accordo privato per ridurre un canone concessorio è valido se stipulato dopo la scadenza del contratto originale?
No, la sentenza stabilisce che un simile accordo è nullo. Le norme che definiscono il canone per un servizio pubblico sono imperative e tutelano l’interesse pubblico, pertanto non possono essere derogate da una transazione privata. L’obbligo di pagare il canone originario prosegue fino al nuovo affidamento del servizio.

Una legge può imporre retroattivamente il pagamento di un canone più alto rispetto a quello concordato in una transazione?
Sì, secondo il Tribunale una legge di interpretazione autentica con efficacia retroattiva è legittima se serve a chiarire una precedente situazione di incertezza normativa e a tutelare beni di rilievo costituzionale, come l’equilibrio della finanza pubblica. In questo caso, la legge ha semplicemente esplicitato un obbligo già insito nel sistema.

Perché una norma di legge sul canone concessorio prevale su un accordo tra le parti?
Perché la normativa sulla distribuzione del gas e sui relativi corrispettivi è considerata di ordine pubblico economico. Essa è posta a tutela di interessi collettivi (corretta gestione amministrativa, equilibrio finanziario degli enti locali, concorrenza) che sono superiori all’interesse delle singole parti contraenti. Pertanto, qualsiasi patto contrario a tali norme è nullo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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