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Canone concessione gas: obbligo di pagamento in proroga

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una società di distribuzione del gas, confermando l’obbligo di versare l’intero canone concessione gas a un Comune anche durante la fase di proroga del contratto, in attesa di una nuova gara. La Corte ha stabilito che, sebbene il pagamento sia dovuto, il gestore non è privo di tutele, potendo attivare strumenti legali come la rinegoziazione del contratto per riequilibrare le condizioni economiche alterate dal ritardo della pubblica amministrazione.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Canone Concessione Gas: Pagamento Obbligatorio anche in Proroga

La gestione dei servizi pubblici locali, come la distribuzione del gas, è regolata da contratti di concessione a lunga scadenza. Ma cosa succede quando il contratto scade e l’ente pubblico non ha ancora indetto la nuova gara? La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 2345/2024, offre chiarimenti cruciali sull’obbligo di pagamento del canone concessione gas da parte del gestore uscente in regime di proroga.

I Fatti di Causa

Una società concessionaria del servizio di distribuzione del gas si è vista richiedere da un Comune il pagamento di un ingente importo a titolo di canone per l’anno 2013, nonostante il contratto di concessione, stipulato nel 2004, fosse già scaduto. L’importo richiesto era composto da una quota fissa, legata all’ingresso nella gestione, e una variabile, commisurata all’utilizzo della rete.

La società si è opposta al decreto ingiuntivo, ottenendo inizialmente ragione dal Tribunale di Milano, che aveva revocato l’ingiunzione. Tuttavia, la Corte d’Appello ha ribaltato la decisione, accogliendo il ricorso del Comune e affermando la piena debenza del canone anche nel periodo successivo alla scadenza contrattuale. La questione è così giunta all’esame della Corte di Cassazione.

La questione del canone concessione gas in regime di proroga

Il cuore della controversia risiede nell’interpretazione della normativa che regola la continuità del servizio di distribuzione del gas alla scadenza della concessione. La legge (art. 1, comma 453, L. 232/2016, che interpreta l’art. 14, comma 7, D.Lgs. 164/2000) stabilisce che il gestore uscente è obbligato a proseguire la gestione del servizio fino al subentro del nuovo gestore e resta tenuto al pagamento del canone previsto dal contratto.

La società ricorrente sosteneva che questa proroga forzata, unita all’obbligo di pagare un canone pattuito per un periodo definito e in condizioni di mercato diverse, violasse diversi principi costituzionali ed europei, tra cui la libertà d’impresa, la certezza del diritto e il legittimo affidamento. In particolare, contestava la debenza della quota fissa del canone, definita “quota di ingresso”, ritenendola non più giustificata una volta terminato il periodo contrattuale originario.

La Decisione della Corte di Cassazione e le Motivazioni

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso della società, basando la propria decisione su un’analisi approfondita del quadro normativo e richiamando un’importante pronuncia della Corte Costituzionale (sent. n. 239/2021).

Le motivazioni della Corte si articolano su due punti principali:

1. Esistenza di Strumenti di Tutela: La Cassazione ha sottolineato che l’ordinamento giuridico non lascia il concessionario privo di tutele di fronte a una proroga sine die causata dall’inerzia dell’ente pubblico. Il Codice dei Contratti Pubblici (art. 165) prevede specifici rimedi per ripristinare l’equilibrio economico-finanziario del contratto qualora questo venga alterato da eventi non imputabili al concessionario. Il ritardo nell’indizione della nuova gara è proprio uno di questi eventi. Pertanto, il gestore può avviare un processo di rinegoziazione delle condizioni contrattuali, incluso il canone. L’esistenza di questi strumenti di tutela esclude che la norma che impone il pagamento del canone sia incostituzionale o abbia un effetto confiscatorio.

2. Inammissibilità delle Censure Specifiche: Riguardo alla contestazione sulle singole componenti del canone (in particolare la “quota di ingresso”), la Corte ha dichiarato le censure inammissibili. La società, infatti, non aveva specificamente dedotto nei precedenti gradi di giudizio una domanda volta a rideterminare il canone dovuto, limitandosi a contestarne l’esistenza. Introdurre tale questione per la prima volta in Cassazione costituisce una domanda nuova, non consentita in sede di legittimità.

Le Conclusioni

La sentenza n. 2345/2024 stabilisce un principio chiaro: l’obbligo di pagamento del canone concessione gas persiste integralmente anche durante la proroga ex lege del servizio. Tuttavia, questa non è una condanna a subire passivamente uno squilibrio economico. La Corte indica la via maestra per il concessionario: utilizzare attivamente gli strumenti che l’ordinamento mette a disposizione, come la richiesta di rinegoziazione per riportare il contratto in equilibrio o l’azione legale contro l’inerzia della pubblica amministrazione. La decisione, quindi, bilancia la necessità di garantire la continuità di un servizio pubblico essenziale con la tutela degli interessi economici del gestore, a patto che quest’ultimo si attivi per far valere i propri diritti nelle sedi competenti.

Durante la proroga di una concessione di gas, il gestore uscente è obbligato a pagare il canone previsto dal contratto scaduto?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che la normativa impone al gestore uscente di continuare a pagare il canone di concessione previsto dal contratto originario anche durante il periodo di proroga, fino al subentro del nuovo operatore.

Cosa può fare il gestore se la proroga prolungata causa uno squilibrio economico a suo danno?
Il gestore non è privo di tutele. Può avvalersi degli strumenti previsti dal Codice dei Contratti Pubblici, come la richiesta di rinegoziazione delle condizioni economiche del contratto, per ripristinare l’equilibrio alterato da eventi non a lui imputabili, quale è il ritardo della pubblica amministrazione nell’indire la nuova gara.

Perché la Corte non ha esaminato la richiesta della società di escludere la ‘quota di ingresso’ dal canone dovuto in proroga?
La Corte ha ritenuto questa specifica contestazione inammissibile perché costituiva una domanda nuova, che non era stata adeguatamente formulata nei precedenti gradi di giudizio. In Cassazione possono essere esaminati solo vizi di legittimità della sentenza impugnata, non questioni di merito introdotte per la prima volta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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